Even though I
get so high
I know that I
will never fly
And when I fall
out of the sky
Who’ll
be standing by?
- About
to crash
(reprise), Dream
Theater -
Il trotto dei
cavalli
dettava il ritmo della carrozza, che traballava
sull’acciottolato di Harley
Street. La pioggia picchiettava sui vetri, scendeva giù come
lacrime amare di
un cielo cinerino, sormontato da nuvoloni burrosi.
Stretto
nell’abitacolo,
mentre le case squadrate si susseguivano davanti ai suoi occhi
annoiati, John
sbuffò.
- Manca ancora molto, Frank? – chiese, stringendo fra le mani
il proprio
bastone.
Un fulmine
illuminò il
sorriso da gatto del suo interlocutore: un ometto grassoccio dalla
pelle
rossastra e gli occhi porcini.
- Pazienta ancora un po’, John – rispose con voce
viscida, storcendosi i
baffetti che gli ombreggiavano il labbro superiore – ti ho
forse mai deluso?
Nella clinica del dottor Hyde, troverai la persona che fa al caso tuo.
Ne sono
certo.
John
tornò a rivolgere
gli occhi al di là del vetro, dove l’ambiente era
mutato e le eleganti case
avevano lasciato il posto a vecchie catapecchie ammassate le une sulle
altre.
La via era deserta e una sinistra nebbiolina veleggiava fra i vicoli,
serpeggiando sui ciottoli della strada.
- Hai visto anche tu? – chiese ad un tratto John, sudando
freddo e volgendosi
indietro con fare concitato.
- Visto cosa? – chiese Frank, senza muoversi.
- Quell’ombra! Sembrava...
Ma
s’interruppe,
portandosi una mano alla fronte rugosa. No, era impossibile. Lui era morto da un pezzo!
“Si
sarà trattato solo di un’illusione” si disse,
scuotendo il capo. “Questo posto
suggestionerebbe chiunque!”.
La risata
grugnante di
Frank lo richiamò dai propri pensieri.
- Non comportarti in modo così bizzarro davanti al dottor
Hyde – gli disse –
altrimenti potrebbe decidere di rinchiudere anche te nel suo manicomio.
John
s’indispettì. Anche
se Frank era un amico di antica data, non tollerava che si prendesse
gioco di
lui. Aprì la bocca per ribattere, quando i cavalli
lanciarono al cielo un
lugubre nitrito e la carrozza si arrestò bruscamente.
- Siamo arrivati! – disse l’uomo pingue –
e guarda che fortuna, ha anche smesso
di piovere.
John rimase
immobile per
alcuni istante, con le palpebre abbassate. Infine, prese un profondo
respiro e
scese dalla carrozza.
Nell’aria
ristagnava un
lezzo nauseabondo, che gli provocò un conato. Strinse i
denti e si portò un
fazzoletto davanti al viso, mentre i suoi occhi si sollevavano e
incontravano
un’imponente quanto fatiscente struttura in mattoni. Le
piccole finestre che
troneggiavano ai piani superiori erano opache e ricordavano gli occhi
delle
mosche. Solo al pian terreno lo sguardo incontrava ampie e lerce
vetrate, imprigionate
da inferriate arrugginite.
Sul cancello in
ferro
battuto, si stagliava nel cielo la tetra insegna
“Asylum”, che pareva averne
preso la tinta scura e triste.
Un fulmine
bagnò di luce
l’ambiente, facendo sobbalzare John. I capelli gli si
rizzarono dietro la nuca
e con malagrazia strattonò per un bracciò il suo
amico.
- Allora, che stiamo aspettando? – chiese – il
dottor Hyde ci starà già
aspettando.
Frank
annuì e s’incamminò
con passo malfermo. Sotto il suo tocco, il cancello cigolò
orrendamente,
aprendosi su un selciato pieno d’erbacce e arbusti arsi dal
Sole.
John
ignorò le figure
indistinte che intravedeva apparire e sparire da dietro le finestre e
puntò
tutta la sua attenzione sul portone. Nel momento in cui lui e Frank
accedettero
al piccolo portico dismesso, la pioggia riprense a venir giù
con forza.
Stizzito e
ancora scosso
dalla visione di poco prima, John afferrò il battente
d’ottone e bussò con
forza. Il suono cacofonico si spense nel ticchettio sempre
più forte dell’acqua
che cadeva dal cielo. Un grido risuonò lontano e altre urla
gli fecero eco, per
poi spegnersi poco dopo.
Infine, con un
sinistro stridore,
anche il portone venne aperto e il lezzo si fece più intenso.
“Che
posto disgustoso!”
pensò John, mentre la figura allampanata di un uomo
sui cinquant’anni appariva sulla soglia, bianca e scheletrica
come uno spettro.
- Dottor Hyde! – esordì Frank, facendo un passo
verso l’uomo e tendendogli la
mano, che egli strinse con poca convinzione, quasi fosse disgustato da
quel
contatto.
- È un vero piacere rivederti, Frank – rispose il
medico con voce sottile e
sibilante.
John ebbe un
nuovo
brivido. C’era qualcosa di diabolico in quell’uomo.
Qualcosa che gli faceva
venir voglia di girare sui tacchi e fuggire il più lontano
possibile.
- Voi dovete essere la persona di cui Frank mi ha tanto parlato,
invece. Dico
bene, Signore?
Gli occhi
giallicci del
medico si puntarono nei suoi, trattenendolo lì
dov’era. Il volto scarno, le
labbra screpolate e i pochi ciuffi di capelli brizzolati che gli
coronavano il
capo lo rendevano ancora più inquietante e grottesco di
quanto l’intera sua
figura non fosse già.
- Sì, dottore, sono io – trovò la forza
di rispondere – ma, vi prego,
chiamatemi John. Gli amici di Frank, sono anche miei amici.
Le labbra di
Hyde si
stirarono in un ghigno mefistofelico.
- Sarà un piacere, John. Adesso, però, entrate.
Non rimanete sulla porta – e,
detto questo, diede loro le spalle e s’incamminò
per il lungo corridoio.
Frank fu il
primo ad
entrare, seguito a ruota da John.
I muri intorno a
loro
erano lerci e ammuffiti. Le porte tarlate sembravano in procinto di
staccarsi
dai cardini da un momento all’altro. La fioca luce delle
lampade ad olio non
bastava per illuminare il cammino, popolato da ombre mobili che
sembravano
voler ghermire i due ospiti.
Senza rendersene
conto,
John allungò il passo fin quasi ad affiancare Hyde. Si
allargò il colletto e,
nonostante la puzza, prese un profondo respiro.
- Allora, avete ciò che vi ho chiesto?
Il medico non si
fermò e
continuò a procedere, senza staccare gli occhi da un punto
fisso davanti a sé.
- A dire il vero, Frank è stato molto vago –
rispose infine, arrestando il
passo di fronte ad una porta in legno scuro e dal manico in ottone. Si
volse a
guardarlo e, per un istante, John ebbe l’impressione che il
suo volto fosse divenuto
meno orrendo.
- Mi serve una governante per i miei nipoti – disse
sottovoce, guardandosi
furtivamente intorno. Non voleva che altri sapessero del suo piano.
Hyde rise
istericamente,
aprendo la porta e restando sulla soglia.
- E la state cercando in un manicomio? – chiese, facendo
segno ai suoi ospiti
di entrare – posso saperne il motivo?
John
sbirciò all’interno
della stanza e subito notò una lunga scrivania addossata
alla parete e, al
centro, un tavolino di cristallo e quattro sedie disposte intorno ad
esso. Entrò
senza alcun indugio e, prima di rispondere, attese che la porta venisse
richiusa.
- Ho bisogno di qualcuno che possa confondersi con... gente
normale – disse, prendendo posto su una delle
sedie, imitato
dagli altri due uomini.
Hyde
sollevò un
sopracciglio.
- Perché, allora, non assumete direttamente una governante?
Ce ne sono molte
che cercano lavoro. Soprattutto qui a Londra – rispose.
- No, non avete ben inteso – e John si sporse in avanti come
per confidare un
segreto – ho bisogno di una donna insospettabile, ma che
abbia avuto esperienza con i
bambini.
- Quel tipo di esperienza?
- Sì. Deve averne uccisi.
Frank, seduto al
suo
fianco, rabbrividì. Si volse a guardarlo e rimase a
fissarlo, nonostante ne
rifuggisse lo sguardo.
- Sei sicuro di voler arrivare a tanto, John? – chiese
– sono pur sempre i tuoi
nipoti...
- Voglio l’eredità e finché Miles
sarà vivo, non potrò impossessarmene –
rispose, volgendosi di scatto verso l’ometto – sai
che è stato scacciato dal
Collegio dove l’avevo mandato? Pare racconti strane storie...
- Quali storie? – s’interessò Hyde.
- Fantasie di bambino, purtroppo! Nulla che possa imputargli una
qualche
malattia mentale!
Il medico si
grattò il
mento, sollevando le sottilissime sopracciglia grigie.
Ondeggiò il capo a
destra e a sinistra, meditabondo. Infine, sorrise malignamente.
- Amico mio, siete nel posto giusto – disse – un
mese e mezzo fa è giunta una
donna, una certa Miss Giddens, che ha assassinato il proprio figlio
annegandolo
in uno stagno. Soffre di schizofrenia e di allucinazioni, ma le sue
crisi sono
molto discrete. Potrebbe risultare solo una donna un po’
eccentrica. Per ora,
non ha mai dato problemi, anzi, si è dimostrata molto
materna nei confronti dei
suoi compagni.
John sorrise,
trionfante.
- Abbiamo trovato la persona giusta! – disse – e
voi, dottore, mi assicurate
che ucciderà i miei nipoti?
Hyde si strinse
nelle
spalle e sollevò i palmi verso il soffitto ammuffito.
- Non posso assicurarvelo, John, ma se sospenderà la cura,
le sue crisi
riprenderanno e andranno peggiorando.
John
accavallò una gamba
e sorrise sornione.
- Posso vederla? – chiese.
- Potete anche parlarle. Come vi ho detto, non pare affatto una malata
di
mente.
Invaso da una
perversa
eccitazione, si alzò e con un gesto della mano
esortò il medico a fare
altrettanto.
- Allora cosa stiamo aspettando? Andiamo a conoscere Miss Giddens.
Hyde
assentì, mentre
Frank tirò fuori il suo fidato fazzoletto e si asciugava il
sudore freddo che
gli aveva imperlato la fronte.
- Se non vi dispiace, signori, io aspetto qui – disse.
- Sta bene – rispose il medico – andiamo, John.
Uscirono dalla
stanza e
imboccarono il corridoio che da lì virava verso destra.
Improvvise urla
riecheggiarono fra le pareti lorde, seguiti da colpi ritmati e secchi.
Bisbigli
incomprensibili giungevano oltre le porte chiuse, parole irripetibili
surclassavano le strida, mentre pianti disperati singhiozzavano a ritmo
della
pioggia che batteva contro i vetri.
- Vi sentite bene, John? Siete un po’ pallido.
Nonostante le
sue parole
fossero state gentili, l’espressione beffarda di Hyde lo
irritò. Si stava forse
divertendo? Sperava che, dopo quella visita, sarebbe diventato anche
lui un suo
paziente?
- Sto benissimo – rispose John – piuttosto,
dov’è Miss Giddens?
- Oh, proprio oltre questa porta. A quest’ora
starà filando... prego.
John
tossicchiò, si
aggiustò il giacca scura sulle spalle e infine
bussò.
- Avanti, entrate! – rispose una voce gaia – siete
voi, dottore?
- No, miss, avete un ospite – rispose Hyde, alle spalle
dell’uomo.
La donna, una
biondina dagli
occhi grandi e azzurri, se ne stava seduta su una sedia a dondolo a
tessere
quella che sembrava una coperta lilla. Nella stanza vi erano solo un
piccolo
scrittoio e un letto e, nonostante la pioggia incessante che macchiava
i vetri,
era molto luminosa.
- Buonasera, miss – esordì John, facendo un passo
avanti ed entrando. Un
inaspettato profumo di lavanda portò un po’ di
conforto al suo naso.
- Oh cielo, un gentiluomo! – disse la donna, toccandosi la
veste candida e
arrossendo – perdonatemi, sono impresentabile...
- Siete incantevole. Posso parlarvi?
- Ma certo, venite pure.
John storse il
naso.
Possibile che una fanciulla così fragile e delicata potesse
aver ucciso il
proprio bambino? E se non fosse affatto malata, se Hyde si fosse solo
preso
gioco di lui?
Questi e altri
pensieri
affollarono la sua mente, mentre prendeva posto proprio di fronte a
miss
Giddens, su un’altra sedia a dondolo.
- So che amate molto i bambini – disse.
- Oh sì – rispose la donna, languidamente
– morirei per loro! Sono dei veri
doni del Signore.
- Lo credo anch’io – tagliò corto John,
che non aveva nessuna voglia di
disturbare Dio e la propria coscienza – e proprio per due
adorabili bambini che
sono qui, miss Giddens.
- Davvero?
- Sì. Vorrei assumerla come governante per i miei due
nipoti: Flora e Miles. Ve
la sentite? Vivrete poco fuori Londra, in campagna, a Bly.
L’aria fresca vi
farà bene.
La donna si
alzò e gli si
buttò ai piedi, in lacrime.
- Oh mio Signore, quale benedizione è scesa su di me?
– esordì – certo che
accetto! Come posso ringraziarvi?
- Facendo un buon lavoro e tenendomi fuori da qualsivoglia questione
– rispose
John.
- Lo farò. Non dubitatene.
A quel punto,
l’uomo si
volse verso Hyde, che se la rideva nel buio del corridoio.
“Perfetto,
no?” gli mimò
con le labbra scarne.
John contrasse
la
mascella e distolse lo sguardo, portandolo al di là della
finestra.
Per un
breve istante,
ebbe come l’impressione di vedere il volto di Peter Quint
dietro al vetro
opaco. Gli stava rivolgendo uno sguardo di fuoco.
Angolino
dell’autrice:
Ciao a tutti!
Non so quanti di voi abbiano letto Il
Giro di Vite di H. James, ma se non l’avete fatto,
fatelo.
Con questa mia insulsa
one-shot, ho voluto dare un’interpretazione tutta mia al
libro. Leggendolo,
infatti, ho pensato più di una volta che in
verità Miss Giddens fosse pazza e
che si fosse fatta solo influenzare dai racconti della signora Grose.
Ed ecco
qui il perché: John ha reclutato l’istitutrice in
un manicomio – no, il
riferimento a Mr. Hyde non è casuale! – proprio
affinché uccidesse i piccoli
Flora e Miles, solo per ottenerne lui l’eredità.
Detto questo,
spero che la
shot vi sia piaciuta.
p.s.: vi
consiglio,
inoltre, di leggere Gli Innocenti di MaCk_a,
sempre su Il Giro di
Vite, perché merita tantissimo <3
Elly
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