Da
quando la Senna
è diventata così nera?
Dov’è
Parigi, la città dei fiori?
Ciascuno
combatte per
un pezzo di pane.
Un
tempo la gente
cantava di fiori
e
gli amanti
sussurravano dolci sciocchezze.
Ora
dove scorre la
Senna?*
Gennaio sfarinava
fiocchi di neve su
Parigi gelata.
L’estate
precedente era
stata disastrosa per le campagne.
Pioggia e grandine avevano continuato il loro lavoro impietoso anche in
autunno;
e ora, d’inverno, si diceva che l’acqua gelava nei
bicchieri perfino nella
Reggia del sovrano.
I Parigini,
però, da
qualche tempo non sembravano temere quel
freddo crudele. Ogni giorno c’erano uomini che, agli angoli
delle strade, si
radunavano in gruppi e parlavano con ardore del tempo che sarebbe
venuto.
Se ne discuteva
ovunque, anche nelle
baracche dei compagni
del reggimento. Tra una partita a carte e un’altra, si
vagheggiava sempre di un’imminente
svolta nel futuro della Francia, in particolare della Capitale. Ovunque
era un
grande fermento, che spesso sfociava in episodi di aperta violenza,
cruccio dei
reggimenti impegnati nella sicurezza delle strade.
Le ronde erano
sfiancanti, non
mancavano mai i problemi, né
le scaramucce con bande di sciacalli che svaligiavano i negozi.
Ciò accadeva di
giorno come di notte.
Appena due mesi
prima, a novembre,
André era quasi morto in
uno di quei sommovimenti.
I ricordi della
notte di Saint
Antoine erano cupi e folli:
se li trascinava dietro come una zavorra, e non cercava in alcun modo
di
dimenticarli. Gli servivano per restare lucido in ogni momento, pronto
a
qualunque pericolo: abbassare la guardia poteva significare la morte,
per sé e
per chi amava.
Da
quell’episodio,
tuttavia, non aveva più ricevuto l’ordine
di partecipare a una ronda notturna che non contasse almeno una decina
di
persone, tra cui lo stesso Comandante. Questa assiduità
rendeva il servizio più
duro e stancante, ma in ogni caso più sicuro. Dieci
cavalieri armati potevano
ancora scoraggiare le folle inferocite che si aggiravano per Parigi,
così
nessuno dei camerati si era lamentato. A dirla tutta, non si
lamentavano più di
nulla. L’assenza di Alain gravava sull’umore di
tutti come un ulteriore
strascico di stanchezza, ma proprio quando sembrava che la vita
militare fosse
troppo dura, arrivava una licenza, una nuova recluta venuta da
chissà dove a
rinfoltire le file dei soldati, un ulteriore miglioramento delle
condizioni
della mensa che (ormai si sapeva) non era dovuto ai Generali superiori,
ma al
loro Comandante.
Ma anche
così, con un
ritmo accorto e sempre ben studiato di
sforzo e di riposo, con la truppa pronta e ben addestrata, la
situazione
tendeva a peggiorare. I popolani erano sempre più aggressivi
a causa dello
stato di disperazione in cui versavano; presto, temeva
André, non sarebbero
bastati nemmeno venti uomini per una sola ronda.
Il clima, poi, era
particolarmente
effervescente in
quell’inverno 1788. L’ipotesi che venissero imposte
nuove tasse cacciava fuori
una rabbia nuova, ma tra le possibili soluzioni previste per sanare il
bilancio
pubblico ve n’era una che tutti desideravano come fosse la
salvezza.
Agli angoli delle
strade i semplici
raduni fiorivano ogni
giorno in comizi veloci, che raccoglievano folle sempre più
grandi e le
dissipavano subito dopo: all’inizio si spegnevano
all’avvicinarsi dei soldati,
poi gli oratori diventarono più spavaldi e non
cercarono più di
andarsene di fronte alle divise.
I Soldati della
Guardia della
Compagnia B ricevettero dal
Comandante l’ordine di non disperdere le piccole folle e i
loro capi, se si
trattava di discussioni pacifiche e prive di violenza. Solo nel caso di
disordine palese che rischiasse di ferire qualcuno, o di attacchi alle
carrozze
dei nobili (che però, sempre più rare osavano le
vie di Parigi), l’intervento
era doveroso.
Non aveva mai potuto
ascoltare
nessuno di quei discorsi,
André. Per questo motivo, appena ricevette una licenza di
alcuni giorni (non
richiesta, piuttosto donata), evitò di declinare come faceva
di solito, e ne
approfittò per cercare, tra le vie di Parigi,
l’occasione giusta.
Non dovette
aspettare molto. Ecco,
nella zona del Louvre, in
pieno giorno, sentì un applauso provenire da vicino. Si
mosse rapido, e vide un
piccolo affollamento stipato presso un angolo della strada.
C’erano diversi
cartelli, con gli slogan consueti: Vogliamo
gli Stati Generali! Più potere al Terzo Stato!
Quelle parole
vennero ripetute a voce
alta da un uomo con un
mantello scuro, che parlava da una posizione sopraelevata, come su una
tribuna.
André si fece spazio per poter sentire meglio: tutti
sembravano assorti ed
entusiasti, e la voce dell’uomo, chiara e vibrante, si faceva
spazio anch’essa
tra il fitto scrosciare degli assensi e degli applausi.
– L’Ancien
Régime sta
per crollare! ** – La voce era estremamente
familiare. Ma anche il piglio,
i movimenti composti ma imperativi; e quell’ardore mai del
tutto contenuto, che
diventava pura passione accalorando la folla, sì che non
sembrava più d’essere
sotto la neve, al gelo, ma al primo giorno in cui la primavera rompe il
ghiaccio…
– Ma
quello è
Bernard. – realizzò André in un
sussurro.
– Non
ci saranno più
differenze tra Primo, Secondo e Terzo Stato!
Uno scroscio di
applausi travolse la
scoperta di André.
Bernard non si lasciò lusingare dai consensi:
portò il suo discorso avanti,
cavalcando quell’onda. Il giovane non appariva certo come un
demagogo;
piuttosto una guida naturale, che alle lodi dona il giusto peso e non
si lascia
abbattere dai dissensi. André non riusciva a scorgere tra
tutte quelle persone
avversari di qualche tipo, anzi, sembravano tutti lì per
gioire dei discorsi di
libertà; ma, presenti o meno che fossero eventuali
detrattori silenti, Bernard
continuava a parlare senza temere alcun ostacolo e dissenso, forte di
ciò in
cui credeva.
– Un
giorno non
lontano, tutti noi potremo vivere nell’uguaglianza!
Perché tutti gli uomini
sono nati uguali! – lanciò il
giornalista, e un tripudio generale consacrò
quell’affermazione.
André
chiuse gli occhi,
quello vivo e quello morto, e per un
attimo provò una sorta di ebbrezza. I gelidi tocchi di neve
che gli sfiorarono
la bocca si sciolsero sulle sue labbra calde. Gli altri lo coronarono
come
perle.
Al termine del
discorso, Bernard
scese dalla tribuna e
sembrò sparire in mezzo alla folla. André
cercò di fendere la calca che subito
si fece pressante intorno al giornalista, ma gli fu impossibile vincere
la
barriera di voci, corpi, applausi; si ritrovò respinto, e
per almeno un quarto
d’ora quel luogo si mutò in un grumo umano, denso
di discorsi, strette di mano
e presentazioni. Il Popolo fa
amicizia…
pensò, così dal nulla, e si trovò a
sorridere nonostante disperasse, ormai, di
ritrovare Bernard.
Si
allontanò dalla calca
con un poco di fatica, e stava per
andare via del tutto, quando notò Bernard ai margini della
folla, che insieme a
un compagno portava un tavolo (doveva essere stata quella, la sua
tribuna),
sulla soglia di una bottega di falegname che si apriva sulla piazzetta,
il cui
proprietario lo attendeva con occhi sgranati ed entusiasti. Dopo
calorosi saluti,
ecco che Bernard iniziò ad allontanarsi a sua volta, seguito
da due uomini.
André circumnavigò la folla festante, che nel
frattempo si preparava a fare una
lunga processione per i Lungosenna, con cartelli e slogan; e corse
dietro al
giornalista.
Riuscì a
raggiungerlo che
era ormai sul Pont Neuf imbiancato
di neve.
– Bernard!
Fermati, Bernard!
Dei tre uomini, uno
si
fermò, si volse immediatamente.
–
André.
André, sei tu! – esclamò quello,
passando in un
lampo dalla sorpresa alla gioia.
André gli
corse incontro,
si fermò a pochi passi da lui.
– Ho
appena ascoltato il
tuo discorso. – rivelò con calore –
È stato meraviglioso.
Bernard rise.
– Grazie.
– gli tremò anche un poco la voce:
un’emozione genuina, molto più giovane della sua
arringa alla folla, si fece
strada nei toni. – Sai… sono molto contento di
rivederti. – disse, e si
illuminò a un pensiero improvviso. –
Ehi… Perché non vieni a casa mia? È
qui
vicino. Voglio farti incontrare qualcuno…
Non appena misero
piede in casa,
Bernard prese il mantello
di André. Andando ad appenderlo, si congedò un
attimo per entrare in cucina.
André udì un sommesso brusìo di parole
sussurrate, poi Bernard tornò nella sala
principale.
–
Prego…
accomodati. Sta arrivando anche il caffè…
– e il
giornalista diede un’occhiata alla tenda che copriva la porta
della cucina.
Di lì a
poco, quasi senza
porre tempo in mezzo, si udì uno
scalpiccio veloce; dalla tenda venne fuori una ragazza vestita
d’arancio, i
lunghi capelli biondi stretti in una morbida coda sulla nuca. Portava
un
vassoio, tazze e brocca, ma soprattutto aveva occhi vivaci e un sorriso
a piena
bocca. Gridò quasi, quando vide André ritto
presso la finestra.
–
André!
André, tu qui? Benvenuto!
Quella voce sottile,
fresca come un
soffio di primavera,
impietrì André e gli donò la seconda
grande sorpresa della giornata.
– Rosalie?
Era proprio lei.
Pareva quasi
più alta, gli occhi grandi e
il piglio leggiadro di sempre. Non appena si avvicinò a
Bernard, questi appoggiò
un braccio sulle sue spalle e sorrise a sua volta.
– Sono
anni che non ci
vediamo, vero, André? – fece la
giovane, e André rise, stupito ancora e lieto, molto.
– No, sono
secoli, secondo
me… Ma perché non hai scritto,
perché non ci ha fatto avere tue notizie? Non
capisco… – una pausa – …
ma… come
mai vi conoscete? Perché mi hai portato qui, Bernard?
– André li contemplò un
istante nella luce chiara del giorno innevato, ridenti e caldi come
fiori
gemelli; d’un tratto, come un lampo, comprese. –
Oh… ma certo! Siete marito e
moglie, vero!
Bernard
annuì con voce
gentile. Cercò poi lo sguardo di
Rosalie, e lo trovò. – Sì, ci siamo
sposati dopo la mia parentesi come
Cavaliere Nero. – Rosalie allora chinò il capo,
con un sorriso riservato e
dolce.
André
provò un
grande senso di pace, a quella notizia.
Ricordò ogni cosa, e ogni cosa immerse nel vivo ritratto del
presente. E come
non aveva fatto a suo tempo, esternò una gioia genuina, che
era tutta risata,
come più gli si addiceva. – Ne sono davvero
contento. Congratulazioni!
– Grazie.
–
sussurrò Rosalie, con dolcezza. Il viso della
ragazza, però, prese un’espressione malinconica.
– Ascolta… come sta
Madamigella Oscar?
– Sta
bene, Rosalie.
– rispose André, di slancio. – Ma forse
tu non sai che ha chiesto di lasciare la Guardia Reale. È
Comandante dei
Soldati della Guardia, adesso.
Al solo parlarne, e
nominarla, la
ragazza si commosse, gli
occhi le si riempirono di lacrime.
André,
che la conosceva
bene, la canzonò con gentilezza e la
rassicurò con decisione.
– No, non
piangere,
Rosalie. Ti garantisco che niente è cambiato
da allora. Niente e nessuno…
In quel momento, il
corteo popolare
che era partito dalla
stessa piazzetta del comizio passò vicino alla casa. Si
udì gridare, a più
riprese, come in un coro scoordinato:
–
Gli Stati Generali! Vogliamo
la convocazione degli Stati Generali! Più potere al Terzo
Stato!
Quelle
rivendicazioni distrassero
André, che guardò fuori
dalla finestra, pensieroso.
–
Già.
– sentì dire a Bernard. – Niente e
nessuno… finora.
Ma un cambiamento sta per arrivare.
Rosalie
lasciò il fianco
del marito. Si avvicinò ad André,
posò il vassoio con tazze e caffè sul tavolo.
L’arrivo della folla, e quel
vociare appassionato, sembravano averle messo addosso una certa fretta.
–
André,
– gli disse, – ora purtroppo devo uscire, devo
andare al lavoro. Ma tu fa’ come se fossi a casa tua, ti
prego.
– Certo,
Rosalie. Sei molto
gentile. Grazie.
André
osservò
Rosalie muoversi leggera verso la porta,
prendere il suo mantello, indossarlo; Bernard le si fece accanto, si
salutarono
con un bacio sulla guancia e uno sguardo caldo. Sulla porta, la ragazza
rivolse
un ultimo sorriso all’ospite.
– Per
favore,
André, porta i miei saluti a Madamigella
Oscar!
–
Sì.
– rispose lui, serio. – Dobbiamo trovare il modo di
rivederci tutti…
La ragazza rise e
fece cenno di
sì col capo. Poi chiuse la
porta dietro di sé.
André si
volse di nuovo a
Bernard. Scoprì che il giovane lo
stava fissando intensamente.
– Rosalie
sta lavorando
all’organizzazione di Robespierre
insieme a me, adesso. – spiegò. – Ci
è di grandissimo aiuto. È appena andata a
preparare volantini e cartelloni per la prossima manifestazione.
André
annuì,
prendendo una tazza di caffè. – Voi
due…
sembrate molto felici.
Seguì un
istante di
silenzio. André chinò il capo ed evitò
lo sguardo dell’altro che lo puntava con tutta la sua
intensità, pieno di
aspettative. – Ascolta, André. – disse
Bernard. – Perché non ti unisci a noi? So
che condividi le nostre stesse idee, tu…
– Lo sai,
Bernard.
– troncò André, di colpo rigido e
reticente. – A dispetto delle mie idee, il mio compito
è un altro. – e si
voltò, quasi infastidito, come se si fosse accorto troppo
tardi d’aver varcato
un limite sbagliato. Guardò fuori dalla finestra.
– Non
posso credere che tu
sia contento così… – tentò
ancora
Bernard, con impazienza crescente. – … come un
semplice servitore. Senza poter
esprimere liberamente tutto ciò che desideri. –
Erano parole pensate a lungo,
trattenute a lungo. Per questo uscirono così dirette e
sicure.
André
intuì i
ricordi non detti, il sostrato condiviso. Una
chiacchierata in un fienile prossimo a un Castello degli Orrori e un
Lago
Oscuro che voleva risucchiare ogni cosa, vita amore speranze. Un
salvataggio
provvidenziale, e una fuga…
– Un
caffè molto
buono. – mormorò, senza curarsi di far
apparire quelle parole per quello che erano: un brusco e voluto cambio
di
discorso, un ammonimento... e un sospiro. – È
modesto, ma pieno d’amore…
Bernard non si
contentò di
quell’evasione. Incalzò André con
viso serio. – Allora perché stavi ascoltando il
mio discorso? Perché eri in
mezzo a quella gente, oggi?
André,
sempre dandogli le
spalle, rispose con voce secca. – Oggi
non ero di servizio. Avevo un po’ di tempo libero. Questo
è tutto.
Bernard
contemplò
l’uomo che aveva di fronte, pur così di
spalle, con un’aria di incredulità e di
rimprovero. Forse avrebbe detto altro,
se non fosse arrivato qualcuno a bussare, alla porta, con veemenza:
–
Bernard! Bernard! È
giunta notizia che il Re ha convocato gli Stati Generali!
Il giornalista quasi
saltò
per la gioia. – Davvero?
Magnifico! – esultò e corse dai compagni, a
chiedere spiegazioni maggiori.
André
rimase alla
finestra, il viso di colpo mutato in
tristezza. Ascoltò spezzoni dei discorsi di quegli uomini di
Robespierre come
per caso, come se in fondo non gli importasse; eppure il suo orecchio
era
particolarmente attento a ogni dettaglio, e quando udì
Bernard esclamare: –
Dobbiamo correre da Robespierre! – si affrettò a
voltarsi. Posò la tazza ormai
vuota sul tavolo, e fece per andare anche lui alla porta, prima che lo
facesse
Bernard.
– Grazie
dell’ospitalità, Bernard. Ringrazia ancora Rosalie
per il caffè…
–
André.
– gli si affiancò il giornalista, e sembrava ormai
del tutto sollevato, senza più ombre nel rivolgersi a lui.
Gli parlò con
calore. – Io non smetterò di aspettarti. So che un
giorno combatteremo dalla
stessa parte della barricata. – gli tese la mano, un invito,
un saluto. – Non
vedo l’ora che quel giorno arrivi.
André
esitò un
attimo sulla soglia, sotto gli sguardi
silenti dei due compagni di Bernard, di Bernard stesso. Alla fine
sciolse i
dubbi in sorriso, salutò Bernard con affetto, pur senza
accoglierne la mano. –
Arrivederci… amico mio.
***
A
mezzogiorno,André
tornò a Palazzo Jarjayes. Pranzò con
Nonna Marie, nella cucina di casa. Bevve e mangiò di gusto.
– Ti
piace, caro?
– gli chiese la Nonna, come faceva
quand’era bambino.
André
sorrise. –
Sì. Mi mancava molto il tuo arrosto, Nonna.
La vecchietta
contemplò il
nipote con aria incerta, come se
lo studiasse ben oltre la sua risposta.
– Tornerai
in Caserma
già stasera, vero?
–
Sì. La licenza
è finita. – disse.
–
… posso
chiederti un favore, vero?
– Certo,
Nonna.
–
Porteresti un poco di
dolce a Oscar? Ha detto che stasera
non tornerà a casa.
–
… va bene,
Nonna.
– Sono
preoccupata per lei,
André. – mormorò, ma lasciò
intendere come, a un tempo, si preoccupasse per lui. – La
vita militare, in
quella sudicia caserma… e gli orari impossibili, e i soldati
così grezzi… e
l’aggressione che vi è toccata qualche mese fa,
poi…
– Se fosse
concesso, ti
inviterei a vedere gli addestramenti
ogni mattino. E la rivista, e tutte le ronde presiedute da Oscar. Ti
passerebbe
di certo la preoccupazione. – ammiccò
André, con aria leggera e indulgente. Era
una maschera, naturalmente; ma André era ben deciso a non
far capire alla Nonna
quanto fosse d’accordo con lei. Piuttosto aggiunse, con un
tono d’orgoglio che,
stavolta, non poté proprio cancellare: – Oscar sa
quello che fa, credimi.
A quella risposta,
la Nonna
rassegnò ogni lamentela, ma
André la udì borbottare tra sé e
sé, subito dopo, quando si alzò per togliergli
il piatto vuoto davanti e prendere proprio il dolce.
– No, per
me niente dolce.
Grazie, Nonna. – disse.
Aiutò la
Nonna a
sparecchiare, poi andò al piano di sopra a
cambiarsi.
L’uomo che
ridiscese
nell’atrio non indossava più abiti
borghesi e composti, ma una divisa blu: era il Soldato Grandier.
La Nonna gli venne
incontro
porgendogli una scatola. André
l’abbracciò per un attimo, poi si
congedò da lei con un sorriso vago e rilassato.
Andò alle stalle a prendere il fido Jules***.
***
–
André? Avanti.
La voce di Oscar lo
raggiunse
attraverso la porta. André
entrò senza attendere oltre, abituato a farsi indovinare,
ormai, dal semplice
modo di bussare.
Si aspettava di
trovarla alla
scrivania, a firmare carte
come al suo solito. Invece lei guardava fuori dalla finestra, verso il
cortile
della Caserma, i lunghi capelli biondi sfiorati dalla sola candela che
illuminava il suo ufficio; capelli lunghi, ormai, come non erano mai
stati, non
più tagliati dal giorno in cui si era allontanata per sempre
dalla Corte, per
scarsa cura di sé o per mancanza di tempo.
La divisa blu
spiccava contro quel
biondo, mentre
aggiungevano oro su oro le sue rifiniture e gli alamari, più
la fascia chiara stretta
alla vita sottile; la spada pendeva
inerte lungo il fianco sinistro, nella sua guaina.
Oscar beveva del
tè caldo,
uno dei pochi lussi che aveva
potuto portare con sé nelle baracche della Compagnia.
André
posò la
scatola sul ripiano della scrivania, accanto
ad alcuni fogli. – Da parte della Nonna. – disse
solamente.
Il Comandante
sorseggiò il
tè, senza voltarsi. Poi si udì il
suono lieve della tazza che poggiava sul piattino.
–
André… hai sentito degli Stati Generali?
–
…
sì. Oggi… sai, ho visto Bernard Chatelet.
Il silenzio di Oscar
fu eloquente,
per André. Aveva colto
subito di chi si trattasse, anche se non lo vedeva da più di
un anno; anche se
non ne avevano parlato mai più dopo il rilascio.
–
È in gran
forma. – disse André, sorridendo e contemplando
la schiena di Oscar dorata di riccioli. – È un
grande trascinatore di folle. E
poi… ho visto Rosalie.
Oscar si
voltò verso di
lui. André trattenne le parole, il
tempo di incrociare il suo sguardo.
Quando ebbe la
completa attenzione di
lei, rivelò: – … ci
crederesti? Bernard e Rosalie… sono marito e moglie.
Alla luce della
candela, gli occhi di
Oscar parvero
accendersi come diamanti al sole.
– Marito e
moglie… – ripeté, come se a farlo
potesse imparare
a crederci; ma tutto, nel suo viso, lasciava intendere
perplessità.
– Mi sono
sembrati molto
felici. – aggiunse André, con tono
di dolcezza. – Rosalie mi ha chiesto di portarti i suoi
saluti.
–
… la piccola
Rosalie… – lo sguardo di Oscar vagò
verso la scatola
portata da André, posta accanto alla candela.– Era
così fragile, così indifesa…
– Oscar socchiuse gli occhi, celando la loro luce tra le
ciglia. – … eppure
piena di coraggio. Bernard… quel giovane irruento e
indomabile… saprà avere
cura di lei? – sussurrò, con un tono intimo e
delicato che non poteva
appartenere a un Comandante, né poteva essere ascoltato da
un Soldato.
André
annuì, la
sua voce fu più alta di un sussurro, più
sicura. – Sì. Ne sono assolutamente certo.
Oscar
ricambiò il suo
sguardo deciso. – Avrai ragione tu. –
mormorò.
– Se
è tutto,
Comandante, io mi ritiro nelle camerate. –
annunciò André, non senza un pizzico di quella
tenera ironia che gli
apparteneva sempre. Non era come Alain, lui, non rideva di cose
estreme, né in
modo estremo. Era caldo, piuttosto, anche quand’era triste. E
a volte si
scopriva a scherzare, suo malgrado, sui ruoli costituiti, sul fatto che
non
potesse più chiamarla, in pubblico, soltanto Oscar, ma
dovesse attenersi
all’etichetta militare.
Oscar stette a
contemplarlo, seria e
attenta. Si risolse
solo dopo qualche istante a dire
–
È tutto. Puoi
andare.
André si
mise
sull’attenti, portandosi una mano alla fronte
e battendo i tacchi.
–
Comandante…
Si volse,
cercò la
maniglia della porta.
– Ah,
aspetta. Ancora una
cosa. Hai ricevuto notizie di
Alain?
André
scosse il capo, con
un sospiro profondo e addolorato.
– No.
– Va bene.
–
disse Oscar, rassegnata. Poi abbozzò un
sorriso. – Buonanotte, André.
André
uscì
lentamente, e da ultimo la guardò in un ultimo scorcio.
– … buonanotte, Oscar.
Rimasta sola, il
Comandante
posò la tazza e il piattino
sulla scrivania. Proprio lì, accanto alla scatola di Nonna
Marie, c’era una
lettera cui André non aveva badato. Recava il sigillo reale
e la firma della
Regina, ed era di quella mattina stessa.
“Oscar,
amica mia, mio
figlio Joseph chiede continuamente di voi. Vi prego, non appena vi
sarà
possibile, di raggiungerci a Meudon. Non sono in grado di negare a mio
figlio
alcun piacere, nello stato di salute in cui si trova. Egli desidera
vedervi con
tutto il cuore; così io.”
Non
c’erano altre
spiegazioni, né Sua Maestà Antonietta si
dilungava sulle condizioni del Principe. Ma Oscar conosceva la
calligrafia di
Sua Maestà, i suoi svolazzi, la sua delicatezza. Niente che
potesse essere messo
a confronto con il tremito che aveva guidato quelle poche righe.
Il Comandante
tornò alla
finestra. L’aprì di slancio,
offrendosi alla gelida aria esterna.
Il Principe Joseph,
la Regina.
Gli Stati Generali,
il Re.
Rosalie e Bernard.
La scomparsa di
Alain dopo la morte
di Diane.
André.
La candela fu rapita
da un soffio di
vento invernale, nella
stanza si fece buio di colpo.
Oscar
soffiò candida
condensa nell’aria. A occhi chiusi
ascoltò i rumori ovattati della Caserma a riposo. Dalle
camerate le giunsero
gli echi vivaci dei suoi uomini, che a quell’ora,
anziché dormire, giocavano a
carte o si perdevano in concitati discorsi politici. Non avevano timore
di dire
ciò che pensavano, ormai, perché sapevano che lei
non li avrebbe mai puniti per
averlo fatto.
Quella sera le parve
di udire molte
volte, e in molte
tonalità, quasi fossero un canto, le parole
Libertà
e
Uguaglianza.
Una di quelle voci,
avrebbe giurato,
era di André.
_____________
* Canto
dell’Eco di Parigi
nell’introduzione all’episodio 33
dell’anime, secondo la versione giapponese.
** Le parole di
Bernard alla folla e
tutto il dialogo
successivo sono un collage tra la versione originale giapponese della
scena dell’episodio
33 e la traduzione italiana. Laddove la nostra versione mi pareva
più bella e
incisiva di quella originale, l’ho preferita, e viceversa. A
volte ho ritoccato
le battute, invece, per renderle più aderenti al mio
racconto.
*** Il cavallo di
André si
chiama Alexandre (fa il paio con
César, Cesare e Alessandro! XD), ma io, quando ne parlai in Rivoluzione, non lo sapevo ancora.
Così
inventai, per pura assonanza, che si chiamasse Jules.
Jules&César,
Giulio&Cesare… mwahahahahah!
Nata come regalo,
questa storia
finisce come un regalo. :D
E ora…
*DLIN DLON*
Capolinea! Qui si scende, signore e
signori!
Purtroppo,
aggiungerei, qui si
scende. Anche se tante cose,
come molte di voi hanno notato, sono preludio di quanto ho scritto e
scriverò
nell’altra mia long, anzi, longhissima (!) Rivoluzione.
È stato
molto bello
cimentarmi in questa storia, scegliendo
una coppia di protagonisti di norma osteggiata e poco approfondita. Una
piccola
sfida con me stessa, per tanti motivi, che mi sento felice
d’aver compiuto.
Dedico questo
Epilogo, che spero vi
sia piaciuto, a tutte le
lettrici che mi sono state vicine dando fiducia non tanto alla coppia o
al
rating, ma all’idea di fondo e al mio scrivere, con tutti i
suoi difetti e
possibilità. Sono felice di questo affetto, non scontato e
non dovuto, che
spero di poter rendere almeno un po’ con questa storia e con
le successive.
Grazie con tutto il cuore!
vostra
VeronicaFranco
Vi lascio con due
immagini
sorprendenti della fan-artist Donau (*________*!!!) segnalatemi qualche giorno fa dalla pupa Orny81. Anche se si ispirano certamente
al manga (in cui Bernard
rapiva Rosalie invece di Oscar), sembrano molto in sintonia anche con
questa
storia, vero!! *O*
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