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Autore: endif    16/04/2009    11 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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EDIT: Capitolo revisionato e corretto.


CAP. 10
INCUBI

EDWARD

Avevamo convenuto di vederci all’aeroporto di Rio. Non avrei potuto raggiungere Forks più velocemente che con i mezzi tradizionali, ma nelle condizioni in cui ero ridotto e senza soldi, non avrei potuto fare molto. Alice aveva fatto più in fretta possibile, riuscendo a beccare tutte le coincidenze. Il suo aereo sarebbe atterrato tra pochi minuti. Me ne stavo nascosto in un angolo della sala di aspetto. Non ci eravamo detti nulla riguardo Bella al telefono, eravamo entrambi troppo tesi, ma non mi servivano altre informazioni. L’eco delle sue urla nella mia mente non mi aveva abbandonato un attimo.
Mi maledissi, cosciente davvero per la prima volta, di aver commesso un tragico errore, un errore per il quale Bella stava pagando al mio posto. Il mio desiderio di evitarle future, possibili sofferenze se mi fosse restata vicina l’aveva, invece, esposta a dei tormenti certi per il presente. Dovevo rimanerle accanto, magari nell’ombra per il resto della sua vita, ma avrei dovuto proteggerla a tutti i costi. Avrei resistito dall’avvicinarmi a lei, l’avrei fatto contro ogni possibile logica, ma sarei dovuto rimanere a vegliare su di lei.
Ringhiai a denti stretti senza rendermene conto. Una signora mi fissò terrorizzata e si allontanò rapida. Sentivo la rabbia scorrere lì dove avrebbe dovuto esserci il sangue. Il mio autocontrollo stava per vacillare …
Alice, dove diavolo sei? Pensai quasi al limite.
Calma fratello, stai calmo. I pensieri di Jasper mi giunsero insieme ad un’aura di tranquillità.
Mi voltai e li vidi avvicinarsi rapidi quanto l’affollamento del luogo lo permetteva. Osservai Alice. Lessi nella sua mente preoccupazione ed ansia, per me, per Bella … Il cuore mi si strinse in una morsa. Ci voleva bene e aveva sofferto molto in questi mesi a causa della forzata lontananza, a causa mia. Sentii un’altra ondata di calma pervadermi.
Basta Edward. Dobbiamo pensare a Bella ora. Jasper mi fissava attento ed io annuì impercettibilmente.
Alice ruppe la nostra silenziosa conversazione e disse con leggerezza forzata: «Cavolo Edward, sei davvero un disastro.» Poi, mi sorrise teneramente. «Andiamo, il mio fratello preferito non può essere ricoperto di stracci.»
«Alice, mi dispiace … sono stato un idiota. Avrei dovuto ascoltarti.» Dissi afflitto.
«Finalmente! Mr. Perfettino è una frana in qualcosa!» Poi, con voce sibillina «Saprai farti perdonare» e mi fece l’occhiolino complice.
Nell’attesa della coincidenza per Houston Alice mi trascinò in un paio di negozi che reputava essere abbastanza all’altezza, e in meno di mezz’ora ero lindo e vestito di tutto punto. Invero dovevo ammettere di sentirmi molto meglio.
Dovevamo attendere ancora una decina di minuti, quindi ci appartammo silenziosi. Osservai Alice. Lei mi fece appena un cenno del capo ed io chiusi gli occhi concentrandomi sui suoi pensieri. Vidi i ricordi di Alice delle visioni avute, e, poi, la terribile immagine di Bella urlante che si dibatteva furiosamente tra due uomini che cercavano di bloccarle le braccia e le gambe. Nella mia allucinazione l’avevo solo sentita, ma vederla fu terribile.
Cominciai ad ansimare affannosamente. Strinsi forte i pugni e mi appoggiai al muro dietro di me. Mi sembrava di precipitare. «E’ già accaduto?» chiesi in un sussurro, pur conoscendo la risposta.
Sì Edward, circa un giorno fa, pensò lei dispiaciuta.
«Non puoi dirmi qualcosa in più?» Chiesi perplesso, aprendo gli occhi e fissandomi nei suoi «Perché ora non riesci a vederla?»
Non lo so, c’è come un’interferenza. Era desolata. Jasper le circondò le spalle amorevolmente e la guardò concentrato. Sentii il sospiro di Alice e istantaneamente i suoi muscoli si rilassarono.
«Non preoccuparti, tra poco saremo a Forks e sistemeremo tutto.» Le dissi cercando di fare coraggio a lei, ma forse, di più a me. Sicuro che avrei sistemato tutto. Per cominciare avrei staccato quelle braccia che avevano osato sfiorare Bella contro la sua volontà, dal corpo cui erano attaccate. Poi, mi sarei inginocchiato ai suoi piedi chiedendole perdono e sperando di non essere fuori tempo massimo.
Idiota, sono solo un idiota. Avrei strisciato ai suoi piedi per l’eternità se poteva essere d’aiuto.
Alice e Jasper si scambiarono un’occhiata fugace, che non mi sfuggì. Prendendo un respiro profondo Jasper mi guardò e disse: «Edward, cerca di controllarti, ma devi sapere che Bella non è più a Forks. L’ultimo posto in cui sappiamo che è stata è Port Angeles. Non l’abbiamo seguita perché abbiamo pensato di aggravare la situazione, se ci avesse visto o se ci avesse visto qualcun altro …»
Assorbii quelle informazioni con un groppo alla gola. Bella scomparsa? D’un tratto mi sentii quasi sollevato. Ciò significava che era riuscita a fuggire. Ma da chi? E ora dov’era?
«Non importa la ritroveremo, potremmo rivolgerci a Charlie, ci darà qualche informazione in più, magari andrà Alice, poi …» Jasper interruppe il mio fiume di parole agitate. «Aspetta Edward, non è così semplice. Bella non è fuggita. E noi non conosciamo la città in cui si trova, ma conosciamo il genere di posto in cui la tengono.»
«Che posto?» Allora era stata rapita, ecco. La rabbia cominciò a montarmi dentro. Iniziai a tremare nello sforzo di controllarmi.
«Jasper, dov’è? Dimmelo.» La mia voce era diventata pericolosamente bassa.
Sentii il tentativo di mio fratello di usare la sua capacità su di me.
«NON MI CALMO, JASPER. DIMMELO. ORA!» Scandii le parole una ad una lentamente.
I pensieri di Alice mi colpirono come uno schiaffo. La voce nella mia testa era un sussurro ed era intrisa di dolore.
L’hanno portata in un manicomio Edward. Irruppe in un gemito e si appoggiò a Jasper in cerca di sostegno.
Contemporaneamente dagli altoparlanti «IMBARCO IMMEDIATO PER HOUSTON, GATE 9.» La voce metallica indicava il nostro volo.
Ebbi bisogno di un attimo umano per acquisire la consapevolezza della portata delle parole di Alice.
Manicomio? Manicomio.
Bella in un manicomio? IN MANICOMIO!!! I miei pensieri erano confusi e disordinati. Ero nel panico.
Non riuscii a sostenere il peso della rivelazione e, senza curarmi, della persone che avrebbero potuto notarmi, schizzai come un lampo all’aereo.
Alice e Jasper mi seguirono con passo rapido, ma umano, e l’aria apparentemente tranquilla, constatando che l’unico segno visibile del mio accesso d’ira era solo il cemento che si sbriciolava sulla parete dove erano bene evidenti le impronte dei miei palmi.

BELLA
Fluttuavo leggera come se non avessi più un corpo materiale che mi imprigionasse. Era una sensazione strana, ma piacevole. Dopo tutto il dolore che mi aveva schiacciato in questi mesi, per la prima volta mi sentivo una piuma, mi sentivo bene.
Forse ero morta. Ero morta quel giorno nel bosco ed ora esistevo solo come uno spirito. Non provavo più alcun dolore fisico e la mia mente era come avvolta in una nuvola di zucchero filato. Tutto era ovattato: i suoni, gli odori, le luci.
O forse era un sogno. Uno di quei sogni dove la mente si rifugia in un anfratto sicuro e non provi alcuna sensazione negativa. Strano, però, che nel mio sogno non ci fosse Edward. Lo sognavo sempre.
Allora era un incubo. Ecco cos’era. Il mio amore mi era ancora vicino nei sogni e sentivo di non riuscire a sopportare questa specie di inconscia veglia senza di lui. Già vivevo senza di lui ogni giorno, non poteva essersene andato anche dalla dimensione onirica.
Mi mossi agitata e mi uscì un singhiozzo strozzato.
Come da dietro una porta pesante sentii delle voci.
«Si sta risvegliando.»
«E’ ancora molto agitata, forse sarebbe meglio darle un’altra dose.»
«Vado a dirlo al dottore» Silenzio.
Percepii d’un tratto qualcosa che mi pizzicava il braccio.
«Fatto, ne avrà per un bel pezzo»
«Hai visto com’è carina?»
«Sì, ma è magrissima, e, poi, è solo una ragazzina Duke … non mi pare proprio il caso.»
Erano due persone? Forse, ma le voci erano confuse, sempre più lontane, lontane …
No, non era nemmeno un incubo perché sapevo che da quello prima o poi mi sarei risvegliata, da questo, invece, ero consapevole che non sarei riemersa più.


   
 
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