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Autore: ArashiStorm    21/07/2016    0 recensioni
[SPOILER per la fine di ACIII]
...Lo aveva perso, anzi lo aveva ucciso lui stesso, poco più di un mese fa. Le sue mani potevano dirsi ancora bagnate del suo sangue, anche se non solo del suo, perché insieme a quello di Haytham Kenway, dalla lama celata che teneva al braccio, colava anche il sangue, ben più odiato, di Charles Lee. E se non provava nessun pentimento per quell'ultimo omicidio, lo stesso non poteva dirsi del macigno che sentiva nel cuore per l'uccisione del padre. Soprattutto ora che, dopo la lettura del suo diario, era riuscito, forse, a capirlo anche se ancora non sapeva se sarebbe riuscito a perdonarlo...
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aveline de Grandpré, Connor Kenway, Haytham Kenway, Kaniehtì:io (Ziio)
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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What I aim for…


La residenza era immersa nel buio, ma gli occhi allenati di Connor non si fecero sfuggire la sagoma che sembrava aspettarlo appoggiata alla ringhiera a metà strada sulle scale.

“Padre! Che fate in piedi e fuori dal letto? Siete ancora convalescente.”

Haytham si raddrizzò, colpito nel vivo dal quel commento che lo faceva sembrare un vecchio moribondo. Scacciò comunque subito quel pensiero guardando Connor raggiungerlo dopo i primi scalini.

“Chi è?” chiese quando il figlio gli fu più vicino.

Il ragazzo si immobilizzò. Avrebbe dovuto immaginare che suo padre avesse notato il prigioniero alla stalla.

“Per farla breve…. un templare venuto a vendicarVi”

Haytham sembrò pensieroso. I due Kenway si guardarono per un lungo momento, Connor avrebbe giurato che non fossero passati più di 2 minuti da quando Haytham tornò a parlare, ma ad entrambi sembrò un istante lungo un giorno.

“Che hai intenzione di fare con lui?” chiese quindi senza distogliere lo sguardo dal figlio.

Era una bella domanda, la stessa che Connor avrebbe voluto fare al padre, per essere onesti. Ed infatti si ritrovò a ribattere proprio in quella direzione.

“Voi che fareste?”

“Non ti è stato insegnato che non si risponde ad una domanda con una domanda? A maggior ragione se è la stessa…”

“Non ho avuto un’educazione inglese” ribattè stizzito il giovane assassino, incrociando le braccia al petto.

“Non è questione di educazione inglese o meno, si tratta di educazione e basta…ma evidentemente Achilles aveva altro da insegnarti…”

“Avete intenzione di ritornare su quel discorso? Sapete bene che…”

Haytham alzò la mano che aveva tenuto sulla ferita per tutto quel tempo in piedi e bloccò sul nascere l’autocelebrazione della confraternita che sarebbe scaturita dalle labbra di Connor.

“D’accordo, d’accordo. Evitiamo! Piuttosto non hai pensato che non sia solo? Trovo davvero strano che un templare sia venuto nella tana del nemico da solo. Senza contare che scarseggi in previdenza se uno dei miei uomini ha trovato il vostro quartier generale con questa facilità.”

Connor non colse le varie accuse e frecciate sulle sue scarsi doti di leader, si limitò invece a uno sbuffò vigoroso, appoggiandosi con la schiena sulla ringhiera delle scale producendo un certo fastidioso rumore di legno piegato.

“Vi assicuro che è solo. Ho controllato personalmente ogni angolo della tenuta mentre Aveline lo teneva sotto controllo durante il tempo in cui era svenuto. L’unica cosa che è sospetta è una nave ferma al largo ma ho già mandato Mr Faulkner a indagare a bordo dell’Aquila.”

“Una nave? Un’attimo, quel templare…non sarà mica Shay?”

Connor squadrò il padre dalla testa ai piedi ma non fece cenno di muoversi dalla sua posizione.

“Dunque lo conoscete…”

“Shay Patrick Cormac…certo che lo conosco. Uno dei miei uomini migliori che ti dovrebbe essere di grande esempio.”

Quest’ultimo commento e la visibile stima che si leggeva nell’intonazione di Haytham portò Connor ad alzare un sopraciglio con fare curioso, mentre si spostava dalla sua posizione notando che il padre stava tornando verso la camera da cui era uscito.

Connor lo seguì mentre il vecchio templare riprendeva gli scalini uno a uno con più stabilità e facilità di quando Connor avesse pensato suo padre potesse invocare nelle sue condizioni.

“Che intendete dire?” chiese quando i due arrivarono al piano superiore. Haytham si fermò all’entrata della stanza che un tempo era di Achilles e senza chiedere il permesso girò la maniglia entrando.

Connor sbiancò seguendo il padre e raggiungendolo in due falcate all’interno della camera.

“Nessuno Vi ha dato il permesso di entrare qui!” lo fulminò con voce e sguardo.

Haytham non sembrò ascoltarlo e Connor fu costretto a strattonare il padre per una spalla per costringerlo ad ascoltarlo.

“Avete sentito ciò che Vi ho detto?”

“Achilles è morto Connor…” gli disse l‘uomo, prendendo con delicatezza il polso del ragazzo e allontanandolo dalla propria spalla. “non ha senso tenere sigillata questa stanza. Questa dovrebbe essere la stanza del mentore della confraterniata, la tua stanza Connor. Ma la verità è che tu non sai quasi nulla di coloro che ti hanno preceduto nel ruolo che ti sei imposto di prendere”

“Cosa..?” ma ancora una volta Haytham riprese parola senza permettere una risposta al figlio

“Per prima cosa perché non porti qui Shay e lo inviti a dirigersi nella stanza di Achilles? Posso scommettere che arriverà qui senza che tu gli dica dove andare.”

“Cosa volete dire?” Connor cominciava a scambiare quella sorta di irritazione nel vedere il padre a proprio agio nella stanza di uno dei suoi peggior nemici, con una più marcata preoccupazione per le parole che aveva appena ascoltato.

“Ogni cosa a suo tempo figliolo. Per prima cosa e bene che Shay sappia che io sono ancora vivo. Averlo come nemico non è cosa saggia. Portalo qui e ti spiegheremo alcune cose”

Connor non si mosse. Rimase fermo in mezzo alla stanza, quasi senza rendersi conto di quando il padre gli lasciò andare la presa al polso per permettergli di scendere al piano inferiore.

“Beh che succede? Io ti aspetterò seduto qui. Su forza… vai” agitò la mano il templare andando a sedersi su una della poltrone posizionata vicino ad un tavolo.

“Non mi fido a lasciaVi qui dentro da solo”

Haytham si posizionò meglio sulla poltrona, una delle mani andò involontariamente a riposare li dove la ferita ancora si stava rimarginando.

“Connor, pensi davvero che io in questi giorni non sia mai venuto qui dentro?”

Il ragazzo si irrigidì. Era stato uno stolto, aveva pensato che suo padre non sarebbe riuscito a muoversi, oppure era solo che voleva fidarsi di lui o ancora che semplicemente e ingenuamente Connor non considerasse suo padre un nemico.

La realizzazione lo spaventò. E quel sentimento doveva essere ben evidente sul suo volto anche in quella timida luce lunare che entrava dalla finestre visto che Haytham si ritrovò a sospirare rumorosamente.

“Rilassati Connor. Non ho nessuna intenzione di distruggere ciò che hai creato dal suo interno. Ammetto di aver cercato e trovato alcune informazioni qui dentro… ma non ho intenzione di usarle contro di te se la cosa può farti stare più tranquillo…”

“Come potrei fidarmi di un Gran Maestro Templare?” chiese lui mettendo mani all’elsa del tomahawk legato alla cintola.

“Nessuno te lo chiede infatti. Io ti chiedo di fidarti di tuo padre” rispose l’altro, senza abbandonare lo sguardo sul ragazzo di fronte a lui.

Connor sembrò riflettere per alcuni minuti, poi la mano lascio l’elsa e il braccio tornò a distendersi lungo il fianco. Ad Haytham comunque non sfuggì la mano ancora stretta in un pugno.

“D’accordo” disse con un filo di voce il ragazzo “ma se verrò mai a scoprire che state seguendo degli scopi a beneficio dei templari, non fermerò la mia mano”

Haytham si concesse un mezzo sorriso. “Non preoccuparti figliolo. In questa mia seconda vita ho solo uno scopo”

Connor lo guardò “E sarebbe…?” chiese.

“Te ne parlerò quando sarà il momento”

“…questo non lo è?”

“Questo è il momento che tu vada a prendere Shay, prima che riesca ad averla vinta sulla tua amica assassina”

“Non sottovalutare Aveline”

“E tu non sottovalutare Shay…”

Connor si strizzì, ma l’ultimo commento lo convinse a girare i tacchi e a uscire dalla stanza e poi dalla villa con più rapidità di quanto pensasse di avere.

Solo quando la porta della villa si chiuse alle spalle dell’Assassino, Haytham si volse verso uno delle finestre da cui si vedeva fin troppo bene la luna. La luce chiara gli illuminava il grembo dove riposavano le sue mani. Le guardò notando come avessero cominciato a perdere tono muscolare. Le mosse piano, quasi non fossero parti del suo corpo e rimase per un attimo ad osservarne i palmi.

“Se non ti confido il mio vero scopo Connor è perche non mi crederesti…ma spero che tu Ziio, almeno tu” pensò ripiegando, soltanto allora le dita in pugni “ possa credere nei pensieri di questo vecchio corpo scampato alla morte più volte di quanto abbia meritato. L’unica cosa che voglio è poter essere il padre che non ho potuto essere. Che ci possa riuscire o no, Ziio, questo non so proprio dirlo…”





 







  
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