14
-Qui
va bene?-
-No,
troppo lontano-
Davide
arrancava nella sabbia, sentendo i granelli che si infilavano
fastidiosamente
nelle scarpe, con in spalla due borse, e infilato fra la spalla e il
gomito
l’ombrellone che avrebbe dovuto montare.
Francesca,
qualche metro più avanti, decideva il posto dove montarlo.
-Qui-
decretò, indicando un punto nella sabbia.
Il
sole delle dodici e mezza sbatteva pericoloso e cocente sulle spalle
dei due,
invogliandoli a sbrigarsi.
Lui
lasciò cadere a terra tutto, poi piantò nella
sabbia il palo.
Qualche
minuto dopo, Davide era steso beatamente in santa pace su un
asciugamano lungo,
col petto scoperto, un cappello messo a caso sul volto. Gli occhi verdi
chiusi,
al riparo dai raggi invadenti e le braccia dietro la nuca. Il petto si
alzava e
si abbassava regolare, e dal respiro tranquillo che si percepiva sotto
il
cappello, si poteva presumere che stesse dormendo.
La
ragazzina bionda lo osservava attenta, spalmandosi quintali di crema
sulle
spalle e sulle braccia.
Si
alzò in piedi e gli si avvicinò. Il cappello
venne sollevato e la luce intensa
del sole penetrò le sue palpebre chiuse, inducendolo a
lamentarsi.
Un
gemito debole seguì questa azione.
-Cappello-
riuscì a dire, riparandosi con gli occhi.
-Tu
niente crema?- domandò lei.
-No.
Dammi il cappello- mugugnò, allungando la mano per
riprenderselo.
Lei
glielo concesse, poi si sedette su un asciugamano accanto, finendo di
mettersi
la crema. Davide voltò leggermente il capo a destra, nella
sua direzione, e
schiuse un occhio, senza farsi notare. Le sue mani, piccole da ragazza,
si
incrociavano e scorrevano sulla sua pelle; era ancora più
liscia e morbida di
quanto non lo fosse già prima.
-Non
sarà troppa?- domandò con voce roca.
-Non
voglio bruciarmi. Che non sai quante estati è successo.
Stavolta non mi faccio
fregare- rispose mentre seria e tutta concentrata procedeva a
proteggersi anche
il petto e la pancia.
Lui
la osservò. Senza vestiti, solo col costume, quel pancione
si metteva in bella
mostra e già qualche persona lì vicino la
osservava curiosa.
Il
ragazzo non gradì che la guardassero tutti, anche
perché sapeva che era di
questo che lei si vergognava.
Era
molto buffa però, con quelle spalle piccole, il corpo esile
e le belle gambe
lisce, e poi a stonare quel pancione enorme che non c’entrava
nulla col resto.
Finì
di spalmarsi la crema e gettò il tubetto verso
l’ombrellone.
-Hai
intenzione di rimanere qui a dormire?-
-Sì-
-Pigro-
-Lasciami
in pace-
-Se
volevi dormire potevamo restare a casa- disse, cercando di invogliarlo
ad
alzarsi.
-Vai
a farti un bagno- replicò mezzo stizzito, mezzo divertito.
La
bionda si alzò sulle ginocchia, sovrastandolo.
-Non
so in che senso l’hai detto, comunque...-
Si
alzò in piedi e camminò verso la riva.
Lui
alzò il cappello solo per assicurarsi che se ne fosse
andata, poi lo calò di
nuovo e riprese a dormire.
Francesca
marciava, mezz’ora o forse più tardi dopo, verso
l’ombrellone saltellando di
tanto in tanto per via della sabbia ardente. Quando arrivò a
destinazione si
inginocchiò sull’asciugamano accanto a quello del
ragazzo. Quello non si era
mosso di un millimetro, pensò rassegnata lei, scuotendo la
testa. Si scostò i
capelli biondi tutti bagnati dalla spalla, portandoli
sull’altra, e provò a
pettinarseli. Vedendo che ne ricavava solamente le mani bagnate e
capelli che se
ne venivano via, decise di sfruttare questo effetto. Raccolse con le
mani
l’acqua che stillava dalle ciocche e che le colava sulle
spalle. Poi, prima che
evaporasse, provò a svegliare il ragazzo.
Con
la mano destra bene aperta risalì sul torace di lui.
Al
contatto con la mano fredda, e soprattutto inaspettata, il ragazzo
sobbalzò,
ritirando la pancia, ma non riuscì a fermarla.
Sedendosi
più comoda sull’asciugamano accanto, e sorridendo
furba, compiaciuta di averlo
infastidito, salì più su. Percorreva veloce e
allo stesso tempo indugiando sui
lineamenti tutto il torace. Ma non le bastò: la mano
salì anche sul viso,
privandolo del cappello e spalmandogli l’acqua salata
dappertutto, sul naso,
sulla fronte, sulle labbra.
Finito
il suo lavoro in poco più che tre secondi, lei
ritirò la mano, mordendosi un
labbro curiosa della sua reazione.
Davide
aprì gli occhi e stupito, meravigliato di quel gesto si
tirò lento a sedere.
Osservò schiudendo la bocca la ragazzina.
Lei
però riprese a pettinarsi i capelli.
-Perché
guardi me? È stato un cane- si difese. Ma si
tradì allo stesso tempo con un
sorriso furbo che le spuntò sulle labbra l’attimo
dopo.
-Ah
un cane?- commentò scettico lui, iniziando ad alzarsi,
rinunciando ormai al
sole.
-Sì
un cane- rispose lei, ma nello stesso tempo si alzò,
divertita e fintamente
spaventata.
-Non
dovevi farlo- fece il ragazzo, prima di inseguirla sulla sabbia,
ignorando le
sue proteste.
Correvano
come pazzi sulla sabbia cocente, incuranti delle pietre che trovavano.
Davide
la costrinse a scappare sulla riva, dove l’acqua bagnava le
caviglie. La
rincorse per mezza spiaggia, ma lei non accennava a fermarsi.
-Fermati!-
le gridò dietro, divertito, accelerando per afferrarla.
-Mai!
A costo di buttarmi in acqua!- gli rimandò la ragazza, ma
ormai stava per
essere raggiunta.
Il
ragazzo la spinse a rifugiarsi dove cominciavano gli scogli, dove era
pericoloso tuffarsi.
Ad
un certo punto con uno scatto improvviso riuscì a fasciarle
con una mano la
vita. Era difficile tenerla ferma, così usò anche
l’altra mano, imprigionandole
le spalle e sollevandola da terra.
-Lasciami!-
gridò protestando la ragazza.
Ma
non aveva speranze contro la presa ferrea delle braccia forti del
ragazzo.
Davide
la sollevò di più centimetri, facendola oscillare.
-Vuoi
farti un bagno?- le domandò, accennando al mare sotto gli
scogli.
-No
Davide!- gridò preoccupata –Non buttarmi!-
Lui
scherzò, facendo finta di lanciarla e facendola aggrappare
per questo ancora di
più a sé.
-No!
Non fare lo stupido! Non mi lasciare!-
Davide
rise al suo orecchio, tenendola più forte.
-Non
ti lascio. E chi ti lascia?- domandò divertito ma con voce
bassa.
-Se
mi fai cadere...- minacciò la bionda.
-Oh
tranquilla...- disse parlando al suo orecchio, ansimando per la corsa
-...non
ti faccio cadere-
-Non
farmi cadere- lo pregò stavolta con voce più
calma.
-Non
ti faccio cadere- ripeté paziente.
Ora
entrambi riprendevano fiato, stanchi per la corsa di prima, ansimando
l’una
stretta all’altro.
Davide
la fece scendere piano piano giù, permettendole di poggiare
i piedi a terra, ma
non si allontanò.
-Perché
non esci un po’, quando sei a casa?- le domandò
piano all’orecchio.
Francesca
sospirò, voltandosi di poco per cercare i suoi occhi.
-Mi
vergogno- confessò.
-Qui
non ti vergogni?-
-Qui
non c’è nessuno di importante. Nessuno che
conosco- rispose sincera.
-Sei
contenta?- le domandò, ancora abbracciato alla sua schiena.
Lei
sorrise e ci pensò su prima di rispondere.
-Nemmeno
a sognarlo avrei immaginato che mi portavi qua-
Rimasero
in silenzio.
Davide
non voleva sciogliersi dall’abbraccio, aveva il corpo bagnato
dall’acqua che si
appiccicava al suo come incollato. Poi aveva una grandissima voglia di
accarezzarla, ma doveva trattenersi. Doveva.
Francesca
era appoggiata al suo torace e sentiva che, al contrario del suo, era
liscio,
magro e forte; inoltre era caldo, lui.
-Come
sei caldo...- disse, chiudendo un attimo gli occhi.
Il
ragazzo arrossì, poi la bionda aggiunse
-Ma
quanto tempo sei stato come una lucertola?-
Per
non cadere sconfitto dovette ribattere.
-E
tu in acqua? Sembri una tartaruga...-
Un
colpo all’altezza del ventre lo fece piegare in due, ma non
la lasciò andare.
Rise
divertito e aggiunse
-Sei
tutta bagnata...-
Lui
non aveva intenzione di lanciarle il doppio senso, ma non essendo
sciocca e
ingenua lei lo colse benissimo. Colse sia il doppio senso, sia un
rossore
eccitato che le salì dal ventre fino alle guance, facendole
arrossare.
Di
conseguenza, sorpresa da quella nuova sensazione, si sciolse dalla sua
stretta
e lo guardò. Il lanciatore della battuta si era reso conto
troppo tardi della
situazione estremamente equivoca che aveva creato, ma non gli era
rimasta
indifferente. Anzi, il familiare calore e l’eccitazione
improvvisa che lo
coglieva alle spalle da un po’ di tempo lo assalirono
scorretti.
Se
nella ragazza si erano tradotti nel rossore delle sue guance,
evidentissimo
peraltro, in lui si manifestavano in modo un po’meno
giustificabile.
Infatti
per non essere colto sul luogo del delitto, le sorrise e si
tuffò dallo scoglio
in acqua.
Il
mare freddo e congelato, per lui che era riscaldato e arrostito anche,
furono
uno shock tremendo. Infatti riemerse annaspando e scrollandosi i
capelli dal
volto mentre brividi violentissimi lo scuotevano, e stavolta non erano
causati
dall’eccitazione purtroppo.
Francesca
lo osservò stupita nuotare, immergersi e tornare su e poi
guardarla divertito.
-Sei
pazzo!- gli gridò dallo scoglio, e tornò
all’ombrellone.
Quando
Davide la raggiunse, più tardi, i suoi spiriti bollenti e
traditori erano ormai
sepolti. Afferrò un asciugamano e iniziò a
strofinarsi il petto e i capelli per
asciugarsi. La ragazza si spostò all’ombra e
iniziò a cercare nelle borse
-Ho
fame. Ma fame non di cracker, ho fame proprio di brutto-
Lui
posò l’asciugamano e ancora grondante acqua si
infilò all’ombra.
-Lo
so, lo so che sei ingorda, perciò...- schivò un
pugno che lo stava per centrare
ed estrasse una grande ciotola. L’insalata di riso venne
girata e versata in
due piatti.
-Buon
appetito-
Francesca
addentò il suo pasto affamata, manifestando il suo
apprezzamento.
-Se
io fossi una donna ti sposerei solo perché cucini come un
dio- disse,
continuando a ingoiare cucchiaiate di riso e sottaceti.
-Perché,
te non sei una donna?- chiese il ragazzo, con la bocca impastata di
cibo.
-No,
io sono una ragazzina. E non ci tengo ad essere donna-
Doveva
sempre averla vinta, pensò rassegnandosi lui, e non
replicò.
Qualche
minuto, secondo o forse ora dopo, la ciotola di riso si era estinta per
i suoi
tre quarti, e la bionda ragazzina stava seduta, appoggiata alle borse
per
crearsi uno schienale, e con una penna si cimentava a risolvere un
gioco di
qualche rivista.
Davide
avrebbe potuto essere morto, per quanto il suo respiro era fioco. Era
tornato a
sdraiarsi sull’asciugamano come una lucertola, beandosi dei
raggi del sole che
picchiavano e infastidivano gli altri bagnanti. Stavolta
però era messo a
pancia in giù, sempre però col cappello a
coprirgli la nuca, e teneva gli occhi
chiusi. Francesca gli lanciò un rapido sguardo, preoccupata.
-Davide?-
lo chiamò.
-Eh?-
ribatté lui, senza muoversi.
-Ma
sicuro che non ti fa male tutto stò sole?-
domandò lei, avvicinandosi.
-No-
rispose atono.
-è
da quando siamo arrivati che te ne stai al sole. Vieni un po’
all’ombra-
-Sembri
mia madre- le disse sperando di farla arrabbiare e desistere.
Ma
non successe, perché lei invece cercò la crema
solare e gliela lanciò vicino,
sollevando sabbia.
-Mettiti
la crema, che poi ti scotti-
Al
che lui, irritato perché stava interrompendo il suo sonno,
alzò la testa.
Il
cappello gli cadde involontariamente sulla testa, come se
l’avesse infilato.
-Io
non mi scotto, mi abbronzo! Non come te, che hai la pelle
più bianca del latte-
disse, stavolta esagerando per farla arrabbiare; il sonno era il
momento in cui
non voleva essere disturbato e se non riusciva a dormire diventava
irritabile.
La
bionda si indispettì seriamente a quelle parole, e gli
scoccò uno sguardo
irritato.
-Vaf******o-
gli rispose, scontrosa, riprendendo a leggere.
Soddisfatto
di aver ottenuto la pace, lui sorrise, si sistemò il
cappello e chinò la testa.
Appoggiò la guancia contro l’asciugamano e chiuse
gli occhi. Chissà se avrebbe
potuto dormire un po’.
Secondo
il suo telefonino ben custodito nella borsa, erano le cinque passate.
Francesca
decise che era troppo anche per lui e che infondo non poteva essere
così
perfida da lasciarlo cuocere al sole. Perché in effetti,
secondo lei, a mettere
un po’ di carne sulla sua schiena si poteva fare una bella
grigliata.
Così
gattonò sulla sabbia finché non arrivò
a lui, poi lo scosse leggermente. Ritrasse
la mano per quanto era caldo.
-Svegliati!-
gridò.
Lui
storse il naso e si mosse un poco. Poi si girò sul fianco,
stropicciandosi un
occhio.
-Che
ore sono?- domandò assonnato.
-Le
cinque. Tu devi essere matto, e ora vieni all’ombra- lo
tirò di peso a sedersi
sulla sabbia fresca. Il ragazzo contrariato osservò il mare,
col vento che gli
scompigliava i capelli. La bionda gli guardò la schiena, e
scosse la testa.
-Che
hai fatto fin mo?-
-Mi
sono rotta- rispose, ancora arrabbiata per prima.
Davide
se ne accorse e sorrise, cercando di abbracciarle la testa.
-E
dai, sei ancora arrabbiata?-
-Puoi
tenertele le tue scuse. E vaf******o- si scansò, indossando
la maglietta.
Ancora
inebetito dal sonno, non calcolò bene la misura della
strafottenza inserita
nella sua affermazione.
-Perché
ti metti la maglietta? Ti vergogni? E chi ti deve guardare?-
Normalmente
non era così con lei, ma quel pomeriggio sembrava aver
scordato quanto poteva
diventare pericolosa la bionda se ci si metteva. Lei lo
fulminò con lo sguardo,
assottigliando le palpebre.
-Aspetta
e vedrai, lucertola del ca**o- gli sibilò.
Vedendo
che non c’era possibilità di perdono, lui si
alzò e si infilò la sua, di
maglietta. Poi raccolse le cose.
-Dai
andiamo, che si fa troppo tardi poi-
La
porta si aprì, lasciando entrare una ragazzina irritata e
con il broncio. Lei
andò in camera da letto, si spogliò dei vestiti e
subito prese possesso del
bagno, gridando
-Prima
io la doccia!-
Davide
entrò molto dopo, trascinando le borse, tutto carico. Le
lasciò cadere brutalmente
a terra e chiuse la porta. Sentendo lo scroscio dell’acqua
immaginò che ci
fosse lei sotto la doccia. Anche lui si spogliò della maglia
e delle scarpe
tutte insabbiate.
Dio
ma che schifo, pensò guardando la casa, devastata come da un
tornado. Ora gli
toccava pure farci venire sua madre a pulire.
Che
seccatura.
Avvertiva
un certo pizzicore alle spalle, ma preferì non badarvi e
dedicarsi invece a
rimettere a posto abiti e borse.
Dannato
me e il giorno che mi è venuta in mente st’idea,
pensò.
Francesca
uscì poco dopo dal bagno, avvolta in un accappatoio bianco;
frizionandosi i
capelli avanzò nella camera alla ricerca dei vestiti, quando
la testa del
ragazzo sbucò da dietro la porta.
-Posso
fare io?- domandò col tono più gentile possibile.
-Suppongo
di sì- rispose lei, che era tutta impegnata ad esaminare la
biancheria intima a
sua disposizione; poi gli gettò un’occhiata e
alzò un sopracciglio.
Che
bella tonalità, pensò. Rosa e sfumato rosso,
sorrise celando il movimento delle
labbra.
Sentì
scendere il getto della doccia, e sorrise, pronta alla prossima scena.
Per
un po’ procedette tutto normalmente, finché il
getto non terminò. Davide
indossò i jeans, e poi fece per infilarsi la maglia.
Un
grido di dolore echeggiò per la casa. La bionda, ormai
vestita, si precipitò di
là, ma non era preoccupata; aveva invece un bel sorriso
sulle labbra.
Davide
uscì dal bagno lentamente, con solo i jeans addosso.
Camminava
rigido, con passo buffo.
Vedendolo
lei scoppiò a ridere forte, appoggiandosi al divano.
-Non
ridere- le sibilò lui, irritato e rosso anche in faccia,
oltre che sulle
spalle.
Dopo
che si fu sfogata, lei, totalmente dimentica della rabbia, gli fece il
verso.
-Io
non mi scotto, mi abbronzo. Io ho la pelle mediterranea, mica come te
che ce
l’hai più bianca del latte- lo canzonò
facendo smorfie.
-Ben
ti sta, cretino!- rise ancora.
Umiliato
e con, peggio ancora, le spalle bruciate e doloranti, il ragazzo fu
costretto a
supplicare.
-Francesca
ti prego...- disse, con sguardo invitante.
Ma
lei scuoteva la testa, sorridendo e mordendosi il labbro, godendosi la
vendetta.
-...per
favore. Ti prego dai...- inclinò il capo a destra, le spalle
alzate per non
procurarsi dolore.
-Ripetilo-
disse la bionda, scendendo dal divano e avvicinandosi.
-Ti
prego. Sono un co*****e. Ti prego-
Questo
parve bastarle, e preferì non umiliarlo oltre;
andò di là a prendere un qualche
cosa che potesse andar bene contro le scottature, pensando che
però
gliel’avrebbe fatta pagare per quella frecciatina. Dopotutto,
non poteva
lasciarlo andare così.
Tornò
in camera con la crema, e lo trovò sul letto, seduto al
bordo.
Si
teneva le mani sulle ginocchia e la aspettava facendo smorfie.
Lei
chiuse la porta e avanzò verso di lui.
-Che
roba è?- domandò il ragazzo.
-Boh.
L’ho trovata nello scaffale- rispose, poi voltò il
tubetto e lesse l’etichetta.
Salì
anche lei sul letto, inginocchiata e continuando a leggere si mise alle
sue
spalle.
Constatando
che almeno gli avrebbe dato un minimo sollievo, stappò il
flacone.
Maliziosa,
gli poggiò le mani sulle spalle.
-Mi
dica dove ha male- disse, apposta provocante.
-Smettila-
disse lui -e muoviti, ho male sul serio-
-Ah
come sei impaziente- sorrise, reggendosi la commedia.
Sospirò
e si versò un po’ del gel sulle mani.
Ma
ora doveva vendicarsi. Fece comparire sul volto un ghigno che non
preannunciava
nulla di buono.
-Allora,
qui ti fa male?-
Gli
sbatté una manata fortissima fra le scapole, proprio nel
mezzo, e Davide si
ficcò una mano fra i denti per non imprecare pesantemente.
Sobbalzò,
scansandosi e sentendola ridere si voltò.
-Ma
sei matta?- alzò la voce, dolorante. Lei lo
guardò negli occhi.
-Ah
scusa, era qui- sempre fissandolo gli batté una mano sulla
spalla destra.
Lui
stavolta non si trattenne e disse una parolaccia ad alta voce,
allontanandola o
almeno provandoci.
-Str***a-
le sibilò, massaggiandosi la spalla, ora ancora
più rossa.
Francesca
si portò vicinissima al suo viso.
-Che
hai detto?-
E
mentre lo diceva, gli prese un lembo di pelle fra pollice e indice,
storcendolo. Lui gemette di dolore, ma lei non smise.
-Che
hai detto? Ripetilo!-
-Scusa
scusa scusa!- si affrettò a dire, sfuggendo la sua presa.
Quando
lo lasciò andare la osservò imbronciato.
-A
questo punto faccio da solo. Non mi serve un’assassina-
commentò. Lei di nuovo
gli afferrò una spalla, e sempre rimanendo dietro di lui gli
parlò vicina alla
sua bocca.
-Non
è colpa mia, cretino. Io te l’avevo detto che ti
bruciavi- disse infastidita prima
di allontanarsi del tutto e scendere giù dal letto.
Notando
che non voleva aiutarlo, lui accettò di supplicarla.
-Francesca
ti prego...- disse. Poi colto da un improvviso lampo di ispirazione,
aggiunse
-Ho
bisogno di te-
La
bionda si voltò a metà strada, le mani ancora
sporche di crema. Sogghignò e si
morse un labbro, seria.
-Cretino-
disse, ma risalì sul letto.
Stavolta
accettò di spalmargli la crema sulle spalle e sulla schiena,
anch’essa
abbondantemente rossa.
Le
sue piccole mani si sfregavano contro la pelle arrossata, appoggiandoci
sopra
la crema.
-Ti
faccio male così?- domandò con tono totalmente
diverso da prima.
-No-
rispose inespressivo il ragazzo.
Davide
in realtà aveva notato il cambiamento del tono, e lo si
poteva notare anche nei
gesti.
Se
prima i suoi schiaffi gli avevano fatto una male infernale, ora le sue
carezze,
anche se non dettate dall’affetto, lo rilassavano.
E
di nuovo, a tradimento, quella sensazione lo assalì; lui,
senza difese, si
lasciò conquistare.
Non
era proprio il momento adatto di eccitarsi, pensò. Non con
lei così vicina e
con le mani che lo accarezzavano... Dio.
L’aveva
pensato ormai.
Sentì
l’adrenalina crescere e salire più su, eccitata
dalle sue carezze. Che poi in
realtà non erano carezze, ricordò a se stesso,
gli stava solo spalmando la
crema. Solo una maledetta stupidissima crema, e Dio, lo stava facendo
impazzire.
Francesca
percorreva diligente tutta la linea della spalla, dei muscoli, dei
lombi.
Caspita, pensò arrossendo. Aveva delle spalle larghe e
forti; non voleva far la
provocante, ma mentre faceva lentamente salire la mano da sotto verso
sopra non
poté evitare di arrossire per quanto stava facendo e
perché le piaceva, in
fondo. Certo non poteva sapere che il ragazzo, dall’altra
parte, si mordeva un
labbro a sangue per non lasciarsi sfuggire il minimo fiato.
Perché se avesse
avuto la libertà di parola, i suoi gemiti sarebbero stati
estremamente
convinti.
Cavoli,
non poteva più nascondersi ormai, anche lui
l’aveva capito. Quella bionda
testarda gli piaceva; e gli piaceva da morire.
Ma
non poteva, non doveva azzardarsi a sfiorarla, per via di quel bambino,
del
loro rapporto stabile, della sua situazione, di quello che aveva fatto
per lei
e non voleva venisse frainteso. Chiuse gli occhi, si inclinò
leggermente all’indietro
poggiandosi al materasso con le mani.
-Francesca?-
la chiamò con voce roca.
-Sì?-
rispose lei.
-Sei
ancora arrabbiata?- domandò.
Lei
sorrise e lui poté benissimo intuire, nel silenzio, il
movimento delle sue
labbra che si stiravano e si sentì più rilassato.
Non gli piaceva litigare con
lei, e come se non bastasse farlo era estremamente stancante.
-Diciamo
che ho avuto la mia vendetta- replicò, mordendosi un labbro
e non dandogliela
vinta.
Finì
di massaggiare le spalle, mettendoci su altra crema, e poi si
lasciò andare,
sedendosi sul letto.
Era
finito troppo presto, pensò Davide, ma comunque si
alzò in piedi.
-Grazie-
-Figurati.
Ora- si alzò e lo stese, letteralmente, sul materasso a
pancia in giù –tu stai
fermo. Te lo faccio io il mangiare-
Era
inutile ribattere, perciò il ragazzo si accomodò
sul materasso, tirando a sé il
cuscino e chiudendo gli occhi. Gli sembrava una cosa gentile da parte
sua,
forse un modo per farsi perdonare. O forse, ipotizzò
l’attimo dopo, un
tentativo di omicidio.
Nel
tempo che lei stette in cucina a preparare la cena, lui
rifletté su quella
strana attrazione sbocciata repentina e prorompente negli ultimi mesi.
Perché?
Ci
pensò sopra.
All’inizio
lei era scontrosa con lui, lo considerava uno sfigato; non voleva che
entrasse
nella sua vita, e ricordò come, quasi ingiustamente, lui
avesse sbirciato e
cercato per forza di capirne qualcosa. Voleva solo capirla. Lei era
forte,
coraggiosa e non si faceva spaventare. Con le persone nuove era timida
e
rispettosa, ma se stuzzicata si accendeva all’istante, con
risultati
disastrosi.
Molto
volubile, negli ultimi tempi assieme al suo comportamento
più rilassato e
gentile c’erano sempre quegli sbalzi d’umore. Forse
erano solo tipici della sua
età, dopotutto aveva solo sedici anni.
Sedici
anni... quasi diciassette. Caspita, cinque in meno di lui.
Forse
erano troppi. Però non gli era mai capitato di essere legato
ad una donna...
pardon, ad una ragazza, in quel modo. Loro due, uniti da quel segreto
che ormai
era cresciuto nella sua pancia, accettato a fatica ma portato avanti
col suo
aiuto. Poi suo padre, quel nodo della sua vita che non voleva
sciogliere, e
adesso manteneva anche con lui un rapporto migliore di prima. Prima,
all’inizio, l’aiutava perché si sentiva
responsabile di quel bambino e della
sua situazione. Da un po’ di tempo, forse da quando aveva
scoperto la sua
situazione familiare, perché sentiva un certo affetto verso
di lei. Insomma, le
voleva bene.
Nel
frattempo della sua riflessione, forse si era anche addormentato un
po’, ma
venne prontamente risvegliato da uno scrollone.
-Buon
appetito-
Davide
si alzò sui gomiti e si sedette sul letto; la bionda gli
aveva portato un
piatto di quella che voleva essere della semplice pasta al sugo.
Ma
l’odore non lo convinceva.
-Sono
quattro mesi che ti guardo cucinare ogni giorno. Qualcosa
avrò imparato- disse,
in attesa di un suo giudizio.
Esitante
non voleva assaggiare, ma notando la sua espressione fiduciosa e
ansiosa
preferì tentare. Nel peggiore dei casi, sarebbe morto
avvelenato.
Così
infilò la pasta fra i denti della forchetta, bagnandola col
sugo, e se la
infilò in bocca.
La
prima cosa che notò furono i suoi denti che cozzarono contro
le penne. La pasta
non era cotta bene.
Per
secondo, quel sugo era...grumoso, bruciato (e il sapore ne risentiva
parecchio)
e i pomodori, forse acidi, coronavano il tutto.
Masticò
lentamente e ingoiò.
-Com’è?-
domandò curiosa la ragazzina.
-Beh...-
immaginò che la espressione forzata facesse dedurre che non
era un piatto da
cinque stelle, così disse la verità.
-Forse
i pomodori non erano buoni...- cominciò, evasivo.
-Cioè?
Fa schifo?-
-No!
beh...- alzò un sopracciglio ma si impose di non rispondere.
-Insomma
ti piace sì o no?- domandò lei incrociando le
braccia al petto.
Davide
non rispose, perché non voleva litigare ancora; infondo
avevano appena fatto
pace e non ci teneva a vederla ancora col muso.
La
bionda iniziava a scaldarsi, e per evitare l’esplosione lui
le imboccò un po’ del
suo piatto.
-Assaggia
tu-
Francesca
masticò la pasta, aggredendola a morsi, ma svanito
l’entusiasmo iniziale la sua
espressione mutò da furiosa a disgustata. Ingoiò
anche lei a forza la
forchettata.
Poi
non disse nulla, sapendo di essere in torto, e non lo guardò.
-Forse
c’è rimasta un po’ di insalata di riso-
propose.
-E
speriamo- commentò lui.
Grazie ai preferiti, a
chi legge soltanto, e a chi recensisce. Oh certo, e anche a chi "segue"
la storia.
thatsamore: temo che per
la nascita bisognerà attendere un altro po'. E... ti
ringrazio ma sono un ragazzo.
FeFeRoNza: dunque...
ebbene sì,
Davide l'ha portata a mare, ma sarà stato forse per evitare
la
distruzione del suo appartamento in caso che Francesca si fosse
annoiata di nuovo? Beh, a noi piace pensare che lui l'abbia fatto per
lei, no?
Il Davide Fan Club non
è cosa
fattibile, e ti dico subito perchè: non credo che Francesca
sarebbe molto entusiasta di avere delle rivali... e sai, potrebbe
"annoiarsi" di nuovo e io non garantisco alcuna incolumità...
Jiuliet: Salve. ....ma
come fai? Guarda, è incredibile. Io sospetto che tu sappia
leggere il pensiero.
Come fai a capire ogni
santa volta
quello che voglio esprimere? Francesca contemporaneamente ragazzina e
donna. O meglio, una ragazzina che non vuole essere una donna ma
è costretta a diventarlo troppo in fretta. Sì,
credo che
loro siano una famigliola, come dici tu, ma non se ne rendono conto. O
forse, lo sanno ma non vogliono ammetterlo. Ma certo che li meriti i
complimenti.
vero15star: che bella
recensione.
Sai...non c'è alcun bisogno che tu mi faccia una statua (e
non
me la merito affatto) perchè mi basta già tutto
quello
che mi hai detto. è vero, anche io spesso leggendo trovo
come
dici tu "finali scritti in fretta,conclusioni banali,capitoli futili" e
io credevo di non esserne immune. Sapere che la mia storia ti prende
così tanto da cambiare piega al tuo pomeriggio
è...
bello. Ho cercato di metterci il meglio di me, e sapere questo che mi
scrivi mi gratifica molto.
Cercherò di
scrivere ancora capitoli veri anche solo per ringraziarti.
MissQueen: ciao
Valentina! Mi spiace
se t'ho fatto attendere troppo. Per la verità, ho cercato di
far
del mio meglio con tutta la storia e se questo traspare leggendo i
capitoli è un bel traguardo. Felice d'averti fatto felice.
Naturalmente anche Davide spera che l'attrazione prima si concretizzi,
e poi diventi altro...ma ci sono un bel po' di cose da risolvere
ancora! "E poi te hai questa capacità di fare vedere le
scene al
lettore"... oh dannazione, tu vieni da Firenze?
Beh, se non altro,
facendoti 'vedere'
le scene, ti risparmio i soldi per il cinema... sto sicuro che tu dica
la verità, tranquilla. Non m'hai annoiato.
Marty McGonagall: ciao
Martina! Io
imploring di non chiamarlo mai 'Davidino' per piacere... trovane un
altro ma non questo... L'incontro con Damiano è stato strano?
No, tu dimmelo sempre se
sbaglio
qualcosa... sei o non sei una betareader? Se sbaglio fammelo notare,
altrimenti come imparo campando solo di complimenti?
Eh... se 'Fra' l'avesse
sentito...
mmm, difficile immaginare che sarebbe successo. No, certo che non
è male essere smielosi, credo... basta non eccedere. E poi,
tu
che hai inventato la parola, devi essere orgogliosa degli
smielosi. Grande la curva Nord... se segue il tuo fiuto stiamo certi
che tra un po' fanno la ola...
Devilgirl89: va
bè, Davi te lo
puoi permettere, sempre meglio di 'Davidino'... visto che hai fatto
bene? Ma io sospetto che tu lo sapessi già. Ah che bello,
sei
stata nel Salento, nella mia seconda regione... beh, se dici che rendo
bene il clima della mia terra, spero di aver fatto una buona
pubblicità. Sì è vero, Francesca non
ha ancora
accettato il suo bambino, ma non si può pretendere un
cambiamento così radicale. Ci vuole tanta pazienza per
quello.
EmilyDoyle: beh, non
importa tu abbia
saltato due capitoli. Son felice che tu abbia apprezzato il gesto di
Francesca. Starà forse cambiando?
|