Gaby sa sempre quando sta per accadere, lo
legge negli occhi di Illya; ci sono urla angoscianti incastrate nel
suo sguardo, insulti e umiliazioni, ricordi, incubi e sogni mai
avverati. Lo vede nel tremore delle sue dita, nella rigidezza delle
spalle e nelle narici che si dilatano ad annusare l'aria impregnata
di sudore freddo e della merda che dovrà ingoiare.
Non lo ferma, non ci prova nemmeno. In piedi
nel mezzo di un nubifragio di emozioni sporche di paura, Gaby chiude
gli occhi, stringe l'anello di fidanzamento al petto e a quello si
aggrappa per tenersi a galla finché la tempesta non sarà finita.
Non le accadrà niente, non le farà del male, deve solo aspettare.
Dura poco, ma è sempre troppo. Illya non parla,
né grida e perfino in quella violenza scomposta c'è un'ombra di
rigida eleganza; le sue mani stritolano, spezzano, sollevano e
gettano tutto ciò che riescono a toccare. Le passano vicino, Gaby ha
paura che possano raggiungerla, ma quando lo fanno è per fermarsi,
per implorarle di far tacere i propri pensieri ed aiutarlo a trovare
una tregua con se stesso.
«Hai finito?» la voce di Gaby ne tradisce il
tremore. Lo guarda con rimprovero, come se avesse davanti un bambino
capriccioso e non un uomo capace di uccidere a mani nude.
Illya annuisce. Il cenno è duro, la mascella
serrata e i pugni stretti. Trema ancora di rabbia nel guardarla,
lei gliela butta addosso con la sua arroganza e la posa
supponente del mento sollevato.
«Bene.» gli soffia, come un gatto indignato che
fa la guerra con un lupo. Ma il suo è un lupo che china il capo e
ritrae gli artigli innanzi a lei, che incurva la schiena e si
ripiega su se stesso per farsi più piccolo, per non spaventarla con
la propria imponenza.
«Scusa.» quello di Illya è un guaito
sofferente.
Gaby gli sfiora le mani. Sono grandi, calde,
immobili; le teme, le odia, le ama, così come il russo, lo teme, lo
odia, lo ama. Lo ama.
Incrocia le dita con le sue e si solleva sulla
punta dei piedi nudi, sbandierandogli il volto ed un sorriso
insolente sotto al naso.
«Scuse accettate.»
E quando sta per accadere, quando Illya sta per
chinarsi a baciarla, glielo legge negli occhi, dove la rabbia si
dirada e al posto del mare in tempesta c'è il riflesso di un cielo
mai del tutto sereno, ma caldo, sicuro. Suo. |