Capitolo 5.
-E poi abbiamo giocato a ce l'hai! Ho
corso per tutta la palestra e credo di aver vinto!-
Law sorrideva soddisfatto. Alla fine
era andato tutto a meraviglia, Karen non smetteva di raccontare la
moltitudine di cose che aveva fatto quel giorno; aveva anche parlato
di un'altra bambina, Camilla, con cui aveva stretto subito amicizia.
Le cose non potevano prendere piega migliore. Kidd si era
rilassato almeno su quel punto e Karen avrebbe vissuto come una
bambina normale.
Ora dovevano solo firmare il dannato
foglio delle adozioni; tanto Karen era indubbio che stesse molto
meglio con loro che all'orfanotrofio da cui era fuggita. Diretti
verso casa, ognuno era perso nel proprio avvicendarsi: la bambina
spiegava concitata il suo primo giorno di scuola, Kidd fingeva di
ascoltarla distratto mentre il realtà era sull'attenti per
ogni cosa che lei diceva; e Law sorrideva ancora perché un
problema in meno era ciò che gli serviva.
L'adozione di Karen era il problema
più grande che occupava la sua mente. Non tanto per l'adozione
in sé, su quella non aveva un solo dubbio, quanto più
sull'orfanotrofio: avrebbero accettato ad occhi chiusi che una coppia
gay sposata adottasse una bambina? Oppure Law doveva scatenare un
polverone fra tribunale, avvocati e giudici? Ovviamente avrebbe
avuto lui la vittoria, ma era un'esperienza che preferiva evitare,
specie per Karen.
E Kidd. Quel maledetto orfanotrofio
era stato il suo primo tetto e la sua prigione; gira e rigira quel
posto era una condanna che gravava costantemente. Prima al matrimonio
poiché Law ha avuto la sua famiglia accanto mentre il rosso
nemmeno sapeva cos'era una famiglia; ora con Karen perché per
adottarla dovevano tornare lì e il moro non avrebbe fatto un
solo passo senza Kidd. Anche se avrebbe preferito tenerlo lontano
da quel posto per il resto della loro vita.
Non sapeva come avrebbe reagito,
sapeva però che il tutto l'avrebbe frastornato, travolto come
solo una marea sa fare e poi gli avrebbe incasinato il cervello con
pensieri scomodi. Sarebbe stato meglio se fosse stato a casa, ma non
poteva chiederglielo né era giusto pensarlo: Eustass doveva
partecipare all'adozione ufficiale, non c'era ma che teneva. E poi
quello era un modo come un altro per il rosso di tagliare tutti i
ponti rimasti con l'orfanotrofio.
Comunque sarebbe andata, Law era
pronto a usare le sue carte e non aveva scrupoli. Aveva i soldi per i
miglior avvocati di tutta Sabaody ed era il figlio del sindaco,
avrebbe usato entrambi i mezzi se necessario.
°°°
Una volta giunti a casa, Karen corse
raggiante al piano superiore, nella sua camera ancora spoglia. Non si
è mai lamentata né ha mai chiesto un qualcosa per la
sua stanza, ma qualcosa il moro gliela avrebbe regalata. Da quel poco
che aveva appreso da Doflamingo e dal tipo di educazione ricevuta,
sapeva che in quel caso una sorpresa Karen la meritava.
Non aveva avanzato mai pretese, era
stata dolce e felice; aveva dato senz'altro da riflettere sia a lui
che a Kidd. E forse quest'ultimo qualcosa di famiglia la stava
imparando, chissà. Inoltre, stavano per entrare in un campo
ostile e minato da cui era meglio tenere fuori almeno la piccola.
Rimasti soli, Law si appoggiò
allo stipite della cucina mentre Kidd aprì il frigo in cerca
di una birra. Sapevano entrambi di dover parlare ora che avevano
un'occasione perfetta.
-Pensavo di fare un regalo a
Karen-ya.-
-Mh. Del tipo?-
Law alzò le spalle. Aveva
iniziato con un argomento di circostanza, cercava di toccare le corde
giuste poco alla volta; non era semplice, ma per lui era più
che fattibile.
-Doflamingo-ya non ha mai imparato
tutti i miei gusti. Siamo sempre stati tanti in casa, quindi quando
voleva farmi un regalo mi portava in un negozio e poi sceglievo io.-
-...Non conosciamo i gusti di Karen.-
-Già.-
Osservò calmo il rosso che
beveva una generosa sorsata di birra dalla bottiglia in vetro, seduto
a tavola, lo sguardo perplesso fisso a guardare il nulla; quello era
il segnale, Law sapeva che Kidd era perso nei suoi pensieri. Cercando
una postura comoda rimanendo appoggiato allo stipite, il moro si
preparò a toccare l'argomento scomodo.
-Non ho mai pensato di andare
all'orfanotrofio da solo.-
-Lo so.-
Sapevano entrambi qual'era il problema
di tutta quella storia ma dirlo a voce alta era escluso. I loro
problemi li risolvevano a parole vaghe, circostanziali e silenzi; a
loro bastavano gli occhi, si capivano al volo e il resto lo faceva
quel legame forte che li univa ancora dopo tutti quegli anni, lo
stesso che li aveva portati al matrimonio.
Law si sedette di fronte a Kidd,
catturando le sue gemme ambrate con le sue grigie; e lì, non
seppe più se era lui a essere stregato da quegli occhi o se il
rosso fosse stregato dai suoi, fatto stava che gli sguardi erano
divenuti incapaci di scollarsi.
Come ogni volta, quegli occhi
parlavano e dicevano ciò che non avrebbe mai avuto voce. Non
serviva e farlo avrebbe richiesto troppo per due uomini orgogliosi e
fieri come loro.
Coi pugni chiusi, Law stirò le
braccia in avanti e con le nocche bronzee sfiorò casualmente
la mano bianca e libera che Kidd
aveva abbandonato sul tavolo. L'altra sosteneva futilmente la
bottiglia di birra appoggiata al legno.
-Credo che
quelle suore si sentiranno a disagio nell'apprendere il loro
fallimento.-
-Eh?-
L'improvviso
sorrisetto maligno di Law era duro da interpretare per Kidd che si
ritrovò curioso e confuso al tempo stesso.
-Sei un
uomo, Eustass-ya, non ricco ma realizzato e con un lavoro che ti
soddisfa. Neanche la suora più vecchia ha visto uno solo di
quei mocciosi diventare altrettanto.-
-Scommettiamo?-
-C'è
ben poco da scommettere, Eustass-ya, ma se hai voglia perdere...-
Un ghigno
largo stirò la bocca dipinta di Kidd che afferrò il
polso vicino del moro e lo strattonò, costringendo l'altro ad
alzarsi dalla sedia e venirgli incontro. Con i nasi che si
sfioravano e le labbra a un soffio dal contatto, i due si mangiarono
con gli occhi.
-Sempre il
solito stronzo, sei.-
Senza
lasciare il tempo a Law di replicare, Kidd si appropriò di
quella bocca morbida e calda, assaltandola nel vero senso della
parola; più che un bacio era un intreccio di lingua e denti,
violento e passionale come solo loro potevano. Si staccarono solo
per necessità di ossigeno, rimanendo comunque vicini.
-Come se ti
dispiacesse, Eustass-ya.-
-Sta
zitto.-
Con il tono
roco e colmo di desiderio, Kidd rispose a malapena per poi tornare su
quella bocca infernale; bocca contro bocca, Law sorvolò su
quell'ordine, accecato dal bacio e dal desiderio del rosso che aveva
risvegliato il proprio.
Lottando
per muoversi senza rompere il nuovo bacio, i due si alzarono e appena
possibile si avvinghiarono con braccia e gambe; si trascinarono verso
il bagno, consci del rischio di essere visti da Karen. Un rischio
molto alto e pericoloso, la bambina era proprio al piano superiore e
non le ci voleva nulla per scendere le scale.
Se solo li
avesse visti chissà che avrebbe pensato; forse sarebbe rimasta
shoccata o forse avrebbe reagito con imbarazzo, grida... un rischio
così alto da essere però fonte di ulteriore
eccitazione.
Giunti al
bagno, Law chiuse malamente la porta dietro di sé per poi
sentire la propria schiena cozzare contro la dura parete
piastrellata; soffocò un mugolio in quella bocca dipinta, il
rossetto che si mescolava assieme al sapore di birra e zucchero che i
due avevano.
Le mani
callose e bianche passarono fra le corte ciocche nere, per poi
scivolare sui vestiti con l'intento di toglierli; il toccarsi e
scoprirsi, divenne un abbraccio bisognoso che niente aveva a che fare
con l'affetto o la dolcezza. Era la passione ad aggrovigliarli e
scaldarli. Passione a cui entrambi amavano cedere.
Con gli
abiti che cominciavano ad ammucchiarsi per terra, i due risero fra i
baci, si sfidarono con gli occhi mentre le mani si cercavano bramose
e ansiose di avere più di qualche carezza focosa. Con
forza, Law strinse le ciocche rosse di Kidd ansioso di averlo mentre
i denti di lui gli torturavano il collo con dovizia e lentezza
strategiche.
Coperti dai
pantaloni, i bacini sfregarono fra loro e i primi suoni si diffusero
fra quelle quattro pareti; persi in un altro bacio più spinto
e lascivo, fecero per denudarsi reciprocamente le gambe quando un
suono fastidioso e acuto li costrinse a separare le loro bocche.
Il
campanello. Chiunque lo avesse suonato, aveva scelto il momento
peggiore. Senza nemmeno parlarsi o guardarsi, i due tornarono a
baciarsi; tanto l'indesiderato ospite avrà il buon senso di
andarsene non ricevendo nessuna risposta, no? Con le cinture che
cominciavano ad allentare la presa, Law si abbandonò sempre
più ai baci di Kidd che dimenticò all'istante la breve
interruzione. Lo stesso suono, però, li costrinse a
fermarsi ancora e a guardarsi.
Sta volta
era stato più insistente l'ospite che a quanto pareva no, non
aveva il buon senso di andarsene. Seccato e a un passo dal perdere
l'eccitazione, Law reclinò il capo contro il muro e sospirò
mentre Kidd ringhiava qualche bestemmia contro la pelle della sua
spalla.
-Ignoriamolo.
Tanto prima o poi dovrà andarsene.-
Con ironica
precisione, il campanello trillò di nuovo; ciliegina sulla
torta, passi veloci e concitati scesero le scale, mentre una voce
giovane e femminile gridava i loro nomi. Karen.
Prima che
la bambina li trovasse chiusi in bagno e poco vestiti, i due si
affrettarono a rivestirsi con disappunto e con la voglia di ammazzare
l'ospite inatteso. Con l'eccitazione ormai sfumata, Law cercò
di stirare con le mani la sua maglia spiegazzata mentre Kidd
insultava un qualche Dio e al tempo stesso l'ospite mentre domava la
chioma rossa scompigliata.
Uscendo dal
bagno, il moro finse indifferenza e calma davanti alla bambina; era
certo di essere credibile e insospettabile, prima di uscire aveva
dato uno sguardo veloce allo specchio e comunque era fiducioso delle
sue doti di attore. Quando gli erano servite avevano sempre
funzionato, e volta dopo volta si affinavano sempre più quindi
non c'era di che preoccuparsi.
-Ma... e
Kidd?-
-In bagno.-
Fece appena
in tempo a vedere gli occhi confusi di Karen illuminarsi che il
campanello trillò per l'ennesima volta; battendo sul tempo
Kidd appena uscito dal bagno, Law andò alla porta e l'aprì
sfoderando il suo miglior sguardo assassino. Non che la cosa gli
richiedesse sforzo, anzi.
Preparato
il tono velenoso, Trafalgar rimase improvvisamente senza parole e con
la confusione nello sguardo, una tempesta di terrore e sorpresa
dentro di sé. Tutto si aspettava di trovare aprendo la
porta, meno che Doflamingo in persona.
-Visto
Vergo? Te l'avevo detto che erano in casa.-
-Doflamingo.-
-Law.-
-Cosa ci
fai qui?-
-E me lo
chiedi pure? Non ti sei fatto sentire questo week end e sono stato
buono, ho aspettato fino ad oggi.-
Se ne era
dimenticato. Mascherando il suo terrore per essersi dimenticato di
andare da suo padre come ogni week end, Law si appoggiò allo
stipite cercando di coprire la visuale del biondo; impresa ardua
visto che Doflamingo era più alto e lui esile seppur con
muscoli, avrebbe potuto non coprire al meglio la figura di Karen agli
occhi del Donxiquote. Perché era quello il suo intento.
Aveva
pianificato tutto, Law: primo giorno di scuola, qualche giorno,
adozione, qualche altro giorno e poi presentazione di Karen a
Doflamingo e al resto della famiglia. Era perfetto, dava il tempo a
lui di prepararsi alla presentazione, a Karen di rilassarsi un po' e
a Kidd di affrontare il suo passato ma avrebbe dovuto tenerne conto:
con Doflamingo ogni piano è destinato a fallire, in un modo o
nell'altro.
-Beh, mi
fai entrare o devo sfondarti il campanello?-
-Sarei
impegnato, Doflamingo.-
-A scopare,
si, lo so ma ne hai di tempo per quello.-
-Chi è
alla porta?-
Per un pelo
il panico non prese il controllo su Law, ancora appoggiato allo
stipite e congelato sul posto. Resistette alla tentazione di voltarsi
verso Karen, pregando una qualche entità che la bambina non si
sporgesse per vedere chi fosse arrivato. Non che la cosa cambiasse
la situazione, considerata l'espressione di Doflamingo.
L'uomo
pareva bloccato sul tappetino di casa Eustass, la bocca piegata in
una linea piatta; non poteva vedergli gli occhi a causa delle lenti
viola, ma Law era pronto a scommettere che erano il ritratto della
confusione.
-Law.-
-Si?-
-Era la
voce di una bambina quella che ho sentito?-
-No, devi
esserti sbagliato.-
Quella
doveva essere la giornata no di Trafalgar, perché due mani
piccole strinsero il jeans di una sua gamba senza alcun timore. Il
volto della mora si affacciò curioso, gli occhioni ambrati
ricchi di meraviglia squadravano la figura di Doflamingo.
Il biondo
dal canto suo aveva inarcato al massimo le sopracciglia chiare, gli
occhi vagano come impazzite sulla piccola figura accanto a Law. Una
bambina di dieci anni, poco più o poco meno, capelli nerissimi
dal taglio particolare e due grandi occhi color ambra; vestiva un
semplice pantalone blu notte e un maglioncino viola.
Lo guardava
con interesse senza la minima paura, esattamente come Law aveva fatto
da bambino: lo stesso identico sguardo, ma gli occhi erano la copia
sputata di quelli di Eustass.
Nemmeno
Vergo fiatò, ma era palese che anche le sue attenzioni erano
rivolte alla bambina. La testa di Doflamingo si era riempita in
fretta di quesiti: chi era? Perché Law le permetteva di stare
lì? Da quanto era lì? E forse l'ultimo era il dubbio
più importante, senza forse.
-Law, tu li
conosci?-
Sospirando,
il moro riprese pieno controllo di sé e delle sue facoltà;
poggiò una mano sulla spalla di Karen invitandola a spostarsi
e seguendola, permettendo a Doflamingo di entrare. Un rapido sguardo
a Kidd e lo vide con il capo per aria, mano sugli occhi e il labbro
inferiore fra i denti: non aveva fatto in tempo a frenare la lingua
di Karen.
Cinque
minuti dopo erano tutti seduti attorno al tavolo in religioso
silenzio. Law servì due tazze di caffè caldo e fumante
a Kidd e Doflamingo. Il rosso faceva scattare i suoi occhi da Karen a
Doflamingo, pronto a intervenire per qualunque cosa al minimo cenno
falso. Doflamingo fissava la bambina, non visto da lei grazie agli
occhiali, e stava in un pericoloso silenzio senza nemmeno l'ombra di
un sorriso. Vergo era intraducibile come sempre e Karen, che si
sarebbe dovuta sentire a disagio per la situazione attuale, stava
cercando di disegnare un cane e ci stava mettendo pure molto impegno
a giudicare dalla bocca imbronciata e le sopracciglia aggrottate.
-Ok,
qualcuno mi spieghi che succede o giuro che divento matto.-
E il
pesante silenzio cadde nel nulla allo sbottare di Doflamingo.
Doflamingo che sbotta, quello non era per niente un buon segno.
Karen alzò di colpo la testa dal foglio impiastricciato di
colori e rivolse i suoi occhioni curiosi e attenti a tutti, a
cominciare dal biondo e sembrò vederlo per la prima volta.
Capelli
cortissimi e biondi, pelle abbronzata, occhiali viola dalla montatura
bianca sul naso malgrado fossero in casa, stranissima pelliccia rosa
sulle spalle, camicia gialla, pantalone rosso e cintura... rosa? In
quel momento la bambina stava notando tutti i dettagli che prima alla
porta non aveva visto, semplicemente perché non si era
concessa di squadrare bene gli ospiti, lasciandoli a Law con una
scrollata di spalle e il pensiero “sono cose da grandi”. Ma
santo cielo, il tipo vicino al biondo pareva pure peggio. Corti
capelli neri, barba le cui basette avevano la forma di due piccoli
tuoni (si, proprio due tuoni o fulmini che dir si voglia), cappotto
lungo e bianco abbottonato fino al colletto come se in casa non ci
fosse il riscaldamento, occhiali neri da sole anche lui fissi sul
naso manco avesse il sole accecante puntato in faccia e stava fermo.
Immobile come una statua, o un robot vista l'assenza totale di una
minima espressione sulla sua faccia. Quei due erano strani. E
inquietanti. Per un attimo Karen fu colta dalla tentazione di andare
di nuovo a nascondersi dietro le gambe di Kidd, più robuste e
possenti di quelle di Law, esattamente come aveva fatto a scuola.
-Doflamingo,
ti presento Karen. Karen, ti presento Doflamingo, mio padre.-
Eh? Padre?
Ma sul serio?! A parte il fatto che Law e Doflamingo tutto sembravano
meno che padre e figlio, ma Doflamingo era davvero il suo nome? Prima
che Karen potesse rendersene conto, la sua bocca parlò quasi
per conto proprio.
-Ti chiami
fenicottero!-
Le lenti
viola del biondo celarono i suoi occhi sgranati già da un po'.
-Già.-
-Che nome
buffo!-
-Da morir
dal ridere. Law, mi dici che diamine succede?!-
Doflamingo
sull'orlo di una crisi di nervi per poco non scatenò l'ilarità
del moro. C'era ben poco da ridere: valla a spiegare l'intera
faccenda. E vigliacco se Kidd apriva bocca in suo soccorso, maledetto
stronzo. Non che Trafalgar Law aveva bisogno di essere salvato da
determinati discorsi ma cazzo, era o non era Eustass il
cognome che avevano messo senza nemmeno doverci pensare sul foglio di
iscrizione della scuola? Ed erano sposati, le cose si fanno insieme,
anche spiegare come e perché Karen era arrivata a casa loro.
-Ho trovato
Karen una settimana fa, poco più poco meno, in un vicolo.
Credo si trovi meglio a mangiare e dormire qui, piuttosto che fra i
sacchi della spazzatura.- Con un'ironia saccente, Law si sbrogliò
buona parte del complicato discorso. Lanciò un'occhiata
eloquente a Kidd che però lui non colse, la testa presa da Dio
solo sa quali pensieri.
-Hai
trovato la bambina in un vicolo.-
-Si.-
-E l'hai
portata a casa.-
-Devo
rispiegarlo o posso dire anche che ho passato il fine settimana farla
studiare e che oggi l'ho iscritta a scuola?-
Improvvisamente
Vergo parve farsi di ghiaccio. Voltò il capo verso Doflamingo,
in un gesto che sarebbe dovuto essere normale e quotidiano, ma invece
era più il movimento di una testa robotica che necessitava di
olio sugli ingranaggi. Mancava solo il cigolio tipico dei meccanismi
arrugginiti. E Doflamingo sembrava una vera statua, di ghiaccio o
marmo non faceva differenza.
Dopo un
paio di occhiate perplesse, Karen prese i suoi colori, il foglio e
scese dalla sedia. Era una bambina, ma non per questo stupida: sapeva
perfettamente che il discorso fra gli adulti era... beh, un discorso
da adulti.
-Io vado su
a finire il disegno! Non disturbatemi, eh!-
Law guardò
la bambina sparire su per le scale e accennò a un sorrisetto,
ringraziando mentalmente Karen. Ci aveva visto giusto, la piccola era
molto sveglia.
-Non ci
girerò attorno, Doflamingo: Karen ha una stanza tutta sua e
voglio, anzi, vogliamo
adottarla.-
Eccola
lì, la bomba che sospettava Doflamingo. La bambina aveva una
stanza sua. E volevano adottarla sia Law che Kidd. Oddio. Respirò
a fondo posando le mani sul tavolo e reclinando la schiena fino ad
appoggiarla contro lo schienale.
-Law...
sto per diventare ufficialmente nonno e me lo vieni a dire solo ora?!
Oh Cristo, io nonno.
Sto per avere un infarto.-
Trafalgar
dovette usare violenza su sé stesso per evitare di scoppiare a
ridere. Sapeva fin dall'inizio che Doflamingo non l'avrebbe presa
male, il suo cruccio era solo la reazione di Karen; il biondo aveva
sempre avuto un occhio di riguardo per i bambini e più erano
disastrati, ribelli o piccole carogne come lo era lui da piccolo, più
a Doflamingo piacevano e li adottava. D'altronde quelli buoni,
tranquilli e ubbidienti li volevano tutti. Ma nessuno si preoccupava
di crescere quelli più problematici o testardi: se eri un
bimbo che menava goffamente le mani, con tendenze a scappare o
disobbedire nessuno già ti voleva più e finivi a
marcire nell'orfanotrofio. Uno spreco, per Doflamingo. Lui vedeva un
immenso potenziale proprio in quei bambini così ribelli perché
avevano carattere. Law era stato adottato subito dopo che
Doflamingo lo aveva guardato negli occhi e visto fra le sue mani
l'ennesima lucertola morta.
-Come,
quando, cosa, perché?! Come diavolo siete arrivati a volerla
adottare?-
-E'
scappata dall'orfanotrofio, non vuole tornarci e io ho ancora un
conto in sospeso con quella merda di posto.-
La
voce roca di Kidd con tanto di sguardo infuocato, attirò
l'attenzione di Law. Il moro per primo sosteneva Karen con la sua
convinzione di non voler tornare più fra quelle mura, e
guardando il biondo Trafalgar sapeva che era così anche per
suo padre. Solo, l'argomento “orfanotrofio” era
estremamente delicato per Eustass. Sentiva davvero di avere un conto
in sospeso e si riferiva a quelle carogne che gli dicevano “non
verrai mai adottato!” o alle suore che lo guardavano con quello
che tutt'oggi a Kidd sembrava disgusto. Sapeva che per lui l'adozione
era un'illusione, ma quelle carogne dovevano tacere. Sapeva di non
essere il massimo con abiti impolverati sempre di terra, olio e
fango, sudato fin sopra i capelli e le ciocche fulve tutte
scompigliate, ma le suore non erano comunque nessuno per
giudicarlo. Nessuno giudicava Eustass Kidd. Le parole del rosso
erano un invito a non parlare più dell'orfanotrofio. Andava
bene spiegare e parlare di Karen, ma la parola orfanotrofio voleva
smettere di sentirla per almeno 24 fottutissime ore.
-Modera
il linguaggio, tulipano! Mia nipote è di sopra, potrebbe
sentirti! Manca solo che impara certe parole alla sua età!-
-Tulipano
ci sarai te, stronzo!-
-Non
sono io quello coi capelli rossi sparati all'insù e modera il
linguaggio!-
A
guardarli non sembravano nemmeno suocero e nuoro, ma vedere le spalle
di Kidd prima rigide e ora rilassate e Doflamingo non più in
procinto di avere seriamente un infarto, era un toccasana per Law.
Quindi si, poteva dirsi felice di come erano andate le cose, malgrado
fossero del tutto estranee al piano che si era fissato in mente. Ma
con Doflamingo ci aveva fatto il callo.
Osservò
suo padre e suo marito alternare battibecchi assurdi sui daltonici e
sui tulipani con il discorso “Karen”. La cosa stava
degenerando in fretta e stava pericolosamente sfociando in qualcosa
di... ridicolo? Avventato? Non sapeva come definire il tutto, specie
ora che il biondo si era alzato di scatto dalla sedia, mani sul
tavolo e Kidd che faceva altrettanto.
-Ma
non mi interessa cosa dici! Mia nipote stasera mangerà a casa
Donxiquote e conoscerà tutti i suoi zii!-
Eh?
Come accidenti erano arrivati a quello?! -Scusami?- Quello di Law fu
un sussurro incerto, nella speranza di aver sentito male.
-Scordatelo,
fenicottero! È già un miracolo che Karen non si è
spaventata solo guardandoti, me la vuoi traumatizzare facendogli già
conoscere gli altri?!-
-Ma
taci che coi tuoi jeans strappati e le maglie dalle stampe indecenti
me l'avrai già sconvolta!-
-Ma
proprio tu mi parli di indecenza che giri con quel fottuto ammasso di
piume rosa?!-
-Linguaggio,
santo Iddio!-
-Finitela!
La cena a casa Donxiquote non si farà, fine della storia!-
-Si
farà e no, taci Law, sennò ti ficco una pagnotta in
gola. Confessa, quanto tempo volevi far passare prima di farmi
conoscere mia nipote?-
-...Qualche
giorno.-
-Balle!
Se non venivo io, e per puro caso ci terrei a precisare, non avrei
saputo di mia nipote prima di qualche settimana! Ma roba da matti. E
pensare che ti ho educato meglio di così, Law.-
Oh
si, infinitamente meglio. Con orride pagnotte sul comodino che
guardava come prima cosa al mattino quando si svegliava visto che
dormiva sul fianco, o forse si riferiva ai nomignoli indecenti che
gli affibbiava con tanto di leggeri ma fastidiosissimi pizzicotti
continui? Ah si, molto educativo. Osservò con odio
Doflamingo che si dirigeva a testa alta alla porta, pronto per uscire
subito seguito da un Vergo chiusosi in un saggio mutismo.
-Forza
Vergo, sbrighiamoci. Abbiamo una cena da preparare! Quella povera
creatura è troppo magra, hai visto le braccia?-
-Ho
detto niente cena!-
-E
io ho detto che si farà, così ho deciso. Alle otto vi
voglio tutti e tre a casa mia e non provare a lamentarti Law perché
una pagnotta ce l'ho davvero.-
Il
moro si limitò ad assottigliare lo sguardo, velenoso e
assassino. Se solo avesse avuto il potere di uccidere con gli occhi a
quest'ora era a posto. Non era tanto per la minaccia e l'ordine di
Doflamingo, quanto più per il suo ghigno schifosamente
soddisfatto e tronfio con cui si stava allontanando da casa sua,
elencando a Vergo tutti i piatti da preparare. Law non dubitava
minimamente delle parole del fenicottero: sapeva che suo padre era
pazzo quanto bastava per girare con una pagnotta in tasca, pronta nel
caso dovesse minacciarlo di ficcargliela in gola e una volta ci aveva
pure provato perché Law non voleva mettersi la maglia che il
biondo gli aveva comprato. Beh, quella volta era valso il rischio:
non avrebbe mai indossato una fottuta maglia rosa, nemmeno se fosse
stata gratis.
Chiuse
la porta, Doflamingo ormai lontano, e poi tornò in cucina a
guardare dritto negli occhi Kidd. Entrambi afflitti e sconfitti,
arresi all'inevitabile: la cena a casa Donxiquote si farà.
Angolino
Eustassiano_
Yeeeeee,
finalmente ce l'ho fatta! Il sudatissimo quinto capitolo finalmente è
arrivato! Scusate l'attesa esagerata ma fra l'intervento che ho
dovuto fare, un paio di punti scucitisi dopo nemmeno un mese
dall'intervento e qualche problema di stomaco (fottuta cucina
cinese), non ho avuto esattamente il tempo che volevo per dedicarmi
interamente alla ff. Ma prima di tutto la salute, no? E ora eccomi
qua! :D Io boh, amo Doflamingo quando manda in frantumi i piani di
Law xD Volevo che questo incontro del tutto inatteso fra Karen e
Doffy fosse un po' folle ma tutto sommato leggero con qualche traccia
di serietà. Giusto qualche traccia eh, sia mai che il
fenicottero mi rimanga serio per più di due minuti. E si,
Doflamingo deve sempre arrivare nei momenti più inopportuni,
sennò non è Doflamingo u.u Ve lo dico subito: non
intendo evolvere la ff a rating rosso. Intendo incentrarmi più
su Karen e sulla famiglia che lei e quei due bisbetici di Kidd e Law
creeranno assieme. Quindi tanta gioia e amore che nel prossimo
capitolo ci sarà la meravigliosa (o forse disastrosa, chissà)
cena a casa Donxiquote! Non trovate adorabile Karen che camuffa
la sua inquietudine dovuta a Doflamingo? Perché dai, un
colosso di oltre tre metri vestito come un daltonico con tanto di
occhiali viola in casa e pelliccia rosa sulle spalle, fa spavento. E
la barba di Vergo, anche quella è raccapricciante. Gli horror
in confronto sono film per neonati, va là. Prima di
salutarvi, volevo ringraziare chi ha inserito la ff tra preferite,
seguite e ricordate. Angioletti miei! <3 Grazie mille anche a
chi recensisce, non avete idea di quanto mi fate felice! <3 <3 Va
bene, scappo, ci sentiamo nell'angolo recensioni. Alla prossima!
Kiss and Bye
Eustass_Sara
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