Sharper than a knife [Tywin-Arya]
La
paura uccide più della spada. Ma lei non aveva
paura di lui, questo non era in discussione: quegli occhi glaciali non
le
davano i brividi, i suoi lineamenti fieri non significavano niente per
lei.
Avrebbe affondato il suo pugnale in quella schiena larga più
e più volte, fino
a imbrattare il tavolo, le mappe e le carte di guerra.
Pugnalare
la schiena. Arya ci rifletté un attimo:
solo i codardi colpiscono alla schiena, i codardi e gli assassini.
Syrio non le
aveva insegnato ad attaccare di spalle l’avversario e men che
meno gliel’aveva
detto Jon; se avessero potuto leggere la sua mente, si sarebbero assai
vergognati di quel suo pensiero.
Arya
non era una codarda e di certo non uccideva per
denaro: no, avrebbe ucciso il vecchio leone trafiggendogli il cuore,
guardando
la vita svanire da quegli occhi terrificanti, osservandolo mentre
esalava il
suo ultimo respiro. Solo allora si sarebbe sentita soddisfatta, solo
allora
avrebbe potuto cancellare il suo nome dalla lista.
Ma
Tywin Lannister non era un avversario da sottovalutare.
Quando si muoveva per la stanza, le persone attorno a lui si fissavano
l’un
l’altro, nervose, in attesa di scoprire chi di loro sarebbe
finito tra gli
artigli del leone. Era un uomo duro, su questo non c’era
alcun dubbio. Duro e
pericoloso.
Per
quanto Arya non volesse ammetterlo, anche lei
non era immune alla presenza del lord di Casterly Rock: ogni volta che
il suo
sguardo si posava su lei le mancava il fiato e la sua mente
ripercorreva
febbrilmente ogni sua azione, per scoprire se aveva commesso un errore,
tralasciato un piccolo dettaglio che avrebbe fatto scoprire la sua vera
identità.
Non
poteva permetterselo, non doveva più indugiare.
C’erano sere in cui il lord leone era più stanco
del solito, notti che passava
seduto di fronte al fuoco, lo sguardo perso nella fiamma, mentre lei,
zitta
zitta, sparecchiava la sua cena e si affaccendava a sistemare le sue
stanze.
Momenti
in cui la sua mano poteva facilmente
scivolare su una lama e agire di conseguenza. Ma non lo faceva: il suo
sguardo
accarezzava il coltello senza far nulla per prenderlo, contemplando le
sue
mille possibilità senza compierne alcuna. La sua mente si
riempiva di “se” e
ipotetici futuri, fughe, duelli, corse per i boschi, verso casa. Ma la
sua mano
rimaneva ferma.
Ogni
tanto lanciava uno sguardo fugace al lord
protettore dell’Ovest. Ogni tanto i suoi occhi di ghiaccio la
bloccavano sul
posto: occhi freddi, più affilati di qualsiasi lama. Occhi
che uccidevano.
Lei
chinava il capo come qualsiasi brava servetta
avrebbe fatto e si affrettava a sparecchiare. E mentre lasciava le
stanze con
il vassoio della cena ormai consumata il suo sguardo si posava ancora
su quella
lama, osservava come brillava alla luce delle torce e si ripeteva
“la prossima
volta, la prossima volta”.
Ma
la sera, prima di addormentarsi, nel pronunciare
ancora il nome di Tywin Lannister si sentiva inspiegabilmente
sollevata.
Odiandosi per questo, si raggomitolava nel suo pagliericcio e ripeteva
quella
familiare cantilena.
“La
prossima volta, la prossima volta”.
|