Near, far, wherever you are
(Vicino, lontano, ovunque tu sia)
I believe that the heart does go on
(io credo che il cuore vada avanti)
Once more you open the door
(ancora una volta apri la porta)
And you're here in my heart
(e sei qui nel mio cuore)
And my heart will go on and on.
(e il mio cuore continuerà ad andare avanti.)
Il dolore non se ne voleva andare, quel vuoto che gli premeva sul cuore era così pesante, asfissiante e profondo che non poche volte doveva trovare la forza di fermarsi per boccheggiare alla ricerca dell'aria, di quel qualcosa che gli avrebbe sostituito ciò che aveva perduto così dolorosamente.
Fece cadere la chiave inglese a terra ripulendosi la fronte dall'olio che poco prima gli era gocciolato sul viso quando si era ritrovato sotto l'auto nel tentativo di riparare il guasto che Happy aveva combinato.
Scivolando con l'aiuto dello skate, posto sotto la schiena, riuscì ad uscire da lì sotto con la torcia accesa ancora bloccata tra i denti.
Spense la torcia e si sedette a terra spostando lo skate di fianco a sé mentre si apprestava ad appoggiarsi con la schiena contro la ruota del veicolo per cominciare a bere un po' d'acqua da una bottiglia posta lì vicino.
Il caldo quell'estate sembrava voler far sciogliere chiunque, anche coloro che se ne stavano all'ombra coperti dai raggi cocenti che il sole stesso emanava.
Erano anni che il caldo non tornava afoso e bollente come in quel periodo: era dall'anno di quella maledetta estate che il bel tempo sembrava essersi preso una lunga pausa lasciando lo spazio ad una triste pioggia e a un testardo freddo, come a voler far tenere vivo il ricordo di quella perdita.
La distanza da quel periodo diveniva sempre di più, tanto che quasi riusciva a convincerlo che tutto era stato un bellissimo sogno, eppure nonostante il tragico finale avrebbe rivissuto all'infinito quei momenti che gli erano entrati dritto nel cuore, indelebili, impossibili da cancellare e dimenticare. Perché lei c'era ancora seppur non nel modo in cui avrebbe tanto voluto.
Posò la bottiglietta d'acqua a terra guardando l'uscita e un sorriso malinconico non poté non comparire sul suo volto nel visualizzare quell'ammaccatura all'entrata, frutto del disastro che aveva combinato Lucy quando Juvia l'aveva costretta a guidare l'autopompa per portarla in ospedale.
Si issò da terra alzandosi in piedi per potersi scrollare di dosso il lerciume che gli si era appiccicato alla tuta mentre era sotto l'auto.
-Zio!- in quel momento Happy entrò nel garage salutandolo con un sorriso luminoso.
-Allora? Era un danno irreparabile?- chiese il ragazzo imbarazzato quando salutò lo zio con una pacca amichevole sulla spalla e una stretta di mano entrambi ricambiati.
-Nah, niente di grave. Basta che la prossima volta farai più attenzione- rispose scherzosamente a denti stretti Natsu stringendogli la spalla con forza, causando così un gemito strozzato dal ragazzo e un espressione deformata dal dolore sul suo volto.
-Ho-o capito- rispose con difficoltà il ragazzo piegandosi, e Natsu non poté che lasciarlo andare sorridendo soddisfatto -Posso prendere le chiavi?- chiese poi Happy massaggiandosi la spalla dolorante.
-Ma certo che no- disse Natsu voltandosi per prendere uno straccio per pulirsi le mani.
-Sei in punizione- rispose ovvio l'uomo grattandosi quell'accenno di barba sul mento.
-Ma ho un appuntamento stasera!-
Natsu rimase in silenzio, raccolse la chiave inglese da terra e la posò sul mobile dove teneva tutti gli strumenti da lavoro.
Quanti problemi gli portava quel ragazzo, se un giorno era l'auto, quello dopo era la scuola o i vicini, e ogni volta Happy correva da lui per risolvere le situazioni in cui andava a cacciarsi perché aveva troppa paura della madre e sapeva che suo padre non poteva nascondere nulla alla moglie, non che lei avesse manie di grandezza e lui paura di lei; semplicemente Gray trovava sbagliato dover nascondere qualcosa alla donna che amava. Per questo Happy in casi del genere andava a chiedere aiuto a Natsu.
Di certo lui ne era contento, soprattutto del legame che si era instaurato tra di loro: erano diventati più amici che zio e nipote, nonostante il ragazzo lo considerasse un vecchio.
Quanto gli sarebbe piaciuto far vedere a Lucy quanto il neonato che aveva contribuito a far nascere era cresciuto fino a diventare un bel ragazzetto tutto pepe, con la risposta sempre pronta, la nota di malizia nelle sue battute e quel lato tenero che cercava di tenere nascosto dietro una maschera di imbarazzo quando si tirava fuori discorsi riguardanti la ragazza che gli piaceva.
Oppure quanto era cambiata la caserma del corso di tutti quegli anni passati, e anche lui, sin dal primo giorno che li aveva lasciati.
-Va bene- sospirò tirando fuori le chiavi dalle tasche. Happy allora corse verso lo zio, gli prese le chiavi di mano posandogli una pacca bella forte dietro la schiena e lo ringraziò con una fretta in corpo che gli fece capire che la ragazza lo stava aspettando -Mi raccomando, ho appena pulito la macchina, non voglio trovare ricordini- aggiunse con tono scherzoso chiudendo la portiera al ragazzo una volta che lui fu entrato nel veicolo.
Quest'ultimo mise in moto e con il viso rosso puntò lo sguardo all'esterno del garage -Ma che dici?- riuscì a dire trattenendosi dal balbettare e poi uscire il prima possibile seguito dalla grassa risata di Natsu.
Ogni volta che gli capitava di guardare quel ragazzo gli veniva nostalgia degli anni del liceo, di quando anche lui era un ragazzetto combina guai che se ne faceva tirare di tutti i colori dal padre, il quale molto spesso cadeva in quell'abisso di crisi di nervi quando Natsu ne combinava di quelle grosse e apparentemente irreparabili.
Sospirò ridacchiando e passandosi una mano fra i capelli ai quei vecchi ricordi decidendo poi guardando l'orologio che era ora di farsi una bella doccia, dopotutto non poteva presentarsi in quel modo da lei, soprattutto dopo così tanto tempo.
Si fermò qualche isolato indietro spegnendo la moto, temendone il rumore se si sarebbe avvicinato lì, in quel luogo che ormai da diverso tempo aveva smesso di andare a visitare. Solo dopo tutto quel tempo passato a viaggiare era riuscito a recuperare la forza di andare a trovarla, pentito di averla lasciata sola per così tanto tempo. Eppure il dolore era ancora palpabile, lì, infossato, ormai fuso con lui talmente tanto che quando indirizzò lo sguardo verso la fine di quella strada credette che le forze gli sarebbero venute meno per quanto la sofferenza se ne stava nutrendo.
Scese dal veicolo dopo averlo spento cominciando allora ad incamminarsi lentamente, perché tornare lì sarebbe stato ammettere per davvero che lei era morta, lei, Lucy, la donna che aveva amato e che amava ancora più della sua stessa vita, lei che era riuscita a rapirlo con i suoi sorrisi e i suoi gesti imbarazzati, lei che involontariamente e senza rendersene conto era divenuta una parte essenziale della sua vita, insostituibile, nemmeno se lo avesse voluto.
L'angoscia, ad ogni passo, gli conquistava sempre più terreno, gli si insinuava fastidiosa nel petto tanto da fargli mancare l'aria quando arrivò davanti quell'ingresso, così spoglio e mal ridotto, per nulla curato e continuamente martoriato dalla pioggia, dal vento, dalla neve e dal sole.
Prese un doloroso respiro prima di oltrepassare una di quelle barriere che lo divideva da anni da lei, una barriera che seppur materiale e superficiale, gli rammendava ancora una volta quanto Lucy si fosse allontanata da lui, persa nel tempo di quei giorni, rimasta intrappolata nel passato, strappata da un futuro che si erano promessi di vivere insieme. Rimasta ferma, non per scelta, a guardare gli altri passarle davanti, guardare lui girarsi sempre per lei perché non voleva lasciarla sola, rimanere senza quella sua metà finalmente trovata. Natsu non sarebbe mai riuscito a lasciarla per davvero, ad accettare il fatto che ormai non c'era più e che non avrebbero più condiviso nulla.
Gli rimaneva soltanto il vuoto, come se fosse il suo unico appiglio al suo ricordo, perché ora non gli rimaneva altro che il ricordo di una voce dolce che mai più sentirà, di quel calore e della morbidezza di quelle labbra che mai più percepirà, e di occhi e sorrisi che mai più vedrà.
L'importanza che aveva preso quella ragazza... dio quanto le mancava, le mancava tanto, troppo, e ogni giorno quell'agonia diventava sempre più insostenibile, ad ogni passo che compiva per potersi avvicinare ancora di più a lei, ma mai sarebbe riuscito a raggiungerla perché la verità era che anche se rimaneva a guardarla nel passato, anche se sarebbe andato avanti, si sarebbe comunque allontanato sempre di più dalla prima volta che aveva incrociato il suo sguardo con lei.
Perché il tempo non perdona, non torna indietro e non si ferma nemmeno, ti punisce allungando le distanze facendoti percepire quanto hai perso e quanto ancora perderai finché non ce la farai più e cadrai anche tu.
Si rese conto solo più tardi, quando giunse davanti quella lastra di pietra, che stava trattenendo il respiro nonostante i polmoni gli bruciassero. Perché sentiva che non sarebbe riuscito a respirare senza lasciare andare un sospiro tremolante, traboccante di lacrime che si ostinava a tenersi dentro rischiando di esplodere.
Sapeva che nemmeno le parole che avrebbe dovuto lasciare andare si sarebbero salvate dal tremolio provocato da quel groppo pesante che aveva in gola, lì, dove a volte sentiva il bisogno di toglierlo con le unghie ignorando il conseguente dolore di quell'azione, perché neppure quello era in grado di eguagliare quello che aveva dentro.
-Ciao- soffiò tornando a respirare, ma solo per poter prendere una boccata d'aria, poiché non riusciva a rimanere lì, a vivere, mentre lei era giù, da sola, sotto quella terra fredda, morta.
Inevitabilmente si sentì gli occhi umidi e colmi, alzò allora lo sguardo al cielo per poter trattenere quelle lacrime che si era detto mai avrebbe versato lì e fissò quei nuvoloni grigi che avevano deciso di cavalcare il cielo quel giorno, forse per poter mascherare quelle gocce salate che nonostante il gesto avevano preso a rigargli il volto.
Chiuse allora gli occhi attendendo goccia dopo goccia il momento in cui finalmente avrebbe ritrovato la parola, perché dopotutto non poteva rimanere in silenzio, aveva troppe cose da dire, da raccontare, da confessare.
A quel punto, con lo scroscio della pioggia a riempire il silenzio, si chinò e passò la mano sui ciuffi d'erba davanti la lapide.
-Scusami- sussurrò con voce debole e tremante –Se non sono riuscito a venire da te- aggiunse dopo una lunga pausa nella disperata ricerca delle parole giuste da usare -È difficile per me pure ora, anche adesso starti vicino quando sei così lontano e irraggiungibile- l'angoscia si fece più pressante, come la voragine che aveva nel petto che più andava avanti più diveniva più grande, soprattutto ora che le lacrime avevano preso a scorrere come se animate di volontà propria –Mi manchi tanto, lo sai? Non ho mai smesso di pensare a te anche se dopo il funerale non sono più tornato fino ad oggi- tirò un sorriso deluso distogliendo lo sguardo e posarlo oltre la ringhiera nera.
Quanto si sentiva sciocco, non solo per quel momento, ma anche per come aveva cercato di evitare la cosa per tutti quegli anni. Oh quanto era stato doloroso darle quell'addio silenzioso, in quella giornata dove non riuscì nemmeno ad avvicinarsi a lei per poterla guardare un ultima volta.
-Happy è cresciuto bene. Gray e Juvia hanno difficoltà con lui in questo periodo: è in piena adolescenza. Giusto qualche ora fa mi ha chiamato per sistemare un guaio che aveva combinato, sai- disse sorridendo stavolta con una punta di felicità -Anche se non lo vedo spesso, io e lui abbiamo legato molto. È bello sentirmi chiamare ogni volta 'Zio' da lui, ma... lo sarebbe stato ancora di più se anche tu fossi rimasta qui e farti chiamare allo stesso modo-
Ma perché il destino è stato così ingiusto con loro? Perché proprio il giorno in cui Lucy avrebbe dovuto sottoporsi al trapianto, un incidente aveva tardato l'arrivo di quel maledetto cuore? Sarebbe bastato arrivare solo pochi minuti prima, sarebbe bastato così poco per farla sopravvivere, farla rimanere lì con loro, con lui.
-Mancava così poco Lucy, così poco...- si ritrovò a dire dando voce ai suoi pensieri stringendo i ciuffi d'erba verde bagnata mentre quella consapevolezza tornò a farsi più viva che mai trascinandolo ancora una volta a mimetizzare quel pianto silenzioso sotto quella pioggia aiutante –Dio quanto mi manchi, mi manchi da impazzire Lucy. Non smetterò mai di dirtelo- confidò infine stringendo gli occhi mentre quelle lacrime sgorgavano senza pietà -Sono passati così tanti anni, eppure ti amo lo stesso, ti amo come se fosse la prima volta. Lo so che dopo tutto questo tempo che il cambiamento sia inevitabile, io stesso non sono più quello che conoscevi, eppure... sei diventata così speciale per me e in così poco tempo... ti rivoglio qui, ti rivoglio ancora una volta qui, davanti a me che mi guardi e mi sorridi, che mi accarezzi e mi dici che è andato tutto bene e che non te ne sei mai andata via. Ti amo troppo per poterti abbandonare, non posso, io non...-
D'improvviso la sensazione della pioggia che gli cadeva addosso scomparve, così come anche quella di essere bagnato fradicio, la consistenza dell'erba tra le sue dita anch'essa sparì in un attimo, e subito l'odore d'ospedale sostituì quello della terra bagnata.
Ma non fu tanto la consapevolezza di trovarsi chinato su un letto d'ospedale a sorprenderlo, ma quel calore e quel tocco tanto famigliari accarezzargli amorevolmente il capo che lo sconvolse più di tutto.
Gli occhi si spalancarono quando quei singhiozzi silenziosi gli invasero le orecchie rendendole sorde a tutto ciò che lo circondava tranne che a loro e a quella voce.
-Natsu- sentì sussurrato da una voce rauca e spezzata –Natsu- sentì ripetere, e a quel punto non poté più negare l'evidenza: alzò subito il capo incrociando quegli occhi densi e lucidi, pieni di lacrime, e il cuore gli scoppiò nello stesso momento in cui la chiamò ancora insicuro se la persona che aveva davanti, lì stesa su quel letto, fosse realmente lei.
E lei non poté fare a meno che sorridere tra le lacrime annuendo, incredula anch'essa di essere ancora lì, viva, con ancora un'intera vita davanti e disponibile da passare solamente con lui, con Natsu.
E lui urlò di gioia, si fiondò su lei abbracciandola con foga, asciugandole le lacrime con le dita mentre anche lui stesso piangeva ridendo, la baciò sentendo quelle labbra calde contro le sue per potersi assicurare che fosse realmente lì, sveglia con lui per rassicurarlo che alla fine ce l'avevano fatta.
-Sei qui. Oddio Lucy, sei qui- la baciò ancora scostandole la frangia bionda con il palmo mentre lei annuiva sorridente.
-Sì, sono qui- sussurrò ridente accarezzando la guancia bagnata dell'amato e tornare a baciarlo con dolcezza, trasmettendogli con quel gesto tutto il suo amore, la sua gioia, e la sua voglia decisa di rimanergli per sempre al suo fianco. Perché ora Lucy era davvero pronta ad affrontare la sua nuova vita, era riuscita a trovarne la forza.
Natsu quindi poggiò la sua fronte su quella di lei e rise, con il sollievo e la gratitudine ad intonargli la risata poiché un pensiero gli attraversò la mente.
Allora la guardò dritta negli occhi e accarezzandole il volto finalmente poté dirlo.
-Adesso hai un cuore per potermi amare, Lucy-
You're here, there's nothing I fear,
(Sei qui, non c'è niente che io tema,)
And I know that my heart will go on
(e so che il mio cuore andrà avanti)
We'll stay forever this way
(resteremo per sempre così)
You are safe in my heart
(sei al sicuro nel mio cuore)
And my heart will go on and on.
(e il mio cuore andrà sempre avanti.)
[My heart will go on, Celine Dion]