Questa
è una serie di one-shot.
Josh Faraday, per nessun apparente motivo, si reca a scuola e dopo aver
consegnato un perfetto compito in classe al professore, semplicemente
si avvicina ad una finestra per lanciarsi nel vuoto. Quando simili casi
si verificano, è inevitabile che la cosa dia da pensare a
molte persone.. e quelle che prenderò in esame nel corso di
queste one-shot, sono tutte quelle vicine a Joseph Kerr, la persona che
era Joker prima di assumere la nuova identità di 'principe
clown del crimine' a Gotham City.
Ma è davvero giusto per le persone arrivare ad elaborare
determinati pensieri e paure solamente al verificarsi di tragedie come
questa? O si tratta solo di egoistici viaggi mentali?
Ho preso ispirazione da una frase che è stata detta a me
dopo la notizia della morte di un ragazzo - che non conoscevo - vicino
alla mia città.
Invisibile.
Alzo lo sguardo verso l’orologio, il ticchettio delle
lancette sembra ridere di me e delle mie preoccupazioni mentre il tempo
continua a scorrere, lento ed impietoso nonostante qui a guardarlo ci
siano gli occhi di una madre; sono le tre di notte ed io sono ancora
sveglia, seduta su una delle vecchie sedie di questa catapecchia,
avvolta nella pesante vestaglia di cotone vecchia di anni..
Joseph ancora non è rientrato; questa mattina è
uscito per andare a scuola, senza nessun sentimento leggibile sul volto
e mi pento di averlo nuovamente sgridato per il suo modo di vestire e
per quel suo ostinarsi a portare il make-up.. ma cos’altro
potrebbe dire una madre ad un figlio che va a scuola con la faccia
bianca e delle strisce nere sugli occhi e sulle labbra? Lui non mi ha
risposto nulla, come sempre.
Porto il bicchiere di gin alle labbra, il quinto stasera o almeno
così mi pare di ricordare, da tempo non tengo più
il conto dell’alcol da me consumato.
Ripenso al telegiornale del pomeriggio, quando inaspettatamente la
notizia della morte di Josh Faraday, che sapevo essere un compagno di
classe di mio figlio, mi ha colta come un fulmine a ciel sereno.. il
mio primo pensiero è stato ‘povero ragazzo,
chissà cosa gli ha preso! Eppure sembrava talmente serio e
posato!’.
Pare che semplicemente, dopo aver consegnato il suo compito in classe
– perfettamente svolto – al professore, si sia
avvicinato alla finestra per gettarsi nel vuoto, senza un avviso, senza
una parola.
Naturalmente le lezioni sono state sospese subito dopo e non mi
aspettavo comunque che Joseph rientrasse subito a casa, non lo ha mai
fatto in nessuno dei giorni normali, figurarsi dopo una tragedia come
questa.. pensavo avrebbe sentito il bisogno di avere i suoi compagni ed
amici vicino, non mi sono interessata più di tanto,
preferendo iniziare già dal pomeriggio ad annebbiare i miei
sensi con un generoso bicchiere di vodka.
Solo verso le otto di sera mentre, già quasi brilla,
preparavo la cena per me e per Kevin, il mio secondo figlio, sono stata
colta dall’immensa paura che anche Joseph sarebbe potuto
arrivare a compiere un gesto come quello.. solo il quel momento mi sono
resa conto di quanto io mi sia sempre comportata male nei suoi
confronti, soprattutto quando mio marito George era ancora in vita.
Tutte le sere usciva di casa, diretto al bar e già tutti in
casa sapevamo che sarebbe rientrato solo sul tardi e, ubriaco fradicio,
avrebbe iniziato a gridare oscenità e rompere cose
– ancora adesso, per abitudine, non compriamo mai nulla di
fragile – finché non avesse deciso chi, quella
sera, sarebbe servito a scaricare la sua rabbia.
Il più delle volte a catturare la sua collerica attenzione
era Joseph, visto che per sua natura ed aspetto, riusciva sempre ad
attirare le sue ire come nessun altro in questa casa..
Ammetto che non è un pensiero degno di una madre il sentirsi
sollevati quando ciò accadeva.. so bene che probabilmente la
maggior parte delle altre donne al mio posto, avrebbe volentieri
rischiato la vita pur di risparmiare simili torture ed umiliazioni ai
propri figli ma io non ho mai avuto un istinto materno così
sviluppato, purtroppo e solo ora arrivo a vergognarmene moltissimo.
Poi venne quella fatidica sera.. ricordo bene ancora adesso ogni
dettaglio in maniera vivido; il rumore sordo della testa di Joseph che
sbatteva contro il legno della porta, le urla di George, la vista del
sangue e mio figlio che cadeva sul pavimento mentre io cercavo di
trattenere Kevin dall’intervenire.. era ancora
così piccolo, all’epoca aveva a malapena quattro
anni eppure sembrava possedere molto più coraggio di me.
Io piangevo, tentando di tenere me stessa e il mio secondogenito
lontani dalla portata della furia di mio marito, quando
improvvisamente, senza che nessuno potesse prevederlo, Joseph si alza
sulle ginocchia e sulle mani, allunga la mano dietro la cucina ed un
secondo dopo già è in piedi, instabile sulle
gambe tremanti, mentre colpisce la nuca di suo padre con un vecchio
tubo metallico lasciato lì da giorni; quel sottile cilindro
di ferro che nessuno che si era preso la briga di aggiustare.
Erano talmente tante le cose che andavano in malora o venivano
distrutte, in questa casa, che da tempo ormai non veniva riparato
più nulla.
Un colpo e George è a terra, poi un altro ed un
altro ancora mentre una pozza di sangue comincia ad allargarsi a vista
d’occhio sul pavimento.. per lo stupore, non mi venne neppure
in mente di coprire gli occhi di Kevin, che ora immagino spalancati, a
riflettere quella scena orribile che solo molti, interminabili secondi
dopo si placò, insieme alla furia di Joseph.
Forse non potrei neppure chiamarla ‘furia’, visto
che nonostante la forza violenta dei suoi colpi, la sua espressione non
cambiò mai durante tutta la durata del suo sanguinoso sfogo.
Poi ricordo l’arrivo della polizia, le ambulanze.. e Joseph
che veniva portato via senza che io pensassi di dirgli una sola,
miserabile parola; non andò in riformatorio, il tutto venne
archiviato come legittima difesa ed appena dopo una settimana, a mio
figlio fu permesso di tornare a casa.
Ho già preso da ore la ferma decisione che non avrei mai
più permesso ad una cosa simile di accadere, avrei detto
basta alla mia codardia, alla mia forsennata ricerca di un amante da
poter in seguito trasformare in un marito, alla mia indifferenza quasi
totale verso il mondo che circonda i miei figli.. insomma, a tutto il
mio egoismo.
Da adesso voglio diventare una vera madre per entrambi loro e fare
tutte quelle cose che fino adesso mi sono sempre fregata di fare; non
voglio che continuino a pensare di essere invisibili ai miei occhi, a
credere di essere meno importanti per me delle bottiglie di
superalcolici che ho iniziato a consumare ogni giorno.
Sono le tre di notte ed ancora nessuna traccia di Joseph; mi rendo
conto di non aver mai davvero avuto idea di che ora fosse solito
rientrare, visto che quando ciò accadeva io già
dormivo nel mio letto, indifferente a tutti i problemi del mondo,
eccetto i miei.
Cerco di richiamare alla mente quante più immagini di mio
figlio riesco a trovare e raramente ricordo di averlo visto sorridere o
anche arrabbiarsi o raccontare qualcosa che gli fosse successa durante
la giornata.. Dio, a malapena ricordo di aver mai consumato un pasto
insieme a lui!
Porto le mani a coprirmi il viso mentre le lacrime iniziano ad uscire
copiose e non riesco a trattenere i singhiozzi; chi lo sa, magari anche
nella mente di Joseph l’idea di togliersi la vita sta
circolando da chissà quanto tempo.. sarebbe addirittura
scontato, chiunque potrebbe dire lo stesso osservandolo.
Capovolgo la bottiglia di gin sul bicchiere, con lo scopo di riempirlo
per quella che probabilmente è la decima volta ma nulla
fuoriesce dal suo collo; non mi ero neppure resa conto di averla
svuotata.
Mi alzo da questa dannatissima sedia, forse troppo in fretta
perché inizio subito a sentirmi instabile sulle gambe.
Sopprimo un conato di vomito che minaccia di affiorare dal mio stomaco
ed afferro il telefono dal muro, iniziando a chiamare a casa di tutti
gli amici di Joseph che mi vengono i n mente.. chiunque ricordassi di
aver mai visto girare per casa o anche solo passare a prenderlo in
macchina; tutto per sentirmi dire semplicemente che non avevano idea di
dove fosse mio figlio o, a volte, che avevo sbagliato numero e potevo
sempre sentire, subdola, l’irritazione che quelle persone
provavano per essere stati svegliati a quell’ora della
mattina.
Si fanno le quattro ed io mi sento disperata.. potrebbe essere accaduto
di tutto a Joseph, proprio adesso che ho capito i miei errori e mi sono
decisa a porre un rimedio! Dio, se non avessi i miei figli.. questa
casa vuota, il silenzio, i brutti ricordi..
Comincio a camminare per casa in lacrime, agitata e terrorizzata dai
miei stessi pensieri..
Giuro su Dio, se vedrò Joseph rientrare da quella porta non
sarò mai più dura con lui.. Dio ti prego, fa che
stia bene, che non gli sia successo nulla, che torni subito da me, che
mi permetta di rimediare ai miei..
Sento la serratura scattare ed il portone di casa aprirsi
scricchiolando sommessamente; mi metto quasi a correre fino allo
stretto corridoio nell’ingresso e nel momento in cui mi
fermo, vedo Joseph fermo sulla soglia, il piccolo zaino stretto in mano
mentre solleva lo sguardo su di me e continua ad osservarmi senza dire
una parola. Sarà certamente stupito di trovarmi qui, ancora
sveglia.
Gli vado incontro senza che nessuno dei due dica una parola e gli getto
le braccia attorno alle spalle, insinuando il viso
nell’incavo del suo collo e mi stupisco di vedere che
è alto quasi quanto me, ancora una cosa che non avevo mai
notato sebbene ce l’avessi davanti tutti i giorni.
Nelle narici sento un odore strano, un misto di fumo, alcol ed erba
tagliata, come se fosse stato steso su qualche prato a bere e fumare
fino a poco tempo fa.
“Oh Joseph.. ero così preoccupata, ho pensato
tante di quelle cose!”
Lui non risponde nulla mentre, gentilmente, mi scansa per togliersi la
giacca ed appenderla al gancio vicino al muro, poi si avvia verso la
cucina, io subito dietro di lui e sento la sua voce, ferma nonostante
le parole gli escano dalla bocca leggermente impastate
“Sto bene. Non dovresti bere tanto, se poi diventi
strana.”
“Non ho bevuto..! – dico, mentendo spudoratamente.
Non voglio che mio figlio finisca con l’attribuire tutto
ciò che ho da dirgli ad una stupida sbronza –io..
tesoro, ho sentito il telegiornale oggi.”
“Quindi?”
Chiede, guardandomi mentre prende una birra dal frigorifero e la apre
per poi portarla alle labbra;
dal suo tono incuriosito, capisco che ciò che ho detto per
lui non è una spiegazione sufficiente, ma
com’è possibile? Immagino che magari potrebbe non
volerne parlare ma voglio che si apra con me, vorrei riuscire a capire,
per una volta, ciò che pensa e ciò che prova.
“Hanno parlato di Josh Faraday, era in classe con te,
no?”
“Ah sì, quello..!”
“Ho sentito che si è tolto la vita.”
“Eh. Fatto bene.”
Dice con un vago sorriso sul viso mentre continua a sorseggiare dalla
lattina e si appoggia con la schiena contro il muro vicino la finestra,
restando in piedi proprio sul punto in cui una volta giaceva il
cadavere di suo padre; non riesco a credere alle sue parole.. non
sembra sconvolto ne tantomeno dispiaciuto per ciò che
è successo al suo compagno di classe. Lui sorride.
Com’è possibile?
“Fatto.. bene?
Oh Joseph.. io.. avevo talmente tanta paura.. ed a te non importa
nulla?”
“Se uno permette agli altri di arrivare a fargli del male al
punto da uccidersi, allora ha fatto bene a sparire.”
“Ma.. cosa ti salta in mente di dire?!”
Dico alzando la voce per poi pentirmene subito dopo.. avevo promesso a
me stessa di non arrabbiarmi più con lui, di tentare di
capirlo e parlargli tranquillamente ma vedo che lui alza semplicemente
le spalle con indifferenza, senza neanche guardarmi.
Di nuovo si fa strada in me, più potente di prima, il
pensiero che anche lui potrebbe uccidersi.. la sua indifferenza.. a me
sembra parli chiaro, no? Faccio un passo in più nella stanza
e sento la mia stessa voce tremare, senza riuscire nemmeno a portarla
al di sopra di un bisbiglio.
“Joseph, tu.. tu non faresti mai una cosa del genere, vero?
Non lasceresti sola la tua mamma..?”
Vedo che a questo alza lo sguardo su di me, i suoi occhi sono diventati
così grandi per lo stupore ed il loro chiarore mi
sconvolge.. dopo un po’ vedo un sorriso lottare per formarsi
sulle sue labbra, mentre sbuffa aria dal naso e lentamente si piega su
se stesso, abbandonandosi infine ad una risata divertita; quando si
risolleva, il suo ampio sorriso mi ferisce.. i suoi occhi, stretti per
l’ilarità, pesano su di me come due macigni.
“Non ho bisogno di morire perché tu resti sola..
lo sei già! Lo sei sempre stata! Io lascerei perdere di
preoccuparti di me, ormai.. perfino per Kevin tu a malapena esisti.. se
papà non ti picchiava mai non era fortuna, semplicemente non
ti trovava degna di nota. Sei così.. invisibile ovunque tu
vada. Ed ora mi guardi in questo modo, ma se non mi credi fai una prova
tu stessa. Togliti quell’accappatoio e mettiti a correre nuda
per il vicinato. Sono sicuro che non attireresti neppure uno
sguardo.”
Detto questo ricomincia a ridere, sembrando sinceramente divertito da
tutta questa discussione. Schiaccia la lattina in mano e la getta tra i
rifiuti, per poi superarmi e salire le scale probabilmente diretto alla
sua camera, lo sento continuare a ridere sommessamente, questo suono
infesta la mia mente come un’eco da un mondo lontano.
Non mi viene in mente nulla da dire o da fare, non riuscirei comunque a
muovere un muscolo e sento solo una lacrima umida scendere sulla mia
guancia.. credevo davvero fosse Joseph a pensare di essere invisibile
ai miei occhi, invece.. sono sempre stata io a non esistere, per lui.
Ecco perché non mi ha mi chiesto spiegazioni, non ha mai
cercato il mio aiuto tutte quelle volte che George alzava le sue mani
violente su di lui.. perché non si è mai sforzato
di raccontarmi nulla della sua vita.. perché tutte le volte
che ho portato un uomo in questa casa, lui non avesse mai neppure
alzato gli occhi a guardarlo.. sono sempre stata io. Sempre io, ad
essere come lui mi ha definita.
Invisibile.
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