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Capitolo revisionato e corretto.
CAP.
10
INCUBI
EDWARD
Avevamo
convenuto di vederci all’aeroporto di Rio. Non avrei potuto
raggiungere Forks più velocemente che con i mezzi
tradizionali, ma nelle condizioni in cui ero ridotto e senza soldi, non
avrei potuto fare molto. Alice aveva fatto più in fretta
possibile, riuscendo a beccare tutte le coincidenze. Il suo aereo
sarebbe atterrato tra pochi minuti. Me ne stavo nascosto in un angolo
della sala di aspetto. Non ci eravamo detti nulla riguardo Bella al
telefono, eravamo entrambi troppo tesi, ma non mi servivano altre
informazioni. L’eco delle sue urla nella mia mente non mi
aveva abbandonato un attimo.
Mi
maledissi, cosciente davvero per la prima volta, di aver commesso un
tragico errore, un errore per il quale Bella stava pagando al mio
posto. Il mio desiderio di evitarle future, possibili sofferenze se mi
fosse restata vicina l’aveva, invece, esposta a dei tormenti
certi per il presente. Dovevo rimanerle accanto, magari
nell’ombra per il resto della sua vita, ma avrei dovuto
proteggerla a tutti i costi. Avrei resistito dall’avvicinarmi
a lei, l’avrei fatto contro ogni possibile logica, ma sarei
dovuto rimanere a vegliare su di lei.
Ringhiai
a denti stretti senza rendermene conto. Una signora mi fissò
terrorizzata e si allontanò rapida. Sentivo la rabbia
scorrere lì dove avrebbe dovuto esserci il sangue. Il mio
autocontrollo stava per vacillare …
Alice, dove diavolo sei?
Pensai quasi al limite.
Calma fratello, stai calmo.
I pensieri di Jasper mi giunsero insieme ad un’aura di
tranquillità.
Mi
voltai e li vidi avvicinarsi rapidi quanto l’affollamento del
luogo lo permetteva. Osservai Alice. Lessi nella sua mente
preoccupazione ed ansia, per me, per Bella … Il cuore mi si
strinse in una morsa. Ci voleva bene e aveva sofferto molto in questi
mesi a causa della forzata lontananza, a causa mia. Sentii
un’altra ondata di calma pervadermi.
Basta Edward. Dobbiamo pensare a
Bella ora. Jasper mi fissava attento ed io
annuì impercettibilmente.
Alice
ruppe la nostra silenziosa conversazione e disse con leggerezza
forzata: «Cavolo Edward, sei davvero un disastro.»
Poi, mi sorrise teneramente. «Andiamo, il mio fratello
preferito non può essere ricoperto di stracci.»
«Alice,
mi dispiace … sono stato un idiota. Avrei dovuto
ascoltarti.» Dissi afflitto.
«Finalmente!
Mr. Perfettino è una frana in qualcosa!» Poi, con
voce sibillina «Saprai farti perdonare» e mi fece
l’occhiolino complice.
Nell’attesa
della coincidenza per Houston Alice mi trascinò in un paio
di negozi che reputava essere abbastanza all’altezza, e in
meno di mezz’ora ero lindo e vestito di tutto punto. Invero
dovevo ammettere di sentirmi molto meglio.
Dovevamo
attendere ancora una decina di minuti, quindi ci appartammo silenziosi.
Osservai Alice. Lei mi fece appena un cenno del capo ed io chiusi gli
occhi concentrandomi sui suoi pensieri. Vidi i ricordi di Alice delle
visioni avute, e, poi, la terribile immagine di Bella urlante che si
dibatteva furiosamente tra due uomini che cercavano di bloccarle le
braccia e le gambe. Nella mia allucinazione l’avevo solo
sentita, ma vederla fu terribile.
Cominciai
ad ansimare affannosamente. Strinsi forte i pugni e mi appoggiai al
muro dietro di me. Mi sembrava di precipitare. «E’
già accaduto?» chiesi in un sussurro, pur
conoscendo la risposta.
Sì Edward, circa un
giorno fa, pensò lei dispiaciuta.
«Non
puoi dirmi qualcosa in più?» Chiesi perplesso,
aprendo gli occhi e fissandomi nei suoi «Perché
ora non riesci a vederla?»
Non lo so,
c’è come un’interferenza.
Era desolata. Jasper le circondò le spalle amorevolmente e
la guardò concentrato. Sentii il sospiro di Alice e
istantaneamente i suoi muscoli si rilassarono.
«Non
preoccuparti, tra poco saremo a Forks e sistemeremo tutto.»
Le dissi cercando di fare coraggio a lei, ma forse, di più a
me. Sicuro che avrei sistemato tutto. Per cominciare avrei staccato
quelle braccia che avevano osato sfiorare Bella contro la sua
volontà, dal corpo cui erano attaccate. Poi, mi sarei
inginocchiato ai suoi piedi chiedendole perdono e sperando di non
essere fuori tempo massimo.
Idiota, sono solo un idiota. Avrei
strisciato ai suoi piedi per l’eternità se poteva
essere d’aiuto.
Alice e
Jasper si scambiarono un’occhiata fugace, che non mi
sfuggì. Prendendo un respiro profondo Jasper mi
guardò e disse: «Edward, cerca di controllarti, ma
devi sapere che Bella non è più a Forks.
L’ultimo posto in cui sappiamo che è stata
è Port Angeles. Non l’abbiamo seguita
perché abbiamo pensato di aggravare la situazione, se ci
avesse visto o se ci avesse visto qualcun altro …»
Assorbii
quelle informazioni con un groppo alla gola. Bella scomparsa?
D’un tratto mi sentii quasi sollevato. Ciò
significava che era riuscita a fuggire. Ma da chi? E ora
dov’era?
«Non
importa la ritroveremo, potremmo rivolgerci a Charlie, ci
darà qualche informazione in più, magari
andrà Alice, poi …» Jasper interruppe
il mio fiume di parole agitate. «Aspetta Edward, non
è così semplice. Bella non è fuggita.
E noi non conosciamo la città in cui si trova, ma conosciamo
il genere di posto in cui la tengono.»
«Che
posto?» Allora
era stata rapita, ecco. La rabbia cominciò a
montarmi dentro. Iniziai a tremare nello sforzo di controllarmi.
«Jasper,
dov’è? Dimmelo.» La mia voce era
diventata pericolosamente bassa.
Sentii
il tentativo di mio fratello di usare la sua capacità su di
me.
«NON
MI CALMO, JASPER. DIMMELO. ORA!» Scandii le parole una ad una
lentamente.
I
pensieri di Alice mi colpirono come uno schiaffo. La voce nella mia
testa era un sussurro ed era intrisa di dolore.
L’hanno portata in un
manicomio Edward. Irruppe in un gemito e si
appoggiò a Jasper in cerca di sostegno.
Contemporaneamente
dagli altoparlanti «IMBARCO IMMEDIATO PER HOUSTON, GATE
9.» La voce metallica indicava il nostro volo.
Ebbi
bisogno di un attimo umano per acquisire la consapevolezza della
portata delle parole di Alice.
Manicomio? Manicomio.
Bella in un manicomio? IN
MANICOMIO!!! I miei pensieri erano confusi e disordinati.
Ero nel panico.
Non
riuscii a sostenere il peso della rivelazione e, senza curarmi, della
persone che avrebbero potuto notarmi, schizzai come un lampo
all’aereo.
Alice e
Jasper mi seguirono con passo rapido, ma umano, e l’aria
apparentemente tranquilla, constatando che l’unico segno
visibile del mio accesso d’ira era solo il cemento che si
sbriciolava sulla parete dove erano bene evidenti le impronte dei miei
palmi.
BELLA
Fluttuavo
leggera come se non avessi più un corpo materiale che mi
imprigionasse. Era una sensazione strana, ma piacevole. Dopo tutto il
dolore che mi aveva schiacciato in questi mesi, per la prima volta mi
sentivo una piuma, mi sentivo bene.
Forse
ero morta. Ero morta quel giorno nel bosco ed ora esistevo solo come
uno spirito. Non provavo più alcun dolore fisico e la mia
mente era come avvolta in una nuvola di zucchero filato. Tutto era
ovattato: i suoni, gli odori, le luci.
O forse
era un sogno. Uno di quei sogni dove la mente si rifugia in un anfratto
sicuro e non provi alcuna sensazione negativa. Strano, però,
che nel mio sogno non ci fosse Edward. Lo sognavo sempre.
Allora
era un incubo. Ecco cos’era. Il mio amore mi era ancora
vicino nei sogni e sentivo di non riuscire a sopportare questa specie
di inconscia veglia senza di lui. Già vivevo senza di lui
ogni giorno, non poteva essersene andato anche dalla dimensione
onirica.
Mi
mossi agitata e mi uscì un singhiozzo strozzato.
Come da
dietro una porta pesante sentii delle voci.
«Si
sta risvegliando.»
«E’
ancora molto agitata, forse sarebbe meglio darle un’altra
dose.»
«Vado
a dirlo al dottore» Silenzio.
Percepii
d’un tratto qualcosa che mi pizzicava il braccio.
«Fatto,
ne avrà per un bel pezzo»
«Hai
visto com’è carina?»
«Sì,
ma è magrissima, e, poi, è solo una ragazzina
Duke … non mi pare proprio il caso.»
Erano
due persone? Forse, ma le voci erano confuse, sempre più
lontane, lontane …
No, non
era nemmeno un incubo perché sapevo che da quello prima o
poi mi sarei risvegliata, da questo, invece, ero consapevole che non
sarei riemersa più.
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