Vent'anni dopo

di Magica Emy
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Quando la raggiunse si accorse che le tende erano tirate e la camera era immersa nell’oscurità più totale, tanto che per riuscire a vedere qualcosa fu costretto ad accendere la luce. La individuò nel consueto angolino lontano dalle finestre, che ormai aveva fatto suo mentre si raggomitolava di più su se stessa, stringendo a sé i piccoli pelouches e serrando forte le palpebre in un’espressione di puro fastidio, quasi si sentisse minacciata dalla sua presenza e dalla luce che adesso feriva i suoi occhi chiari. Occhi che un tempo lo avrebbero guardato in maniera completamente diversa e che ormai parevano palesemente rifiutarlo, spezzandogli il cuore ogni volta di più.

- Johanna, una volta tanto potresti sforzarti di dormire anche tu in un letto come fanno tutte le persone normali?

Disse, scrutandola serio e per tutta risposta lei voltò la testa dall’altra parte, evitando il suo sguardo e facendolo sbuffare seccato.

- E va bene, hai vinto tu.

Aggiunse, tirando fuori in fretta una coperta dall’armadio per poi chinarsi su di lei e posarla delicatamente sulle sue spalle. Quel solo, semplice gesto però la fece sussultare all’improvviso mentre si tirava su la coperta fin sopra agli occhi per provare a nascondersi da lui.

- Perché fai così – le sussurrò, addolorato – lo sai che non ti farei mai del male. Lo capisci che se continui a comportarti in questo modo sarò costretto a cedere e a prendere delle misure drastiche? Io non voglio separarmi da te e so che non lo vuoi nemmeno tu. Combatti tesoro, combatti questa triste oscurità che ti porti dentro, fallo per te, per noi, ma soprattutto per i gemelli. Sono ancora così piccoli, hanno bisogno che la loro madre sia sempre presente e si prenda cura di loro, perciò non arrenderti. Continua a lottare con tutte le tue forze per la meravigliosa famiglia che abbiamo tanto sognato di avere e che adesso è qui, proprio di fronte a te. Devi solo tornare a esserci, tornare a esistere. Tra noi due tu sei sempre stata quella più forte, perciò ti chiedo di continuare a esserlo perché senza di te niente può avere senso nella mia vita.  Sii forte Johanna e sono sicuro che troverai la via, ma se ti rifiuti di farlo io non potrò aiutarti, lo capisci questo? Mi costringerai a ricoverarti in un ospedale psichiatrico e non potrai più vedere me e i bambini per chissà quanto tempo. È davvero questo ciò che vuoi?   

Nessuna reazione. Christian si passò stancamente una mano sugli occhi, allontanandosi pian piano da lei fino a raggiungere la poltrona dove si accasciò pesantemente e, cedendo alla frustrazione, non potè impedire a se stesso di scoppiare in un pianto dirotto e incontrollabile che in un attimo lo rese completamente vulnerabile. Vederla in quello stato gli procurava un dolore insopportabile che proprio non sarebbe riuscito a lenire se non attraverso quelle lacrime cocenti che gli annebbiavano la vista, facendolo sentire inutile e impotente di fronte all’ostinato silenzio della donna, ridotta ormai all’ombra di se stessa. Fu allora che Johanna si voltò d’un tratto a guardarlo, lasciando di colpo cadere i pelouches sul pavimento per strisciare lentamente verso di lui, che non si accorse di averla così vicina se non quando si sentì sfiorare una mano, sussultando per la sorpresa.

- No.

La sentì mormorare, tornando a incrociare il suo sguardo ferito per la prima volta dopo tanto tempo.

- Cosa? Credo di non aver sentito bene.

Rispose lui incitandola a parlare ancora mentre le dita della giovane americana scivolavano leggere sul suo viso stanco, asciugando e cancellando pian piano le sue lacrime.

- No – ripetè, stavolta con più convinzione – io…io non voglio questo. Non voglio separarmi da te.

Christian la fissò incredulo per qualche secondo prima di chinarsi nuovamente su di lei, prendendole il viso tra le mani.

- Nemmeno io voglio separarmi da te, amore mio. Sei tornata, sei tornata finalmente! Mi sei mancata così tanto.

La baciò e lei non si ritrasse, lasciando che le sue braccia le cingessero la vita per attirarla ancora più vicina mentre la sentiva accoccolarsi contro di lui, e quando intrecciò le dita alle sue si accorse che le mani avevano smesso di tremare. Le sorrise, stringendola di più.

- Fallo smettere, ti prego. È insopportabile.

Si lamentò di colpo e lui la scostò da sé quanto bastava per poter tornare a guardarla negli occhi.

- Che cosa devo far smettere? A cosa ti riferisci?

Chiese con tatto e la vide mordersi le labbra, affranta e stremata da un dolore troppo a lungo trattenuto.

- Questo ronzìo – continuò, singhiozzando – mi fa esplodere la testa.

La baciò di nuovo, a lungo, provando dolcemente a tranquillizzarla.

- Passerà, non preoccuparti. Devi solo impegnarti a ignorarlo e lui scomparirà presto.

- È…

- Sì, l’astinenza da quella roba gioca brutti scherzi, ma tu non lasciarti abbattere di nuovo e tutto andrà bene. Non sei sola, ricordalo sempre. Combatteremo insieme questa battaglia e insieme riusciremo a uscirne, devi solo crederci…

 





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