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Di
sorrisi e scelte veicolate
Il Cappello Parlante, posto sulla testa
di John Watson, non aveva esitato nemmeno un istante nell'annunciare
«GRIFONDORO!».
Il tavolo si era lanciato in un
caloroso applauso che aveva messo un po' a disagio il ragazzino
impacciato, ma che già prometteva affetto e fiducia. Sedette
cominciando a stringere le mani che, numerose, gli si protendevano
davanti per dargli il benvenuto.
Aveva sorriso ad ogni ragazzo, con
un'eccessiva galanteria, forse, verso le ragazze, ma comunque a tutti
aveva rivolto un sincero sorriso di ringraziamento. Tenero e curioso.
Niente di tutto ciò era sfuggito agli
occhi esperti di Sherlock Holmes, il ragazzino riccioluto, alto per
la sua età, che già dalla sua posizione nella fila aveva prestato
attenzione al nuovissimo grifone, del quale non perdeva alcun gesti,
nemmeno il minimo cambiamento di inclinazione del volto, o del polso.
Al polso faceva comunque meno caso – capiva che, necessariamente,
non poteva salutare il ragazzo posizionato in diagonale rispetto alla
linea del suo braccio con la mano perfettamente dritta, perciò evitò
di classificarlo poco sicuro di sé per questo particolare
momentaneamente insulso. La testa, tuttavia, esprimeva di certo un
comportamento più civettuolo quando si trovava di fronte l'elegante
manina di una ragazza, ed evidentemente cercava di mettere in mostra
il lato migliore di sé, o l'espressione facciale – per vederla
avrebbe pagato oro – che più gli garantiva la simpatia
dell'altro sesso.
«Sherlock Holmes» fu la chiamata
perentoria che gli fece, seppur a malincuore, distogliere
l'attenzione da quel John.
Una volta seduto, lo guardò di
sottecchi. Anche lui ricambiava, un pugno stretto nella mano libera,
concentrato e attento. Già vedeva nei suoi atteggiamenti il
formicolio delle mani che fremevano per applaudire a loro volta e non
perché gli importasse qualcosa dell'eventuale nuovo arrivo nella
Casa, ma solo perché quell'atto avrebbe sancito finalmente e in via
pure ufficiosa la sua appartenenza ai Grifondoro: avrebbe dato anche
lui il suo benvenuto nella Casa.
Patetico, pensò il ragazzo
mentre sentiva sulla testa il peso non invadente del Cappello.
«Mh...» fece l'indumento stropicciato
nell'entrare in contatto con la sua mente. «Interessante»
«Lo so» commentò sarcastico
Sherlock. «Brillante, direi»
Avvertì l'irritazione sottile del
Cappello, ma decise di ignorarla.
«Intelligente, mente... brillante,
attitudine allo studio... COR-»
«Io voglio andare in Grifondoro»
sottolineò il moro, glaciale.
Il Cappello esitò, testando ancora le
capacità e le ambizioni del ragazzo. Poi approfondì: «Saresti
anche un eccellente Serpeverde, oltre che un geniale Corvonero, sai?»
«No. Grifondoro»
L'interlocutore rimase zitto per
qualche momento. Poi decise di parlare quanto più francamente
possibile.
«Non credo che sia la Casa giusta per
te, Sherlock Holmes»
Sherlock serrò un momento gli occhi:
perché anche l'addetto all'analisi del suo cervello, che avrebbe
dovuto smistarlo dove più ci fossero per lui possibilità di avere stimoli in ogni
campo, non riusciva proprio a capire l'evidenza?
«Grifondoro» berciò di nuovo,
spazientito.
«Ma-»
«Niente ma»
Nei brevissimi istanti che seguirono,
Sherlock vagò con gli occhi nella platea, dovendo ammettere che i
tipi più interessanti, effettivamente, occupavano il tavolo di
Corvonero.
Poi individuò John Watson.
«Se lo credi... G-GRIFONDORO!»
Holmes si sentì privato del Cappello e
subito dopo si avvicinò al tavolo dei suoi nuovi compagni, irritato
quanto mai dal fastidioso battere di mani che lo investì. Mani che
poi cercarono di stringere la sua. A lui bastava un benvenuto
detto ad alta voce, o anche niente, certo non un contatto fisico con
una marmaglia dalle facoltà intellettive sicuramente carenti. Gli
bastò lanciare uno sguardo ad un ragazzo, più grande di lui, moro e
dall'espressione festosamente inebetita, per capire quanto bassa
fosse la qualità media dei cervelli della Casa.
Cercando di ignorarli tutti, si sedette
casualmente vicino al biondino. Si voltò a guardarlo: un
sorriso smagliante era stampato sul quel viso giovanissimo e dal naso
rotondeggiante. A suo modo, lo trovò quasi un simbolo di freschezza
e cordialità.
«Benvenuto!» disse contento,
porgendogli la mano – dritta e ferma – aspettandosi di venir
salutato a sua volta. «John Watson» continuò, forse non conscio
che il suo nome era stato ascoltato da tutte le quattro Case di
Hogwarts, vecchi o nuovi studenti che fossero.
«Sherlock Holmes» ripeté anche lui,
sentendosi un perfetto idiota, mentre avvolgeva la mano
dell'interlocutore con la propria. La sentì calda, anche un po'
sudaticcia.
Emozionato e trepidante. Tipico.
Fu costretto ad accettare anche le
altre che, ora che avevano appurato la sua capacità di replicare il
gesto di cortesia, sembravano esigerglielo.
Come se la cortesia fosse da
riservare al mondo intero, pensò, ma gli parve abbastanza saggio
non dirlo.
Quando ebbe finito, i suoi occhi
notarono un movimento tanto plateale quanto sinceramente sconfortato.
Intercettò meglio la scena e ghignò appena: suo fratello Mycroft,
dal tavolo dei Serpeverde, si era spalmato una mano aperta sulla
faccia. Per lui, adesso, Sherlock era diventato ufficialmente il
rammollito di famiglia.
Angolo dell'autrice: Salve!
È da qualche tempo che questa
piccolissima OS riposava nel computer in attesa di vedere la luce.
Finalmente ho deciso di pubblicarla. È ispirata ad un'immagine presa
da internet ( link
– se ne conoscete l'autore, vi prego di segnalarmelo e lo
aggiungerò in nota appena possibile), cosa che spiega lo Smistamento
a Grifondoro – per me, Sherlock è un Corvaccio della peggior
specie, e lo dico con tutto l'affetto possibile!
Ringrazio tutti coloro che leggeranno e
che vorranno lasciare un pensiero su questa FF.
Alla prossima,
Menade Danzante
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