Non sei solo
Ambientata nella puntata numero sei della serie dopo che .Adamo uccide Henry.
Quando aveva ricevuto la chiamata del padre, Abe aveva capito subito
che c’era qualcosa che non andava. Il tono del padre era strano
e, quando lo raggiunse sulla riva del fiume, ebbe la conferma che era
successo qualcosa di brutto. Suo padre si era avvolto nella coperta
pesante che utilizzavano come riserva e sembrava che stesse tremando. E
non era per il freddo. Cautamente, Abe si avvicinò
all’altro, che teneva la testa china ed era voltato di spalle, e
gli posò una mano sulla spalla. Al tocco del figlio, Henry si
voltò verso di lui e mormorò un - Abe, sei qui- con tono
tremante.
Abe si preoccupò ancora di più quando vide gli occhi spenti e spalancati di Henry. Era chiaramente sotto shock.
Sì, papà. Andiamo a casa- rispose Abe, circondando
le spalle del padre con un braccio mentre si dirigevano verso la
macchina, parcheggiata proprio lì di
fronte.
Il
viaggio verso casa fu silenzioso e Abe, di tanto in tanto, gettava
un’occhiata al padre. Era preoccupato, molto preoccupato. Non lo
aveva mai visto in questo stato prima d’allora e dire che era a
conoscenza di quasi tutte le sue morti. Erano state tante ma nessuna
l’aveva mai ridotto cosi. Con gli occhi spalancati dalla paura e
spenti, il corpo che tremava e il dolore che sicuramente provava dentro
di sé. Una nuova ferita che si era aperta e che si aggiungeva a
quelle provocate dalle morti precedenti.
– Papà, cos’è successo?- chiese Abe,
esitante
Quando il padre non rispose, l’uomo capi che non ne voleva
parlare e il silenzio ritornò a farsi sovrano. Non voleva
forzarlo ad aprirsi: avrebbe fatto più male che
altro.
– Sono stato ucciso, Abe – rispose finalmente Henry, dopo
un po’.- Quando sono andato dal Francese, sono stato attaccato
dal padre di quello che credevamo essere il colpevole ms ci
sbagliavamo. La polizia stava arrivando ed io sono caduto per le scale.
Avevo la schiena a pezzi ma non è stato questo a uccidermi-
aggiunse, con tono basso e continuando a mantenere lo sguardo fisso a
terra.
Abraham trattene il fiato e strinse la presa sul volante. Aveva
percepito chiaramente la sofferenza nella voce del padre e il timore di
sapere cosa fosse successo lo spaventava. Non osava immaginare cosa
stesse provando
l’altro.
– Adamo era li. E’ stato lui a uccidermi.- terminò
Henry, con voce
tremante.
Nella sua mente, il ricordo di Adamo che gli tagliava la gola con
precisione chirurgica era nitido. Aveva sentito chiaramente il piacere
dell’altro nel compiere quel gesto. Rabbrividì pensando a
quel
momento.
Dopo quella rivelazione, Abe spalancò gli occhi e si voltò a osservare il padre. Adesso aveva capito tutto.
- L’ho sentito, Abe. Il piacere e la freddezza che stava
provando nel compiere quel gesto. Lui vuole che io diventi come lui.
Vuole che io diventi un assassino- sollevò lo sguardo Henry per
puntarlo in quello del
figlio.
I suoi occhi erano lucidi e la sua voce era tremante quando
continuò con un – Ho paura, Abe – che stupì
l’altro.
Non aveva mai sentito il padre pronunciare quelle parole ma
comprendeva benissimo. Chi non avrebbe avuto paura in una situazione
del
genere?
Papà, ne usciremo. Tu sei meglio di lui. Vincerai questa
partita- lo rassicurò Abe, con tono determinato – Non sei
da solo-
Le sue patole fecero spuntare un sorriso sulle labra del padre. Abe aveva ragione. Non
era da solo.
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