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Autore: Lexy    24/04/2009    0 recensioni
Joker, il principe clown del crimine, una volta era un ragazzo (forse non proprio) come gli altri.
Un giorno, nel bel mezzo di un test, un suo compagno di classe si toglie la vita davanti a tutti, dando da pensare - come è giusto che sia - a molte persone.
In effetti, a pensarci bene, ognuno di loro avrebbe ritenuto proprio Joseph Kerr il più propenso a carezzare pensieri sul suicidio.. forse per via della sua indifferenza o per quell'aria che ha sempre avuto, che lo rendeva diverso.. che lo faceva apparire solo anche quando circondato di persone.
Ma sarà davvero così?
(Questa è una serie di one-shot introspettive, raccontate dal punto di vista di tutte le persone che hanno conosciuto il Joker, prima che assumesse l'identità del clown).
Ovviamente non posseggo i diritti per il personaggio di Joker e questa storia non ha fini di lucro.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...), Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Questa è una serie di one-shot.

Josh Faraday, per nessun apparente motivo, si reca a scuola e dopo aver consegnato un perfetto compito in classe al professore, semplicemente si avvicina ad una finestra per lanciarsi nel vuoto. Quando simili casi si verificano, è inevitabile che la cosa dia da pensare a molte persone.. e quelle che prenderò in esame nel corso di queste one-shot, sono tutte quelle vicine a Joseph Kerr, la persona che era Joker prima di assumere la nuova identità di 'principe clown del crimine' a Gotham City.
Ma è davvero giusto per le persone arrivare ad elaborare determinati pensieri e paure solamente al verificarsi di tragedie come questa? O si tratta solo di egoistici viaggi mentali?

Ho preso ispirazione da una frase che è stata detta a me dopo la notizia della morte di un ragazzo - che non conoscevo - vicino alla mia città.



Invisibile.



Alzo lo sguardo verso l’orologio, il ticchettio delle lancette sembra ridere di me e delle mie preoccupazioni mentre il tempo continua a scorrere, lento ed impietoso nonostante qui a guardarlo ci siano gli occhi di una madre; sono le tre di notte ed io sono ancora sveglia, seduta su una delle vecchie sedie di questa catapecchia, avvolta nella pesante vestaglia di cotone vecchia di anni..
Joseph ancora non è rientrato; questa mattina è uscito per andare a scuola, senza nessun sentimento leggibile sul volto e mi pento di averlo nuovamente sgridato per il suo modo di vestire e per quel suo ostinarsi a portare il make-up.. ma cos’altro potrebbe dire una madre ad un figlio che va a scuola con la faccia bianca e delle strisce nere sugli occhi e sulle labbra? Lui non mi ha risposto nulla, come sempre.
Porto il bicchiere di gin alle labbra, il quinto stasera o almeno così mi pare di ricordare, da tempo non tengo più il conto dell’alcol da me consumato.

Ripenso al telegiornale del pomeriggio, quando inaspettatamente la notizia della morte di Josh Faraday, che sapevo essere un compagno di classe di mio figlio, mi ha colta come un fulmine a ciel sereno.. il mio primo pensiero è stato ‘povero ragazzo, chissà cosa gli ha preso! Eppure sembrava talmente serio e posato!’.
Pare che semplicemente, dopo aver consegnato il suo compito in classe – perfettamente svolto – al professore, si sia avvicinato alla finestra per gettarsi nel vuoto, senza un avviso, senza una parola.
Naturalmente le lezioni sono state sospese subito dopo e non mi aspettavo comunque che Joseph rientrasse subito a casa, non lo ha mai fatto in nessuno dei giorni normali, figurarsi dopo una tragedia come questa.. pensavo avrebbe sentito il bisogno di avere i suoi compagni ed amici vicino, non mi sono interessata più di tanto, preferendo iniziare già dal pomeriggio ad annebbiare i miei sensi con un generoso bicchiere di vodka.

Solo verso le otto di sera mentre, già quasi brilla, preparavo la cena per me e per Kevin, il mio secondo figlio, sono stata colta dall’immensa paura che anche Joseph sarebbe potuto arrivare a compiere un gesto come quello.. solo il quel momento mi sono resa conto di quanto io mi sia sempre comportata male nei suoi confronti, soprattutto quando mio marito George era ancora in vita.
Tutte le sere usciva di casa, diretto al bar e già tutti in casa sapevamo che sarebbe rientrato solo sul tardi e, ubriaco fradicio, avrebbe iniziato a gridare oscenità e rompere cose – ancora adesso, per abitudine, non compriamo mai nulla di fragile – finché non avesse deciso chi, quella sera, sarebbe servito a scaricare la sua rabbia.
Il più delle volte a catturare la sua collerica attenzione era Joseph, visto che per sua natura ed aspetto, riusciva sempre ad attirare le sue ire come nessun altro in questa casa..

Ammetto che non è un pensiero degno di una madre il sentirsi sollevati quando ciò accadeva.. so bene che probabilmente la maggior parte delle altre donne al mio posto, avrebbe volentieri rischiato la vita pur di risparmiare simili torture ed umiliazioni ai propri figli ma io non ho mai avuto un istinto materno così sviluppato, purtroppo e solo ora arrivo a vergognarmene moltissimo.
Poi venne quella fatidica sera.. ricordo bene ancora adesso ogni dettaglio in maniera vivido; il rumore sordo della testa di Joseph che sbatteva contro il legno della porta, le urla di George, la vista del sangue e mio figlio che cadeva sul pavimento mentre io cercavo di trattenere Kevin dall’intervenire.. era ancora così piccolo, all’epoca aveva a malapena quattro anni eppure sembrava possedere molto più coraggio di me.

Io piangevo, tentando di tenere me stessa e il mio secondogenito lontani dalla portata della furia di mio marito, quando improvvisamente, senza che nessuno potesse prevederlo, Joseph si alza sulle ginocchia e sulle mani, allunga la mano dietro la cucina ed un secondo dopo già è in piedi, instabile sulle gambe tremanti, mentre colpisce la nuca di suo padre con un vecchio tubo metallico lasciato lì da giorni; quel sottile cilindro di ferro che nessuno che si era preso la briga di aggiustare.
Erano talmente tante le cose che andavano in malora o venivano distrutte, in questa casa, che da tempo ormai non veniva riparato più nulla.
Un colpo e George è a terra,  poi un altro ed un altro ancora mentre una pozza di sangue comincia ad allargarsi a vista d’occhio sul pavimento.. per lo stupore, non mi venne neppure in mente di coprire gli occhi di Kevin, che ora immagino spalancati, a riflettere quella scena orribile che solo molti, interminabili secondi dopo si placò, insieme alla furia di Joseph.

Forse non potrei neppure chiamarla ‘furia’, visto che nonostante la forza violenta dei suoi colpi, la sua espressione non cambiò mai durante tutta la durata del suo sanguinoso sfogo.
Poi ricordo l’arrivo della polizia, le ambulanze.. e Joseph che veniva portato via senza che io pensassi di dirgli una sola, miserabile parola; non andò in riformatorio, il tutto venne archiviato come legittima difesa ed appena dopo una settimana, a mio figlio fu permesso di tornare a casa.
Ho già preso da ore la ferma decisione che non avrei mai più permesso ad una cosa simile di accadere, avrei detto basta alla mia codardia, alla mia forsennata ricerca di un amante da poter in seguito trasformare in un marito, alla mia indifferenza quasi totale verso il mondo che circonda i miei figli.. insomma, a tutto il mio egoismo.
Da adesso voglio diventare una vera madre per entrambi loro e fare tutte quelle cose che fino adesso mi sono sempre fregata di fare; non voglio che continuino a pensare di essere invisibili ai miei occhi, a credere di essere meno importanti per me delle bottiglie di superalcolici che ho iniziato a consumare ogni giorno.

Sono le tre di notte ed ancora nessuna traccia di Joseph; mi rendo conto di non aver mai davvero avuto idea di che ora fosse solito rientrare, visto che quando ciò accadeva io già dormivo nel mio letto, indifferente a tutti i problemi del mondo, eccetto i miei.
Cerco di richiamare alla mente quante più immagini di mio figlio riesco a trovare e raramente ricordo di averlo visto sorridere o anche arrabbiarsi o raccontare qualcosa che gli fosse successa durante la giornata.. Dio, a malapena ricordo di aver mai consumato un pasto insieme a lui!
Porto le mani a coprirmi il viso mentre le lacrime iniziano ad uscire copiose e non riesco a trattenere i singhiozzi; chi lo sa, magari anche nella mente di Joseph l’idea di togliersi la vita sta circolando da chissà quanto tempo.. sarebbe addirittura scontato, chiunque potrebbe dire lo stesso osservandolo.
Capovolgo la bottiglia di gin sul bicchiere, con lo scopo di riempirlo per quella che probabilmente è la decima volta ma nulla fuoriesce dal suo collo; non mi ero neppure resa conto di averla svuotata.

Mi alzo da questa dannatissima sedia, forse troppo in fretta perché inizio subito a sentirmi instabile sulle gambe.
Sopprimo un conato di vomito che minaccia di affiorare dal mio stomaco ed afferro il telefono dal muro, iniziando a chiamare a casa di tutti gli amici di Joseph che mi vengono i n mente.. chiunque ricordassi di aver mai visto girare per casa o anche solo passare a prenderlo in macchina; tutto per sentirmi dire semplicemente che non avevano idea di dove fosse mio figlio o, a volte, che avevo sbagliato numero e potevo sempre sentire, subdola, l’irritazione che quelle persone provavano per essere stati svegliati a quell’ora della mattina.
Si fanno le quattro ed io mi sento disperata.. potrebbe essere accaduto di tutto a Joseph, proprio adesso che ho capito i miei errori e mi sono decisa a porre un rimedio! Dio, se non avessi i miei figli.. questa casa vuota, il silenzio, i brutti ricordi..
Comincio a camminare per casa in lacrime, agitata e terrorizzata dai miei stessi pensieri..

Giuro su Dio, se vedrò Joseph rientrare da quella porta non sarò mai più dura con lui.. Dio ti prego, fa che stia bene, che non gli sia successo nulla, che torni subito da me, che mi permetta di rimediare ai miei..

Sento la serratura scattare ed il portone di casa aprirsi scricchiolando sommessamente; mi metto quasi a correre fino allo stretto corridoio nell’ingresso e nel momento in cui mi fermo, vedo Joseph fermo sulla soglia, il piccolo zaino stretto in mano mentre solleva lo sguardo su di me e continua ad osservarmi senza dire una parola. Sarà certamente stupito di trovarmi qui, ancora sveglia.
Gli vado incontro senza che nessuno dei due dica una parola e gli getto le braccia attorno alle spalle, insinuando il viso nell’incavo del suo collo e mi stupisco di vedere che è alto quasi quanto me, ancora una cosa che non avevo mai notato sebbene ce l’avessi davanti tutti i giorni.
Nelle narici sento un odore strano, un misto di fumo, alcol ed erba tagliata, come se fosse stato steso su qualche prato a bere e fumare fino a poco tempo fa.

“Oh Joseph.. ero così preoccupata, ho pensato tante di quelle cose!”

Lui non risponde nulla mentre, gentilmente, mi scansa per togliersi la giacca ed appenderla al gancio vicino al muro, poi si avvia verso la cucina, io subito dietro di lui e sento la sua voce, ferma nonostante le parole gli escano dalla bocca leggermente impastate

“Sto bene. Non dovresti bere tanto, se poi diventi strana.”

“Non ho bevuto..! – dico, mentendo spudoratamente. Non voglio che mio figlio finisca con l’attribuire tutto ciò che ho da dirgli ad una stupida sbronza –io.. tesoro, ho sentito il telegiornale oggi.”

“Quindi?”

Chiede, guardandomi mentre prende una birra dal frigorifero e la apre per poi portarla alle labbra;
dal suo tono incuriosito, capisco che ciò che ho detto per lui non è una spiegazione sufficiente, ma com’è possibile? Immagino che magari potrebbe non volerne parlare ma voglio che si apra con me, vorrei riuscire a capire, per una volta, ciò che pensa e ciò che prova.

“Hanno parlato di Josh Faraday, era in classe con te, no?”
“Ah sì, quello..!”
“Ho sentito che si è tolto la vita.”
“Eh. Fatto bene.”

Dice con un vago sorriso sul viso mentre continua a sorseggiare dalla lattina e si appoggia con la schiena contro il muro vicino la finestra, restando in piedi proprio sul punto in cui una volta giaceva il cadavere di suo padre; non riesco a credere alle sue parole.. non sembra sconvolto ne tantomeno dispiaciuto per ciò che è successo al suo compagno di classe. Lui sorride. Com’è possibile?

“Fatto.. bene? Oh Joseph.. io.. avevo talmente tanta paura.. ed a te non importa nulla?”
“Se uno permette agli altri di arrivare a fargli del male al punto da uccidersi, allora ha fatto bene a sparire.”
“Ma.. cosa ti salta in mente di dire?!”

Dico alzando la voce per poi pentirmene subito dopo.. avevo promesso a me stessa di non arrabbiarmi più con lui, di tentare di capirlo e parlargli tranquillamente ma vedo che lui alza semplicemente le spalle con indifferenza, senza neanche guardarmi.
Di nuovo si fa strada in me, più potente di prima, il pensiero che anche lui potrebbe uccidersi.. la sua indifferenza.. a me sembra parli chiaro, no? Faccio un passo in più nella stanza e sento la mia stessa voce tremare, senza riuscire nemmeno a portarla al di sopra di un bisbiglio.

“Joseph, tu.. tu non faresti mai una cosa del genere, vero? Non lasceresti sola la tua mamma..?”

Vedo che a questo alza lo sguardo su di me, i suoi occhi sono diventati così grandi per lo stupore ed il loro chiarore mi sconvolge.. dopo un po’ vedo un sorriso lottare per formarsi sulle sue labbra, mentre sbuffa aria dal naso e lentamente si piega su se stesso, abbandonandosi infine ad una risata divertita; quando si risolleva, il suo ampio sorriso mi ferisce.. i suoi occhi, stretti per l’ilarità, pesano su di me come due macigni.

“Non ho bisogno di morire perché tu resti sola.. lo sei già! Lo sei sempre stata! Io lascerei perdere di preoccuparti di me, ormai.. perfino per Kevin tu a malapena esisti.. se papà non ti picchiava mai non era fortuna, semplicemente non ti trovava degna di nota. Sei così.. invisibile ovunque tu vada. Ed ora mi guardi in questo modo, ma se non mi credi fai una prova tu stessa. Togliti quell’accappatoio e mettiti a correre nuda per il vicinato. Sono sicuro che non attireresti neppure uno sguardo.”

Detto questo ricomincia a ridere, sembrando sinceramente divertito da tutta questa discussione. Schiaccia la lattina in mano e la getta tra i rifiuti, per poi superarmi e salire le scale probabilmente diretto alla sua camera, lo sento continuare a ridere sommessamente, questo suono infesta la mia mente come un’eco da un mondo lontano.
Non mi viene in mente nulla da dire o da fare, non riuscirei comunque a muovere un muscolo e sento solo una lacrima umida scendere sulla mia guancia.. credevo davvero fosse Joseph a pensare di essere invisibile ai miei occhi, invece.. sono sempre stata io a non esistere, per lui.
Ecco perché non mi ha mi chiesto spiegazioni, non ha mai cercato il mio aiuto tutte quelle volte che George alzava le sue mani violente su di lui.. perché non si è mai sforzato di raccontarmi nulla della sua vita.. perché tutte le volte che ho portato un uomo in questa casa, lui non avesse mai neppure alzato gli occhi a guardarlo.. sono sempre stata io. Sempre io, ad essere come lui mi ha definita.

 Invisibile.



  
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