What I aim for…
La residenza era immersa nel buio, ma gli occhi allenati di Connor non
si fecero sfuggire la sagoma che sembrava aspettarlo appoggiata alla
ringhiera a metà strada sulle scale.
“Padre! Che fate in piedi e fuori dal letto? Siete ancora
convalescente.”
Haytham si raddrizzò, colpito nel vivo dal quel commento che
lo faceva sembrare un vecchio moribondo. Scacciò comunque
subito quel pensiero guardando Connor raggiungerlo dopo i primi scalini.
“Chi è?” chiese quando il figlio gli fu
più vicino.
Il ragazzo si immobilizzò. Avrebbe dovuto immaginare che suo
padre avesse notato il prigioniero alla stalla.
“Per farla breve…. un templare venuto a
vendicarVi”
Haytham sembrò pensieroso. I due Kenway si guardarono per un
lungo momento, Connor avrebbe giurato che non fossero passati
più di 2 minuti da quando Haytham tornò a
parlare, ma ad entrambi sembrò un istante lungo un giorno.
“Che hai intenzione di fare con lui?” chiese quindi
senza distogliere lo sguardo dal figlio.
Era una bella domanda, la stessa che Connor avrebbe voluto fare al
padre, per essere onesti. Ed infatti si ritrovò a ribattere
proprio in quella direzione.
“Voi che fareste?”
“Non ti è stato insegnato che non si risponde ad
una domanda con una domanda? A maggior ragione se è la
stessa…”
“Non ho avuto un’educazione inglese”
ribattè stizzito il giovane assassino, incrociando le
braccia al petto.
“Non è questione di educazione inglese o meno, si
tratta di educazione e basta…ma evidentemente Achilles aveva
altro da insegnarti…”
“Avete intenzione di ritornare su quel discorso? Sapete bene
che…”
Haytham alzò la mano che aveva tenuto sulla ferita per tutto
quel tempo in piedi e bloccò sul nascere
l’autocelebrazione della confraternita che sarebbe scaturita
dalle labbra di Connor.
“D’accordo, d’accordo. Evitiamo!
Piuttosto non hai pensato che non sia solo? Trovo davvero strano che un
templare sia venuto nella tana del nemico da solo. Senza contare che
scarseggi in previdenza se uno dei miei uomini ha trovato il vostro
quartier generale con questa facilità.”
Connor non colse le varie accuse e frecciate sulle sue scarsi doti di
leader, si limitò invece a uno sbuffò vigoroso,
appoggiandosi con la schiena sulla ringhiera delle scale producendo un
certo fastidioso rumore di legno piegato.
“Vi assicuro che è solo. Ho controllato
personalmente ogni angolo della tenuta mentre Aveline lo teneva sotto
controllo durante il tempo in cui era svenuto. L’unica cosa
che è sospetta è una nave ferma al largo ma ho
già mandato Mr Faulkner a indagare a bordo
dell’Aquila.”
“Una nave? Un’attimo, quel templare…non
sarà mica Shay?”
Connor squadrò il padre dalla testa ai piedi ma non fece
cenno di muoversi dalla sua posizione.
“Dunque lo conoscete…”
“Shay Patrick Cormac…certo che lo conosco. Uno dei
miei uomini migliori che ti dovrebbe essere di grande
esempio.”
Quest’ultimo commento e la visibile stima che si leggeva
nell’intonazione di Haytham portò Connor ad alzare
un sopraciglio con fare curioso, mentre si spostava dalla sua posizione
notando che il padre stava tornando verso la camera da cui era uscito.
Connor lo seguì mentre il vecchio templare riprendeva gli
scalini uno a uno con più stabilità e
facilità di quando Connor avesse pensato suo padre potesse
invocare nelle sue condizioni.
“Che intendete dire?” chiese quando i due
arrivarono al piano superiore. Haytham si fermò
all’entrata della stanza che un tempo era di Achilles e senza
chiedere il permesso girò la maniglia entrando.
Connor sbiancò seguendo il padre e raggiungendolo in due
falcate all’interno della camera.
“Nessuno Vi ha dato il permesso di entrare qui!” lo
fulminò con voce e sguardo.
Haytham non sembrò ascoltarlo e Connor fu costretto a
strattonare il padre per una spalla per costringerlo ad ascoltarlo.
“Avete sentito ciò che Vi ho detto?”
“Achilles è morto Connor…”
gli disse l‘uomo, prendendo con delicatezza il polso del
ragazzo e allontanandolo dalla propria spalla. “non ha senso
tenere sigillata questa stanza. Questa dovrebbe essere la stanza del
mentore della confraterniata, la tua stanza Connor. Ma la
verità è che tu non sai quasi nulla di coloro che
ti hanno preceduto nel ruolo che ti sei imposto di prendere”
“Cosa..?” ma ancora una volta Haytham riprese
parola senza permettere una risposta al figlio
“Per prima cosa perché non porti qui Shay e lo
inviti a dirigersi nella stanza di Achilles? Posso scommettere che
arriverà qui senza che tu gli dica dove andare.”
“Cosa volete dire?” Connor cominciava a scambiare
quella sorta di irritazione nel vedere il padre a proprio agio nella
stanza di uno dei suoi peggior nemici, con una più marcata
preoccupazione per le parole che aveva appena ascoltato.
“Ogni cosa a suo tempo figliolo. Per prima cosa e bene che
Shay sappia che io sono ancora vivo. Averlo come nemico non
è cosa saggia. Portalo qui e ti spiegheremo alcune
cose”
Connor non si mosse. Rimase fermo in mezzo alla stanza, quasi senza
rendersi conto di quando il padre gli lasciò andare la presa
al polso per permettergli di scendere al piano inferiore.
“Beh che succede? Io ti aspetterò seduto qui. Su
forza… vai” agitò la mano il templare
andando a sedersi su una della poltrone posizionata vicino ad un tavolo.
“Non mi fido a lasciaVi qui dentro da solo”
Haytham si posizionò meglio sulla poltrona, una delle mani
andò involontariamente a riposare li dove la ferita ancora
si stava rimarginando.
“Connor, pensi davvero che io in questi giorni non sia mai
venuto qui dentro?”
Il ragazzo si irrigidì. Era stato uno stolto, aveva pensato
che suo padre non sarebbe riuscito a muoversi, oppure era solo che
voleva fidarsi di lui o ancora che semplicemente e ingenuamente Connor
non considerasse suo padre un nemico.
La realizzazione lo spaventò. E quel sentimento doveva
essere ben evidente sul suo volto anche in quella timida luce lunare
che entrava dalla finestre visto che Haytham si ritrovò a
sospirare rumorosamente.
“Rilassati Connor. Non ho nessuna intenzione di distruggere
ciò che hai creato dal suo interno. Ammetto di aver cercato
e trovato alcune informazioni qui dentro… ma non ho
intenzione di usarle contro di te se la cosa può farti stare
più tranquillo…”
“Come potrei fidarmi di un Gran Maestro Templare?”
chiese lui mettendo mani all’elsa del tomahawk legato alla
cintola.
“Nessuno te lo chiede infatti. Io ti chiedo di fidarti di tuo
padre” rispose l’altro, senza abbandonare lo
sguardo sul ragazzo di fronte a lui.
Connor sembrò riflettere per alcuni minuti, poi la mano
lascio l’elsa e il braccio tornò a distendersi
lungo il fianco. Ad Haytham comunque non sfuggì la mano
ancora stretta in un pugno.
“D’accordo” disse con un filo di voce il
ragazzo “ma se verrò mai a scoprire che state
seguendo degli scopi a beneficio dei templari, non fermerò
la mia mano”
Haytham si concesse un mezzo sorriso. “Non preoccuparti
figliolo. In questa mia seconda vita ho solo uno scopo”
Connor lo guardò “E
sarebbe…?” chiese.
“Te ne parlerò quando sarà il
momento”
“…questo non lo è?”
“Questo è il momento che tu vada a prendere Shay,
prima che riesca ad averla vinta sulla tua amica assassina”
“Non sottovalutare Aveline”
“E tu non sottovalutare Shay…”
Connor si strizzì, ma l’ultimo commento lo
convinse a girare i tacchi e a uscire dalla stanza e poi dalla villa
con più rapidità di quanto pensasse di avere.
Solo quando la porta della villa si chiuse alle spalle
dell’Assassino, Haytham si volse verso uno delle finestre da
cui si vedeva fin troppo bene la luna. La luce chiara gli illuminava il
grembo dove riposavano le sue mani. Le guardò notando come
avessero cominciato a perdere tono muscolare. Le mosse piano, quasi non
fossero parti del suo corpo e rimase per un attimo ad osservarne i
palmi.
“Se non ti confido il mio vero scopo Connor è
perche non mi crederesti…ma spero che tu Ziio, almeno
tu” pensò ripiegando, soltanto allora le dita in
pugni “ possa credere nei pensieri di questo vecchio corpo
scampato alla morte più volte di quanto abbia meritato.
L’unica cosa che voglio è poter essere il padre
che non ho potuto essere. Che ci possa riuscire o no, Ziio, questo non
so proprio dirlo…”
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