Furono i
bambini, i primi abitanti di Whiterun ad avvicinarlo davvero dopo Lydia.
Fu per caso
però e non per merito della loro innocenza: a Skyrim, le regole per
sopravvivere in una terra dura, fredda e inospitale, sono inculcate
severamente
fin dalla più tenera età. Rispetta gli dei, rispetta i tuoi avi e la
loro
saggezza, ma soprattutto rispetta Skyrim… o muori. Un’educazione forse
severa,
ma il nord di Tamriel non è famoso per essere accogliente: le sue
asperità
forgiano il carattere e lo spirito delle genti che lo abitano non
diversamente
da come il vento faccia col ghiaccio. Non è per caso che i Nord
sappiano essere
a loro volta piuttosto inospitali: non si può crescere come uno di
loro, o in
mezzo a loro, senza che anche il pregiudizio faccia parte delle lezioni
quotidiane. Serve essere almeno capaci di uccidere un drago, e saper
usare la
loro Voce, per poter incrinare queste superstizioni: non basta però ad
infrangerle.
Il nuovo
Thane della città non era benvenuto fra i suoi nuovi concittadini; o
nel feudo
più generalmente: Whiterun non è Solitude dopotutto, e un dannato uomo
serpe
per le strade della loro città era fonte di molta confusione. Da una
parte era
un Thane ora, come ricordava l’ascia che gli era stata donata dal loro
Jarl in
persona dopo che l’Argoniano aveva abbattuto il primo drago che Tamriel
vedesse
da ere… dall’altra, era pur sempre un non Nord. Per quanto fosse dotato
di
ragione e parola, serpenti e stregoni erano due categorie da cui ogni
abitante
di Skyrim sapeva di doversi tenere lontano, o meglio ancora uccidere,
in modo
da eliminare il pericolo che rappresentavano. Le frequenti visite
dell’Argoniano al mago di corte dello Jarl non erano passate
inosservate, né
lui aveva provato a nasconderle: i pettegolezzi su di lui già si
sprecavano, e
il fatto che avesse rifiutato per il momento l’invito di far parte dei
Compagni
di Jorrvaskr era di dominio pubblico, oltre a fonte di collettiva
collera. Chi
si credeva di essere quella lucertola su due zampe per poter dire di no
a
Jorrvaskr?
A voler
essere davvero onesti però, quella stessa collera si sarebbe sviluppata
anche
se avesse accettato l'invito, rubando così il sogno di altri Nord che
avevano
bramato di entrare tra i Compagni per molto tempo…
E con la
stessa ambivalenza, ma molta più invidia, erano considerate le armi e
le
corazze che l’Argoniano aveva creato o comprato per sé e per il suo
huscarlo:
per quanto un non Nord, pareva che il nuovo Thane avesse almeno buon
gusto,
cervello e coraggio. Due doti su tre, che anche i Nord potevano
rispettare: detto
questo però, avrebbero preferito di gran lunga saperlo fuori dalle mura
della
loro città, a fare… cose da Thane, lontano dai loro occhi, se non dai
loro
pensieri. E l’Argoniano, nuovo e ultimo cittadino del feudo di
Whiterun, almeno
fino a quel momento l’aveva fatto.
Quel giorno però,
sotto un pallido e freddo sole allo zenith, calpestando nuova neve già
indurita
dal gelo con gli zoccoli delle loro cavalle, Coda Spezzata e Lydia
avevano
fatto ritorno in città.
E dopo aver
sbrigato alcune visite, tra cui allo stesso Jarl, l’uomo lucertola si
era
seduto su una panca fuori dalla casa che aveva legalmente acquistato
durante il
suo primo giorno a Whiterun, lasciando al sole e ad un braciere portato
fuori per
l'occasione, il compito di tenerlo caldo. Offrendo così ad ogni
cittadino di
Whiterun che passava per la via principale della città, e ad ogni
visitatore
che ne attraversava le porte, il portento che era lui stesso senza
nascondersi:
giù, dalla punta della sua coda, fino alla cima delle corna che portava
sulla
testa. Come se poi tutto quello già non bastasse, l'Argoniano non
restituiva lo
sguardo ai curiosi, ma passava il tempo leggendo uno spesso tomo,
tenendo fra
le sue labbra scagliose e sottili, nere come il resto di lui, il tozzo
segmento
di un giunco legnoso di cui riaccendeva di tanto in tanto l’estremità
nel fuoco
del suo braciere, succhiandolo con aria vagamente soddisfatta ed
esalando poi
lievi volute di fumo profumato.
Per la barba
di Shor, perfino Ulfberth, che assieme a sua moglie possedeva la
bottega a
fianco della casa dell'Argoniano, lo guardava storto, appoggiato in
silenzio ad
una colonna del suo porticato che gemeva sotto il peso del Nord ogni
volta che si
spostava. Il fabbro non sapeva dire cosa lo disturbasse di più: vedere
quell’Argoniano leggere così spensieratamente… oppure che avesse scelto
di
farlo sotto gli occhi dell’intera città. Tra tutti i suoi concittadini,
Ulfberth
Orso Guerriero aveva una visione non comune di Coda Spezzata, dato che
era
nella sua bottega che l’Argoniano aveva fatto le corazze per sé e per
il suo
huscarlo, pagando il tempo e i materiali della Vergine Guerriera col
segreto
della forgiatura elfica, che nessun altro a Skyrim conosceva. Peccato
solo che
il primo esempio della sua abilità, e della sincerità delle sue azioni,
l’Argoniano l’avesse dato evocando un demone di fiamma dall’Oblivion!
Sì, Ulfberth
era molto combattuto su cosa fare: se colmare la distanza fra loro per
offrirgli una pinta (come fabbro, l'uomo del Nord si rendeva
perfettamente conto
che grazie a Coda Spezzata lui e sua moglie non sarebbero mai più stati
poveri)
o colmare la distanza fra loro per dargli una martellata sulla testa,
in modo
da assicurarsi che la coda dell’Argoniano non attraversasse mai più la
sua soglia.
Sentimenti largamente condivisi tra i suoi concittadini quelli, ma,
come molto
spesso succede a Skyrim del resto, furono bisogni più pratici ad avere
la
meglio sui dubbi di Ulfberth:
“Marito…
dammi una mano a conciare le pelli.” ordinò sua moglie, uscendo dalla
loro bottega
con le braccia ingombre di un pesante carico che le oscurava la vista.
“Arrivo…”
borbottò ruvido il fabbro nella sua barba, non senza un sorriso:
Ulfberth
poteva anche essere un Nord, ma amava sua moglie, figlia di Imperiali.
Prima di immergersi
nel lavoro però, il fabbro rivolse un'ultima occhiata all’Argoniano:
l’uomo
lucertola non aveva alzato nemmeno un momento i suoi azzurri occhi da
rettile
dalle pagine che teneva in grembo. Forse Ulfberth avrebbe preso il
coraggio a
due mani, e chiesto almeno di cosa si trattasse...
Mentre fuori
tutti erano concentrati sul suo Thane, Lydia invece si trovava
all'interno di
Breezehome, la loro casa, sepolta sotto coperte di pelliccia grazie
alle quali
avrebbe tanto voluto riuscire a prendere sonno: era anche per quello
che erano
tornati in città. Per recuperare le forze e accumularne altre prima di
tentare la
loro scalata alla vetta di Shearpoint: Lydia però, non riusciva a
prendere
sonno in alcun modo. Troppo era successo durante la loro prima
spedizione fuori
dalla città, e per quanto il suo corpo implorasse le benedizioni
dell'oblio, la
sua mente lavorava instancabile, ripercorrendo il sentiero dei ricordi,
di ciò
che avevano fatto assieme e di ciò di cui avevano parlato... così come
di
quello che li aspettava. A quest'ultimo in particolare però, Lydia non
voleva
pensare: troppo spaventoso era ciò che forse avrebbero trovato sulla
cima del
picco maledetto che guardava Whiterun da nord est, prima propaggine
delle
montagne che separavano Whiterun dai feudi del Pale e dell'Eastmarch.
Anche senza
quella preoccupazione però, tutto ciò che aveva visto e che le era
stato
insegnato in quei molti giorni riempiva la sua mente come una febbre. E
il
rumore... Lydia non era mai stata prima così a lungo lontana dalla
città che
l'aveva cresciuta: nelle aspre vastità di Skyrim, il silenzio della
natura era
stato il loro unico compagno, assieme ai suoni del loro accampamento e
a quelli
delle sommesse parole del suo Thane. Al confronto, il caos della città,
le
grida del mercato e il vociare delle botteghe loro vicine, non le erano
mai
apparsi così insopportabilmente rumorosi. Così, inevitabilmente,
cercando l'oblio
del riposo Lydia si avventurò invece tra i ricordi del loro viaggio e
di ciò
che assieme avevano visto e fatto in quei giorni: le taglie che si
erano
accumulate in un sacco, consegnato al loro ritorno ad Avenicci come
prova,
erano valse più di 2000 septim, ma molto di più il suo Thane aveva
riportato
alla loro dimora, sotto forma di pellicce, ricchezze e ingredienti
alchemici
raccolti nel loro viaggio...
Lydia non
aveva potuto fare a meno di chiedere alla fine, dopo che insieme
avevano
liberato anche le rovine di Valtheim dai banditi che si erano arroccati
laggiù:
la loro ultima avventura, prima di tornare in città.
Le torri di
Valtheim erano state costruite in tempi remoti, così antichi da averne
perso
memoria: c'era la possibilità che risalissero addirittura all'era
Meretica, ma
a cosa fossero servite ai tempi, o quale costruzione o regno avessero
protetto,
era stato dimenticato. Tuttavia nemmeno lo scorrere degli eoni era
riuscito ad
abbatterle e le due torri, col loro ponte di pietra ad unire le due
sponde
opposte, ancora svettavano sulle rive del fiume Bianco, che in quel
punto era
profondo e largo. Lydia non si era mai spinta così a est prima:
conosceva
ovviamente il fiume Bianco, che dal lago Illinata, situato nel feudo di
Falkreath a ovest, accoglieva numerosi immissari, troppi per ricordarli
tutti, procedendo
contorto oltre Ivarstead fino a biforcarsi in due rami, di cui uno
arrivava
fino a est- sud est, a formare la pescosa palude in cui era stata
edificata
Riften, capitale dell'omonima regione, mentre l'altro raggiungeva
Windhelm, capitale
dell'Eastmarch, edificata nel fiordo che il fiume aveva scavato
unendosi al
mare dei Fantasmi. Lei e l'Argoniano non erano giunti fino a Valtheim
per una
taglia, ma piuttosto per verificare una diceria che era stata riferita
alle
guardie del feudo da un cacciatore di pellicce, pettegolezzo che era
poi stato
confermato avvicinandosi alle due torri: se non che, i tagliaborse che
avevano
eretto quel luogo come loro rifugio dai morsi dell'inverno avevano
tentato di
farsi consegnare tutto l'oro che possedevano. L'Argoniano e la donna
del Nord
non erano venuti per loro, ben altre prede li avevano portati così a
est: ormai
però erano giunti là e tanto valeva sottomettersi ai loro obblighi di
Thane e
huscarlo. In un primo momento, Coda Spezzata era sembrato voler
assecondare la
richiesta dei due tagliaborse che li avevano fermati: quando era stato
abbastanza vicino però, l’Argoniano aveva estratto la sua grande spada
con una
velocità tale da farla sembrare una frustata.
Il brigante
di strada era stato spaccato dall'ombelico al mento, cadendo a terra in
due
pezzi, mentre il suo vicino si era ritrovato con una daga di metallo
elfico
infissa fino all'elsa al centro della fronte: solo allora Lydia aveva
fatto
tempo a scendere dalla sua cavalla, ed unirsi a lui per ripulire quel
luogo dai
briganti. Una battaglia breve tutto sommato, ma assai violenta, in cui
Lydia
aveva avuto per la prima volta un assaggio delle capacità di Spada
Stregata del
suo Thane: solamente tre sono gli elementi che vengono plasmati dai
sortilegi della
magia di distruzione, qualcosa che deriva dalla loro presenza anche
nell'Oblivion.
Ghiaccio, gelido più del fiato dei morti, e fuoco, così caldo da far
bollire il
mare: mentre Lydia avanzava lungo il ponte che univa le due torri di
Valtheim però,
tenendo alto lo scudo e proteggendoli entrambi, il suo Thane aveva
lanciato
sopra la sua testa gli stessi fulmini che cadono dal cielo, tra le
grida dei
tagliaborse e quelle del suo stesso huscarlo. I lampi vengono sempre
col buio,
e a Lydia le tenebre non erano mai piaciute: i fulmini che erano
partiti dai
palmi del suo Thane però, erano stati più spaventosi ancora.
Come
abituarsi, come sopportare simili portenti?
Le saette
dell'Argoniano erano state quiete e senza tuono, ma ovunque avessero
colpito,
carne e capelli si erano strinati, creando un brutto alone nero pece
sulla pelle,
e come succede agli alberi colpiti dai fulmini, anche i briganti di
Valtheim erano
caduti morti sulla roccia o nel fiume. Una macchia nera sulla pelle:
tanto era
bastato al suo Thane per uccidere senza una spada.
Poi, come
sempre era successo durante il loro viaggio, l'Argoniano che il destino
le
aveva dato come Thane aveva eseguito il suo rituale al termine di ogni
battaglia, cominciando a mozzare le teste ai cadaveri degli sconfitti,
ma prendendo
con sé solo quella del capo dei briganti, assieme ad un orecchio da
ogni
caduto. Con dei viticci, Coda Spezzata aveva poi intrecciato questi con
quella
e messo tutto in un grosso sacco che una volta aveva contenuto delle
granaglie,
ma in cui ora erbe medicinali tenevano a bada il fetore di morte.
Infine, Lydia
e il suo Thane avevano eretto una pira funebre, dove il fuoco avrebbe
bruciato
il resto dei corpi e delle teste. Una pratica... barbarica, per il
giudizio di
Lydia, ma solo allontanandosi dalle torri di Valtheim aveva avuto il
coraggio
di chiederne finalmente la ragione: la risposta del suo Thane non aveva
saziato
affatto la curiosità della donna del Nord, tutt’altro.
"Nella
Palude Nera sono state erette poche città degne di nota." aveva
cominciato
Coda Spezzata: "...città come sarebbero intese da Lydia almeno. Il
suolo
umido non dona né montagne, né colline o cave di pietra che possano
prestare roccia
per edificare mura e palazzi." come sempre, la voce dell'Argoniano era
più
strana ancora delle sue parole: era come sabbia che scorre sulle rocce,
o la
mola quieta su una spada. Un suono rauco, ma niente affatto sgradevole,
anzi...
Lydia aveva
già cercato di immaginare Argonia, ma la sua mente si era presto
scontrata con
i limiti della sua fantasia: come si può immaginare un luogo di eterno
crepuscolo, in cui nessuno raggio di sole, lune o stelle arrivi a terra
senza
aver prima toccato almeno una foglia?
"...E
nella Palude Nera ogni cosa è dominata dal prosperare. Se una radura
venisse
spazzata per fare spazio ad un accampamento, essa sarà ripresa da
alberi,
piante e fiume in pochi giorni." il suo Thane aveva sospirato a quel
punto, quasi una risata, prima di aggiungere: "...In alcuni punti di
essa,
perfino la foresta è più che viva."
"In che
senso, mio Thane?"
"Essa
va a caccia. Essa uccide." aveva risposto l'Argoniano e a Lydia era
venuta
la pelle d'oca di fronte al tono della sua voce.
Questo senza
ancora conoscere nel dettaglio il terribile prodigio che era Mirkwood,
forse lo
stesso cuore pulsante della Palude Nera: il bosco che si muove. Il suo
Thane
doveva aver percepito la sua reazione però, perché annuì saggiamente
prima di
continuare:
"Nella
Palude Nera, la razza degli Archeins è la più miserabile tra quelle dei
Saxhleel. È da loro che gli schiavi sono venduti ai Dunmer, su a
Morrowind: un
clan assai potente quando Argonia venne accolta sulle mappe
dell'Impero, oggi
decaduto. E tuttavia, la prosperità degli Archeins è ancora connessa
alla
miseria di altri Saxhleel. Fu a causa dei loro cacciatori, che i miei
occhi
vennero fatti posare per la prima volta su una delle città della Palude
Nera:
Stormhold." Lydia conosceva quel nome, ma solo per averlo letto nei
suoi
studi segreti per meglio comprendere il suo Thane, e quindi non disse
nulla.
Era da
Stormhold, così riportavano gli storici che avevano contribuito a
creare la
Guida Tascabile all'Impero, che si era originata la terribile epidemia
Knahaten
nella 2° Era: il destino, almeno così si dice, ama a volte accanirsi.
"Una
città sventurata. 160 anni fa, fu distrutta da un'armata di non
morti... una
storia troppo lunga per essere raccontata nella sua interezza in meno
di due
vite. Ciò che è davvero importante comunque, è quello che dalla
distruzione si
apprese: Stromhold è stata ricostruita su questa saggezza Lydia, quindi
ascoltala bene. Taglia la testa ad un cadavere e ardi le due metà
assieme: fino
a quando le due parti sono lasciate indisturbate, abbandonate al cielo,
alla
terra e alle bestie di cui sono popolate, è impossibile restituire
movimento a
simili resti."
“Sul serio
mio Thane?" e l'Argoniano annuì, tirando la sua giumenta per le
briglie:
l'odore di carne Nord che bruciava innervosiva entrambe le loro cavalle
e per
questo avevano preferito allontanarsi a piedi per quel tratto.
Lydia era
rimasta a rimuginare su quella rivelazione per un poco, prima di
chiedere
ancora:
"Posso
fare due domande, Coda Spezzata?"
"Sempre."
aveva risposta l'Argoniano.
"Se è
così... perché stiamo portando con noi le teste e le orecchie di
briganti,
tagliagole e ladri?" una domanda che nella sua innocenza riuscì a
stupire
Coda Spezzata, e l'Argoniano si voltò per guardarla meglio: come
sempre, era
quasi impossibile per la donna del Nord capire i pensieri che si
agitavano
sotto il suo volto scaglioso.
"Come
altrimenti si potrebbero provare le nostre imprese allo Jarl, Lydia?
Senza la
testa dei capi e le orecchie dei suoi?"
"Mio
Thane... è qualcosa che farebbe un orco." ammise la donna del Nord,
lievemente imbarazzata dal dover spiegare una cosa simile: ancora una
volta
però, sembrava impossibile offendere il suo Thane. Anzi, l'Argoniano
riuscì a
stupirla ancora una volta, perché rispose:
"Ma
certo che è fatto da loro in questo modo Lydia: dagli Orsimer è
dimostrata
un'ammirevole... praticità in cose come questa. E i Saxhleel conoscono
comunque
molti modi per far sì che nessun fantasma possa sorgere da simili
resti." il
che per Lydia avrebbe significato venire introdotta a nuovi orrori: sanzas, le avrebbe chiamate il suo
Thane. Le teste rimpicciolite di coloro che aveva ucciso: quella però
sarebbe
stata una storia per un altro giorno.
"...E
la seconda domanda?" chiese l’Argoniano riprendendo a camminare.
"Se il
fuoco... se il fuoco impedisce ai non morti di sorgere, perché allora
usare il
fulmine?" perché il rogo dei briganti delle torri di Valtheim era stato
appiccato usando la fiamma di un falò, non creandone di nuovo con la
magia.
"Una domanda
imprecisa, Lydia. I non morti non sono fermati dal fuoco: solo i loro
corpi. E
la risposta alla tua domanda potrebbe risultare... altrettanto
imprecisa."
l'huscarlo aspettò paziente che Coda Spezzata raccogliesse e desse
forma al suo
pensiero: se c'era qualcosa che l'Argoniano era in grado di insegnarle,
era il
valore della quiete e del silenzio.
"…Esistono
a questo mondo, due uccelli che cantino allo stesso modo, Lydia? Il
grido del
falco è forse lo stesso di quello del gallo?"
"No. "
rispose subito la Nord.
"E
tuttavia, entrambi posseggono ali. Non vi è poi molta differenza nella
magia:
si può imparare a volare come un falco e a cantare come un gallo, ma
cosa e come
alla fine si faccia, dipende da quale volatile si sia. La fiamma è
potente,
Lydia." aggiunse ancora l’Argoniano, raccogliendo nel palmo un globo di
luce accecante come il sole: perfino dalla distanza che li separava, la
donna
del Nord poté sentirne il calore e la luce, capace di scacciare via
qualsiasi
tenebra e qualsiasi gelo.
"…Ma in
me, il fulmine può scorrere con più forza." finì l’Argoniano, chiudendo
la
mano e disperdendo il fuoco nel suo pugno.
"È
perché sei Argoniano, mio Thane?" chiese Lydia guardandolo negli occhi.
"Sì. E
no." esalò Coda Spezzata: "…Come sempre, si è vittime del luogo in
cui si cresce e delle sue usanze."
"Non
capisco, mio Thane." rispose Lydia, appellativo quello che le fece
guadagnare un altro sussurro senza significato:
"Anche
dai Saxhleel sono tessute tradizioni, storie e leggende. Alcune
tramandate,
altre inventante, altre ancora nessuna delle due, o entrambe, ma tutte
sono
fatte abitare almeno sotto un albero. Nella Palude Nera, si tramanda di
una
creatura: il wamasus. Il saggio re sotto le fronde… forse, è stato
destino." la donna del Nord pendeva dalle sue labbra a quel punto, e lo
nascondeva molto male:
"Si
dice che oggi nella Palude Nera i wamasus non possano più essere
trovati: può
essere vero, o forse no. Dopotutto, anche i draghi hanno fatto ritorno
dopo ere
e i wamasus forse sono legati ad essi. Sono stato cresciuto ascoltando
le loro
storie, le loro leggende: i wamasus sono… si potrebbe definirli draghi
di
palude." Lydia inspirò profondamente di fronte a quella rivelazione:
lei era
arrivata solo alla lettera S del
bestiario della Palude Nera che le era stato donato dalla farmacista di
Whiterun.
“Da ciò che
è stato visto dai miei occhi, sono convinto sia una definizione
corretta. Si
tramanda che fossero senza ali, poiché il volo era stato da loro
abbandonato
per il nuoto: gli acquitrini più profondi erano la loro dimora, re
incontrastati
di foreste che non saranno mai visitate dall’uomo. Si tramanda che
avessero
scaglie, che avessero code e corna non diversi da quelli di un drago, e
che forse
fossero persino più intelligenti. Ma non fuoco si trovava nei loro
corpi, e
nemmeno sangue: solo la bianca forza del fulmine, forte come la
tempesta più
terribile. Sconfiggere, o anche solo sopravvivere ad un wamasus, pare
fosse
un’impresa senza pari, perché più li si feriva, più i fulmini
saettavano dal
loro corpo. Nell’acqua, ogni creatura di uno stagno poteva essere
folgorata da
un singolo wamasus con facilità. E ancora oggi, i wamasus sono ritenuti
sacri
dai Saxhleel, ma ancor di più dal resto dei popoli dei fiumi della
Palude
Nera.”
“Come le
lamie.”
“Come le
lamie.” confermò Coda Spezzata, perché l’Argoniano era stato cresciuto
da una
di esse, creature note per la loro forza e la loro magia: “…E così, in
modi
sottili, nella Palude Nera le loro storie vengono continuamente
inseguite
ancora oggi. Perché essere un wamasus, vuol dire essere saggio e
forte.”
Tutto questo,
le era stato raccontato dal suo Thane con una voce quieta e roca, senza
fretta
o particolare intensità, ma colpì Lydia davvero molto: perché mentre il
resto
di Tamriel continuava a considerare gli Argoniani come uomini rettile
incomprensibili o meritevoli solo del proprio disprezzo, c’era più
saggezza e
forza in quel popolo di quanto chiunque altro avesse mai potuto
immaginare. I
Nord inseguivano il valore e la forza: in verità, la gloria più
effimera,
mentre gli Argoniani onoravano saggezza e prosperità. Qual era dunque
fra i due,
il popolo più civilizzato?
Il suo Thane
però non le aveva dato il tempo di pensare a quella risposta, perché
ormai si
erano allontanati abbastanza dalle torri di Valtheim: montati sulle
loro
cavalle, si erano diretti al galoppo di nuovo verso la città, che
avrebbero
raggiunto solo qualche giorno più tardi.
***
Fuori, sulla
via principale di Whiterun, Coda Spezzata ancora non si era mosso di un
solo
passo dalla sua panca, continuando a leggere quel suo libro con estremo
interesse: qualcosa che aveva incoraggiato molti dei suoi nuovi
concittadini a
passare davanti alla sua dimora per osservarlo bene, e magari tornare
poi a dare
una seconda occhiata, o una terza…
Coda
Spezzata continuava a fingere di non vederli: sarebbe stato impossibile
per lui
non notare la strana processione che si muoveva come le onde sulla
risacca
davanti alla sua casa, avanti e indietro, con passi diversi di tanti
uomini e
donne curiosi che risuonavano sul selciato della via principale della
città.
Tuttavia Coda Spezzata non aveva alcuna intenzione di impedirlo, o di
sottrarsi
ai loro sguardi: il suo libro era interessante, il braciere al suo
fianco caldo
e il giunco fra le sue labbra gustoso.
Nonostante
gli anni passati in mezzo a loro, ancora Coda Spezzata non riusciva a
capire del
tutto Uomini ed Elfi: per esempio, a che scopo sprecare del legno per
scavare
pipe e seccare piante per farne tabacco? Con un poco di conoscenza
officinale,
era possibile trovare quasi ovunque arbusti, o come in quel caso
giunchi, che
si prestassero da soli ad entrambi gli scopi: in quell’occasione, un
lontano
parente dell’alloro, che bruciava con un aroma secco e simile
all’incenso,
lasciandogli un retrogusto dolceamaro in bocca, mentre uscendo il fumo
gli
solleticava le branchie. C’era uno scopo nella scelta che Coda Spezzata
aveva
fatto di mettersi in mostra per i cittadini di Whiterun, ora anche la
sua
città: il fine però, non era niente di più misterioso di ciò che già
apparisse.
Farsi vedere, perché la sua presenza iniziasse a risultare familiare ai
suoi
concittadini: mostrarsi, per un giorno farsi conoscere. Non per volersi
necessariamente
integrare in quella comunità, o per apparire docile, ma perché non
c’era
ragione di alienarsi quegli uomini e quelle donne: non c’era ragione di
fomentare
conflitti. Conoscendo i Nord però, quello sarebbe stato più facile a
dirsi che a
farsi: qualcosa di cui, di nuovo, Coda Spezzata non poteva dire di
comprendere
appieno nelle sue cause. I suoi concittadini dovevano capire che lui
non
avrebbe mai potuto essere come loro: se anche si fosse strappato le
corna dalla
testa o tagliato la coda, alla fine sarebbero ricresciute. Quindi, che
senso aveva
quella loro resistenza, quando ancora non avevano provato ad
accettarlo?
E poiché non
era possibile per lui cambiare in un modo che ai Nord piacesse, poteva
almeno cercare
di comprendere se una pacifica convivenza fosse possibile… e forse
qualcosa di
più. Agli Hist piacendo, era uno dei loro Thane ora: il che significava
che era
suo dovere, per il suo onore, aiutare e proteggere quella città il
meglio che
poteva. Coda Spezzata dubitava che i cittadini di Whiterun si
aspettassero che
davvero mantenesse quell’impegno: forse dopo che la storia del suo
sacco di
teste avesse fatto il giro della città le cose sarebbero un po’
cambiate, ma
fino ad allora l’Argoniano si accontentava di restare seduto su una
panca, a
leggere e farsi osservare. Faceva freddo però, anche col braciere a
fianco: non
in modo precisamente sgradevole, ma abbastanza da non farsi mai
dimenticare.
Niente di nuovo da quel punto di vista: Skyrim era fredda esattamente
come i
suoi abitanti, e forse più tardi avrebbe fatto un salto alla Giumenta
Bardata,
a scaldare il suo sangue con un po’ di birra Argoniana…
Nemmeno Coda
Spezzata avrebbe mai immaginato ciò che stava per succedere però, né di
come il
caso sembrasse volergli offrire un’opportunità inattesa, anche se non
insperata: dopotutto, era per ascoltare e vedere i suoi concittadini a
sua
volta, che si era seduto fuori dalla soglia della sua casa.
I bambini
sono preziosi per gli uomini: al Nord in modo particolare. Quello, Coda
Spezzata riusciva a capirlo e condividerlo: in una terra così
inospitale come era
Skyrim, riuscire a crescere un cucciolo non doveva essere facile per i
delicati
uomini, non con i freddi inverni e le belve che li abitavano, e questo
senza
tener conto della recente guerra civile che aveva diviso i nove feudi,
o dei draghi
che dopo ere erano tornati a mostrarsi per ragioni che nessuno poteva
dire
ancora di comprendere. Sì, i cuccioli d’uomo erano preziosi, anche
perché ce
n’erano pochi a Skyrim: Whiterun non faceva eccezione, nonostante fosse
la
capitale di uno dei nove feudi.
Nonostante
questo, o forse proprio a causa di questo, i bambini restavano bambini,
stringendo amicizie effimere o legami profondi destinati a durare a
lungo,
godendo delle risa e dei giochi di chi non è ancora adulto, e che non
ha tempo
di avere paura o di dubitare, perché c’è troppo ancora da scoprire e
conoscere
del mondo che ti circonda. Della mezza dozzina di mocciosi che stavano
correndo
lungo la strada principale, Coda Spezzata poteva dire di conoscerne di
vista
solo un paio: Braith era quella che spiccava di più nel gruppetto.
Coda
Spezzata aveva brevemente conosciuto suo padre Amren dopo essere
tornato in
città, per riportargli una lama con l’insegna della sua famiglia che
l’Argoniano aveva trovato in mano ad uno dei banditi così sfortunati da
incontrarlo. Così come sua moglie Saffir, anche Amren era uno straniero
nelle
terre del Nord: entrambi infatti erano due Guardie Rosse, o Yokudan,
come si
chiamavano ancora tra loro i nativi di Hammerfell, la gigantesca
penisola
semidesertica ad ovest di Tamriel. Popolo di navigatori e mercanti
dalla pelle
scura e dal sangue turbolento, Amren e Saffir non avrebbero potuto
essere più
diversi, incarnando la coppia litigiosa della città di Whiterun dove
Ulfberth e
Adrianne erano invece quella armoniosa. Il destino apparentemente
favoriva
Amren e Saffir, perché aveva donato loro una figlia dalla pelle scura
come
quella dei suoi genitori, incapace di passare inosservata tra i suoi
coetanei:
chissà se ora che suo padre aveva finalmente ritrovato la sua spada
dalla lama
ricurva, la particolarità che aveva interessato Coda Spezzata prima che
Lydia ne
identificasse lo stemma, avrebbe avuto tempo per lei. Amren era stato
un
mercenario un tempo, ma ormai pendeva dalle gonne di sua moglie, e
mentre
Saffir era di certo un’abile mercante, si diceva che alla realtà della
sua
famiglia preferisse la finzione dei libri che importava soprattutto per
il mago
di corte e i cittadini più ricchi delle città. Forse non del tutto a
torto,
considerato che Braith era una mocciosa pestifera di cui l’unico svago
capace
di intrattenerla sembrasse essere quello di tormentare i suoi coetanei:
era da
lei infatti che il resto dei bambini di Whiterun stava scappando in
quel
momento, in particolare un Nord mingherlino dai capelli biondi e
vestito meglio
degli altri, che sembrava avere tutta l’intenzione di non farsi
prendere. Coda
Spezzata dubitava che ce l’avrebbe fatta: Braith era di una spanna più
alta di
lui, e le sue falcate continuavano a guadagnare terreno.
L’altra
bambina che Coda Spezzata riconobbe del gruppo era Mila Valentia: la
figlia di
un Imperiale e forse di un uomo del Nord, difficile esserne sicuri
però, dato
che il padre mancava da anni. Nonostante questo, Mila era giudiziosa e
molto
matura per la sua età, tanto che preferiva passare le sue giornate ad
aiutare
la madre Carlotta nel vendere frutta e verdura al mercato, piuttosto
che
giocare con i suoi coetanei: Coda Spezzata si ricordava di lei per
averla vista
spazzare via neve e fango con una scopa più grande di lei. Doveva
essere
successo qualcosa di davvero grave per aver averla fatta allontanare
dalla
piazza del mercato a quell’ora… grave quanto può esserlo per un
bambino,
s’intende. Ed era proprio lei in coda al gruppo, cercando di fermare
Braith
dall’acchiappare il giovane bambino in testa: tutti gli altri mocciosi
si erano
uniti al gioco per il semplice piacere di correre.
Braith
riuscì quasi a raggiungere la sua preda in fondo alla strada del
mercato,
proprio dove il selciato smetteva di essere lievemente in discesa, ma
Mila fu
più veloce ancora, afferrando la bambina Yokudan per il gomito e
cercando di farla
smettere. Peccato solo che non avesse considerato le differenze di peso
ed
altezza tra loro: Braith si liberò con una gomitata che colpì Mila in
faccia.
Non fu quella la cosa più grave però: solo l’inizio. L’urto, e la
strada già scivolosa
di brina, unita alla velocità della corsa, fecero perdere l’equilibro a
Mila:
la bambina slittò e finì a terra, lei da una parte, una delle sue
scarpe
dall’altra, mettendo violentemente a terra le mani che si sbucciarono
sulla
pavimentazione gelata della città, mentre la sua gonna le proteggeva in
qualche
modo le ginocchia. Scivolò ancora un poco prima di fermarsi quasi di
fronte a
Breezehome, mentre il resto dei bambini continuava in quella corsa
senza
pensieri, occupati solo dai loro giochi: risalirono le scale a fianco
della
bottega del Cacciatore Ubriaco a perdifiato e poi Coda Spezzata li
perse di
vista, dato che entrarono nel distretto del Vento...
Mila poteva
essere anche una bambina giudiziosa e molto matura per la sua età, ma
dopo
essere caduta ed essere stata abbandonata dai suoi coetanei, fece
quello che
ogni bambino fa a quell’età: si mise a piangere, mentre la faccia le
diventava
rossa come una delle mele che vendeva con sua madre, e calde lacrime le
scorrevano dagli occhi.
Prima che
qualcuno potesse impedirlo, prima ancora che qualcuno potesse iniziare
a
pensare di reagire, il libro che Coda Spezzata aveva portato in grembo
fino a
quel momento venne chiuso e posato sulla panca, e l’Argoniano in
persona,
calcando bene gli artigli che aveva in fondo ai piedi, si avvicinò alla
bambina
fino ad esserci sopra. I figli dell’uomo non era poi così strani per
Coda
Spezzata: molto più comprensibili, e a volte sopportabili, delle loro
versioni
adulte. Erano creature di desideri ed opinioni oneste, che dicevano
sempre
quello che pensavano: un po’ come i Saxhleel, insomma.
Quello che
fece smettere di piangere Mila Valentia fu la coda: una lunga coda
muscolosa
che le strisciò sotto le ascelle e la sollevò abbastanza da rimetterla
in
piedi. Risalendo quella coda, Mila scoprì sopra di lei la cosa più
strana che
la piccola Imperiale avesse mai visto nella sua breve vita: era nero,
era
scaglioso, aveva le corna… e non era proprio una persona. Lacrime calde
continuavano a scenderle dal viso, e Mila continuava a respirare
rumorosamente,
ma l’Argoniano sopra di lei aveva ora tutta la sua attenzione: ne aveva
sentito
parlare anche dalla sua mamma, ma non avrebbe mai immaginato che fosse
così…
così... strano, ecco, né così
gigantesco. Coda Spezzata invece si sedette sui talloni di fronte a
lei: anche
così, era comunque più alto di Mila, e la bambina poté solo ammirare i
suoi
piedi con artigli e la sua coda che la circondava come una spessa
radice. L’Argoniano
le prese delicatamente le mani, controllandole i palmi: Mila se li era
sbucciati entrambi, ma le ferite non sembravano profonde, solo sporche
di
terriccio e sangue. Per un bambino però, doveva sembrare la fine del
mondo:
“Muoveresti
le mani?” le chiese gentilmente, cercando di mettere nella sua voce
timbri e
ritmi esagerati che normalmente non si sarebbe mai preso la briga di
cercare di
replicare. L’Argoniano credeva che lo facessero suonare sciocco: come
quando
gli uomini a volte facevano voci buffe, cercando di suonare come cose
che non
erano:
“Che… che
cosa?” singhiozzò Mila.
“Le mani.”
ripeté Coda Spezzata paziente: “…Possono essere mosse, con tutte le
dita?”
Mila ci
provò, scoprendo che per quanto la pelle le facesse davvero male e le
bruciasse, non sembrava esserci niente di rotto: i bambini sono più
resistenti
di quanto loro stessi sappiano, per fortuna. Verificato che nessun osso
fosse
danneggiato e che l’unica fonte di disagio di Mila fossero le
sbucciature, Coda
Spezzata sollevò entrambi i palmi della bambina all’altezza del suo
volto, come
a volerli guardare da molto vicino. E poi, prima che qualcuno potesse
fermarlo,
si infilò entrambe le mani di Mila in bocca, serrando le sue zanne
sulla carne
della giovane Nord.
Quando Mila
vide scomparire le sue dita, e tutti i palmi fino al polso, tra quelle
fauci
nere senza guance, tra quelle fila di bianchi denti da coccodrillo, si
sentì
mancare: peggio ancora fu restare a guardare per gli altri presenti. Ci
fu
qualcuno che fece immediatamente scendere la mano sul pomolo della
spada, ma
prima che potesse anche solo stringerne l’elsa, Coda Spezzata aprì la
bocca,
mostrando che non solo Mila aveva ancora due mani, ma ognuna delle sue
dita. Le
sue mani erano uscite nelle stesse condizioni in cui erano entrate, o
quasi,
perché Mila notò due fori identici sui suoi polsi, piccoli quando
punture di api,
che avrebbe scoperto essere presenti simmetrici anche dall’altro lato.
Anche se
era stata appena morsa dalle quattro zanne dell’Argoniano però, non
aveva
sentito niente: anzi…
“Meglio?”
chiese Coda Spezzata, curvando poi la testa di lato per sputare un poco
della
terra che aveva raccolto con la sua lingua bifida dalla bambina.
“S… Sì.”
rispose Mila guardandosi le mani.
Non le
facevano più male: anzi, per la verità non sentiva proprio più niente.
Riusciva
a muoverle questo sì, ma era come se fossero le mani di qualcun altro,
tanto
che non sentiva più né freddo, né dolore. Provo a stringersele, e ci
riuscì,
solo che scoprì di aver perso completamente il senso del tatto:
“È… magia?”
“No.”
rispose semplicemente l’Argoniano, rialzandosi in piedi e sollevandola
da terra
con lui.
Mila non
veniva più sollevata in quel modo nemmeno dalla sua mamma: non provò a
scappare
però. Un po’ perché quello che stava succedendo era così strano, un po’
perché
la persona che la teneva in aria, seduta su un suo braccio, era
davvero… alta.
Mila non voleva cadere ancora e così rimase a guardare mentre
l’Argoniano
raccoglieva la sua scarpa calzandola sulla punta della coda, per poi
mettersi
in marcia. Non andarono molto lontano: l’Argoniano la condusse nella
sua casa,
a Breezehome, lasciando la porta aperta in modo che tutti potessero
vedere cosa
stesse facendo, ma soprattutto cosa non stesse facendo. Ad esempio,
preparandosi a cucinare Mila Valentia con mele e cavolo:
“Lydia!”
chiamò l’Argoniano a voce alta: “…Siamo onorati da un ospite!”
La risposta
fu quasi immediata, perché dal piano superiore della casa la bambina
sentì il
rumore inconfondibile di un’altra persona che scendeva dal letto e si
muoveva
per raggiungerli. Mila però fu quasi delusa da ciò che vide: si era
aspettata
una donna rettile, o magari perfino un’elfa come quella che faceva da
guardia
del corpo allo Jarl, e invece quella che scese le scale in mezza
armatura e
camiciola di nera lana grezza, fu una Nord dall’aspetto e dai modi
comuni. Da
parte sua, anche la donna sembrò sorpresa di trovarla in braccio al suo
Thane: l'Argoniano
sembrava sorprendentemente a suo agio, come se per Coda Spezzata badare
a bambini
umani fosse all’ordine del giorno.
“Mio…
Thane?”
“Una brutta
caduta sul selciato: si avvisi sua madre che sta bene e che qualcuno si
sta
occupando di lei.”
“Sì mio
Thane.” rispose prontamente Lydia: non chiese il nome di Mila, perché
la vedeva
da molto più tempo di lui ad aiutare sua madre sulla piazza del mercato.
“Si torni in
fretta: ci sarà bisogno del tuo aiuto, dopo.”
“…Mio
Thane?” chiese Lydia, già quasi fuori.
Coda
Spezzata sospirò:
“Le sue mani
saranno curate da me, ma non si considererebbe più… conforme all’onore,
se le
sue ginocchia fossero curate da una mano più simile alla sua?” in
effetti,
avere un Uomo Lucertola sotto la gonna non era qualcosa che Mila
avrebbe dovuto
subire: meglio Lydia per prendersi cura di quello, Nord e donna a sua
volta.
Fortunatamente, Lydia capì quel concetto al volo:
“Sì… certo mio
Thane!” rispose l’huscarlo, solo per uscire da Breezehome, fare quattro
passi
sul selciato e poi tornare subito indietro:
“…Se posso
chiedere, cosa farai per…?” Coda Spezzata comprese immediatamente il
significato
della sua domanda.
“Alchimia.
Ciò è adatto per le guardie dello Jarl, è adatto anche per una dei suoi
cittadini.” di nuovo, era meglio non usare magia su una Nord, in mezzo
ad una
città di Nord, a meno di non aver ricevuto il permesso per farlo… e
comunque l’Argoniano
non era ancora intenzionato a gareggiare con i taumaturghi del tempio
di
Kynareth.
Inoltre, mentre
Coda Spezzata era più che capace di prendersi cura del suo corpo con la
magia, gli
Uomini erano… un po’ più fragili di lui e richiedevano più cura e
attenzione: non
valeva la pena prendersi dei rischi per una sbucciatura. E così, mentre
per la
seconda volta Lydia lasciava la soglia di Breezehome, Mila rimase a
fissare con
lo sguardo l’Argoniano: l’uomo rettile si mosse rapidamente, ma con
ordine. Ogni
gesto, e questo fu evidente perfino alla bambina, fu compiuto con
precisione,
come se fosse stato deciso tanto tempo fa: un bacile ricevette acqua da
un
secchio e fu messo a scaldare sul fuoco; poi l’Argoniano estrasse da un
cassetto degli stracci puliti di cotone grezzo, resti della lavorazione
dell’imbottitura della sua corazza che Coda Spezzata aveva tenuto per
poter fare
delle riparazioni in futuro... E poi l’uomo rettile sparì dietro una
porta,
ricavata nello spazio sotto le scale che portavano al piano superiore.
Doveva
essere una stanza molto angusta, e Mila fu quasi sul punto di cedere
alla
curiosità e andare a vedere cosa stesse facendo. Prima ancora che
potesse
decidersi però, era pur sempre ospite in una casa altrui, l’Argoniano
ritornò,
tenendo in una mano una fiasca gonfia, tappata con la cera, e un
pacchetto
avvolto in foglie, che posò su un basso sgabello.
Di nuovo, e
senza sforzo apparente, Coda Spezzata la sollevò da terra mettendola in
piedi
su una sedia, sempre sotto lo sguardo dei suoi concittadini, che
l’Argoniano
ignorò completamente: fino a quando guardavano da oltre la soglia, ma
non
entravano non invitati nella sua casa, non avevano niente da temere.
“Mani.”
ordinò asciutto l’Argoniano e Mila obbedì prontamente, sollevandole
entrambe.
Essere un
uomo rettile dotato di corna e coda in una terra di camminatori di
terra
asciutta aveva qualche vantaggio: tra gli altri, che difficilmente
doveva
ripetere più di una volta le cose, o che gli era difficile avere
l’attenzione
altrui.
Inumidendo
una pezza di cotone nel bacile d’acqua ormai calda, l’Argoniano
procedette con
attenzione a tamponare e finire di pulire le mani di Mila. Una volta
tolta la
terra e lo sporco, Coda Spezzata poté osservare direttamente il danno
ai palmi
della bambina: si era spellata i palmi fino a mettere in mostra la
carne viva,
e il suo tamponare con le pezze di cotone aveva fatto sanguinare di
nuovo le
ferite che si era procurata. Coda Spezzata non indugiò in quella vista,
né
concesse a Mila di farlo: tuttavia, la bambina impallidì molto vedendo
in che
stato si era ridotta.
“Però non
fanno male.” ripeté con una vocetta sottile.
“No.” concesse Coda Spezzata.
“…Come mai?”
l’Argoniano considerò come rispondere a quella domanda in un modo che
non
potesse essere frainteso, né da Mila, né da coloro che li ascoltavano:
Coda
Spezzata in effetti non aveva mai visto così tante barbe oltre una
soglia:
“Hsm…”
mormorò pensieroso: “…un trucco della Palude Nera.” rispose alla fine.
La curiosità
di un bambino però, è proverbialmente insaziabile:
“Posso
impararlo?” chiese Mila, uno sguardo implorante negli occhi.
“No.”
rispose Coda Spezzata, ma di fronte all’aria afflitta della bambina,
non poté
evitare di aggiungere: “…Cose da esseri con la coda e le corna.”
“Oh… quindi
le mucche possono impararlo?” una domanda che impegnò molte barbe nel
soffocare
altrettante risate.
Coda
Spezzata si chinò di fronte a Mila, piantandosi le mani sulle ginocchia
e
guardandola negli occhi dalla stessa altezza:
“Credi che
una mucca possa assomigliarmi?” e al suo fianco, le spire della sua
coda, con
le squame dentate come quella di una sega, apparvero più che mai
evidenti:
specie perché calzava ancora la scarpa di Mila sulla punta.
Nonostante
questo, non ci volle molto perché la bambina abbassasse lo sguardo:
“…No.”
“I tuoi
occhi funzionano ancora dunque. Bene.”
Lydia tornò
in quel momento, seguita a ruota da Carlotta, ma dovettero aprirsi la
strada
insistendo tra schiene e barbe, per riuscire ad entrare.
“Mamma!”
esclamò Mila, ma Coda Spezzata le impedì di scendere dallo sgabello
mettendole
una mano sulla spalla.
“I feriti
non dovrebbero muoversi fino a quando non sono stati curati.” sibilò
calmo
l’Argoniano, rivolgendosi poi a Carlotta che era rimasta sulla soglia:
per
quanto una non Nord, anche lei conosceva le consuetudini di Skyrim.
“Sii
benvenuta nella mia dimora, Carlotta Valentia.” solo dopo quell’invito
formale,
la madre oltrepassò la porta per ricongiungersi alla figlia.
“Mila…”
disse l’Imperiale, venendo ad abbracciare la bambina, ancora in piedi
sullo
sgabello.
“Sto bene.”
la rassicurò sua figlia, ma Carlotta fu di ben altro avviso dopo averla
osservata:
“Le tue
mani…”
“Guariranno.”
offrì Coda Spezzata: “…Questione di poco.”
“Non vorrei
disturbarvi oltre…”
“Nessun
disturbo.” quella situazione era uno dei motivi per cui l’Argoniano
preferiva
trattare solo con le versioni non adulte degli uomini.
“Carlotta…
posso garantirti che il mio Thane sa quello che fa.” frase quella di
Lydia, che
le fece guadagnare uno sguardo penetrante da parte dell’Argoniano.
La madre
però non rispose subito, facendo passare lo sguardo tra i vari membri
della
stanza: alla fine forse, fu per la scarpetta sulla coda di Coda
Spezzata che si
decise. E accorgendosi del suo sguardo, l’uomo rettile la posò
finalmente alla
base della sedia su cui Mila restava in piedi.
“Molto bene
allora. Ma insisto a pagarvi per il vostro disturbo...”
“Assolutamente
no.” sibilò Coda Spezzata quasi irato, tanto che Carlotta non osò
protestare:
“…Lydia, tampona e ripulisci le ginocchia di Mila. Delicatamente,
huscarlo.”
“…Sì, mio
Thane.” rispose umile Lydia: non era ancora mai riuscita ad offendere
l’Argoniano, nonostante le occasioni e la sua goffaggine. Carlotta
Valentia
invece, sembrava esserci riuscita al primo colpo.
Andando a
chiudere la porta della sua casa con uno scatto, e dando di nuovo le
spalle a
Mila in modo che Lydia potesse pulirle le ginocchia conservandone il
pudore,
l’Argoniano si piazzò a gambe larghe di fronte a Carlotta:
“Se dalle
usanze di Skyrim si richiede la… mercificazione della cortesia fino a
questo
punto, allora questa è davvero la provincia più barbara dell’uomo.
L’aiuto che
è stato dato… poca cosa.”
Lydia
sussurrò qualcosa, che nemmeno Mila riuscì a sentire chiaramente:
sembrò più
una cifra, che un termine. Qualcosa come: solo
12’000 septim in alluci di gigante.
Ma di certo la bambina aveva capito male:
“Lydia:
mani, non bocca.” ordinò brusco l’uomo lucertola, senza girare la
testa, ma
quasi la sua coda frustò l’aria.
Carlotta,
che era la più vicina all’Argoniano, si accorse che l’uomo rettile
sembrava
emanare un odore strano in quel momento: come di silice bruciata. O
fuoco e
zolfo bollente:
“…Vorrei
comunque ripagare la vostra gentilezza.” rispose la donna imperiale e
il suo
tono sommesso sembrò finalmente capace di placare l’Argoniano, tanto,
che Coda
Spezzata percorse con un dito i tozzi spuntoni che aveva sotto la
mandibola:
“Le mie
scuse.” esalò alla fine sibilando: “…sembrerebbe che aiutare chi ne ha
bisogno
sia ancora... imprescindibile, per me.”
“Non una
buona virtù per un mercante.” rispose timidamente Carlotta.
“…Ecco
perché si praticano interessi così alti su tutto il resto.” ribatté
l’Argoniano
e il silenzio tra loro divenne improvvisamente confortevole.
“Mio Thane…
ho finito.” affermò Lydia interrompendo il gioco di sguardi tra loro.
“Desideri…
controllare?” chiese l’Argoniano a Camilla.
“Ah. No…
voglio dire, immagino che il vostro huscarlo sia capace di prendersi
cura di
una sbucciatura...”
“Solo se sa
cosa è bene per lei.” rispose Coda Spezzata voltando la testa: Mila
aveva le
gonne ad altezza caviglia, e Lydia le aveva fatto calzare di nuovo la
sua
scarpa.
Di fronte a
quello sguardo, la giovane donna del Nord chiese aiuto a Mila, che
raccolse
l’invito, annuendo con un sorriso che sembrò bastare a soddisfare
l’Argoniano.
Coda Spezzata tuttavia non aveva ancora finito: muovendosi svelto,
l’uomo
rettile svolse il pacchetto che aveva portato, strappando una striscia
sottile
quanto uno spago da quello che sembrava legno bruciacchiato. In realtà,
ma
dovette metterlo in mano a Mila perché gli altri se ne convincessero,
era carne
affumicata.
“Mio…
Thane…?”
“Non quello
che pensi Lydia. Mastica Mila: tutto quanto e lentamente.” cosa che la
bambina
cominciò a fare, solo per interrompersi dopo pochi istanti.
“È amara!”
“Ma allontana
la febbre.” ed era la verità: i suoi erano più che rimedi popolari
della Palude
Nera.
L’alchimia
era scienza e arte, e ancora Coda Spezzata non poteva dire di
conoscerne che
una piccola parte, anche se a volte era la parte più… repulsiva della
magia. Ma
d’altro canto Coda Spezzata non aveva colpa del fatto che si potesse
ottenere
un potente antipiretico dalla pelle affumicata degli skeever,
i grandi ratti necrofagi che tante malattie trasmettevano
col loro morso…
“Mila…”
impose dolcemente sua madre e di fronte a quel tono, la bambina si
arrese e
ubbidì, saltellando da un piede all’altro per finire di masticare.
Fatto
questo, e riaperti gli occhi che le lacrimavano per quel sapore intenso
come quello
di un’erba amara, Coda Spezzata stappò la fiasca che aveva portato:
“Spalanca la
bocca.” e quando la bambina gli obbedì, l’Argoniano le versò non più di
un
ditale della pozione: Lydia aveva ragione a modo suo, e considerati gli
ingredienti non c’era ragione di sprecarne più del dovuto.
Anche se,
considerata la loro missione al campo dell’Albero Dormiente, restavano
ancora
quattro alluci di gigante all’Argoniano per preparare il suo elisir e
considerando
poi che il resto degli ingredienti richiedeva una spesa ridicola, i
forzieri di
Breezehome potevano dirsi pieni per un tempo decisamente lungo, specie
con le
abitudini piuttosto frugali dei suoi abitanti.
“Meglio?”
chiese Coda Spezzata, ritappando la fiasca.
“Non so…”
rispose Mila.
“Mmhh… le
tue mani dicono di sì.” osservò Coda Spezzata grave, andando a riporre
la
pozione nella sua dispensa alchemica.
Per quando
tornò, Mila e sua madre erano ancora a bocca aperta ad osservare
l’effetto
dell’incredibile elisir dell’Argoniano: su Mila, non restava altro che
i
ricordi della caduta.
“…Però
ancora non me le sento.”
“Torneranno tra
qualche ora. Meno, se correrai. Sii attenta però: il fatto che tu non
senta
nulla, non vuol dire che non possa farti male.” rispose serafico
l’Argoniano.
“Meglio di
no… non vorrei cadere di nuovo: era davvero amara.” si spiegò Mila.
“Msh. Qualcuno
è stato cresciuto saggiamente.” commentò leggero l’Argoniano sibilando.
“E grata.”
sottolineò Carlotta: “…Vorremmo davvero ripagare la vostra gentilezza,
Thane
Coda Spezzata.”
“Msh… shm… mmhh.” mormorò l’Argoniano, e
nessuno degli altri occupanti della stanza seppe dire se fossero parole
o suoni
senza senso. In ogni caso, dovevano averlo aiutato a pensare, perché
sembrò
aver raggiunto una conclusione:
“...Ci
sarebbe un modo. Sarebbe comodo piantare un giardino sul retro di
questa casa,
Mila Valentia: un giardino di erbe officinali e ingredienti che si
possono
trovare in questa terra, ma che non sono normalmente commerciati
dall’alchimista
della città.” come fiori di montagna, salvia, magari anche un cespuglio
di
sinforicarpo... quello in particolare sarebbe stato molto utile
all’Argoniano,
in futuro: “…Ma le piante hanno bisogno di essere annaffiate e di
essere difese
da parassiti e uccelli: io e Lydia raramente saremo in città per
farlo.” dopo
un breve sguardo a sua madre, Mila rispose:
“Mi piacerebbe
prendermene cura.”
“Quando
verrà il momento allora, ti verrà insegnato come farlo.”
Lydia scosse
la testa: innaffiare aiuole per qualcuno che abitava sulla strada del
mercato…
ben poca cosa, soprattutto considerando il valore di quello che Coda
Spezzata
aveva usato su Mila. Anche Carlotta doveva pensarla allo stesso modo…
nessuna
delle due donne però, aveva la minima idea di quanto pedante
l’Argoniano
potesse diventare quando si trattava di erboristeria. Difetto questo,
dovuto
all’averla appresa da un vecchio Dunmer
scorbutico, che si preparava le tisane solo con i prodotti del suo
giardino. In
ogni caso però, per il momento quell’accordo soddisfava tutti i
partecipanti:
tanto che dopo qualche frase di circostanza, Mila e Carlotta furono
riaccompagnate alla porta.
Dietro di
essa, il numero di barbe non era affatto diminuito, anzi: l’Argoniano
trovò in
prima fila proprio Ulfberth Orso Guerriero, che mentre il resto dei
Nord
guardava madre e figlia allontanarsi mano nella mano con espressione
sollevata,
gli porse il libro che Coda Spezzata aveva dimenticato sulla panca.
“Lettura
impegnativa.” disse il gigantesco fabbro.
E molto più complicata
di quanto si aspettasse, ma Ulfberth non avrebbe mai ammesso di non
aver capito
nemmeno una parola della pagina che aveva sbirciato: De
rerum Dirennis. Solo del titolo non aveva la minima idea di come
dovesse essere pronunciato:
“…Alcuni
preconcetti si devono affrontare nuovamente, di tanto in tanto.
Grazie.”
rispose l’Argoniano, prendendo il tomo dalle mani del fabbro: Ulfberth
non
aveva la minima idea se stesse parlando del libro o di sé stesso.
Per quando
si decise a chiedere però, l’Argoniano era già rientrato da un pezzo
nella sua
dimora: se fosse stato qualcun altro, forse Ulfberth, e anche alcuni
dei suoi
concittadini, lo avrebbero già invitato alla Giumenta Bardata a bere
con loro...
***
Ecco perché
tutti i presenti furono sorpresi quando Coda Spezzata e Lydia si
presentarono
alla locanda quella notte, qualche ora dopo cena. Una serata piena
quella:
nonostante l’ora, quasi un quarto della città era presente alla
Giumenta
Bardata, assieme a forestieri e mercanti che si erano trovati a passare
la
notte a Whiterun. Quando la coda dell’Argoniano chiuse con uno scatto
la porta
della locanda dietro a Lydia, ogni conversazione all’interno si
arrestò: non fu
strano, perché tutti o quasi stavano parlando proprio di lui. Anche per
questo,
il suono degli artigli dell’uomo rettile sulle assi sembrò rimbombare
nel
silenzio in cui lo osservarono muoversi, ma Coda Spezzata non sembrò
farci caso.
Era vestito in modo semplice, ma curato: una casacca color cielo sopra
una
camicia di lana chiara, e pantaloni scuri tagliati appositamente per
accogliere
i suoi piedi e la sua coda. Per quanto quegli abiti lo tenessero al
caldo, era
ovvio che fossero indumenti da città, con cui l’Argoniano dichiarava a
modo suo
che quella notte era lì per restare… E che per quanto ad alcuni potesse
non
piacere averlo a Whiterun, il loro dissenso sarebbe stato incontrato
con forza:
delle sue daghe elfiche, l’Argoniano ne aveva lasciata a Breezehome
solo una, e
a nessuno era sfuggito quanto poco i suoi abiti nascondessero il gioco
dei
muscoli sottostanti. Senza contare che l’Argoniano era pur sempre una
Spada
Stregata… e un Thane.
Più o meno
nella stessa situazione e abiti, ma di colori lievemente più vivi e in
toni di
verde, era anche Lydia: l’huscarlo però non era riuscita a separarsi
dalla sua
sottile, ma pesante spada d’ebano, che pendeva da un cinturone stretto
in vita.
Tra loro due era l'huscarlo a sembrare la più imbarazzata nel trovarsi
lì in
quelle vesti: pochi tra i suoi concittadini però, sapevano che l’abito
che
indossava in quel momento era il primo che le fosse stato mai comprato
da un
uomo… maschio… da qualcuno. Ed era da quando non si arrivava all’elsa
che Lydia
non portava una gonna: la vita di guardia cittadina non era una di
lussi.
Nonostante
la spada e la daga però, era piuttosto ovvio quanto quella sera fossero
venuti
alla Giumenta Bardata a svagarsi. E infatti, Coda Spezzata si diresse
sicuro al
bancone di Hulda, seguito timidamente da Lydia: la giovane donna del
Nord però,
non comprese davvero le ragioni di alcune occhiate che le vennero
rivolte...
L’Argoniano
si sedette cautamente sullo sgabello di fronte al bancone, quasi come
se
temesse che franasse sotto il suo peso:
“Hulda.”
“Thane.”
rispose la locandiera con uno scintillio divertito negli occhi: su di
lei, il
fascino di uomini vestiti con pelle di lucertola o con le corna non
faceva
molto effetto. Anche perché chi ancora mancava dei suoi clienti più
abituali
sarebbe arrivato di corsa, quando la notizia che Coda Spezzata era alla
Giumenta Bardata: ergo, più septim ancora per lei.
“…È rimasta
ancora della birra Argoniana?”
“Non
qualcosa di più forte? Ho del brandy di Cyrodiil e dell’ottimo vino
alto per
rinfrescarvi la gola.” non proprio una tattica sottile la sua: dare
spunti agli
altri avventori per capire se, almeno nel bere, il nuovo Thane del
feudo fosse
disposto a schierarsi nella guerra civile che imperversava a Skyrim.
L’Argoniano
però non era una preda così facile: inoltre, sapeva benissimo che la
gradazione
alcolica della cosiddetta birra Argoniana aveva poco a che fare con i
suoi effetti
deleteri. La locandiera invece non poteva nemmeno immaginare che la
naturale
resistenza degli Argoniani a veleni e malattie si trasferisse anche ai
frutti
della fermentazione:
“I sapori
della propria terra non sono migliori di quelli di altre… solo più
cari.” e a
quella verità Hulda non poté che inchinarsi, facendo comparire due
bottiglie di
fronte all’Argoniano.
Hulda non
aveva nemmeno finito di spillare sidro di Honnigbrew per Lydia però,
che
l’Argoniano le restituiva già il primo vuoto:
“Per il
martello di Shor… Thane! Non ho mai visto nessuno bere così quella
birra.”
“Ora l’hai.”
soffiò contento: “…E se delle bottiglie di Vino di Sangue di Blackrose,
da
Argonia, dovessero essere accolte nella tua cantina, il mio oro sarà
più che lieto
di liberartene.”
“Vino di Sangue? Confesso di non essere
familiare con questo nome…”
“Non ne vengo
sorpreso: deve ancora essere trovato chi, tra uomini, elfi o khajiit,
voglia
dividerne con i Saxhleel.”
“È velenoso,
mio thane?” chiese timidamente Lydia e l’Argoniano afferrò la sua
seconda
bottiglia di birra, prima di rispondere:
“Non…
esattamente: anzi, quasi l’opposto. Questo perché è più simile ad un
filtro
alchemico, che ad una bevanda comune. Per quanto eccellente.” aggiunse
Coda
Spezzata quietamente, levando la bottiglia all’indirizzo della
locandiera.
“Quindi… è
una pozione?”
“Quasi. È
più come un liquore, fatto con frutti che crescono solo in Argonia:
alla loro
fermentazione sono aggiunti semi pestati di solidago, essenza di
bergamotto, l’estratto
della digitale… e altro.”
Lydia aveva
appreso ancora poco sull’arte alchemica, ma aveva già compreso che
quando un
suo conoscitore glissava su alcuni ingredienti chiamandoli
semplicemente altro, poteva essere solamente perché
fossero
cose di cui era meglio non parlare in pubblico. Quando fosse venuto il
momento,
Lydia ne avrebbe avuto la conferma: non era un caso che fosse chiamato
vino di
sangue…
“…E quali
sono i suoi effetti, mio thane?” Coda Spezzata la fissò con un solo
occhio
azzurro, un’espressione quasi divertita sul suo volto imperscrutabile.
“Le
differenze tra le nostre genti sono rese… meno evidenti.” una frase
criptica,
che poteva essere interpretata in più di un modo.
Gli
Argoniani li intendevano tutti, compresi i più letterali: il Vino di
Sangue non
solo donava temporaneamente la resistenza ai veleni della loro razza,
ma
permetteva anche di respirare sott’acqua. Questo perché uno dei suoi
effetti,
nei camminatori di terra asciutta almeno, era quello di far spuntare
delle
branchie: non era strano che coloro che sentivano aprirsi dei tagli
sibilanti
ai lati del collo non volessero mai più avvicinarsi ad una bottiglia di
quel
liquore, nonostante l’effetto fosse solo temporaneo.
“Deve essere
ben forte per rendere attraente uno di voi.” commentò invece Hulda
gioviale.
“Ed è vero
anche l’opposto.” rispose Coda Spezzata quasi di buon umore: frase
questa, che
l’ostessa ricompensò con una risata.
“Beh, se
dovesse capitarmi sottomano, cercherò di ricordarmi di voi, Thane.”
“Si può
sperare: per quanto sia con pochi estimatori, è stato importato fino a
Bruma. E
come ho detto, il mio oro sarà felice di pagarlo.”
“Non faccio
promesse, Thane, ma vedrò quello che posso fare non appena i mercanti
torneranno ad attraversare i Jerall.” far sapere ad un mercante quanto
si
desideri esattamente un certo prodotto non è mai una buona idea: il
dolce vino
di sangue rischiava di costare salato al nuovo Thane di Whiterun.
Almeno
inizialmente infatti, Hulda avrebbe cercato di farselo pagare 100
septim alla
bottiglia…
Per i sapori
della sua terra lontana però, l’Argoniano era disposto a contrattare un
prezzo
meno caro:
“Apprezzato.” la ringraziò Coda Spezzata,
girando sullo sgabello e appoggiando il gomito sul bancone: “…Credevo
comunque
che della musica avrebbe allietato la nostra serata.” il bardo vanesio
della
Giumenta Bardata era in effetti assente in quel momento:
“Già… Mikael
è a caccia stasera."
"A
caccia?"
"Vuol
dire che è andato a bussare alle porte delle donne di Whiterun,
cercando di
convincerne una a farlo entrare, mio Thane."
"Msh...
accade spesso?" fu una strana nozione quella per l’Argoniano: le donne
di
Skyrim si dovevano dunque predare, piuttosto che corteggiare? La sua
breve
permanenza a Riverwood non l’aiutava a fare chiarezza in
quell’argomento:
sembrava che i metodi usati in quella terra fossero… un po’ più diretti
e
franchi, per non dire rozzi, di quanto fosse stato abituato sull’altro
versante
delle montagne Jerall.
"Più
spesso di quanto ci piaccia ammettere. Ma non impara mai. Almeno sa
incassare." rispose Hulda: la vanità e la superbia del bardo
incontravano
spesso i pugni di mariti, fratelli e promessi, ma nessuna di queste
cose era
ancora riuscita a farlo desistere, né a rovinare irreparabilmente il
suo
profilo.
“…Ho già
mandato Uthgerd a raccattarlo.” aggiunse seraficamente la locandiera.
“Per la
spada di Shor!” imprecò Lydia: “…L’Invincibile è in città? Credevo che
dovesse
fare da guardia a una carovana di mercanti.” se l’avesse saputo, Lydia
non
avrebbe mai suggerito di venire a bere alla Giumenta Bardata quella
sera.
“È stata
licenziata dal capo carovana per essersi presentata ubriaca. Ha assunto
i
Compagni al posto suo.”
Il che
voleva dire che l'Invincibile sarebbe stata sobria e più furiosa del
solito: se
Uthgerd non avesse avuto pugni in grado di uccidere un orso, e il loro
stesso
brutto carattere, sarebbe già stata lo zimbello della città.
Ci fu
angoscia e urgenza nella voce di Lydia quando si rivolse a Coda
Spezzata:
“Mio Thane,
credo che sarebbe prudente tornare a Breezehome.”
“Davvero?”
ribatté tranquillo l’Argoniano, e Lydia ancora una volta non fu in
grado di
dire se lo divertisse, o se invece avesse la sua completa attenzione.
Era così
difficile leggere quel volto scaglioso e con le corna, e quegli occhi
da
rettile completamente azzurri e privi di bianco.
“Con quello
che ci aspetta… non credo possiamo rischiare una rissa questa notte.” e
Lydia
si odiò per averlo detto: quella avrebbe potuto essere la loro ultima
serata a
Whiterun. La giovane donna non era certa che sarebbero tornati dalla
loro
spedizione al picco di Shearpoint… non entrambi, almeno: quella avrebbe
dovuto
essere una serata di spensieratezze. Non da passare nell’angoscia del
domani.
Lydia però
non immaginava che il suo Thane avesse già cominciato a concepire
un’opportunità nella sua angoscia: non erano tornati a Whiterun solo
per
riposarsi dopotutto, ma anche per assoldare qualcuno che potesse
accompagnarli
nel loro viaggio. Whiterun era città di guerrieri senza pari, ma dopo
aver
rifiutato l’invito ad entrare nei Compagni, almeno per il momento, la
scelta di
Coda Spezzata era limitata solo a coloro che i septim potessero
comprare. E
anche se una persona si era già lasciata convincere dall’oro
dell’Argoniano,
un’altra avrebbe fatto solo comodo per quello che avevano in mente e
dovevano
fare… specie se portava il nome di “Invincibile”.
Lydia invece
sapeva bene cosa sarebbe successo se Uthgerd e l’Argoniano si fossero
incontrati: l’Invincibile era da anni in faida con i Compagni di
Jorrvakr, che
l’avevano cacciata dalla loro fila. Incontrare qualcuno che ne aveva
rifiutato
l’invito, poteva solo finire in lotta: Uthgerd era irascibile,
orgogliosa e
dalla mano pesante. Ecco perché Lydia saltò giù dal suo sgabello,
cominciando a
cercare la sua bisaccia di monete, e implorando con lo sguardo
l’Argoniano di
fare lo stesso. Coda Spezzata però non sembrava avere fretta: forse
aveva
capito che era già troppo tardi.
Lydia non
aveva nemmeno finito di contare le monete infatti, che la porta della
Giumenta
Bardata si spalancò di schianto, e Mikael ci volò attraverso, raccolto
attorno
al suo liuto in modo che sopravvivesse alla caduta. Sì, il bardo sapeva
decisamente come incassare:
“…Buona
serata Jon.”
“Mikael.” lo
salutò sprezzante il Nord seduto sul ciocco accanto al fuoco.
Jon
apparteneva al clan Guerriero Nato: l’Argoniano non sapeva molto di più
su di
lui al momento, tranne che la sua famiglia era in contrasto con quella
dei
Manto Grigio, clan a cui apparteneva anche Eorlund. Una rivalità quella
che era
stata inasprita, o era nata chissà, con lo scoppio della guerra civile
a
Skyrim: di tutta la sua famiglia però, Jon sembrava il più temperato di
idee e
parole. L’Argoniano l’aveva ascoltato discutere sulla piazza del
mercato
durante una delle sue commissioni, sentendogli dire che a Skyrim erano
tutti
ossessionati dalla morte: qualcosa che Coda Spezzata riconosceva sempre
più
vera a mano a mano che viveva in mezzo ai Nord.
Mikael si
tirò in piedi con un guizzo, riuscendo a rimettersi in piedi da solo e
mettendosi subito a suonare: musica, ma niente canto, colpa forse dello
zigomo
che gli si stava già gonfiando. Doveva essere stato lanciato con molta
forza
comunque, perché solo in quel momento Uthgerd fece il suo ingresso alla
Giumenta Bardata, chiudendosi la porta alle spalle e sbarrando la
strada al
gelo.
A Coda
Spezzata piacque quello che vide: una donna dal volto leonino e dalla
giovinezza ormai spenta, capelli di uno sporco castano tenuti in trecce
di
cera, lo sguardo feroce come quello di una bestia, e una corazza
completa di
acciaio a piastre che doveva essere spessa almeno mezzo pollice. Una
vera
figlia del Nord, a cui mancava solamente uno spadone a due mani sulla
schiena,
che probabilmente l’Argoniano avrebbe trovato nella sua camera alla
locanda.
Era fuor di dubbio infatti, che alla Giumenta Bardata Uthgerd fosse di
casa:
quello che l'Invicibile vedeva però, evidentemente non la soddisfece
del tutto.
O forse il bardo non ne aveva ancora prese abbastanza:
“Se sai cosa
è bene per te Mikael, continuerai a suonare. Sono più di quanto tu
possa
gestire.”
Il bardo non
disse niente, ma il motivo che continuò ad uscire dal suo strumento
prese più
brio, e più vita. Accontentata da questo, fu allora che l’Invincibile
si guardò
attorno: non ci mise molto a scoprire perché così pochi le restituivano
lo
sguardo. Né di decidere dove dirigersi: con un coraggio che non sapeva
di
possedere, Lydia si mise sulla sua strada cercando di fermarla.
Tuttavia sapeva
già come sarebbe finita: era inevitabile.
“Uthgerd…
non questa notte, te ne prego...” ma l’Invincibile non sembrò nemmeno
sentirla:
l’unico modo in cui riconobbe la sua presenza, fu quello di sbatterla
di lato
così violentemente da mandare Lydia a ruzzolare sul pavimento, in modo
da poter
continuare ad avanzare verso l’Argoniano con passi pesanti.
La giovane
donna del Nord fece appena in tempo ad incrociare lo sguardo del suo
Thane,
troppo spaventata per accorgersi di avere il labbro spaccato:
“Si dice che
tu abbia rifiutato l’invito dei Compagni, lucertola.” lo apostrofò
Uthgerd
mettendosi a gambe larghe di fronte all’Argoniano, che era rimasto sul
suo
sgabello.
“Se fosse?”
chiese quieto Coda Spezzata, ricambiando lo sguardo della donna del
Nord.
“Ci vuole un
bel coraggio a dire di no a Jorrvakr.”
“No. Non
molto.” la corresse Coda Spezzata, svuotando d’un fiato la seconda
bottiglia di
birra, e posandola distrattamente sul bancone: “…Sono state viste cose
molto più
coraggiose solo questa sera.”
“Ah ah.
Davvero? Per esempio?” lo incalzò la Nord.
“Lydia.” la
indicò Coda Spezzata: “…Fronteggiare qualcuno più forte di sé stessi
senza
armatura: più coraggioso.”
“E tuttavia
non sei corso a difenderla. Avete un cuore che batta voi altri, e del
sangue
che scorra?”
“Lydia non è
così debole da aver bisogno dell’aiuto di un Saxhleel per rialzarsi. E
si erge
già orgogliosa: nemmeno i giganti la fanno tremare.” frase questa, che
venne
ascoltata in rispettoso silenzio: erano andati a caccia dei giganti
fuori dalla
città? Sarebbe stata Ysolda a confermare quell’impresa il giorno
seguente, ma
per allora l’Argoniano non sarebbe già stato più a Whiterun:
“E poi tu,
Uthgerd. Più coraggiosa ancora.”
“Puoi ben
dirlo...” ma l’Argoniano scosse la testa, parlando sempre con voce
quieta:
“Tu, con il coraggio
di umiliare i compagni di un Saxhleel davanti ai suoi occhi.
Coraggiosa… ma molto
sciocca.”
“Potrei
sconfiggere dieci di voi assieme con un solo pugno.”
“Da quello
che è stato visto dei Nord fino ad ora, si può dubitarne almeno.”
Lydia
ricordò in quel momento qualcosa che aveva appreso durante i suoi studi
segreti
per meglio comprendere il popolo del suo Thane. Tutti coloro che si
erano presi
il disturbo di conoscere davvero gli Argoniani, concordavano sempre su
una cosa:
per quanto imperscrutabili potessero sembrare, per quanto strana
potesse
apparire la loro cultura, gli Argoniani erano un popolo di cui era
difficile
ottenere la fiducia. Ma una volta ottenuta, una volta stretto un legame
di vera
amicizia con uno di loro, quel legame era indissolubile: anche per
questo erano
considerati sia eroi che mostri. Non sembrava esistere limite agli
estremi a
cui un Saxhleel potesse arrivare per coloro che chiamava amici:
“Vuoi
sentire della vera saggezza Nord, stivali ambulanti? Non conosci
davvero
qualcuno fino a quando non hai bevuto qualcosa di forte e non ha avuto
una
rissa con lui. 100 septim dicono che non puoi vincermi.” affermò
Uthgerd,
lanciando la sua bisaccia sul bancone di Hulda.
Nessuno, da
molto tempo, era stato così disperato o pazzo da accettare quella
sfida. Fu
evidente quanto Coda Spezzata fosse nuovo a Skyrim quando la sua
bisaccia si
posò a fianco di quella dell’Invincibile:
“…Una
scommessa interessante, ma può essere fatta una migliore.” affermò
l’Argoniano
alzandosi in piedi, e posando la sua daga a fianco delle due bisacce
con un
movimento più rapido di quanto gli occhi potessero seguire.
Lydia capì
che nonostante la sua voce restasse quieta, il suo Thane si stava
preparando a
riservare a Uthgerd lo stesso trattamento che aveva inflitto ai
briganti di
Valtheim e ai molti che avevano affrontato prima di loro. Non stava
posando la
daga per onore, ma per non usarla per sbaglio durante lo scontro: anche
se,
considerando gli artigli che aveva sui piedi, quella era forse una
preoccupazione inutile...
“E quale?”
“500 septim
se sarò messo a terra. I tuoi servizi di guardia gratuitamente se no.”
“Berrò alla
tua salute.”
“Si può
dubitarne almeno.” ripeté l’Argoniano con la stessa voce.
Avevano
l’attenzione di tutta la Giumenta Bardata: nessuno voleva perdersi
quello
scontro. Vedere qualcuno massacrare il Thane forestiero era qualcosa a
cui
molti di loro aspiravano di assistere, mentre altri invece volevano
semplicemente vedere una rissa scoppiare e il sangue scorrere, magari
appena
curiosi di scoprire di cosa fosse capace la lucertola su due zampe: in
generale, sarebbero rimasti tutti piuttosto delusi.
Fu Coda
Spezzata ad iniziare, e anche a finire: prima ancora che Uthgerd
potesse
muoversi, prima ancora che l’Invincibile sfoderasse quei pugni con cui
era
capace di uccidere uomini e bestie, l’Argoniano la colpì in faccia con
uno dei
suoi. Non sul naso, ma tra le tempie e l’orecchio, con la forza di due
nocche:
un gancio rapido come una frustata e che schioccò quasi allo stesso
modo sulla
carne e le ossa dell’Invincibile. Un colpo mirato a causare molto più
danno della
sola forza con cui era stato portato: Coda Spezzata sarebbe stato
capace di
spaccarle la mandibola, se avesse mirato un po’ più un basso, o lo
zigomo, se
avesse colpito più vicino a sé. L’Argoniano invece attaccò i nervi e il
cervello
dell’Invincibile: Uthgerd era una guerriera troppo testarda perché
delle ossa
rotte potessero fermarla. Così invece, il suo mondo divenne
improvvisamente di
un accecante bagliore, mentre l’unico suono che sentì fu quello di un
fischio
nell’orecchio, più acuto di quello del vento. I pugni le divennero
pesanti come
montagne, e l’Invincibile, che per anni aveva riempito di ammirazione e
terrore
il resto degli avventori con la sua possanza, scoprì la sconfitta. La
donna del
Nord rimase a gambe larghe, spostata di un passo all’indietro, la bocca
spalancata e storta in un’espressione di incredulità, con le braccia
lungo i
fianchi.
Coda
Spezzata però non era soddisfatto: quello che gli videro fare tuttavia,
non era
qualcosa a cui gli altri avventori fossero preparati, Lydia esclusa.
L’Argoniano calciò, ma invece di colpire, agganciò il pettorale
dell’Invincibile con gli artigli, piantando l’altro piede nelle assi
della
Giumenta Bardata e affondando gli unghioni. Poi sollevò di peso la
donna del
Nord con la sua corazza, schiantandola a terra con tutta la forza di
cui era
capace. Mai prima di allora il pavimento della Giumenta Bardata era
stato
infranto delle risse che erano state combattute sopra di esso, tuttavia
perfino
quelle assi furono costretto a fare spazio alla sagoma di Uthgerd,
quando la
donna impattò con tutta l’armatura per terra, provocando il rumore di
una
valanga e a fiato mozzo.
Nel silenzio
attonito dei presenti, il suono degli artigli dell’Argoniano che
graffiavano lentamente
il pettorale di Uthgerd, lasciando tre segni paralleli nel metallo,
furono
l’unica cosa a rompere la quiete. Se non avesse avuto quella corazza,
Coda
Spezzata avrebbe già sbudellato la donna, cosa che fu più che evidente
al resto
dei Nord riuniti: Uthgerd però non era stata chiamata l’invincibile per
caso. Lentamente,
più per riflesso che per intenzione, la donna cercò da districarsi da
dove era
stata conficcata, di tornare in piedi e a combattere, contro chi o cosa
però,
non riusciva già più a ricordarlo. Coda Spezzata non glielo permise,
avanzando
fino a darle le spalle e avvolgendole strettamente la coda attorno al
suo collo
come un cappio. Lo fece usando la parte inferiore della sua coda, non
le squame
simili ai denti di una sega: Lydia ebbe l’intuizione che l’Argoniano
avesse già
ucciso in quel modo, strangolando la sua vittima a morte mentre si
tagliava le
dita e i palmi sugli spuntoni della sua coda… o peggio ancora,
rivolgendo
quelle squame aguzze all’interno, e recidendo con esse i vasi
importanti del
collo, lasciando poi la preda a dissanguarsi.
Uthgerd
boccheggiava in silenzio, mentre la stretta dell’Argoniano si faceva
sempre più
forte: proprio come un pesce fuori dall’acqua, steso su una pietra in
attesa
che il pescatore lo evisceri per poterlo vendere al mercato.
“Lydia.”
chiese l’Argoniano con la sua voce quieta: lo sentirono tutti alla
locanda.
“Mio…
Thane?”
“Da ciò è
stato visto, credi che sia stato dato il massimo in questo… scontro?”
“No, mio
Thane.” rispose subito Lydia.
Perché era
stato disarmato, perché non aveva usato la magia… e, cosa che fu
evidente anche
al resto dei Nord, perché non solo non era stato colpito una volta
dall’Invincibile, che stava continuando a soffocare, ma i suoi vestiti
erano
ancora lindi e in ordine.
“Tuttavia.”
affermò l’Argoniano osservando il resto dei presenti: “…Se da qualcun
altro il
nostro diritto a bere qui deve ancora essere messo in dubbio, si faccia
avanti
ora.”
I sibili di
Uthgerd e il silenzio degli altri Nord accolsero la sua dichiarazione:
l’Invincibile ormai non si dibatteva nemmeno più.
“…E pensare
che si aspirava ad una serata tranquilla.” sospirò Coda Spezzata,
lasciando
andare l’Invincibile, che crollò di nuovo tra le assi, immobile e
sconfitta.
Con passo
leggero, Coda Spezzata tornò a sedersi al bancone di Hulda, recuperando
la sua
daga e la sua bisaccia, ma spingendo quella di Uthgerd verso la
locandiera:
“Le mie
scuse per i danni.” soffiò quasi imbarazzato: “…Un lato spiacevole
della mia
persona.”
Hulda fece
scorrere lo sguardo su Uthgerd e il pavimento sotto di lei, per poi
tornare a
fissare l’Argoniano che aveva di fronte:
“…Spiacevole?”
“Sembra che
sia incline a mettere i preconcetti alla prova.” spiegò Coda Spezzata,
mentre
la sua mano saliva fino a toccare l’anello di ferro che portava sulle
corna:
“…Invincibile.” aggiunse poi, indicando Uthgerd con un pollice.
I sorrisi si
trasformarono presto in sghignazzi alla Giumenta Bardata, senza che
l’Argoniano
capisse perché, e quando questo divenne evidente anche agli altri
avventori,
gli sghignazzi divennero risa. Per poi morire nel silenzio quando Lydia
fece
una domanda solo all’apparenza innocente:
“Mio Thane…
cosa accade quando perdi la calma?”
“Completamente?”
chiese l’Argoniano fissandola con un occhio azzurro e Lydia annuì una
volta
soltanto:
“…Non vale
la pena parlarne.” rispose infine con un’alzata di spalle: “Hulda,
un’altra
birra per favore.”
Cogliendo
l’occasione, Mikael ricominciò a suonare il suo liuto, e le
conversazioni
lentamente ripresero: nessuno disturbò ancora Coda Spezzata o Lydia
quella
sera. Né qualcuno ebbe il coraggio di spostare l’Invincibile da dove
era stata
conficcata...
Fu un
secchio di acqua gelida a svegliare Uthgerd il mattino dopo.
La donna del
Nord si destò sputacchiando, trovando Saadia sopra di sé che la
guardava con
disapprovazione.
“Che c’è?”
chiese Uthgerd disorientata alla cameriera Redguard: per Kynareth e
Shor, le
faceva male qualunque cosa.
Perfino
ascoltare la sua stessa voce era doloroso: aveva un fischio incessante
nelle
orecchie, una morsa alla testa, nella bocca il sapore di sangue, la
gola in
fiamme… e che Talos l’aiutasse, aveva la schiena a pezzi.
“È l’alba.” rispose
di cattivo umore Saadia: “Il Thane mi ha detto di svegliarti e di dirti
di
presentarti alle porte della città in armatura e spada.”
“Il Thane?”
per i nove dei… aveva la voce rauca come quella di un corvo.
“Coda
Spezzata. L’Argoniano.” sillabò Saadia.
Funzionò: i
ricordi della sera precedente riuscirono ad farsi strada attraverso i
lividi
che aveva lasciato. Così come la scommessa che aveva fatto e perso:
“Per Shor…”
imprecò Uthgerd.
“C’è sempre
un pesce più grosso.” la canzonò Saadia, ma senza provare ad aiutarla a
rialzarsi: la cameriera dalle mani delicate si sarebbe fatta venire
un’ernia se
avesse provato a estrarre l’Invincibile dal pavimento. E considerando
il suo
temperamento, meglio che lo facesse da sé.
Non fu
facile, ma imprecando e bestemmiando alla fine Uthgerd ci riuscì. Come
scoprì
però, restare in piedi era decisamente peggio che giacere sdraiati,
tanto che
l’Invincibile dovette agguantare una bottiglia da sotto il bancone di
Hulda e
scolarsela per poter ignorare il dolore. Essendo a digiuno dal giorno
prima, il
liquido dorato le andò subito alla testa, ma meglio sbronza che
inutile, riuscì
a pensare, mentre Saadia la guardava con disapprovazione sistemando i
tavoli: a
parte lei, Uthgerd era l’unica presente alla Giumenta Bardata, cosa che
le
diede del benedetto silenzio in cui ricomporsi e provare a rimettere in
moto il
cervello. Non aveva nemmeno idea di cosa esattamente quella lucertola
avesse
bisogno da lei, o per quanto tempo sarebbe stata lontana da Whiterun,
ma al
momento non importava: le faceva troppo male tutto per preoccuparsi
anche di
questo. Però per Shor… mai Uthgerd avrebbe immaginato che ci fosse
qualcuno in
grado di metterla a terra così in fretta: l’Invincibile poteva prendere
a
schiaffi le pietre senza sentire nulla. Coda Spezzata probabilmente le
spaccava
a pugni…
Tuttavia, i
Nord hanno una sola parola: quindi fu senza rimpianti o rabbia che salì
nella
sua stanza alla Giumenta Bardata a recuperare le sue spade, una lunga e
una
corta, il suo arco e le frecce. Delle provviste non c’era tempo di
preoccuparsene. Sotto un sole che le sembrò accecante, ma che invece
era appena
sorta, Uthgerd camminò a passo di lumaca, orientandosi quasi a fatica
in una
città che conosceva come le sue tasche: le sembrò di aver marciato per
giorni
quando finalmente raggiunse le porte della città e invece non erano
stati che
pochi passi.
Là giunta,
Uthgerd poté assistere ad uno spettacolo singolare: tutti i mocciosi di
Whiterun erano già in piedi e vigili a quell’ora quasi antelucana,
venuti ad
osservare la partenza dell’Argoniano dalla città. L’Invincibile
credette di
vederci doppio o triplo, cosa che non sarebbe stata strana considerato
il suo
stato, ma dopo aver chiuso e riaperto gli occhi più volte, dovette
riconoscere
che il numero di mocciosi non sembrava voler cambiare: quindi
probabilmente non
era solo una visione. A capeggiare il gruppetto c’era la figlia della
fruttivendola, Mila… Mila qualcosa, Uthgerd non aveva la forza di
richiamarne
alla mente il nome completo. La bambina sembrava fare da interprete e
intermediario tra il resto dei mocciosi e l’Argoniano, che si stava
prestando a
giocare con loro, sollevandoli uno alla volta con la sua coda da terra
tra
gridolini e risa di festa, e brevi litigi su a chi toccasse il turno
successivo. Suoni quelli che costrinsero Uthgerd a rallentare
ulteriormente:
avevano sempre avuto voci così acute?
“In
ritardo.” l’accolse l’Argoniano con un cenno d’assenso, a cui
l’Invincibile
rispose con un suono inarticolato, dando la possibilità a Coda Spezzata
di
annusare l’alcool nel suo respiro. Non disse niente a proposito però:
“…Devi
proprio andare?” chiese lamentoso il figlio minore del clan Guerriero
Nato, dai
capelli biondi come il grano.
“Devo. Agli
dei piacendo, ci si ritroverà.” rispose l’Argoniano, sedendosi sui
talloni
davanti a lui.
Per la barba
di Shor, avrebbe potuto inghiottire la testa del bambino in un boccone
solo, e
quella corazza color ottone sporco non aiutava a farlo sembrare più
rassicurante.
“Ma devi
tornare. Devi! Devi ancora piantare il giardino e insegnarmi ad averne
cura…”
protestò Mila.
Uthgerd
osservava tutto con occhio appannato, e quella particolare pretesa, per
quanto
strana, non riuscì a registrarsi nella sua mente. Coda Spezzata però
sembrò
sorridere: se non nel volto, almeno nella voce.
“Shhaa Mila Valentia. Il tuo zelo si è
già guadagnato gratitudine. Un regalo di arrivederci, allora.” rispose
l’Argoniano, cominciando a frugare nella borsa da sella che aveva ai
piedi,
visibilmente gonfia.
Tra tutto
quello che Uthgerd poteva immaginare l’Argoniano avrebbe mai tirato
fuori da
donare ad una bambina, non avrebbe comunque mai indovinato nemmeno se
fosse
stata sobria e in forma: Coda Spezzata infatti estrasse un fiore
dall’aspetto
carnoso e del colore del fuoco, che cresceva tipicamente a Skyrim ad
alte quote
e vicino all’acqua. Un fiore molto bello e dal nome un po’ strano: la
forma dei
suoi petali infatti, l’aveva fatto battezzare in modo davvero
particolare.
“Lingua di
drago.” spiegò Coda Spezzata a Mila, passandole il bocciolo con ancora
le
radici attaccate: un fiore grazioso, per una bambina graziosa.
Della
semplice bellezza però, l’Argoniano non sapeva accontentarsi:
“…Un filtro
creato dal suo fiore, protegge dal fuoco al punto che si potrebbe
danzare tra
le fiamme senza farsi male.” notizia questa che venne accolta con il
giusto
numero di oooh! e aaah! da parte dei
mocciosi di Whiterun:
“Te lo
affido, Mila Valentia: riuscirà questo fiore a prosperare col tuo
aiuto?”
“Io… io ci
proverò.” rispose Mila, stringendosi al petto il fiorellino.
Coda
Spezzata invece annuì due volte, squadrandoli tutti, per poi rialzarsi
in
piedi: senza aggiungere altro, l’Argoniano si voltò, caricandosi la
borsa in
spalla e dirigendosi oltre le porte della città. Uthgerd ci mise un po’
per
ricordarsi di doverlo seguire.
Fortunatamente,
non andarono lontano: solo fino alle stalle di Whiterun, dove le
cavalle del
Thane e di Lydia erano già state legato ad un carro scoperto,
noleggiato per quel
viaggio. Era proprio la giovane Nord ad essere in quel momento in
cassetta,
mentre nel retro, tra le loro provviste e l'equipaggiamento per il
viaggio,
allungava le gambe l’altra mercenaria che Coda Spezzata aveva assunto
per la
loro spedizione a Shearpoint.
“Uthgerd.”
la salutò brevemente Jenassa, volgendo verso di lei il suo volto color
cenere
tatuato d’oro, e i suoi occhi rossi come il sangue, che sfumavano in un
rosso
ancora più intenso.
Jenassa era
una Dunmer, a sua volta un’altra libera mercenaria in vendita al
miglior
offerente: Uthgerd rispettava le capacità dell’elfa scura, ma non erano
mai
diventate amiche. Troppo diverse per riuscire a diventare confidenti
nonostante
il comune mestiere, non solo per la razza differente, ma anche per la
loro
professionale competizione: non era un caso che Jenassa si recasse alla
Giumenta Bardata solamente quando Uthgerd era fuori città, e che allo
stesso
modo l’Invincibile visitasse la bottega del Cacciatore Ubriaco per
comprare
frecce solo quando era l’elfa ad essere assente da Whiterun. Vivi e
lascia
vivere: il loro rispetto professionale ed una vaga conoscenza delle
doti
dell’altra, aveva fatto sì che non avessero mai voluto scontrarsi.
Nessuno
prima di Coda Spezzata però, le aveva mai assunte entrambe per lo
stesso
lavoro: nessun incarico era sembrato prima così pericoloso. E questa
volta
l’elfa aveva avuto più fortuna di Uthgerd: Jenassa si era fatta pagare
in
anticipo per quel viaggio, prima ancora di conoscere la meta.
L’invincibile
salì sul carro lentamente, con aria guardinga e la certezza di non
lasciare mai
la coda dell’occhio di Jenassa, nemmeno quando posò arco e frecce tra
loro,
assieme alle spade: da parte sua, l’elfa teneva sempre le sue spade
gemelle e
l’arco a portata di mano. Jenassa era svelta: forse non quanto
l’Argoniano, ma
nella sua corazza di pelle sapeva piazzare una freccia al buio da
duecento
passi senza sbagliare. O peggio ancora, tagliarti la testa senza che tu
la
sentissi arrivarti alle spalle. Il silenzio carico di tensione fra loro
fu
piuttosto evidente, tanto che dopo aver poggiato la sua borsa sul carro
ed
essersi seduto a fianco di Lydia, che fece subito partire le cavalle,
Coda
Spezzata si girò verso di loro:
“Si può sperare
in una quieta convivenza tra voi, o si renderà necessario legare
entrambe per
tutto il viaggio?” di certo l’Argoniano non sprecava fiato: “…Uthgerd?”
aggiunse quando una risposta alla sua domanda tardò ad arrivare.
"Il
calore della battaglia è il fuoco che forgia le lame più forti. Un
vecchio
proverbio Nord. Questo, e un vero Nord non si lascia mai scappare la
possibilità di mettere alla prova la sua forza.” rispose Uthgerd:
l’aria fresca
sembrava fare miracoli per il suo stato e le ruote del carro erano
belle
regolari. Quindi, procedevano con pochi scossoni.
Jenassa
invece rispose:
“La morte è
la mia arte, e come tutti gli artisti, cerco sempre un mecenate. Per il
pugno
d’oro che mi hai dato sera, ti
seguirò in qualunque pericolo.” come molte Dunmer, anche la sua voce
era
piuttosto grave e solenne.
L’Argoniano
sospirò: quelle risposte non riuscivano a piacergli del tutto, né
potevano
bastare.
“Si spera
che durante il viaggio non venga sprecata della forza in futili litigi.
È
necessario che questa spedizione riesca. E non solo per il bene della
città.”
affermò con la sua voce quieta.
“Per quale
ragione, sera? Ancora non mi hai
detto cosa stiamo andando a fare a Shearpoint.” l’Argoniano sospirò di
nuovo:
fu Lydia a rispondere per lui, con tono funereo.
“Stiamo
accompagnando il mio Thane ad uccidere il drago che si annida sulla
cima del
picco.”
Fu Jenassa a
ritrovare la parola per prima:
"Nerevar..."
"Devo
aver capito male." disse Uthgerd infilandosi un mignolo nell'orecchio e
sturandolo per bene: "...Mi sembra che tu abbia detto che ci stai
portando
a combattere un drago."
"Lydia
è stata compresa perfettamente. È stato avvistato la prima volta da un
cacciatore di pellicce. La notizia è stata poi confermata dai nostri
stessi
occhi."
"E cosa
ti aspetti che facciamo io e Jenassa contro un drago? Per le ossa di
Shor...!"
"Quello
che ci si aspetta da ogni mercenario: morire per septim naturalmente.
Non
credevo fosse necessario spiegarlo." l'interruppe l'Argoniano.
Una risposta
di una noncuranza davvero terribile.
"...Non
si è mai parlato di un drago, sera."
"Allora
sarebbe stato meglio chiedere, Jenassa. Prima che la tua firma fosse
posta sul
contratto." rispose l'Argoniano, per poi aggiungere sovrappensiero:
"...I briganti di strada sono prede davvero troppo facili da queste
parti."
davvero troppo facili, se i migliori mercenari di Whiterun si potevano
ingaggiare per così poco e così facilmente. Quando era a Cyrodiil,
l'Argoniano
non avrebbe mai accettato un incarico senza prima sapere cosa avrebbe
comportato, e comunque mai per cifre così basse: centrava poco che lui
fosse
una Spada Stregata.
"Nerevar..."
imprecò di nuovo la Dunmer.
"Almeno
tu sei stata pagata, Jenassa. Io sono qui per aver perso una dannata
scommessa."
"Che
questo ti sia utile per la prossima volta, Uthgerd l'Invincibile."
"...Ho
l'impressione di non piacerti molto, Argoniano."
"Non
c'è mai tempo a sufficienza per sprecarlo in meschine rivalità. Da
morte, il
vostro corpo sarà riportato a Whiterun con onore, con un po' di fortuna
ancora
intatto. Da vive, il vostro contributo verrà proporzionalmente
retribuito, e
tornerete in città con una storia interessante. Non rendermi necessario
il dormire
con un occhio solo è un buon modo di cominciare." e con questo, Coda
Spezzata sembrò aver detto abbastanza, perché si girò di nuovo, a
fissare la
strada con Lydia. Shearpoint era a qualche giorno di distanza e il
tempo non
accennava a migliorare: non avevano fretta di raggiungerlo, e comunque
il carro
era stato noleggiato pensando al ritorno, più che all'andata.
Ammesso che
un ritorno ci sarebbe stato.
Jenassa e
Uthgerd si scambiarono un lungo sguardo in silenzio, apprezzando fino
in fondo ciò
in cui erano capitate: poi, entrambe allontanarono le mani dalle loro
armi di
comune accordo.
"Mio
Thane... quanto a lungo sei stato mercenario a Cyrodiil?" chiese ad un
certo punto l'huscarlo, mentre continuava a dirigere le cavalle al
piccolo
trotto.
"Qualche
anno. Ma non quanto a lungo è la cosa più importante."
"Ah
no?"
"No. La
cosa importante Lydia, è quanto a lungo si è sopravvissuti facendolo."
qualcosa
che Uthgerd e Jenassa si scoprirono a condividere completamente.
Dopo aver
circumnavigato la città da est, Lydia aveva diretto il carro verso
nord, dritta
per il feudo del Pale: questo perché era opinione comune che i versanti
più
facili del picco di Shearpoint fossero quelli settentrionali e
occidentali. Le
torri di Valtheim, a est, si trovavano sul fondo di una stretta valle
scavata
dal fiume: si poteva osservare Shearpoint dalla loro cima, ma solo a
causa
delle pareti scoscese. Raggiungerlo dalle sponde del Fiume Bianco
sarebbe stato
molto arduo, e di certo impossibile con un carro, dovendosi fare strada
tra
piste fra le rocce che solo delle capre avrebbero potuto percorrere.
Dovette però
arrivare la notte e il momento di accamparsi perché l'Argoniano
cominciasse
spontaneamente un'altra conversazione: non si erano ancora allontanati
dalla
strada principale e avrebbero passato la notte nella postazione di
guardia più
settentrionale della città, la torre di Whitewatch, dove per la prima
volta era
arrivata notizia dell'avvistamento del drago. Con la sua carica di
Thane e la
benedizione dello Jarl, che era stato informato di cosa Coda Spezzata
avesse
intenzione di uccidere sulla cima di Shearpoint, le guardie del feudo
cedettero
senza difficoltà i loro giacigli migliori per quella notte: per i
quattro,
sarebbe stata l'ultima tra confortevoli mura di pietra e sotto calde
coperte di
pellicce. Il giorno seguente, avrebbero lasciato la strada verso
distese molto
più desolate e aspre:
"Bene."
esalò l'Argoniano guardandole tutte: "...Si direbbe che almeno il
desiderio di sopravvivere sia presente." e per le due ore seguenti,
mentre
preparava filtri con gli ingredienti che si era portato da Whiterun
nella sua
borsa da sella, l'Argoniano spiegò loro come aveva intenzione di
affrontare e,
con un po' di fortuna, vincere, il suo secondo drago.
Si sarebbero
divisi in due gruppi, Uthgerd con lui, e Lydia con Jenassa: il compito
di
difendere sarebbe stato dell'Argoniano e dell'huscarlo, l'uno con la
magia,
l'altra con lo scudo, mentre l’Invincibile e la Dunmer avrebbe usato
per prime
arco e frecce intinte di veleno. Non una mistura capace di uccidere, si
era
però scusato l’Argoniano: non aveva accesso ad ingredienti che potevano
sperare
di uccidere un drago, ma al massimo solo un potente narcotico, che
avrebbe
dovuto toglierli la forza dalle ali. Questo ovviamente, ammesso che
funzionasse
anche sui draghi. Perfino in quel caso fortunato però, dato quanto
massiccia
fosse una di quelle creature, un pugno di frecce difficilmente
sarebbero
bastate a farlo dormire: si poteva sperare però di rallentarlo un poco
o
almeno, di farlo scendere a terra. Una volta che questo fosse accaduto,
Uthgerd
e Coda Spezzata avrebbero attaccato le sue ali, sperando di impedirgli
di
riprendere il volo: perché per quanto feroci e terribili potessero
essere i
draghi, perché per quanto potessero fare un solo boccone di uno
qualsiasi di
loro, solamente a terra li si poteva sperare di uccidere.
Colpire solo
le ali con le spade, ripeté più e più volte l’Argoniano: perché sulle
altre squame
di un drago, le lame di Uthgerd si sarebbero spezzate come ghiaccio
sulla
pietra. Jenassa invece avrebbe continuato a colpire il drago col suo
arco
mirando agli occhi, restando però al riparo dello scudo di Lydia, la
cui sola
importante funzione sarebbe stata quella di resistere ed essere un
bastione di
fronte a fiamme e fauci. Ferito, accecato e stordito il drago in quel
modo, l’Argoniano
era abbastanza convinto che sarebbe stato possibile finirlo prima che
uno di
loro venisse ucciso.
Sarebbe
stata una battaglia furiosa, breve e di inaudita violenza, in cui ogni
momento si
sarebbe allungato all’infinito. Ma, come si premurò di far capire loro
Coda
Spezzata, nessun buon piano sopravvive all’incontro col proprio
avversario:
avrebbero dovuto attenersi a quella strategia solo fino a quando avesse
funzionato, improvvisando velocemente quando le cose si fossero messe
storte. E
per quanto affidarsi al fato potesse bastare ad un Nord, gli Argoniani
preferivano sfidare il pericolo con cautela: per quando fossero
arrivati a
Shearpoint, ognuno di loro avrebbe avuto tre dei suoi filtri su cui
fare
affidamento, oltre al veleno da applicare sulle frecce. Due sarebbero
stati
uguali per tutti: un filtro di resistenza alle fiamme, ricavato dalle
lingue di
drago che aveva continuato a spiluccare durante tutta la conversazione,
e un
sorso del suo miracoloso elisir: non di più, perché se ne fosse servito
altro
voleva dire che sarebbero già stati morti. Oltre a questo, ognuno di
loro
avrebbero iniziato la lotta trangugiando la terza pozione, una mistura
personalizzata che si adattava al ruolo specifico che avrebbero avuto
nella
lotta.
Unite a
polvere di artigli d'orso, le radici di lingue di drago avrebbero
fornito a
Lydia e Uthgerd una forza sovrumana, per quanto effimera: abbastanza
forse per
confrontarsi con un drago, e la ragione in effetti per cui Coda
Spezzata ne
aveva acquistati così tanti. Bacche di ginepro e foglie di una piante
chiamata
"orecchie d'elfo", per via della loro forma, avrebbero reso invece ogni
freccia di Jenassa un centro quasi certo. A sé stesso invece,
l'Argoniano aveva
riservato una pozione fatta di due ingredienti opposti, uno dall'acqua
e l'altro
dalla montagna: un gheppio dorato di fiume ed un fiore rosso di
montagna, che assieme
avrebbe dato vita ad un filtro in grado di aumentare temporaneamente le
sue
capacità di tessere incantesimi. In questo modo, così come Uthgerd e
Lydia
avrebbero avuto un'effimera forza sovrumana, così Coda Spezzata avrebbe
posseduto riserve magiche senza pari, seppur per un breve istante. Una
necessità, dato che di loro quattro era l'unico a saper usare la magia
e la
capacità di lanciare fulmini dai palmi sarebbe stata una dote che senza
dubbio
avrebbe potuto fare la differenza nell'affrontare un drago.
Portenti in
forma liquida e di grande valore quelli comunque, cosa che perfino
Jenassa e
Uthgerd compresero. Coda Spezzata le avvisò tuttavia che se fossero
sopravvissuti, probabilmente ne avrebbero pagato il prezzo dopo: i suoi
filtri
erano miracolosi, ma pur sempre droghe portentose, che avrebbero
sforzato i
loro corpi ad operare ben oltre il limite naturale. Non sarebbe stato
strano se
per qualche ora Uthgerd e Lydia non fossero riuscite a muoversi, o se a
Jenassa
si fosse annebbiata la vista, quando l'effetto dei filtri fosse
scemato. Col
suo fisico lui ne avrebbe probabilmente risentito di meno, ma avrebbe
potuto
comunque perdere temporaneamente la memoria o il senno: il prezzo che
si paga
per infrangere con così tanta forza i propri limiti. Quando però
l'alternativa
è l'essere divorati, la scelta può apparire semplice, forse fin
troppo...
Dormirono
tutti profondamente quella notte e per le tre donne il mattino seguente
arrivò
fin troppo presto: la rivalità tra Uthgerd e Jenassa era stata
decisamente
sepolta per quel viaggio, cosa che piacque a Coda Spezzata.
Accompagnati dallo
sguardo delle guardie del feudo, si rimisero in viaggio prima ancora
che il
sole si staccasse dall'orizzonte: avevano ancora molta strada da
percorrere.
Il loro
secondo giorno di viaggio fu privo di eventi degni di nota: in quella
zona la
pianura di Whiterun era una piatta distesa intervallata qua e là da
rocce
grandi quanto una forgia, vecchie pietre di un colore nero-bluastro
coperte di
neve e licheni giallastri. Come sempre a Skyrim, anche quel giorno
faceva
freddo, ma né Jenassa, né Coda Spezzata si lamentarono mai di questo,
complici
anche le coperte che erano a disposizioni sul retro del carro: Lydia e
Uthgerd
invece ci erano abituate da una vita. Fu proprio l'huscarlo ad
accorgersene per
prima: più di una volta, durante quella giornata che furono la Dunmer e
l'Invincibile a passare in cassetta, Lydia scoprì Jenassa a guardare il
suo
Thane da sopra la spalla.
Quali fossero
le sue ragioni per quello però, Lydia non provò a chiederle: c'era
qualcosa
negli occhi rossi delle genti di Morrowind, nelle iridi e sclere del
colore del
sangue, che rendeva difficile cercare la loro confidenza o amicizia.
Anche sui Dunmer
Lydia non sapeva molto in fondo: Jenassa e l'huscarlo dello Jarl erano
in
effetti le uniche elfe scure che avesse mai conosciuto, e data la lunga
vita
degli elfi erano entrambe cittadine di Whiterun da più tempo di lei.
Non
sarebbe stato strano in effetti, se Jenassa stessa fosse stata più
vecchia di
Uthgerd e Lydia messe assieme, un pensiero su cui l'huscarlo non aveva
mai
davvero riflettuto prima di conoscere Coda Spezzata.
In ogni
caso, se la giovane donna del Nord si era accorta delle strane occhiate
dell'elfa, di certo lo stesso aveva fatto anche il suo Thane: molto
poco
sembrava sfuggire ai suoi occhi, e poiché lui non dava segno di
volersene
preoccupare, per quanto più di una volta Jenassa fosse stata costretta
a girare
la testa di scatto per non incontrare quelli dell'Argoniano, Lydia
decise di
fare lo stesso. Aveva già troppo di cui preoccuparsi: quel giorno,
Shearpoint era
ricomparso nel loro orizzonte.
Si
accamparono nella brughiera sotto le stelle e le lune quella notte,
ricavando
una sorta di tenda usando il carro e un masso come appoggio, e
lasciando alle
cavalle la possibilità di brucare lì vicino: mentre Jenassa si occupava
di scovare
erba e torba che non fosse troppo umida, con l’aiuto di Uthgerd Coda
Spezzata
scavò quella che a prima vista sembrava solo una latrina nella terra,
ma sul
fondo della quale accese poi il fuoco del loro campo. Questo, per
evitare che
fossero avvistati dalla distanza: probabilmente dall’alto sarebbero
stati comunque
notati, ma nella vasta pianura il loro fioco falò senza fumo
difficilmente
sarebbe stato visibile. Lydia invece badò alle cavalle, dando loro la
libertà
di una notte senza morso in bocca e basto sulla schiena, cosa che le
due
giumente sembrarono apprezzare:
“…Non mi
sono mai piaciute le notte all’addiaccio.” esalò alla fine Uthgerd,
gettando
sguardi nella notte.
La loro era
stata una cena silenziosa, ma almeno ora avevano lo stomaco caldo: il
coniglio
però, anche guarnito con verdure e frutta portata da Whiterun,
riempivano al
massimo il corpo, non lo spirito. Uthgerd, e anche Lydia, avrebbero
preferito
del montone bello grasso e succulento per riempirsi la pancia... e
invece c’era
solo coniglio. Tanto valeva almeno provare a scacciare lo scontento con
un po’
di conversazione: l’Argoniano parlava fin troppo raramente per i suoi
gusti, e anche
quando lo faceva si esprimeva con una voce molto calma e quieta.
Laconico come
un eremita da una terra lontana:
“Ci si
abitua.” rispose proprio Coda Spezzata: “…E si può insegnare a farlo.”
aggiunse
dopo un momento guardando Lydia, che ricambiò la sua frase con un
sorriso.
La sua
istruzione nella magia non era andata molto lontana: per il momento la
giovane
donna del Nord si accontentava di riuscire a far brillare una luce di
candela
la metà delle volte. Nello studio alchemico invece la sua istruzione
procedeva
molto più rapida: memorizzare combinazioni non era difficile, non
troppo
diverso in effetti dal fare manutenzione ad un arco con le sue frecce.
Ripetitivo forse, ma in definitiva non troppo difficile e Coda Spezzata
era una
persona pragmatica nel suo modo di insegnare. Le inculcava l’essenziale
e i
meccanismi più superficiali della pratica, ripentendoli fino a quando
Lydia non
dimostrava di padroneggiarli: della teoria preferiva che fosse la
giovane Nord
a costruirsi la sua per il momento. Era inutile, le aveva detto,
spiegare tomi
di principi generali quando Lydia stessa non possedeva l’esperienza per
apprezzarli. Alla Nord andava bene così per il momento:
“…Sembrerebbe
però che coloro che la tenebra nasconde siano temuti da Lydia e Uthgerd
allo
stesso modo.” cosa che l'huscarlo ammise con un cenno d’assenso quando
l'Invincibile
chiese conferma a proposito:
"Gli
Argoniani non hanno paura del buio?”
“Non saprei
dire: cacciare nelle tenebre mi è più facile che cacciare di giorno. Lo
stesso
si può immaginare valga per coloro che condividono il colore delle mie
squame.”
“...E tu
Jenassa?”
“Lo stesso
vale per me.” rispose l’elfa scura, che in quel momento stava
controllando le
sue spade: “…Cammina sempre nell’ombra, così che vedrai i tuoi nemici
prima che
vedano te: saggezza Dunmer. Inoltre…”
“Inoltre?”
chiese Coda Spezzata restituendo lo sguardo di Jenassa, la quale sembrò
quasi
rabbrividire di fronte a quegli intensi occhi azzurri:
“Prima di
stabilirmi a Whiterun, ho pensato di fare il bandito.” ammise la Dunmer
senza
imbarazzo: “…E non si può continuare ad accamparsi all’addiaccio, in
fuga dalla
legge, se si temono le tenebre.”
“Cosa ti ha
fatto cambiare idea?” chiese Lydia: parlare con Jenassa le era comunque
più
facile che parlare con Irileth, huscarlo dello Jarl Balgruuf.
Intanto
perché in quel momento condividevano missione e Thane, e poi perché
Jenassa non
era capace di usare la magia. Cosa questa che la rendeva più simile a
lei…
oltre al fatto che Irileth dava l’impressione di poter uccidere senza
alcun
rimorso. Lo stesso valeva per Jenassa ovviamente, non era una
mercenaria per
niente, ma in misura minore:
“Ho deciso
che mi piacevano vestiti puliti e sidro fresco.” rispose semplicemente
la Dunmer,
e i tatuaggi color oro che aveva in faccia sembrarono brillare
stranamente nella
luce del falò: “…Farò io il primo turno di guardia. Ti sveglierò tra
qualche
ora, Uthgerd.”
E con
questo, la Dunmer si alzò in piedi rinfoderando le spade e
allontanandosi dal
fuoco: come il suo Thane, Lydia si accorse che anche Jenassa sapeva
essere
molto silenziosa.
“Tks. È per
questo che nessuno è mai felice di vederti.” commentò l’Invincibile
rivolgendosi alle tenebre attorno al loro falò: “…Scostante pelle di
cenere.”
Insulto
quello, che Coda Spezzata commentò con un soffio quasi divertito:
“Possono essere
difficili da capire: forse, perché siete abbastanza simili da
fraintendervi
perfettamente.”
“…Non credo
di capire mio Thane.” affermò Lydia, guardandolo allungare entrambi i
palmi
verso il fuoco: era stato durante una notte come quella che gli aveva
visto
ricresce un braccio…
“Sono Dunmer.”
sillabò Coda Spezzata: “…Il loro passato è tenuto in grande
considerazione, per
quanto travagliato esso sia. Le leggende di Ysgramor e di come Skyrim
stessa fu
da lui fondata quando gli uomini giunsero da Atmora, impallidiscono se
poste a
confronto con le gesta di Nerevar e il tradimento degli Almsivi. O
almeno, così
si può dire dopo averle studiate entrambe.” aggiunse svelto
l’Argoniano, prima
che Uthgerd cominciasse a protestare: “…E mentre le tradizioni di
Morrowind possano
apparire simili a quelle di Skyrim, probabilmente più di ogni altra
razza di mer, vi sono poche differenze così
profonde da renderle le uniche cose che contano.”
Inutile
cercare di riassumere in una sola notte l’era del Falso Tribunale,
l’epoca di
Almalexia, di Sotha Sil e di Vivec, e di come iniziò e finì per mano di
Nerevar, reincarnato come Nerevarine. Superfluo cercare di spiegare
perché i Dunmer
adorassero ancora oggi tre principi dell’Oblivion come loro divinità
principale,
e perché chiamassero il trittico di Azura, Boethia e Mephala, il Vero
Tribunale. Sarebbe stata necessaria la vita di un elfo per cominciare
anche
solo a dare un’idea della complessità delle tradizioni Dunmer a
qualcuno che,
come Lydia e Uthgerd, non l’aveva mai sperimentata…
Superfluo sì,
e arrogante: quelle storie non appartenevano all’Argoniano.
“Si può dire
che i Dunmer siano stati accecati dal loro passato: fino al punto di
credere
che la ragione sia generata solo dalla sofferenza dei propri antenati.”
“…Tu cosa
credi, sera?” chiese la voce di
Jenassa dalla parte opposta da dove l’avevano vista sparire.
Solo
sforzando molto gli occhi Lydia riuscì ad intravederla: Coda Spezzata
le
rispose senza girare la testa.
“Che la
sofferenza dei propri predecessori possa essere un’effimera saggezza al
massimo.”
esalò l’Argoniano, cominciando a stendersi: un compito non facile con
la sua
corna e la coda. Specie a causa di quest’ultima, Coda Spezzata dormiva
prono,
con un braccio sotto la gola per dare modo al suo volto di lucertola di
non
piantarsi nella terra: come Lydia aveva già notato, sotto le stelle il
suo
Thane dormiva con almeno una daga già nel pugno. Sembrava davvero
un’enorme
serpente di tenebra e oro…
Quando la
giovane Nord scrutò la notte un’ultima volta cercando la forma di
Jenassa, non
riuscì a trovarla.
***
Lo trovarono
quando il terreno sotto le ruote e gli zoccoli aveva già cominciato a
salire da
un po', e Shearpoint incombeva sempre più vicino.
"...Cosa
credi che sia?"
"Non ne
ho la minima idea n'wah."
Uthgerd
fissò Jenassa e la sua pelle color cenere:
"N'wah? A lui lo chiami sera." ribatté
la donna del Nord,
indicando l'Argoniano che assieme al suo huscarlo stavano
circumnavigando il
perimetro della cosa che avevano trovato.
"Lui mi
paga." rispose Jenassa.
"Sarà..."
ma anche a Uthgerd era diventato evidente quanto ormai l'elfa fosse
pronta a
scattare ad ogni ordine di Coda Spezzata: era cominciato tutto dopo
quella strana
conversazione attorno al fuoco di qualche sera prima.
Strano a
dirsi, da allora Jenassa sembrava più... spontanea: felice quasi, di
essere lì
a rischiare la vita con tutti loro e non poteva essere di certo per i
semptim.
Uthgerd era perplessa, ma i Dunmer erano scostanti e difficili da
avvicinare
come puledri non ancora domati. E in definitiva comunque,
all'Invicibile importava
molto poco di Jenassa ormai: più il loro viaggio continuava, più la
mercenaria
del Nord si scopriva a desiderare di arrivare alla meta.
L'Invincibile
non era una sciocca: più gli anni passavano, più diventava lenta, i
sensi si
annebbiavano e ci voleva un po' di più per tirarsi in piedi, come
dimostrava il
modo in cui era stata ingaggiata. Morire masticati da un drago delle
antiche
leggende non sarebbe stato un modo niente male per andarsene, tutto
sommato:
una morte da vera eroe e figlia di Skyrim. E più pensava a questo, più
la
sensazione di appartenere a quella spedizione, all'essere stata
destinata tanto
tempo fa ad essere lì, si faceva più forte: la loro era una missione
voluta dal
fato. Per un Nord non c'era niente di meglio di una simile impresa: il
suo
morire in essa o sopravvivere era nelle mani degli dei, ma comunque
fosse
andata, uccidere un drago sarebbe stato qualcosa...
Qualcosa di
cui nemmeno i Compagni avrebbero mai potuto vantarsi di aver fatto
l'uguale.
Per Talos...
la vecchia ferita nella sua anima, il suo terribile errore di tanti
anni fa che
aveva segnato così tanto la sua vita e le sue notti. Se chiudeva gli
occhi,
Uthgerd sentiva ancora le ossa fratturarsi sotto le sue mani... e ora,
lo
stesso fato che l'aveva esclusa dai suoi sogni per così tanto tempo le
dava una
possibilità: non quella di unirsi necessariamente ai Compagni, ma avere
una
storia da tramandare e delle gesta che fossero solo sue. Le veniva data
la
possibilità di afferrare molto più di quanto Uthgerd avesse mai osato
sognare.
Non avrebbe permesso a nessuno di frapporsi fra lei e la gloria questa
volta,
nemmeno lei stessa.
Uthgerd si
stava scoprendo grata a Coda Spezzata per averla voluta con lui: una
Nord grata
ad un Argoniano... di certo questo avrebbe fatto ridere la sua vecchia
quando e
se glielo avesse raccontato.
"Spero
solo che si sbrighi. C'è qualcosa di innaturale qui."
"...L'hai
percepito anche tu quindi: come un brivido nell'aria. Qualche potere
malvagio è
all'opera in questo luogo."
"Hai già
provato qualcosa di simile?"
"Qualche
anno fa sono stata assunta per accompagnare dei Bretoni ad un'antica
tomba Nord:
volevano farsi un'idea di come fossero davvero gli antichi sepolcri di
Skyrim. Spiando
appena oltre la soglia, tra le tenebre e le pietre, ho percepito
qualcosa di
molto simile a... questo. Qualunque cosa essa sia. Sera
ci saprà dire di più."
"Dici
che è anche un esperto di rovine Nord?" Jenassa si concesse un sorriso
di
fronte alla stupidità di Uthgerd:
"La
magia è più di qualche incantesimo: permette di vedere il mondo con più
occhi... E osservare l'invisibile cambia sempre lo spirito. Come te, io
non ho
mai praticato la magia, eppure percepiamo entrambe che qualcosa è
successa in
questo luogo, ma lo facciamo in modo vago. Per lui deve essere molto
più
intenso, e allo stesso tempo chiaro." e forse anche per Lydia, se il
suo
modo di muoversi rivelava qualcosa a proposito. Oppure, più
semplicemente, il
buon huscarlo reagiva al nervosismo del suo thane.
Coda
Spezzata completò lentamente la circumnavigazione della rovina che
avevano
trovato, e si sedette poi sui talloni per osservarla ancora: difficile
capire
la sua forma originale ora. Era stata costruita dagli uomini del Nord,
questo
era certo, ma non sembrava l'ingresso per uno dei loro sepolcri, come
ad
esempio le rovine di Bleak Fall Barrow, doveva aveva trovato la
misteriosa pietra
per il mago di corte di Balgruuf. Ciò che restava ed era stato portato
in
superficie, era tutto quello che ci fosse mai stato: si doveva
solamente
immaginare a cosa fosse servito, perché si potesse indovinarne la forma
esatta.
O partire all'inverso: quello che avevano davanti era un anello di
pietre che
aveva costituito un muro, posto però in profondità nella terra. Avrebbe
potuto
essere un giardino ipogeo, se non fossero stati in mezzo al niente di
Skyrim, e
se quelle pietre non risalissero ad almeno qualche secolo fa. Lo
scorrere degli
eoni aveva compattato quei sassi in modo molto regolare: erano lì da
molto. Una
fossa quindi? Un buco scavato nella terra per gettarvi tutti i corpi di
una
battaglia dimenticata? Eppure... i muri erano stato inclinati verso
l'interno,
una precauzione che sembrava inutile nel caso di una tomba. Qualunque
cosa
fosse stata messa lì dentro, gli antichi Nord non volevano che uscisse
fuori:
tuttavia, pareva che dopo secoli qualunque cosa fosse stata
imprigionata,
avesse finalmente avuto la sua libertà. Il terreno era smosso e scavato
dall'interno: qualcosa era uscito, svellendo il coperchio e le pareti
della
sua...
"...Una
prigione. Si è trattato di una prigione."
"Mio
Thane?"
"Lydia...
gli antichi Nord di un tempo, come uccidevano i draghi?"
"Non lo
facevano. I draghi sono immortali mio Thane. Quando era possibile, li
imprigionavano." come del resto testimoniava il teschio sopra il trono
dello Jarl...
"E se
non era possibile? Se un Drago cadeva in mezzo alla pianura?"
"Allora...
fuggivano prima che risorgesse?" provò Lydia.
"Oppure...
veniva costruita una prigione nella terra, per impedire loro di farlo.
E ora,
dopo ere, è stato liberato da qualcuno o da qualcosa. Ecco da dove è
arrivato
il drago avvistato a Shearpoint. Non dal cielo. Ma dalla terra. Sono
state mai
viste rovine simili a queste per il feudo?"
"No,
mio Thane."
"Mhsaa...
almeno non ci si dovrà preoccupare di draghi che spunteranno nella
pianura come
Hist."commentò Coda Spezzata, lasciando cadere una delle pietre che
aveva
raccattato.
Non valeva
la pena provare a spiegare a Lydia il resto, tuttavia c’era… un’eco,
un’ombra,
di qualcosa che aveva già provato da quando era arrivato a Skyrim. Il
drago
nero che aveva distrutto Helgen, e le profondità della tomba Nord
vicino a
Riverwood, dove era stato eretto quello strano muro in cui le parole
gli erano
apparse fatte di luce… entrambi quei prodigi condividevano un legame
con questo
luogo. C’era un filo conduttore che li legava tutti, ma quale fosse,
Coda Spezzata
ancora non riusciva a comprenderlo.
Il drago
nero… curioso che nessuna altra città fosse stata attaccata dopo
Helgen:
distruggere quel luogo non era sembrato costare molta fatica a quel Dovah...
Coda
Spezzata si alzò di scatto: si rese conto di aver appena pensato in una
lingua
che non aveva mai appreso.
Come poteva
essere? Nessuno dei testi che aveva consultato avevano mai parlato di
questo:
se davvero lui era un Sangue di Drago, le leggende tramandavano che
avrebbe
dovuto impossessarsi solo della forza dei… Dovah. Qualcosa di
sottilmente
inquietante: perché se uccidere un drago aveva già piantato in lui
parole senza
che se ne fosse accorto, cosa sarebbe stato della sua mente quando ne
avesse
sconfitti dieci? O cento?
Per un uomo
o un elfo, l’idea di perdere la propria identità avrebbe potuto
scuotere
l’animo… ma poiché lui era un Argoniano, la stessa paura non riuscì ad
insinuarsi nella sua mente. Gli Argoniani si consideravano al pari di
una
fiasca: se anche il liquido che lo riempiva poteva cambiare, il
contenitore non
si sarebbe rotto, né avrebbe traboccato. Coda Spezzata si divertì ad
immaginare
al massimo come sarebbe potuto cambiare: nessun Saxhleel aveva mai
avuto ali o
sputato fuoco. Ma rispetto ai camminatori di terra asciutta, lui era
già a metà
del viaggio...
“Mio Thane?
Stai… sorridendo?”
“Sì. E No. Cambiare
è l’unica costante di questo mondo Lydia: lo si tenga bene a mente.” e
detto
questo, l’Argoniano voltò le spalle al sepolcro del drago che stavano
andando
ad uccidere di nuovo. Con un po’ di fortuna, definitivamente questa
volta.
“…Quanto
ancora per Shearpoint?” chiese Coda Spezzata una volta tornato al loro
carro.
Jenassa
guardò Uthgerd, la quale ponderò la domanda attentamente:
“Le pendici o la cima?”
“La cima.”
“Due
giorni.”
“Si faccia
in modo di arrivarci all’alba. E a piedi: sarebbe meglio non annunciare
il
nostro arrivo e desiderio di combattere, se non con frecce avvelenate.”
“Che motivo
c’è per questo?”
“Tenebre e
luce sono osservate con la stessa chiarezza da un drago. Nel tempo in
cui le
ombre si allungano, al crepuscolo, potrebbe esistere per noi una
possibilità.”
“Credi
davvero che potremmo sconfiggere un drago, sera?”
“Perché no?
Uno è già caduto. È tempo che anche Lydia, Uthgerd e Jenassa siano
messe alla
prova da questa leggenda.”
E quello strano
quartetto di opposti, di persone così diverse tra loro, si scoprì unita
per la
prima volta da quando era cominciato quel viaggio, nell’intento comune
non solo
di raggiungere Shearpoint e brillare nella gloria, ma anche magari di
tornare
da esso. Sentimento quest’ultimo, condiviso perfino dalle loro cavalle:
montando sul carro, Lydia realizzò che non era mai stata così lontana
da Whiterun,
e che allo stesso tempo, mai le era importato così poco.
Sono una persona
cattiva per aver fatto finire qui questo capitolo e questa
raccolta?
Spero di no. La ragione per questo, è che Saraan Sul, non vuole essere
il racconto delle gesta del prode Dovahkiin, ma l'inizio delle sue
avventure, in cui lo straordinario e il prodigioso sono ancora
eccezzioni alle sue giornate. Spero che questa storia vi sia piaciuta
nonstante quanto raramente l'abbia aggiornata, ma d'altro canto, volevo
scrivere davvero un altro capitolo su Coda Spezzata e rubando piccoli
momenti nel tempo, sono riuscito a mettere insieme questo capitolo
in... molto, troppo tempo. La vita reale è davvero un crudele tiranno :)
In ogni caso, spero davvero vi sia piaciuto. Bye! |