Davide
si era faticosamente steso a pancia in su, spogliato del pantalone e
vestito di
maglietta e pantaloncini, e ora fissava stanco il soffitto, con le
palpebre che
si chiudevano a tratti. Era così stanco da non avere nemmeno
la forza di tenere
aperti gli occhi.
Sfregò
il naso e il volto contro il cuscino, provando a dormire.
Francesca
rientrò a casa con un gran fracasso; reggeva fra le mani due
buste, e facendo
dondolare le chiavi si precipitò in camera, sul letto. Ci si
sdraiò sopra,
arrivando al viso del ragazzo. Lui ormai dormiva già.
Prendendo
una birra dalla busta che aveva portato in casa, Francesca si sedette
contro la
testata del letto e iniziò a berne un sorso.
Era
troppo fredda e così dopo un po’ si
stancò e la poggiò sul comodino. Si
passò
una mano fra i capelli biondi sudati, chiudendo gli occhi e accostando
la testa
al muro.
Sentiva
che quella notte non sarebbe riuscita a dormire e ciò la
infastidiva. Se non
dormiva, la mattina seguente si sarebbe alzata nervosa e irritata, e a
farne le
spese sarebbe stato lui.
Stanca
ma seria, con un broncio sensuale sulla faccia, lo guardò
dormire e passò una
mano fra i suoi capelli, accarezzandoglieli. Doveva dormire, a tutti i
costi.
Lentamente,
non sapendo bene perché lo stesse facendo, si
sfilò il pantalone che indossava,
restando in maglietta; poi scivolò sul materasso,
avvicinandosi a lui.
Sbadigliò
e passò un braccio attorno alla sua vita.
Poi
chiuse gli occhi e infilò il naso sotto la sua guancia,
sfregandosi sul suo
collo. Davide si mosse leggermente, e aprì un occhio.
Forse
ancora addormentato, non distinse bene quello che succedeva,
però sentì un
respiro accanto al suo. Non ci badò più di tanto
e tornò a dormire.
Francesca
notando che non si era accorto di nulla, si intrecciò ancora
di più a lui,
incrociando le loro gambe.
L’unico
problema era quella maledetta pancia che si ritrovava, che le impediva
di
dormirgli abbracciata.
Dannazione
al bambino. Pure in quelle situazioni doveva intromettersi, maledizione.
Un
rumore di ruote che sfrecciavano sull’asfalto
annunciò l’arrivo di un’ora
presentabile per alzarsi. Davide riacquistò lentamente la
percezione dei propri
sensi.
Non
appena lo fece, sentì subito che accanto a lui stava
dormendo la bionda
ragazzina. Ma non stava dormendo dall’altro lato, come sempre
aggrovigliata fra
le coperte che sembrava ci avesse fatto la guerra. Stava dormendo
attaccata,
no, abbracciata a lui.
Essendo
ancora mezzo intontito dalla dormita, non ebbe il tempo di reagire alla
situazione e non se ne preoccupò. Tornò ad
appoggiare la testa sul cuscino, ma
così facendo sbatté piano il naso e la fronte
contro le sue.
Francesca
si svegliò giusto in quel momento, aprendo le iridi azzurre
e alzando la testa.
Le palpebre strette e cispose non focalizzarono immediatamente chi le
stava
accanto, ma una volta che lo riconobbe emise un gemito assonnato e
lamentoso e
si rituffò giù.
Lei
si trovava con la testa contro il materasso, in modo da essere
più sotto di
lui, e da potergli sfregare il collo col volto.
Quando
però lui, ripresosi dal sonno, capì che era lei
che si stava addormentando di
nuovo contro di lui, inizialmente ebbe un tuffo al cuore, trasformato
poi nella
solita sensazione.
E
come si faceva ad ignorarla in quel momento?
Si
sentì all’improvviso più caldo e aveva
una voglia tremenda.
Senza
bisogno di specificare di cosa avesse voglia, Davide mosse il braccio
sinistro
che era abbandonato inerte sul corpo della ragazza, avvicinandoselo di
più in
modo da avvertire il contatto fra le loro gambe, il torace e quella
pancia
enorme.
Al
pensiero sorrise e Francesca notandolo si allontanò dal
collo per guardarlo in
faccia.
-‘ché
ridi?- domandò rintronata dal sonno.
-No,
così- rispose evasivo.
Le
spostò i capelli che le stavano tutti appiccicati
sull’orecchio, guardandola
negli occhi.
Cosa
gli costava, in quel momento perfetto, intimo, dove nessuno poteva
vederli,
sentirli o sarebbe venuto a cercarli, darle un bacio?
Uno
solo, non chiedeva tanto; lei lo guardò con
un’espressione che non era né
arrabbiata, né maliziosa, né triste, allegra o
altro. Lo stava fissando
intensa, come se con il solo sguardo volesse fargli una richiesta.
Era
facile dopotutto, non era complicato. Semplicemente prendere il
coraggio a due
mani e annullare la peraltro poca distanza fra le loro bocche.
Ma
non ci riuscì.
Sul
più bello, quando stava per farlo, gli venne in mente
l’ipotesi che lei non
volesse. Allora ebbe paura e si allontanò da quel pericoloso
contatto.
-Oggi
dove andiamo?- domandò la bionda, apparentemente ignara dei
pensieri che
avevano affollato poco prima la mente del ragazzo.
-Ho
l’esame del corso-
-Oggi?-
-Sì-
Era
vero, e se l’era anche scordato. Per di più non
aveva studiato molto.
Poi
gli venne in mente che aveva ancora qualche esercizio da fare, e
qualche
definizione teorica da ripassare.
Si
allungò fuori dal letto con un braccio, afferrando il
quaderno che stava sul
comodino.
Lo
prese e iniziò a sfogliarlo.
Francesca
curiosa si issò sulle braccia per guardare, poi
fermò ad una pagina.
-Dai
ti interrogo- disse, cercando una domanda.
-Tanto
non ti rispondo- sorrise lui.
-Paura?-
fece provocante.
-No,
è un mio metodo personale-
-Sarebbe?-
domandò improvvisamente interessata lei, afferrando il
quaderno dalle sue mani.
-Studio
fino ad un certo punto il giorno prima, e poi basta. La mattina dopo
niente
ripetere-
-Io
quando ho compito ripeto anche mentre il prof distribuisce i fogli...-
disse la
ragazzina, sdraiata a pancia in su, girando le pagine del quaderno.
-Genietta-
disse pianissimo il ragazzo, quasi in un gemito, tuffandosi con la
testa contro
il suo collo.
-T’ho
sentito sai?- fece la bionda con tono sgarbato, ma poi sorrise e
ricominciò a
sfogliare le pagine.
Davide
stette in silenzio, senza voglia di alzarsi. Si stava così
bene in quel letto,
impacciati sotto le lenzuola che più che coprirli davano
fastidio con quel
caldo, con il sole che iniziava ad alzarsi alle otto della mattina, ma
soprattutto sentire il suo corpo caldo, morbido e rotondo contro il suo.
Gli
piaceva il contatto fisico con la ragazzina, lo faceva sentire bene e
da tanto
tempo non gli capitava di trovarsi a letto con una donna. Questo
pensiero, il
fatto di considerare quei momenti alla pari dello svegliarsi dopo una
notte
passata a fare l’amore con una, lo fece sentire strano.
Anche
Francesca aveva interpretato nel modo giusto quel bisogno di contatto
con lui
che l’aveva spinta a dormirci assieme. Probabilmente quello
che voleva da lui
era più una semplice amicizia. E mentre il ragazzo le stava
abbracciato anche
lei si sentiva bene.
Ma
si stava facendo tardi, piuttosto tardi e anche se nessuno dei due
voleva
interrompere quel momento intimo il ragazzo doveva alzarsi.
Quella
strana situazione in cui si erano trovati quella mattina era buffa,
perché non
si erano mai permessi un contatto più intimo fra di loro, ma
lo stare insieme
senza obiettare significava che entrambi lo avevano sempre desiderato,
senza il
coraggio di ammetterlo.
Davide
si mosse un poco, allontanandosi.
Non
avvertendo più quel contatto caldo contro il corpo del
ragazzo, lei si
infastidì e si girò.
-Dove
vai?- domandò, leggermente delusa.
-Te
l’ho detto, stamattina ho l’esame-
Francesca
gli restituì il quaderno e lo osservò vestirsi.
Che illusa, pensò fra sé. Lui
era più grande di lei e certamente la sua prima scelta,
qualunque fosse, non
sarebbe stata certo una ragazzina bionda, dagli occhi azzurri e grassa.
Pensando
questo, triste, lo guardò mentre prendeva il suo zaino e si
avvicinava al
letto.
Davide,
incerto su cosa dire, optò per un qualcosa che fosse
abbastanza ambiguo da
garantirgli una certa copertura. Si chinò sul letto e le
diede un bacio sulla
testa bionda.
-Spero
che mi porti fortuna, genietta- le disse sorridendo.
-Spero
anche io- ricambiò il sorriso.
Quando
uscì dalla stanza, la sensazione delle farfalle nello
stomaco non si era ancora
esaurita. Avrebbe tanto voluto che quel bacio fosse stato centimetri
più giù.
L’esame,
come previsto, andò bene, anzi molto bene. Non sapeva ancora
i risultati ma
confrontandosi con gli altri Davide era certo di aver fatto un buon
lavoro. Per
questo, tornato a casa di ottimo umore, aveva preparato un bel pranzo.
-Dove
stai andando?- domandò Francesca più tardi,
notando che lui aveva preso le
chiavi dal mobile.
-Vado
a casa di mia madre. Vuoi venire con me?-
-No,
assolutamente- disse categorica.
-Sicura?
Non so a che ora torno- l’avvertì con la mano
già pronta sulla maniglia.
-Non
credo che riuscirei a nascondere questo- si indicò con le
mani il pancione –e
relative domande-
Davide
si girò un momento verso di lei, che ne
approfittò per chiedere
-Hai
intenzione di dirlo a tua madre?-
-Non
so. Pensavo, ma solo se tu vuoi...-
La
ragazzina ci pensò un momento su e considerò che
prima o poi, in un modo o
nell’altro, avrebbe dovuto dirlo almeno alla famiglia, che
stava per diventare
papà.
Meglio
poi che prima, aggiunse.
Decise
che se proprio doveva farlo, sarebbe stato lui a dirlo, senza
immischiarla. O
quantomeno, non direttamente.
Non
le andava di essere guardata male dalla madre, dalla sorella che aveva
la sua
stessa età, e poi di essere scocciata con tutte quelle
attenzioni. Questo mai,
si disse. Già non sopportava l’idea, figuriamoci
con tanta gente che le ronzava
attorno fastidiosa. Lei voleva che il bambino nascesse (almeno questo
Davide
era riuscito a ottenerlo) e che tutto succedesse in privato. Che a
saperlo
fossero solo lei e lui, e basta.
Così
alzò le spalle.
-Se
proprio devi, ma io non ci vengo a casa di tua madre-
-Quindi
posso dirglielo?-
La
bionda di nuovo alzò le spalle, in un gesto indifferente, e
andò ad attaccarsi
al computer.
Davide
le gettò un ultimo sguardo, non ricambiato, e chiuse la
porta.
Francesca
stava su Internet, legata da un timer che le stabiliva un massimo
orario, e
chattava con alcuni suoi compagni.
“Beati
voi che siete in vacanza” scriveva triste e mogia,
preparandosi a trascorrere
un altro pomeriggio in completa noia, afa e calma piatta. Era
così deprimente,
passare le giornate in quel modo e mangiare tanto per ingannare il
tempo.
Come
se non fossi già abbastanza grassa, si rimproverò
mentre ingoiava un altro
cucchiaio di gelato. Delusa del fatto che non sapesse resistere a
quella
tentazione, ormai incapace di guardarsi ad uno specchio e trovarsi
carina come
prima, aveva rinunciato anche alla vita sentimentale.
Non
che avesse possibilità di impegnarsi in un relazione; no,
non era proprio il
momento. Intanto seguiva più o meno interessata le
chiacchiere della sua amica
che le raccontava la tormentata storiella estiva che stava vivendo. La
invidiò
tantissimo perché non solo aveva la possibilità
di essere notata da un ragazzo,
ma lo otteneva pure. Lei non aveva la possibilità,
né credeva di interessare a
lui.
Perché
lui era molto serio, maturo e responsabile, ma soprattutto totalmente
diverso
da lei. Per quanto la ragazzina era irascibile, lui era paziente.
Tanto
lei era volgare, lui educato. Tanto piccola e complicata, lui grande e
con un
atteggiamento piuttosto semplice.
Francesca
si era domandata un’infinità di volte riguardo la
sua vita sentimentale passata
e attuale. Lei non lo sapeva, ma chissà se si vedeva con una
donna. Non
gliel’avrebbe mai ammesso, ma avrebbe pagato per sapere cosa
combinava di sera.
Prima era diversa, pensava solo a divertirsi e quando usciva con lui
non le
interessava se guardava le donne. Gli ultimi tempi, quando il ragazzo
usciva la
sera e lei restava a casa, troppo timida per farsi vedere in giro con
quell’immenso pancione diventato il suo incubo, provava
grande rimorso per non
poter essere lì con lui.
Chissà
con chi giocava a carte; anche se le portava spesso la birra, o un
tè o
qualcosa di fresco la sera tardi, se la trovava ancora sveglia, e le
raccontava
che i ragazzi sentivano la sua mancanza e lui soprattutto
(perché non vinceva
più) non poteva invidiare tutte quelle ragazze come lei che
la sera si
trovavano al parco. E in quella città c’e
n’erano parecchie, di belle ragazze.
Lui
era il suo esatto opposto, e come per la solita legge fisica
più infallibile di
una formula matematica, gli opposti si attraggono.
Che
tristezza, pensò fra sé mentre chiudeva la
finestra di Internet e si
disconnetteva.
Poi
un piccolo ma improvviso lampo la attraversò.
Aveva
a disposizione il suo computer, perché non approfittarne?
Subito,
incuriosita ma allo stesso tempo con un certo rimorso,
indugiò sul desktop.
Poi
mandò all’aria le esitazioni e iniziò
ad aprire cartelle.
C’erano
film, un sacco di musica, nemmeno una canzone che conoscesse. Poche
foto.
Qualche
ragazza, e chissà se erano le sue ex. Tutte dai capelli
scuri, notò, ed era un
altro punto a suo sfavore.
Erano
belle ragazze, si disse, e certo nessuna di loro aveva tra il petto il
basso
ventre una montagna curva e tonda. Inoltre osservò che il
loro reggiseno era
decisamente più pieno del suo. Guardò un attimo
in basso. Okay, non che
possedesse proprio le misure da velina, ma non era tanto male. Poi a
dir la
verità, con la gravidanza e l’aumento degli ormoni
e tutta quella roba lì, un
vantaggio era che almeno rimediava un po’ di sostanza
lì.
Più
le guardava e più si deprimeva, così irritata
spense il computer. Tutto le
ricordava che era grassa, tutto; o almeno così le sembrava.
Nel
frattempo Davide aveva trascorso un pomeriggio in compagnia della
sorella e di
sua madre.
Questa
aveva cercato di convincerlo in tutti i modi di venire qualche sera a
cenare da
lei; lui aveva rifiutato più e più volte. Come
avrebbe fatto a presentarle
Francesca? Non poteva mica lasciarla sola.
Anche
se si era prefissato di raccontare la verità, al momento di
rivelarla si sentì
impacciato ed ebbe paura delle conseguenze, così stette
zitto.
Il
pensiero di aver avuto paura di dire la verità lo
tormentò in silenzio per
tutta la sera. Ora capiva come si doveva essere sentita la bionda
ragazzina,
con tutti quei segreti.
Compensò
questo suo tormento interiore ottenendo sguardi contenti e parole
compiaciute
per il corso che stava seguendo. Sua madre fu felicissima che
finalmente il
figlio avesse deciso di sfruttare quegli anni di studio in qualche
modo, e
anche se non lo disse Davide immaginò che avesse pensato
“Se ci fosse stato tuo
padre...”.
Purtroppo,
e a questo non c’era alcun rimedio, suo padre non avrebbe mai
saputo né del
corso, né del bambino.
Davide
tornò a casa molto più tardi, quando le nove e
mezza erano passate e la
lancetta lunga del quadrante dell’orologio si apprestava a
superare il numero
tre.
Silenzioso,
perché sospettava che Francesca stesse dormendo,
poggiò le chiavi, un pacco di
dolci regalati dalla mamma, e iniziò a spogliarsi sedendosi
sul letto.
Si
era appena tolto scarpe, maglia e cintura che una sagoma emerse da
dietro le
tende.
Francesca
era anche lei svestita, con indosso il solo pigiama: una maglietta
larga e dei
pantaloncini molto corti. I capelli biondi sudati le cadevano sulle
spalle in
due parti perfettamente uguali, spartiti dalla riga, eccetto che per
quel
ciuffo ribelle sul davanti che tanto la faceva dannare.
Lei
dopo tutto quel pomeriggio passato a rimuginare sull’aspetto
fisico e quelle
ragazze trovate nel suo computer, sorrise delusa e nello stesso tempo
incapace
di staccare gli occhi dal suo corpo. Avrebbe tanto desiderato,
pensò avvertendo
una certa conosciuta sensazione in basso, che il ragazzo la prendesse e
la
facesse sedere su di lui. Poi l’avrebbe baciata. Ma che
sciocchezza, si ammonì
un secondo dopo.
Lui
la guardò per un po’ sorpreso di trovarla sveglia,
poi parlò per spezzare il
silenzio.
-Mi
dispiace se ti ho lasciata sola tutta la giornata-
-Non
fa nulla- fece lei con un sorriso triste, sedendosi incrociando le
gambe sul
letto.
-No,
sul serio. Devi esserti annoiata a morte- il ragazzo
strisciò sul letto per
avvicinarsi alla bionda –Cos’hai fatto?-
Lei
fu sorpresa da tutto quell’interesse: non
gliel’aveva mai domandato e forse
significava che era veramente dispiaciuto.
-Beh,
ho guardato la tv. Sono stata su Internet. Ho provato anche a cucinare
la cena,
ma non ci sono riuscita e allora ho mangiato quello che avevi preparato
tu-
-Sei
proprio negata- commentò scuotendo la testa lui.
-Stupido!-
la ragazza provò a tirargli un pugno ma lo mancò.
Allora
finta offesa si girò dall’altra parte, dandogli le
spalle. Davide sorrise
divertito e fece per avvicinarsi, per chiederle scusa, quando lei
parlò.
-Ah
e poi tanto c’era il bambino che mi faceva compagnia-
Lui
allargò il sorriso a quella frase, ma si fece serio,
arrossendo a quella
successiva.
-Vuoi
sentire?-
-Cosa?-
domandò perplesso, parlando alle sue spalle.
-Il
bambino-
Stupito
in un primo momento ma poi lusingato dalla richiesta, si
incuriosì di quelle
sue parole e decise di vedere fin dove voleva arrivare.
-E
come si fa?- chiese.
Francesca
rise un poco, poi tornò seria e voltò la testa
per guardarlo, senza girare il
busto.
-Vieni-
Aveva
sul volto un broncio sensuale, invitante e dannatamente eccitante.
Ormai
incatenato e preso dallo sguardo che gli aveva lanciato, Davide si
inginocchiò
dietro di lei.
La
ragazza bionda gli prese le mani e le portò piano sulla sua
pancia rigonfia,
tenendole ferme.
-Se
sei fortunato lo senti pure calciare- disse.
Come
erano piccole le sue mani rispetto a quelle del ragazzo, si disse.
Quelle di
lui potevano contenerle senza sforzo.
Davide
si avvicinò di più a lei, abbracciandola da
dietro.
-Soffri
il solletico?- disse poggiando davvero le mani sul pancione.
-Ti
piacerebbe vero?- lo schernì la ragazzina, però
divertita dalla situazione. In
realtà lei non credeva davvero che lui avrebbe accettato di
sentire il bambino,
ma visto che aveva acconsentito tanto valeva approfittarne.
Chissà che in quel
momento il bambino che tante volte la tormentava, di notte soprattutto,
non
decidesse di sferrare un bel calcio sulle mani del papà.
Questo per sua
sfortuna non accadde, ma più di tanto non le importava.
Davide
prima si vergognava anche solo di toccarlo, quel pancione e non
perché gli
facesse schifo, ma perché lo considerava come un qualcosa di
sacro, inviolabile
e delicato. Ma adesso che ci aveva preso confidenza, lentamente
iniziò ad
accarezzare la pelle.
Francesca
smise di sorridere e si fece seria quando sentì che le mani
di lui non si
stavano limitando solo a sentire. Era una sensazione veramente
piacevole, stare
lì in silenzio, senza nessun rumore che non fosse il loro
respiro, e sentire le
mani del ragazzo massaggiarle quel suo incubo.
Veramente
piacevole.
E
nella stanza piccola, buia eccetto la luce bassa che veniva dalla
lampada e
dava al tutto un’atmosfera più intima, la tensione
si stava trasformando lenta,
come un vino a riposo che lievita, in eccitazione.
Francesca
arrossì e non per vergogna quando sentì le sue
dita sfiorarle, seppur da sopra
la maglietta l’ombelico. Chiuse gli occhi e
inclinò leggermente la testa indietro,
godendosi appieno la sensazione.
Anche
per il ragazzo, i movimenti ora non erano più dettati dalla
semplice e pura
affettuosità, ma dall’eccitazione di percorrere
finalmente con le proprie mani
quel corpo che tantissime volte si era trovato ad osservare languido.
La
bionda ad un tratto girò la testa verso di lui. Non aveva
gli occhi aperti, ma
socchiusi e il suo respiro stavolta non caldo per la rabbia sbatteva
contro le
labbra di lui.
Davide
rimase stupito.
Francesca
cercava la sua bocca.
Il
primo bacio fu quasi timido, come se entrambi avessero paura di farlo.
Poi lei
gli bloccò le mani sul ventre e appoggiò le
labbra alle sue. Davide non fu così
bravo come prima a reprimere l’eccitazione e la voglia che si
sentiva addosso
da un sacco di tempo.
Più
convinto, più voglioso ed eccitato le mise gentilmente una
mano fra i biondi
capelli, facendoseli scorrere fra le dita lenti, e congiunse le loro
bocche in
un bacio vero.
Sembrava
che quel momento fosse stato programmato da tanto tempo e che
finalmente fosse
venuto il momento di metterlo in scena.
Quanto
tempo era che Davide non provava l’ebbrezza di sentirsi unico
insieme a una
donna, insieme a lei, ma era deciso a recuperare tutto il tempo perso.
Si
staccarono lentamente, con i respiri che ansanti si sovrapponevano.
Come se
entrambi non ci credessero, stettero fermi, in attesa di qualcuno che
gridasse
‘no, fermi!’. Ma nessuno sarebbe venuto a fermarli.
Davide
non riuscì a stare buono per molto tempo; non ora, non
adesso, non con lei.
Come
era buona la sua bocca, pensò distrattamente eccitato
ricominciando a baciarla.
Francesca
ricambiava di buon grado le sue attenzioni, girandosi di più
e lasciandosi
toccare. Nemmeno lei sapeva cosa esattamente stesse succedendo e come
fosse
successo, ma di certo le piaceva e non voleva smettere.
Non
seppero come, ma poco dopo lei era sdraiata fra le lenzuola del letto e
lui le
stava sopra.
Davide
non sapeva bene come muoversi con quel pancione ingombrante;
così stava, un po’
scomodo, piegato sulle ginocchia e la sovrastava.
Per
la prima volta si guardarono negli occhi e il suo era liquido, intenso
mentre
quello della ragazza quasi indecifrabile. Ad un tratto lei si
alzò per
prendergli il viso fra le mani, baciandolo veloce sulla bocca
più volte,
tirandolo giù, su di sé.
Il
ragazzo era costretto ad incurvarsi per non pesarle, il che procurava
fastidio.
Francesca sorrise e sempre tenendogli le mani sul viso
iniziò a mordere e
succhiare il suo labbro inferiore.
Tutta
l’eccitazione, le emozioni, gli sguardi, i pensieri che aveva
provato in quei
mesi, esplosero in Davide con la stessa forza di un fiume in piena, che
rotti
gli argini non trova più ostacoli e investe la ragione senza
darle possibilità
di appello.
-Sei
bellissima- le ripeteva in un sussurro roco, come un mantra e la
spogliava
lentamente, senza fretta ma godendosela tutta.
Lei
sospirò di piacere mentre lo sentiva scendere giù
a coprire di attenzioni i
suoi seni, resi più turgidi e rossi come le guance della
ragazza che lui tanto
si divertiva a schernire.
Il
ragazzo ebbe un’idea improvvisa e si tirò
leggermente indietro col corpo. Poi
incominciò a ricoprirle di baci semplici, leggeri il basso
ventre, salendo
sulla pancia. Piano piano poi scese, percorrendone tutta la curva. Di
nuovo la
ragazzina sospirò arrossendo di piacere. Faceva
terribilmente caldo ora in
quella stanza, ma aveva l’impressione che ciò non
fosse determinato dalla
temperatura esterna.
Lui
risalì lento, soffermandosi a lungo, sentendola gemere
soddisfatta e ansimare
vogliosa e impaziente. Arrivò in cima, baciandole il collo e
sdraiandosi
accanto a lei.
Francesca
si girò per quanto poteva, attirandolo a sé e
baciandolo sulla bocca.
Lui
le accarezzò i ciuffi biondi, lasciandola fare. E forse per
una notte, entrambi
desideravano non addormentarsi mai.
La
mattina dopo erano ancora nella stessa posizione, ancora impegnati a
baciarsi
appassionatamente come se volessero recuperare tutto il tempo perso,
per paura
che stesse per finire.
-Non
ho detto nulla a mamma- disse all’improvviso lui.
-Cosa?-
fece la ragazza, ancora impegnata a baciarlo.
-Non
le ho detto nulla- ripeté.
Francesca
si staccò e lo fissò perplessa, aggrottando le
sopracciglia. Le ci volle
qualche attimo di più per capire di cosa stesse parlando il
ragazzo, tutta
presa dalla nuova situazione.
Quando
capì a che si riferiva, rimase un poco delusa.
-Perché
non gliel’hai detto?- domandò.
Davide
evitò accuratamente di guardarla mentre diceva
-Mi
sono vergognato-
Lei
alzò un sopracciglio.
-‘A**o-
incominciò facendo ruotare in cerchio la mano, come a dire
‘caspita’ in senso
ironico –a me mi fai tutta la morale, le prediche e poi non
sei nemmeno capace
di mettere in pratica quello che dici-
Improvvisamente
irritata si allontanò da lui e si sedette, riaggiustandosi i
capelli.
Davide
si rese conto tardi di aver procurato un guaio.
-Oh
senti non è così facile! Che penserà
di me sapendo cos’è successo?- aggiunse,
raggiungendola.
-Ah
certo. Però quando ho dovuto dirla io la verità,
era tutto facile vero?-
Non
gli piaceva affatto il discorso che stavano incominciando, e conoscendo
la sua
indole facilmente irritabile doveva affrettarsi a mettere a posto le
cose prima
che lei si incavolasse.
-Va
be’ dai... glielo dirò...-
-Quando?- la bionda lo
guardò seria e scettica.
Maledicendo
il suo carattere scontroso e volubile, fu costretto però ad
acconsentire.
-Presto-
disse.
-Davvero?-
lei era sarcastica e non credeva affatto che lui volesse farlo.
-Promesso.
Davvero-
Lei
scivolò giù dal letto con uno sbuffo ironico e si
alzò in piedi.
Davide
si accigliò, irritato dalla sua aria di
superiorità.
-Senti
tu ce l’hai fatta, e sei stata bravissima, ma per me
è più difficile-
Francesca
alzò un sopracciglio, guardandolo.
-Per
te è difficile? E per me che non vedevo Damiano da
tre-quattro mesi?-
Totalmente
sconfitto, vedendo che non voleva ragionare o incoraggiarlo, lui
alzò le mani e
scese dal letto senza guardarla, con un broncio irritato sul volto.
La
ragazza notò il suo atteggiamento e perplessa ci
pensò su, quando il ragazzo
uscì dalla stanza.
Aveva
forse esagerato? In fondo era solo quello che pensava.
L’aveva mica offeso?
Non
era proprio nei suoi principi, ma forse sarebbe stato carino chiedergli
scusa;
non voleva litigare, non adesso.
Vestitasi
lo cercò, trovandolo seduto davanti al computer.
Mordicchiandosi
il labbro si avvicinò e si schiarì la voce.
Davide
alzò lo sguardo e rapido lo abbassò, tornando a
guardare lo schermo.
-La
colazione sta sul tavolo- la informò.
Caspita,
se l’era presa sul serio. E poi era lei quella suscettibile e
permalosa.
Gli
scivolò in grembo, costringendolo a fissarla.
-Dai
scusa, forse ho esagerato un po’- cominciò.
Lui
alzò un sopracciglio, quasi incredulo, sentendo le sue scuse.
Vedendo
che non rispondeva, lei riprovò.
-Mi
spiace se ti ho detto così, dai... non volevo-
aspettò un po’ e lo fissò di
sottecchi –ti sei arrabbiato?-
A
quella domanda prima il ragazzo si mostrò indifferente, ma
poi non riuscì a
trattenere un sorriso.
-Non
mi sono arrabbiato. Non crederai che sia così facile farmi
arrabbiare?- la
stuzzicò, ma ormai non era più offeso.
Francesca
fece un gran sorriso, sollevata, e gli scoccò un bacio
sonoro sulla guancia.
-Ti
alzeresti per favore?- domandò Davide.
-Perché?
Che, ti vai a vedere qualcosa di porno?-
-No
è che sai, pesi-
Questo
non doveva dirlo perché anche se lei si alzò, gli
mollò un pizzico sulla spalla
che ancora un po’ gli bruciava.
Questa
fu la prima di una lunga serie di piccoli litigi, seguiti
però puntualmente da
una pace, anche se temporanea. Non avevano alcuna intenzione di
arrabbiarsi
l’uno con l’altra, tutt’altro, invece
passavano un sacco di tempo nel letto. Ma
era come un gioco, una sfida fra i due, per vedere chi cedeva prima.
Chi
lasciava vincere chi.
A
volte Davide perdeva apposta, umiliandosi, solo per il gusto di vederla
smettere quel broncio dalla faccia. Le dava quasi sempre la vittoria
anche
perché una volta iniziata la sfida, era estremamente
faticoso sostenere il
confronto con lei. E Davide si domandava cosa sarebbe successo allora
quando
non avrebbe avuto più quel pancione a farle da ostacolo.
Francesca
sfogava tutta l’ansia per il bambino, per il giorno che
sempre più si
avvicinava, stuzzicando il ragazzo, sia fisicamente che a parole, e
passandoci
tutto il tempo insieme.
Settembre
sembrò volare, tanto che arrivò il giorno di
tornare a scuola.
Damiano
venne a trovare i due ragazzi un giorno, e insieme decisero che lei
avrebbe
continuato la scuola.
Il
ginecologo, nell’ultima visita mensile, aveva predetto che il
bambino sarebbe
nato i primi di ottobre, come la mamma d’altronde.
Per
un paio di giorni la ragazzina era andata a dormire a casa di Damiano,
era
andata a scuola, non senza polemiche e vergogna, solo per il primo
giorno.
L’uomo parlò con il preside, i suoi insegnanti e
spiegata la situazione la
bionda prese tre presenze e per il resto del mese si decise che sarebbe
stata a
casa.
Proprio
una sera di settembre si trovavano a casa tutti e due. Davide era
incollato
allo schermo per seguire una partita di calcio.
Francesca
diceva che lui era un tifoso atipico. Mentre lei, giusto per passare il
tempo,
si piazzava insieme a lui davanti allo schermo, sceglieva sul momento
la
squadra per cui tifare (di solito l’avversaria di quella di
Davide) e si
esaltava, infuriava e scattava per quello che accadeva, lui no.
Davide
stava in silenzio, concentrato sullo schermo e senza dire una parola.
Che
segnassero gli avversari o la sua squadra non faceva una piega.
-Ma
che stupido quel portiere oh, non ne piglia una ca**o!-
esclamò irritata.
Quella
volta tifavano entrambi per la stessa squadra, evento raro, e lei era
seduta
sulle sue gambe abbracciata da lui.
Davide
la trovava molto fastidiosa perché lei che gli si strusciava
addosso e i suoi
commenti poco educati e pronunciati a voce alta, gli impedivano di
seguire il
gioco.
-Oh
ma che significa? Perché l’arbitro va alla
panchina?- domandò perplessa
indicando la maglia giallo fosforescente.
Il
ragazzo la abbracciò e si appoggiò sulla sua
spalla, spiegando paziente
-Ha
espulso l’allenatore-
-Ah
sì? E che mi rappresenta? Cioè... mica gioca!-
-Ha
protestato troppo-
-Eh
va bè...-
Lui
sorrise sornione.
-Tu
non potresti fare mai l’allenatrice. Ti espellerebbero ad
ogni partita e
saresti tu ad infortunare i giocatori negli allenamenti-
-Però
vincerebbero- precisò sorridendo anche lei.
Poi
iniziò a prendere di mira i giocatori e l’arbitro,
aggiungendo insulti su
insulti. Davide faceva fatica a tenerla buona, e l’unica
maniera di farla star
ferma era dedicarle il maggior numero di attenzioni.
Il
problema era che una volta offerta la mano, lei si prendeva tutto il
braccio.
Ovvero da piccoli e affettuosi baci sul collo si arrivò a
stare sdraiati sul
divano, dimentichi della partita.
Il
ragazzo cercò di divincolarsi ma invano, tirato
giù maliziosamente e con forza
soprattutto.
-Lasciami
guardar la partita- protestò debolmente lui, tutto succube
della bionda.
Non
lo ascoltò, tornando a seviziarlo più per
dispetto che per voglia, con un
piccolo ghigno sulle labbra.
-Ma
come si fa a liberarsi di te?-
Inavvertitamente
schiacciò col gomito un tasto del telecomando, girando dal
campo verde di gioco
sul quale si disputava la partita ad un canale locale. Sul quale si
stava per
l’appunto trasmettendo una chat erotica, con tanto di numeri
in sovraimpressione.
Francesca
alzò la testa da lui, puntandola sullo schermo. Sorrise
maliziosa e guardò il
ragazzo.
-Cos’è,
non ti basto più? Vuoi le conigliette?-
-Ma
che dici...- borbottò Davide imbronciato, affrettandosi a
cambiare.
A
metà strada lo fermò.
Stupito
e accigliato la osservò sederglisi in braccio per coprirgli
la visuale, poi
prendergli il viso fra le mani e baciarlo lenta. Questo, aveva
imparato, come
quando le si stringevano gli occhi era un segno. Aveva voglia di
qualcosa.
Si
sfregò contro il suo naso e mormorò
-Facciamo
l’amore?-
Davide
arrossì e interdetto dal calore, dall’innocenza
con cui l’aveva chiesto non
rispose subito.
Si
staccò lento dal suo bacio e anche controvoglia, poi sorrise.
-Ma
cosa dici?-
La
bionda lo guardò piegando la testa da un lato.
-Cosa
vuoi dire?-
-Che
voglio guardare la partita-
Con
un
rapido scatto afferrò il telecomando e riportò
sul campo da gioco. Scoprirono
entusiasti che la squadra per cui tenevano era in vantaggio e si
precipitarono
a seguire il match. Davide la abbracciò e le diede un bacio fra
i capelli sudati. Come gli piaceva essere preso in giro da lei.
Ah, la Curva Nord
sarà felice ora... grazie a tutti quelli che seguono e
commentano la storia.
FeFeRoNzA: bene,
accontentata, il loro rapporto si è evoluto. O
è rimasto tutto come prima infondo?
Marty McGonagall: mmm...
credo di aver capito cosa vuoi dire, Martina.
Significa che magari ci sono passaggi che 'trascinano' la scena, che
sembrano messi lì solo per occupare le righe?
In effetti il precedente
capitolo era, forse, il più inutile di
tutti; non aggiungeva molto alla trama. Ecco, mi preoccupa che la
storia e i personaggi siano coerenti e che non risultino troppo
"finti". Ehm... Non so se mi sono espresso bene.
Mi fa tanto piacere che
apprezzi il modo in cui descrivo, e pensare che
era una delle cose che mi erano più difficili. Questo fatto
di
descrivere 'a mo' di film' beh, non sei l'unica che lo ha
detto,
quindi forse sarà vero? Ora però devi farmi la
ola...eh...
GinTB: certo che mi
mancava la tua opinione. E hai ragione, meglio tardi che mai. Grazie
d'aver recensito.
Jiuliet: d'accordo,
farò tesoro di questo segreto, e sono felice
che tu riesca a capire Francesca meglio che Davide (poi mi insegnerai
come si fa?) perchè significa che l'ho descritta bene, in
modo
soddisfacente e reale. Credo.
Devilgirl89: e mi sa che
a metà dobbiamo fare, sì. C'ho
pensato, ho riflettuto, e posso concludere che Davi è sempre
meglio di Davidino. Ergo sì, puoi usarlo. Bene,
spero che
il ricordo che ti ho risvegliato sia un ricordo felice. Grazie dei
complimenti.
MissQueen: Valentina...
non puoi dirmi che odi la matematica. No.
Perchè tutti odiano la matematica? (Ecco la mia, di domanda
esistenziale). Se potesse aiutarti sono certo che Davide sarebbe ben
felice di farti ripetizioni, a meno che nelle ripetizioni tu non
nasconda un secondo fine... uhm... Sai credo che Francesca non sia come
Davide, cioè come puoi leggere i suoi sentimenti 'esplodono'
tutti ad una volta. Immagino che se stessero insieme... giudica tu come
si comportano
Emily Doyle: 'Crescono
insieme'. Questa sì che è una bella frase e sono
felice che i personaggi si ''evolvano'' piano piano.
Urdi: Tu. Dio.
Dannazione.
Tu hai commentato un
sacco di capitoli, anche se potevi recensire soltanto l'ultimo. Innanzi
tutto ti ringrazio per i complimenti (forse esageri, eh, ma fa piacere
lo stesso ovviamente). Mi sono letto con molta attenzione tutte le tue
recensioni, e vedrò di riassumere le frasi che mi sono
piaciute di più.
"Non finisci mai in
sbrodolature sentimentali patetiche e scrivi senza tanti fronzoli di
cose anche spinose." Questo è ciò che dice anche
la mia professoressa d'italiano, che non mi perdo in chiacchiere (ma
lei lo fa con tono dispregiativo). Ricevere tante recensioni
è bello anche perchè ognuna di voi riesce a
cogliere sfumature diverse di un capitolo. Mi fa piacere che tu abbia
apprezzato come ho descritto la parte in cui Francesca vomita.
"francesca vede o tutto bianco o tutto nero," ed è anche
questo esatto.
La mia paura era che
Francesca non risultasse 'reale'. "Di sicuro se una ragazza legge
quello che scrivi rimane con gli occhi sgranati, perché
è qualcosa che prende allo stomaco, da quanto è
ben raccontato."
Forse è
insolito, ma rende l'idea. Grazie.
"quasi brilla di luce
propria!" Che bella frase. Ma come ho detto anche a lei, tu esageri
dicendo che è la migliore storia di Efp, perchè
non è assolutamente vero, andiamo. Per scrivere il pezzo che
ti ha colpito nel capitolo 10 -parte 2-, mi sono un poco ispirato a "
Se", di Rudyard Kipling, a dir la verità.
"Francesca piano piano
è cambiata e si sta rivelando una vera donna. Mi
è piaciuto molto il fatto che sia "cresciuta" tanto rispetto
all'inizio della storia " ecco brava, hai colto nel segno. Francesca
cresce e si trova donna prima ancora che sia il momento giusto.
Contento che ti piaccia anche Davide, e per amor suo, non
fare la bastarda come Francesca col tuo ragazzo. Un'ultima frase mi ha
colpito. "hai descritto lei così bene che mi è
venuta voglia di disegnarla!". Wow ma ora, ti prego, devi farlo... per
favore. Se l'hai detto...
Dunque, mi hai lasciato 7
recensioni. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie.
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