PREMESSA
Questa
fic si è classificata prima al concorso “è in arrivo la Primavera” di Hikaru
Zani. Ringrazio di cuore la giuria, soprattutto per il bannerino adorabile *ç*
Il
prompt era “festival”, e devo dire che, avendo scelto D.Gray-man come fandom, sul
momento mi è venuto da piangere. Ho passato un pomeriggio intero a cercare di
rimuovere dalla mia testa l’immagine di Lavi che distribuisce patatine e
aranciata con qualche cappello calcato sui suoi poveri capelli. Sul serio, è
stato tremendo.
Nota
a margine: non so se Kjomi leggerà mai questa cosa qui. Ma se lo facesse, le
riconosco tutti i credits possibili ed immaginabili sul mangiare come se non
esistesse un domani.
Flying Cho
Era
stato uno scontro di intenti, quello avvenuto di buon mattino nel refettorio
del Quartier Generale, davanti ad un nutrito gruppo di intrepidi Finder ed uno
decisamente meno nutrito di Esorcisti, che avevano meglio fiutato il pericolo.
Kanda
voleva assolutamente andare al Festival di Primavera.
Lavi
voleva assolutamente andare con lui.
Ora,
entrambi sapevano essere dei bei testardi, e questo era noto. Benché Allen si
fosse messo a fare il tifo per Lavi, senza altro motivo che non fosse la sua
conclamata antipatia verso Kanda, Lenalee e Krowley avevano pronosticato fin da
subito che la partita si sarebbe chiusa in parità.
Kanda
aveva sbattuto con forza i palmi sul tavolo, facendo rimbalzare le sue fide
bacchette. Aveva tuonato per l’ennesima volta che non avrebbe tollerato di
avere Lavi fra i piedi nemmeno se si fosse trovato senza la sua Mugen. Ed era
un giuramento pesante, quello, dati i risvolti del rapporto praticamente
feticista che aveva con la sua spada. Lavi aveva fatto un sorrisone per niente
impressionato che, se possibile, lo aveva fatto alterare ancora di più.
Le
moine di Lavi e gli improperi di Kanda si erano protratti finché Komui non
aveva mandato a chiamare quest’ultimo, per dargli finalmente una risposta.
Ed in
effetti, le previsioni di Krowley e di Lenalee si erano rivelate fondate: Yuu
aveva avuto il permesso di assentarsi alcuni giorni per andare al suo prezioso
festival, ma Lavi gli era stato messo alle costole, ufficialmente per motivi di
sicurezza.
Se
non altro, avrebbero avuto occasione di distrarsi un po’, e di lasciarsi
accarezzare la pelle dall’incipiente primavera che per un motivo e per l’altro,
si teneva a debita distanza dall’Home. Inoltre, Bookman sembrava sinceramente
contento di levarsi dai piedi il suo allievo per qualche giorno.
Così, i due
Esorcisti erano giunti nella terra natale di Kanda, e avevano trovato alloggio
nel modesto alberghetto che Komui aveva prenotato per loro – una stanza sola,
s’intende, l’Ordine non ha soldi da buttare –.
- Accidenti, e così
questo sarebbe un futon? È meno scomodo di quanto sembri! –
- Un futon, sì.
Adesso potresti smetterla di fare l’idiota e prepararti ad uscire? –
- D’accordo,
d’accordo. –
Lavi si accartocciò
sul suo giaciglio, osservando Kanda tutto intento a spazzolarsi nervosamente la
lunga coda.
- Dimmi, Yuu, c’è
qualcosa di particolare che si deve indossare, a questo festival? Oppure, non
lo so, qualcosa da fare? –
- Tzk. Gli
stranieri che visitano il Festival di Primavera non sono tenuti a fare niente.
Sono dei semplici turisti. –
- E tu, invece? –
- Io indosserò un
kimono. È un vestito tradizionale, su cui tu non sei chiamato ad esprimerti. –
Lavi alzò le mani
in segno di resa, e Kanda considerò conclusa lì la conversazione. Lavi lo vide
trafficare con qualcosa che aveva accuratamente piegato nella valigia, e
sparire dietro ad un imponente paravento che isolava un angolo della loro
camera, creando una specie di stanza nella stanza.
Emise un sospiro
impercettibile, e si disse che, oramai, non gli restava che giocarsi tutto.
Certo che la
primavera, in Giappone, aveva dei profumi e dei colori diversissimi da quelli a
cui Lavi era abituato. Ovunque, si accendeva il rosa freschissimo dei ciliegi,
ed un’infinità varietà di legni di case e ponti, che si fondevano fra loro come
acquerelli, illuminati dai primi, fragili calori del sole.
Era tutto molto…
Molto fragile, ecco, sì. Fragile era la parola giusta. Come se potesse bastare
anche solo una parola a mandare in frantumi quel tenerissimo incanto. Come se i
ciliegi, incuranti del fatto che i loro fiori fossero destinati ad essere
spazzati via, si ostinassero ogni anno, primavera dopo primavera, a rifiorire,
a verdeggiare e a dare i loro frutti, correndo dietro al tempo che credevano di
non avere.
Lavi sorrise fra
sé: ora capiva qualcosa in più, di Yuu.
Erano giunti a
mezzodì, e Kanda si era subito diretto in un curioso locale a chiedere della
soba – della soba fatta come si deve – in porzioni doppie. Lavi era
andato in visibilio, nel guardarlo azzannare la soba come se non esistesse un
domani. Anche perché era sicuro che Jerry gliela cucinasse più che bene, a
casa.
Oramai, che l’ora
del tramonto era passata da un po’, Kanda aveva deciso finalmente di andare,
perciò eccolo lì, Lavi, che aspettava di vederlo ricomparire dal suo
improvvisato nascondiglio.
Se l’avesse saputo,
lo avrebbe come minimo odiato. Se l’avesse saputo, lo avrebbe preso a calci
fino al Quartier Generale, anzi di più, avrebbe alternato insulti in ogni
lingua alle letali falciate di Mugen, e sarebbe stato già tanto se di lui fosse
sopravvissuto un mignolo.
Se avesse saputo,
già. Che assillava Bookman da secoli, per sapere come mai Yuu, ogni anno e
sempre nello stesso periodo, se ne andasse via per qualche giorno, e tornasse
ogni volta con un’espressione umana e nostalgica che proprio non era da lui, e
che perdurava sul suo viso bello per giorni, fino alle prime vampate di sole.
E poi, sapeva di
buono. Sapeva di buono da morire, tutta la sua pelle, e i suoi capelli, come
neanche nel giorno di Natale.
Il vecchio Komui
sapeva essere un amico.
- Dai, andiamo. –
lo sentì borbottare.
E, stupidamente,
nella sua testa il paravento scuro che aveva celato Yuu fino a quel momento
divenne un bozzolo da cui era appena uscita una farfalla imbronciata, dalle
lunghe ali blu e bianche.
- Yuu, hai sciolto
i capelli. – quasi gemette.
- Tzk. E allora? –
E allora, già. E
allora nulla.
- A-accidenti. –
balbettò, ridacchiando in modo un po’ patetico. – Lo so che hai detto che me ne
devo stare zitto e buono, ma tu non combinarmi certi scherzi. –
- Idiota. Dai,
muoviamoci. –
La farfalla sbattè
le ali screziate tutta stizzita, puntando con risolutezza verso la porta. Lavi
fece un sorrisetto che era una commistione ingarbugliata di sensazioni e
rimpianti, e gli si mise alle costole, mani in tasca.
La strada
principale della cittadina era già gremita di gente, quasi tutti locali, quindi
quasi tutti abbigliati in modo tradizionale, che sfilavano e si fermavano a
guardare banchetti e bancarelle di ogni genere. E c’erano tante luci colorate
che balenavano ora da una parte, ora dall’altra; Lavi non capiva da dove
venissero, o se fossero frutto di una suggestione.
Ma anche così, Yuu
spiccava su tutti. Era la farfalla in un mare di farfalle, e Lavi se la rideva
sotto i baffi notando che, di tanto in tanto, qualche ragazzo restava lì impalato
a guardarlo, poi lo osservava bene, impallidiva e precipitava lo sguardo da
tutt’altra parte, probabilmente domandandosi come diamine avesse fatto a fare certi
pensieri su un altro maschio.
Che buffi che
erano.
Lui, Lavi, quella
domanda aveva smesso di farsela da tempo. Da quando, forse, la consapevolezza
che Yuu per lui fosse la cosa più bella di questo mondo lo aveva soverchiato,
graziandolo della pace dello sconfitto.
E poi, che buon
profumo, che buon profumo proveniva dall’aria della sera, dalle fronde
ridestate degli alberi, dai banchetti che offrivano cibo squisito, da tutto
quanto. Yuu assorbiva ogni sfumatura di quegli odori che per lui significavano
casa, li miscelava con sapienza e ne faceva una fragranza. Così come, Lavi ne
era certo, a quel punto, doveva aver assorbito nelle ore di piena luce, sul suo
viso, i colori magici dei ciliegi.
Si fermarono a
comprare dei dolci di riso di cui Lavi non aveva capito il nome. Suo dovere di
Bookman sarebbe stato quello di farselo cortesemente ripetere dal venditore, e
registrarlo nella sua testa, ma Kanda lo stava già lasciando indietro,
marciando sui suoi zoccoletti instabili con il suo solito cipiglio risoluto. Il
nome del dolce poteva aspettare.
- Yuu, guarda! C’è
la luna piena! – gridò ad un tratto, facendo sobbalzare tutte le persone
attorno a lui, e addirittura facendo scivolare una ragazzetta che fino a quel
momento aveva barcollato orgogliosamente sulle sue calzature, aggrappandosi ad
ogni sostegno disponibile. Lavi accorse subito ad aiutarla con tante scuse,
mentre Kanda lo inceneriva con un’occhiata persino più assassina del solito.
- Accidenti, mi è
capitato pochissime volte di vederla così grande. Che spettacolo, eh? – tentò
di salvarsi, indicandola con insistenza, come a cercare di distrarre una belva
inferocita dalla sua giugulare.
- Tzk. Che cos’ha
di speciale, è sempre la solita luna, no? –
- Ma Yuu… -
- Piuttosto. Riesci
a vedere un posto tranquillo? Qui c’è troppa gente. –
- Sei stanco? Vuoi
riposare un po’? –
- Tzk! –
Era stanco. Il
cuore di Lavi rallentò un pochino la sua corsa, azzardandosi a sperare di
essere al sicuro. Si incaricò di scovare un angolino tranquillo dove potersi
fermare, dato che Yuu non ce la faceva più a fingere di non essere provato dal
lungo viaggio. Il testone non aveva nemmeno voluto chiudere gli occhi durante
il pomeriggio, tanta era stata la sua foga di rivedere casa.
Alla fine, scovò un
umile spiazzetto ignorato da tutti, proprio sul retro di una bancarella di
dolci che attutiva il chiasso del festival e coccolava i sensi con i suoi
profumi. Kanda si mise seduto con i piedi raccolti sotto alle cosce, a modo
suo, scrutando intensamente niente di particolare davanti a sé. Lavi pensò che
fosse straordinario il modo in cui riuscisse ad apparire ai suoi occhi tenero e
maestoso nello stesso tempo.
- Sai, Yuu? Questo
vestito ti sta d’incanto. –
- Si chiama kimono.
È un abito tradizionale del mio Paese. –
- Sì, sì me l’hai
già detto. E mi hai anche detto di non fare commenti in proposito, vero? –
- Precisamente. –
- Ma io penso
davvero che ti doni. E poi, scommetto che è molto prezioso. È tutto quanto in
seta, anche i ricami. O mi sbaglio? –
- Che cosa vuoi,
Lavi? Sarai anche uno stupido, ma ormai mi conosci. Non puoi davvero voler
parlare di vestiti con me. –
Lavi dapprima fece
un’espressione buffissima, con la faccia che gli si allungò a dismisura; poi
scoppiò a ridere, un po’ nervosamente.
- Hai ragione, hai
ragione. Sono un bello stupido, ma ti conosco eccome. –
Scivolò un po’ più
vicino a Yuu, e lui non disse niente.
A Lavi piaceva
tanto, quando non diceva niente. Visto che, di solito, era il suo orgoglio a
parlare in vece sua, con tutte le conseguenze del caso.
Ad esempio, sapeva
per certo che a Yuu non dava veramente fastidio che lo chiamasse per nome. Lo
aveva capito col tempo, leggendo oltre i suoi gesti nervosi e sue sfuriate a
tema. Si trattava non di un secondo, ma di un terzo livello: non che,
semplicemente, Yuu amasse sentirgli pronunciare il suo nome, ma non volesse
ammetterlo. Così sarebbe stato troppo facile, e lui non era mai stato facile,
mai. Era una questione di privilegi, che a Lavi, e a lui soltanto, venivano
concessi, perciò quello che davvero lo disturbava non era il suo nome
pronunciato da Lavi, ma il suo nome pronunciato da Lavi in pubblico. Alle sue
orecchie doveva risultare una dichiarazione, anzi di più, un proclama, di un
qualche rapporto speciale fra loro, mentre le sole cose veramente speciali
erano tutte quelle impercettibili confidenze che Yuu gli concedeva, regolate da
una fitta serie di norme silenziose.
Yuu lo si poteva
conquistare soltanto con il rispetto. E con piccoli, lenti movimenti. Perché
era veramente una farfalla, che si lasciava spaventare da un niente, e per un
niente volava via, andando ad appollaiarsi su un ramo un po’ più in alto, non
si sa mai, prudenza. Le farfalle sono furbe, sì: non ci credono mai, che le
vuoi solo tenere su un dito. Ma con calma, con pazienza, offrendo la propria
mano sempre, in ogni momento, senza dimenticare mai di sorridere, anche quando
la farfallina arrabbiata ti soffia contro la sua polvere velenosa.
- Yuu. –
La farfallina fece
frullare le ali. Senza accorgersi che in quel modo non faceva altro che esporre
i suoi magnifici colori alla luce della luna. -
- Yuu, ascoltami. –
Dopotutto, Yuu
Kanda era voluto tornare a casa sua, a vedere i boccioli di ciliegio che
cantavano la bella stagione. Lavi the Bookman Junior aveva voluto risolvere il
mistero del kimono, e della primavera giapponese.
Era stato uno
scontro di intenti, il loro, ma non così inconciliabili.
- Avete visto che
meraviglia? –
- Invero, che
meraviglia. –
- Bah. –
Allen sbuffò
sonoramente, calciando via un ignaro sassolino che gli si era parato sulla
strada. – Io ancora non capisco perché siamo venuti fin qui. – ebbe da ridire.
Lenalee fece un
sorriso rassicurante, che le gonfiò un po’ le guance. – Mio fratello è stato
gentile a lasciare anche a noi qualche giorno libero. Non credi? –
- Sì, ma perché
siamo venuti anche noi fin qui? Non potevamo, che ne so, organizzare una gita
in montagna? Aria fresca, tanto buon cibo… –
- Tu non sei
curioso di vedere questo festival? Insomma, Kanda ne sembrava entusiasta, a
modo suo. Pensaci, non si era mai visto Kanda entusiasta per qualcosa, prima
d’ora. –
- Sono molto curioso
anch’io, invero. – si mise in mezzo Crowley, che con aria estasiata adocchiava
le bancarelle dislocate a grappoli lungo la via, soprattutto quelle che
esponevano con orgoglio ricche composizioni di fiori.
Miranda, che
guidava il quartetto proprio di fianco a lui, ridacchiò. – Su, vedrai che
serberai un bel ricordo da portare con te quando torneremo a casa. –
- Capirai. Almeno
fermiamoci a mangiare qualcosa, no? –
- E’ una buona
idea. Chi vuole assaggiare qualche dolce tipico? –
Naturalmente, l’adesione
fu unanime. Per qualche strano motivo, anche Crowley diede il suo entusiastico
assenso. Puntarono una bancarella poco distante, che profumava in modo
spudorato, ma, purtroppo per loro, il mondo è davvero piccolo.
- Hey. Ma non sono
Lavi e Kanda, quelli laggiù? –
- Dici quelli là in
fondo? E che ci fanno là? –
Allen fece per
allungare il passo verso di loro, quando qualcosa di simile ad un uragano lo
travolse, sbatacchiandolo e ribaltandolo su e giù.
Miranda cercò di
dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola. Per fortuna, Crowley aveva
dato prova di un’inattesa prontezza di riflessi, afferrando Allen e Lenalee per
i capelli e strattonando il loro sguardo da tutt’altra parte.
- Invero, ragazzi,
guardate che magnifica, magnifica luna! –
- Ahia, Crowley, mi
fai male! –
- Accidenti, ma che
ti è preso, molla l’osso! –
Miranda tirò un
sospiro di sollievo, e si affrettò anch’ella a tornare sui suoi passi assieme
agli altri. Di banchetti di dolci ce n’erano un’infinità, non era necessario
andare proprio in quello.
- Davvero una
splendida luna. – commentò, con un sorriso tenue.
Crowley la guardò
stupito, ma lei si limitò a scrollare impercettibilmente le spalle.
Che c’era di male,
era proprio così. Lo pensava davvero.
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