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Autore: Egomet    26/04/2009    16 recensioni
Lui era solo un ragazzo tranquillo che aspirava ad uscire con la sua bellissima quanto irraggiungibile collega. Lei era solo una ragazza complicata che aveva voglia di divertirsi. Ma insieme a questo, una pancia grande e gonfia, e soprattutto ciò che conteneva, erano il suo problema. Lui cerca di aiutarla, ma non ha fatto i conti con il suo carattere impossibile. Davide prova a capirla, ma Francesca gli nasconde un segreto. -Ascolta, Davide… sicuramente tu mi hai già visto, ma non ti ricordi di me. Sai, io sono incinta- Davide inarcò le sopracciglia scuotendo la testa. “Ma cosa voleva quella da lui?”. -Beh, tanti auguri, mi fa piacere…- stava già per chiudere la conversazione. Lei intuendo ciò che voleva fare si affrettò a vuotare il sacco. -Sono incinta di te-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Davide si era faticosamente steso a pancia in su, spogliato del pantalone e vestito di maglietta e pantaloncini, e ora fissava stanco il soffitto, con le palpebre che si chiudevano a tratti. Era così stanco da non avere nemmeno la forza di tenere aperti gli occhi.
Sfregò il naso e il volto contro il cuscino, provando a dormire.
Francesca rientrò a casa con un gran fracasso; reggeva fra le mani due buste, e facendo dondolare le chiavi si precipitò in camera, sul letto. Ci si sdraiò sopra, arrivando al viso del ragazzo. Lui ormai dormiva già.
Prendendo una birra dalla busta che aveva portato in casa, Francesca si sedette contro la testata del letto e iniziò a berne un sorso.
Era troppo fredda e così dopo un po’ si stancò e la poggiò sul comodino. Si passò una mano fra i capelli biondi sudati, chiudendo gli occhi e accostando la testa al muro.
Sentiva che quella notte non sarebbe riuscita a dormire e ciò la infastidiva. Se non dormiva, la mattina seguente si sarebbe alzata nervosa e irritata, e a farne le spese sarebbe stato lui.
Stanca ma seria, con un broncio sensuale sulla faccia, lo guardò dormire e passò una mano fra i suoi capelli, accarezzandoglieli. Doveva dormire, a tutti i costi.
Lentamente, non sapendo bene perché lo stesse facendo, si sfilò il pantalone che indossava, restando in maglietta; poi scivolò sul materasso, avvicinandosi a lui.
Sbadigliò e passò un braccio attorno alla sua vita.
Poi chiuse gli occhi e infilò il naso sotto la sua guancia, sfregandosi sul suo collo. Davide si mosse leggermente, e aprì un occhio.
Forse ancora addormentato, non distinse bene quello che succedeva, però sentì un respiro accanto al suo. Non ci badò più di tanto e tornò a dormire.
Francesca notando che non si era accorto di nulla, si intrecciò ancora di più a lui, incrociando le loro gambe.
L’unico problema era quella maledetta pancia che si ritrovava, che le impediva di dormirgli abbracciata.
Dannazione al bambino. Pure in quelle situazioni doveva intromettersi, maledizione.
Un rumore di ruote che sfrecciavano sull’asfalto annunciò l’arrivo di un’ora presentabile per alzarsi. Davide riacquistò lentamente la percezione dei propri sensi.
Non appena lo fece, sentì subito che accanto a lui stava dormendo la bionda ragazzina. Ma non stava dormendo dall’altro lato, come sempre aggrovigliata fra le coperte che sembrava ci avesse fatto la guerra. Stava dormendo attaccata, no, abbracciata a lui.
Essendo ancora mezzo intontito dalla dormita, non ebbe il tempo di reagire alla situazione e non se ne preoccupò. Tornò ad appoggiare la testa sul cuscino, ma così facendo sbatté piano il naso e la fronte contro le sue.
Francesca si svegliò giusto in quel momento, aprendo le iridi azzurre e alzando la testa. Le palpebre strette e cispose non focalizzarono immediatamente chi le stava accanto, ma una volta che lo riconobbe emise un gemito assonnato e lamentoso e si rituffò giù.
Lei si trovava con la testa contro il materasso, in modo da essere più sotto di lui, e da potergli sfregare il collo col volto.
Quando però lui, ripresosi dal sonno, capì che era lei che si stava addormentando di nuovo contro di lui, inizialmente ebbe un tuffo al cuore, trasformato poi nella solita sensazione.
E come si faceva ad ignorarla in quel momento?
Si sentì all’improvviso più caldo e aveva una voglia tremenda.
Senza bisogno di specificare di cosa avesse voglia, Davide mosse il braccio sinistro che era abbandonato inerte sul corpo della ragazza, avvicinandoselo di più in modo da avvertire il contatto fra le loro gambe, il torace e quella pancia enorme.
Al pensiero sorrise e Francesca notandolo si allontanò dal collo per guardarlo in faccia.
-‘ché ridi?- domandò rintronata dal sonno.
-No, così- rispose evasivo.
Le spostò i capelli che le stavano tutti appiccicati sull’orecchio, guardandola negli occhi.
Cosa gli costava, in quel momento perfetto, intimo, dove nessuno poteva vederli, sentirli o sarebbe venuto a cercarli, darle un bacio?
Uno solo, non chiedeva tanto; lei lo guardò con un’espressione che non era né arrabbiata, né maliziosa, né triste, allegra o altro. Lo stava fissando intensa, come se con il solo sguardo volesse fargli una richiesta.
Era facile dopotutto, non era complicato. Semplicemente prendere il coraggio a due mani e annullare la peraltro poca distanza fra le loro bocche.
Ma non ci riuscì.
Sul più bello, quando stava per farlo, gli venne in mente l’ipotesi che lei non volesse. Allora ebbe paura e si allontanò da quel pericoloso contatto.
-Oggi dove andiamo?- domandò la bionda, apparentemente ignara dei pensieri che avevano affollato poco prima la mente del ragazzo.
-Ho l’esame del corso-
-Oggi?-
-Sì-
Era vero, e se l’era anche scordato. Per di più non aveva studiato molto.
Poi gli venne in mente che aveva ancora qualche esercizio da fare, e qualche definizione teorica da ripassare.
Si allungò fuori dal letto con un braccio, afferrando il quaderno che stava sul comodino.
Lo prese e iniziò a sfogliarlo.
Francesca curiosa si issò sulle braccia per guardare, poi fermò ad una pagina.
-Dai ti interrogo- disse, cercando una domanda.
-Tanto non ti rispondo- sorrise lui.
-Paura?- fece provocante.
-No, è un mio metodo personale-
-Sarebbe?- domandò improvvisamente interessata lei, afferrando il quaderno dalle sue mani.
-Studio fino ad un certo punto il giorno prima, e poi basta. La mattina dopo niente ripetere-
-Io quando ho compito ripeto anche mentre il prof distribuisce i fogli...- disse la ragazzina, sdraiata a pancia in su, girando le pagine del quaderno.
-Genietta- disse pianissimo il ragazzo, quasi in un gemito, tuffandosi con la testa contro il suo collo.
-T’ho sentito sai?- fece la bionda con tono sgarbato, ma poi sorrise e ricominciò a sfogliare le pagine.
Davide stette in silenzio, senza voglia di alzarsi. Si stava così bene in quel letto, impacciati sotto le lenzuola che più che coprirli davano fastidio con quel caldo, con il sole che iniziava ad alzarsi alle otto della mattina, ma soprattutto sentire il suo corpo caldo, morbido e rotondo contro il suo.
Gli piaceva il contatto fisico con la ragazzina, lo faceva sentire bene e da tanto tempo non gli capitava di trovarsi a letto con una donna. Questo pensiero, il fatto di considerare quei momenti alla pari dello svegliarsi dopo una notte passata a fare l’amore con una, lo fece sentire strano.
Anche Francesca aveva interpretato nel modo giusto quel bisogno di contatto con lui che l’aveva spinta a dormirci assieme. Probabilmente quello che voleva da lui era più una semplice amicizia. E mentre il ragazzo le stava abbracciato anche lei si sentiva bene.
Ma si stava facendo tardi, piuttosto tardi e anche se nessuno dei due voleva interrompere quel momento intimo il ragazzo doveva alzarsi.
Quella strana situazione in cui si erano trovati quella mattina era buffa, perché non si erano mai permessi un contatto più intimo fra di loro, ma lo stare insieme senza obiettare significava che entrambi lo avevano sempre desiderato, senza il coraggio di ammetterlo.
Davide si mosse un poco, allontanandosi.
Non avvertendo più quel contatto caldo contro il corpo del ragazzo, lei si infastidì e si girò.
-Dove vai?- domandò, leggermente delusa.
-Te l’ho detto, stamattina ho l’esame-
Francesca gli restituì il quaderno e lo osservò vestirsi. Che illusa, pensò fra sé. Lui era più grande di lei e certamente la sua prima scelta, qualunque fosse, non sarebbe stata certo una ragazzina bionda, dagli occhi azzurri e grassa.
Pensando questo, triste, lo guardò mentre prendeva il suo zaino e si avvicinava al letto.
Davide, incerto su cosa dire, optò per un qualcosa che fosse abbastanza ambiguo da garantirgli una certa copertura. Si chinò sul letto e le diede un bacio sulla testa bionda.
-Spero che mi porti fortuna, genietta- le disse sorridendo.
-Spero anche io- ricambiò il sorriso.
Quando uscì dalla stanza, la sensazione delle farfalle nello stomaco non si era ancora esaurita. Avrebbe tanto voluto che quel bacio fosse stato centimetri più giù.
 
L’esame, come previsto, andò bene, anzi molto bene. Non sapeva ancora i risultati ma confrontandosi con gli altri Davide era certo di aver fatto un buon lavoro. Per questo, tornato a casa di ottimo umore, aveva preparato un bel pranzo.
-Dove stai andando?- domandò Francesca più tardi, notando che lui aveva preso le chiavi dal mobile.
-Vado a casa di mia madre. Vuoi venire con me?-
-No, assolutamente- disse categorica.
-Sicura? Non so a che ora torno- l’avvertì con la mano già pronta sulla maniglia.
-Non credo che riuscirei a nascondere questo- si indicò con le mani il pancione –e relative domande-
Davide si girò un momento verso di lei, che ne approfittò per chiedere
-Hai intenzione di dirlo a tua madre?-
-Non so. Pensavo, ma solo se tu vuoi...-
La ragazzina ci pensò un momento su e considerò che prima o poi, in un modo o nell’altro, avrebbe dovuto dirlo almeno alla famiglia, che stava per diventare papà.
Meglio poi che prima, aggiunse.
Decise che se proprio doveva farlo, sarebbe stato lui a dirlo, senza immischiarla. O quantomeno, non direttamente.
Non le andava di essere guardata male dalla madre, dalla sorella che aveva la sua stessa età, e poi di essere scocciata con tutte quelle attenzioni. Questo mai, si disse. Già non sopportava l’idea, figuriamoci con tanta gente che le ronzava attorno fastidiosa. Lei voleva che il bambino nascesse (almeno questo Davide era riuscito a ottenerlo) e che tutto succedesse in privato. Che a saperlo fossero solo lei e lui, e basta.
Così alzò le spalle.
-Se proprio devi, ma io non ci vengo a casa di tua madre-
-Quindi posso dirglielo?-
La bionda di nuovo alzò le spalle, in un gesto indifferente, e andò ad attaccarsi al computer.
Davide le gettò un ultimo sguardo, non ricambiato, e chiuse la porta.
Francesca stava su Internet, legata da un timer che le stabiliva un massimo orario, e chattava con alcuni suoi compagni.
“Beati voi che siete in vacanza” scriveva triste e mogia, preparandosi a trascorrere un altro pomeriggio in completa noia, afa e calma piatta. Era così deprimente, passare le giornate in quel modo e mangiare tanto per ingannare il tempo.
Come se non fossi già abbastanza grassa, si rimproverò mentre ingoiava un altro cucchiaio di gelato. Delusa del fatto che non sapesse resistere a quella tentazione, ormai incapace di guardarsi ad uno specchio e trovarsi carina come prima, aveva rinunciato anche alla vita sentimentale.
Non che avesse possibilità di impegnarsi in un relazione; no, non era proprio il momento. Intanto seguiva più o meno interessata le chiacchiere della sua amica che le raccontava la tormentata storiella estiva che stava vivendo. La invidiò tantissimo perché non solo aveva la possibilità di essere notata da un ragazzo, ma lo otteneva pure. Lei non aveva la possibilità, né credeva di interessare a lui.
Perché lui era molto serio, maturo e responsabile, ma soprattutto totalmente diverso da lei. Per quanto la ragazzina era irascibile, lui era paziente.
Tanto lei era volgare, lui educato. Tanto piccola e complicata, lui grande e con un atteggiamento piuttosto semplice.
Francesca si era domandata un’infinità di volte riguardo la sua vita sentimentale passata e attuale. Lei non lo sapeva, ma chissà se si vedeva con una donna. Non gliel’avrebbe mai ammesso, ma avrebbe pagato per sapere cosa combinava di sera. Prima era diversa, pensava solo a divertirsi e quando usciva con lui non le interessava se guardava le donne. Gli ultimi tempi, quando il ragazzo usciva la sera e lei restava a casa, troppo timida per farsi vedere in giro con quell’immenso pancione diventato il suo incubo, provava grande rimorso per non poter essere lì con lui.
Chissà con chi giocava a carte; anche se le portava spesso la birra, o un tè o qualcosa di fresco la sera tardi, se la trovava ancora sveglia, e le raccontava che i ragazzi sentivano la sua mancanza e lui soprattutto (perché non vinceva più) non poteva invidiare tutte quelle ragazze come lei che la sera si trovavano al parco. E in quella città c’e n’erano parecchie, di belle ragazze.
Lui era il suo esatto opposto, e come per la solita legge fisica più infallibile di una formula matematica, gli opposti si attraggono.
Che tristezza, pensò fra sé mentre chiudeva la finestra di Internet e si disconnetteva.
Poi un piccolo ma improvviso lampo la attraversò.
Aveva a disposizione il suo computer, perché non approfittarne?
Subito, incuriosita ma allo stesso tempo con un certo rimorso, indugiò sul desktop.
Poi mandò all’aria le esitazioni e iniziò ad aprire cartelle.
C’erano film, un sacco di musica, nemmeno una canzone che conoscesse. Poche foto.
Qualche ragazza, e chissà se erano le sue ex. Tutte dai capelli scuri, notò, ed era un altro punto a suo sfavore.
Erano belle ragazze, si disse, e certo nessuna di loro aveva tra il petto il basso ventre una montagna curva e tonda. Inoltre osservò che il loro reggiseno era decisamente più pieno del suo. Guardò un attimo in basso. Okay, non che possedesse proprio le misure da velina, ma non era tanto male. Poi a dir la verità, con la gravidanza e l’aumento degli ormoni e tutta quella roba lì, un vantaggio era che almeno rimediava un po’ di sostanza lì.
Più le guardava e più si deprimeva, così irritata spense il computer. Tutto le ricordava che era grassa, tutto; o almeno così le sembrava.
Nel frattempo Davide aveva trascorso un pomeriggio in compagnia della sorella e di sua madre.
Questa aveva cercato di convincerlo in tutti i modi di venire qualche sera a cenare da lei; lui aveva rifiutato più e più volte. Come avrebbe fatto a presentarle Francesca? Non poteva mica lasciarla sola.
Anche se si era prefissato di raccontare la verità, al momento di rivelarla si sentì impacciato ed ebbe paura delle conseguenze, così stette zitto.
Il pensiero di aver avuto paura di dire la verità lo tormentò in silenzio per tutta la sera. Ora capiva come si doveva essere sentita la bionda ragazzina, con tutti quei segreti.
Compensò questo suo tormento interiore ottenendo sguardi contenti e parole compiaciute per il corso che stava seguendo. Sua madre fu felicissima che finalmente il figlio avesse deciso di sfruttare quegli anni di studio in qualche modo, e anche se non lo disse Davide immaginò che avesse pensato “Se ci fosse stato tuo padre...”.
Purtroppo, e a questo non c’era alcun rimedio, suo padre non avrebbe mai saputo né del corso, né del bambino.
 
Davide tornò a casa molto più tardi, quando le nove e mezza erano passate e la lancetta lunga del quadrante dell’orologio si apprestava a superare il numero tre.
Silenzioso, perché sospettava che Francesca stesse dormendo, poggiò le chiavi, un pacco di dolci regalati dalla mamma, e iniziò a spogliarsi sedendosi sul letto.
Si era appena tolto scarpe, maglia e cintura che una sagoma emerse da dietro le tende.
Francesca era anche lei svestita, con indosso il solo pigiama: una maglietta larga e dei pantaloncini molto corti. I capelli biondi sudati le cadevano sulle spalle in due parti perfettamente uguali, spartiti dalla riga, eccetto che per quel ciuffo ribelle sul davanti che tanto la faceva dannare.
Lei dopo tutto quel pomeriggio passato a rimuginare sull’aspetto fisico e quelle ragazze trovate nel suo computer, sorrise delusa e nello stesso tempo incapace di staccare gli occhi dal suo corpo. Avrebbe tanto desiderato, pensò avvertendo una certa conosciuta sensazione in basso, che il ragazzo la prendesse e la facesse sedere su di lui. Poi l’avrebbe baciata. Ma che sciocchezza, si ammonì un secondo dopo.
Lui la guardò per un po’ sorpreso di trovarla sveglia, poi parlò per spezzare il silenzio.
-Mi dispiace se ti ho lasciata sola tutta la giornata-
-Non fa nulla- fece lei con un sorriso triste, sedendosi incrociando le gambe sul letto.
-No, sul serio. Devi esserti annoiata a morte- il ragazzo strisciò sul letto per avvicinarsi alla bionda –Cos’hai fatto?-
Lei fu sorpresa da tutto quell’interesse: non gliel’aveva mai domandato e forse significava che era veramente dispiaciuto.
-Beh, ho guardato la tv. Sono stata su Internet. Ho provato anche a cucinare la cena, ma non ci sono riuscita e allora ho mangiato quello che avevi preparato tu-
-Sei proprio negata- commentò scuotendo la testa lui.
-Stupido!- la ragazza provò a tirargli un pugno ma lo mancò.
Allora finta offesa si girò dall’altra parte, dandogli le spalle. Davide sorrise divertito e fece per avvicinarsi, per chiederle scusa, quando lei parlò.
-Ah e poi tanto c’era il bambino che mi faceva compagnia-
Lui allargò il sorriso a quella frase, ma si fece serio, arrossendo a quella successiva.
-Vuoi sentire?-
-Cosa?- domandò perplesso, parlando alle sue spalle.
-Il bambino-
Stupito in un primo momento ma poi lusingato dalla richiesta, si incuriosì di quelle sue parole e decise di vedere fin dove voleva arrivare.
-E come si fa?- chiese.
Francesca rise un poco, poi tornò seria e voltò la testa per guardarlo, senza girare il busto.
-Vieni-
Aveva sul volto un broncio sensuale, invitante e dannatamente eccitante.
Ormai incatenato e preso dallo sguardo che gli aveva lanciato, Davide si inginocchiò dietro di lei.
La ragazza bionda gli prese le mani e le portò piano sulla sua pancia rigonfia, tenendole ferme.
-Se sei fortunato lo senti pure calciare- disse.
Come erano piccole le sue mani rispetto a quelle del ragazzo, si disse. Quelle di lui potevano contenerle senza sforzo.
Davide si avvicinò di più a lei, abbracciandola da dietro.
-Soffri il solletico?- disse poggiando davvero le mani sul pancione.
-Ti piacerebbe vero?- lo schernì la ragazzina, però divertita dalla situazione. In realtà lei non credeva davvero che lui avrebbe accettato di sentire il bambino, ma visto che aveva acconsentito tanto valeva approfittarne. Chissà che in quel momento il bambino che tante volte la tormentava, di notte soprattutto, non decidesse di sferrare un bel calcio sulle mani del papà. Questo per sua sfortuna non accadde, ma più di tanto non le importava.
Davide prima si vergognava anche solo di toccarlo, quel pancione e non perché gli facesse schifo, ma perché lo considerava come un qualcosa di sacro, inviolabile e delicato. Ma adesso che ci aveva preso confidenza, lentamente iniziò ad accarezzare la pelle.
Francesca smise di sorridere e si fece seria quando sentì che le mani di lui non si stavano limitando solo a sentire. Era una sensazione veramente piacevole, stare lì in silenzio, senza nessun rumore che non fosse il loro respiro, e sentire le mani del ragazzo massaggiarle quel suo incubo.
Veramente piacevole.
E nella stanza piccola, buia eccetto la luce bassa che veniva dalla lampada e dava al tutto un’atmosfera più intima, la tensione si stava trasformando lenta, come un vino a riposo che lievita, in eccitazione.
Francesca arrossì e non per vergogna quando sentì le sue dita sfiorarle, seppur da sopra la maglietta l’ombelico. Chiuse gli occhi e inclinò leggermente la testa indietro, godendosi appieno la sensazione.
Anche per il ragazzo, i movimenti ora non erano più dettati dalla semplice e pura affettuosità, ma dall’eccitazione di percorrere finalmente con le proprie mani quel corpo che tantissime volte si era trovato ad osservare languido.
La bionda ad un tratto girò la testa verso di lui. Non aveva gli occhi aperti, ma socchiusi e il suo respiro stavolta non caldo per la rabbia sbatteva contro le labbra di lui.
Davide rimase stupito.
Francesca cercava la sua bocca.
 
Il primo bacio fu quasi timido, come se entrambi avessero paura di farlo. Poi lei gli bloccò le mani sul ventre e appoggiò le labbra alle sue. Davide non fu così bravo come prima a reprimere l’eccitazione e la voglia che si sentiva addosso da un sacco di tempo.
Più convinto, più voglioso ed eccitato le mise gentilmente una mano fra i biondi capelli, facendoseli scorrere fra le dita lenti, e congiunse le loro bocche in un bacio vero.
Sembrava che quel momento fosse stato programmato da tanto tempo e che finalmente fosse venuto il momento di metterlo in scena.
Quanto tempo era che Davide non provava l’ebbrezza di sentirsi unico insieme a una donna, insieme a lei, ma era deciso a recuperare tutto il tempo perso.
Si staccarono lentamente, con i respiri che ansanti si sovrapponevano. Come se entrambi non ci credessero, stettero fermi, in attesa di qualcuno che gridasse ‘no, fermi!’. Ma nessuno sarebbe venuto a fermarli.
Davide non riuscì a stare buono per molto tempo; non ora, non adesso, non con lei.
Come era buona la sua bocca, pensò distrattamente eccitato ricominciando a baciarla.
Francesca ricambiava di buon grado le sue attenzioni, girandosi di più e lasciandosi toccare. Nemmeno lei sapeva cosa esattamente stesse succedendo e come fosse successo, ma di certo le piaceva e non voleva smettere.
Non seppero come, ma poco dopo lei era sdraiata fra le lenzuola del letto e lui le stava sopra.
Davide non sapeva bene come muoversi con quel pancione ingombrante; così stava, un po’ scomodo, piegato sulle ginocchia e la sovrastava.
Per la prima volta si guardarono negli occhi e il suo era liquido, intenso mentre quello della ragazza quasi indecifrabile. Ad un tratto lei si alzò per prendergli il viso fra le mani, baciandolo veloce sulla bocca più volte, tirandolo giù, su di sé.
Il ragazzo era costretto ad incurvarsi per non pesarle, il che procurava fastidio. Francesca sorrise e sempre tenendogli le mani sul viso iniziò a mordere e succhiare il suo labbro inferiore.
Tutta l’eccitazione, le emozioni, gli sguardi, i pensieri che aveva provato in quei mesi, esplosero in Davide con la stessa forza di un fiume in piena, che rotti gli argini non trova più ostacoli e investe la ragione senza darle possibilità di appello.
-Sei bellissima- le ripeteva in un sussurro roco, come un mantra e la spogliava lentamente, senza fretta ma godendosela tutta.
Lei sospirò di piacere mentre lo sentiva scendere giù a coprire di attenzioni i suoi seni, resi più turgidi e rossi come le guance della ragazza che lui tanto si divertiva a schernire.
Il ragazzo ebbe un’idea improvvisa e si tirò leggermente indietro col corpo. Poi incominciò a ricoprirle di baci semplici, leggeri il basso ventre, salendo sulla pancia. Piano piano poi scese, percorrendone tutta la curva. Di nuovo la ragazzina sospirò arrossendo di piacere. Faceva terribilmente caldo ora in quella stanza, ma aveva l’impressione che ciò non fosse determinato dalla temperatura esterna.
Lui risalì lento, soffermandosi a lungo, sentendola gemere soddisfatta e ansimare vogliosa e impaziente. Arrivò in cima, baciandole il collo e sdraiandosi accanto a lei.
Francesca si girò per quanto poteva, attirandolo a sé e baciandolo sulla bocca.
Lui le accarezzò i ciuffi biondi, lasciandola fare. E forse per una notte, entrambi desideravano non addormentarsi mai.
 
La mattina dopo erano ancora nella stessa posizione, ancora impegnati a baciarsi appassionatamente come se volessero recuperare tutto il tempo perso, per paura che stesse per finire.
-Non ho detto nulla a mamma- disse all’improvviso lui.
-Cosa?- fece la ragazza, ancora impegnata a baciarlo.
-Non le ho detto nulla- ripeté.
Francesca si staccò e lo fissò perplessa, aggrottando le sopracciglia. Le ci volle qualche attimo di più per capire di cosa stesse parlando il ragazzo, tutta presa dalla nuova situazione.
Quando capì a che si riferiva, rimase un poco delusa.
-Perché non gliel’hai detto?- domandò.
Davide evitò accuratamente di guardarla mentre diceva
-Mi sono vergognato-
Lei alzò un sopracciglio.
-‘A**o- incominciò facendo ruotare in cerchio la mano, come a dire ‘caspita’ in senso ironico –a me mi fai tutta la morale, le prediche e poi non sei nemmeno capace di mettere in pratica quello che dici-
Improvvisamente irritata si allontanò da lui e si sedette, riaggiustandosi i capelli.
Davide si rese conto tardi di aver procurato un guaio.
-Oh senti non è così facile! Che penserà di me sapendo cos’è successo?- aggiunse, raggiungendola.
-Ah certo. Però quando ho dovuto dirla io la verità, era tutto facile vero?-
Non gli piaceva affatto il discorso che stavano incominciando, e conoscendo la sua indole facilmente irritabile doveva affrettarsi a mettere a posto le cose prima che lei si incavolasse.
-Va be’ dai... glielo dirò...-
-Quando?-  la bionda lo guardò seria e scettica.
Maledicendo il suo carattere scontroso e volubile, fu costretto però ad acconsentire.
-Presto- disse.
-Davvero?- lei era sarcastica e non credeva affatto che lui volesse farlo.
-Promesso. Davvero-
Lei scivolò giù dal letto con uno sbuffo ironico e si alzò in piedi.
Davide si accigliò, irritato dalla sua aria di superiorità.
-Senti tu ce l’hai fatta, e sei stata bravissima, ma per me è più difficile-
Francesca alzò un sopracciglio, guardandolo.
-Per te è difficile? E per me che non vedevo Damiano da tre-quattro mesi?-
Totalmente sconfitto, vedendo che non voleva ragionare o incoraggiarlo, lui alzò le mani e scese dal letto senza guardarla, con un broncio irritato sul volto.
La ragazza notò il suo atteggiamento e perplessa ci pensò su, quando il ragazzo uscì dalla stanza.
Aveva forse esagerato? In fondo era solo quello che pensava. L’aveva mica offeso?
Non era proprio nei suoi principi, ma forse sarebbe stato carino chiedergli scusa; non voleva litigare, non adesso.
Vestitasi lo cercò, trovandolo seduto davanti al computer.
Mordicchiandosi il labbro si avvicinò e si schiarì la voce.
Davide alzò lo sguardo e rapido lo abbassò, tornando a guardare lo schermo.
-La colazione sta sul tavolo- la informò.
Caspita, se l’era presa sul serio. E poi era lei quella suscettibile e permalosa.
Gli scivolò in grembo, costringendolo a fissarla.
-Dai scusa, forse ho esagerato un po’- cominciò.
Lui alzò un sopracciglio, quasi incredulo, sentendo le sue scuse.
Vedendo che non rispondeva, lei riprovò.
-Mi spiace se ti ho detto così, dai... non volevo- aspettò un po’ e lo fissò di sottecchi –ti sei arrabbiato?-
A quella domanda prima il ragazzo si mostrò indifferente, ma poi non riuscì a trattenere un sorriso.
-Non mi sono arrabbiato. Non crederai che sia così facile farmi arrabbiare?- la stuzzicò, ma ormai non era più offeso.
Francesca fece un gran sorriso, sollevata, e gli scoccò un bacio sonoro sulla guancia.
-Ti alzeresti per favore?- domandò Davide.
-Perché? Che, ti vai a vedere qualcosa di porno?-
-No è che sai, pesi-
Questo non doveva dirlo perché anche se lei si alzò, gli mollò un pizzico sulla spalla che ancora un po’ gli bruciava.
Questa fu la prima di una lunga serie di piccoli litigi, seguiti però puntualmente da una pace, anche se temporanea. Non avevano alcuna intenzione di arrabbiarsi l’uno con l’altra, tutt’altro, invece passavano un sacco di tempo nel letto. Ma era come un gioco, una sfida fra i due, per vedere chi cedeva prima.
Chi lasciava vincere chi.
A volte Davide perdeva apposta, umiliandosi, solo per il gusto di vederla smettere quel broncio dalla faccia. Le dava quasi sempre la vittoria anche perché una volta iniziata la sfida, era estremamente faticoso sostenere il confronto con lei. E Davide si domandava cosa sarebbe successo allora quando non avrebbe avuto più quel pancione a farle da ostacolo.
Francesca sfogava tutta l’ansia per il bambino, per il giorno che sempre più si avvicinava, stuzzicando il ragazzo, sia fisicamente che a parole, e passandoci tutto il tempo insieme.
Settembre sembrò volare, tanto che arrivò il giorno di tornare a scuola.
Damiano venne a trovare i due ragazzi un giorno, e insieme decisero che lei avrebbe continuato la scuola.
Il ginecologo, nell’ultima visita mensile, aveva predetto che il bambino sarebbe nato i primi di ottobre, come la mamma d’altronde.
Per un paio di giorni la ragazzina era andata a dormire a casa di Damiano, era andata a scuola, non senza polemiche e vergogna, solo per il primo giorno. L’uomo parlò con il preside, i suoi insegnanti e spiegata la situazione la bionda prese tre presenze e per il resto del mese si decise che sarebbe stata a casa.
Proprio una sera di settembre si trovavano a casa tutti e due. Davide era incollato allo schermo per seguire una partita di calcio.
Francesca diceva che lui era un tifoso atipico. Mentre lei, giusto per passare il tempo, si piazzava insieme a lui davanti allo schermo, sceglieva sul momento la squadra per cui tifare (di solito l’avversaria di quella di Davide) e si esaltava, infuriava e scattava per quello che accadeva, lui no.
Davide stava in silenzio, concentrato sullo schermo e senza dire una parola. Che segnassero gli avversari o la sua squadra non faceva una piega.
-Ma che stupido quel portiere oh, non ne piglia una ca**o!- esclamò irritata.
Quella volta tifavano entrambi per la stessa squadra, evento raro, e lei era seduta sulle sue gambe abbracciata da lui.
Davide la trovava molto fastidiosa perché lei che gli si strusciava addosso e i suoi commenti poco educati e pronunciati a voce alta, gli impedivano di seguire il gioco.
-Oh ma che significa? Perché l’arbitro va alla panchina?- domandò perplessa indicando la maglia giallo fosforescente.
Il ragazzo la abbracciò e si appoggiò sulla sua spalla, spiegando paziente
-Ha espulso l’allenatore-
-Ah sì? E che mi rappresenta? Cioè... mica gioca!-
-Ha protestato troppo-
-Eh va bè...-
Lui sorrise sornione.
-Tu non potresti fare mai l’allenatrice. Ti espellerebbero ad ogni partita e saresti tu ad infortunare i giocatori negli allenamenti-
-Però vincerebbero- precisò sorridendo anche lei.
Poi iniziò a prendere di mira i giocatori e l’arbitro, aggiungendo insulti su insulti. Davide faceva fatica a tenerla buona, e l’unica maniera di farla star ferma era dedicarle il maggior numero di attenzioni.
Il problema era che una volta offerta la mano, lei si prendeva tutto il braccio. Ovvero da piccoli e affettuosi baci sul collo si arrivò a stare sdraiati sul divano, dimentichi della partita.
Il ragazzo cercò di divincolarsi ma invano, tirato giù maliziosamente e con forza soprattutto.
-Lasciami guardar la partita- protestò debolmente lui, tutto succube della bionda.
Non lo ascoltò, tornando a seviziarlo più per dispetto che per voglia, con un piccolo ghigno sulle labbra.
-Ma come si fa a liberarsi di te?-
Inavvertitamente schiacciò col gomito un tasto del telecomando, girando dal campo verde di gioco sul quale si disputava la partita ad un canale locale. Sul quale si stava per l’appunto trasmettendo una chat erotica, con tanto di numeri in sovraimpressione.
Francesca alzò la testa da lui, puntandola sullo schermo. Sorrise maliziosa e guardò il ragazzo.
-Cos’è, non ti basto più? Vuoi le conigliette?-
-Ma che dici...- borbottò Davide imbronciato, affrettandosi a cambiare.
A metà strada lo fermò.
Stupito e accigliato la osservò sederglisi in braccio per coprirgli la visuale, poi prendergli il viso fra le mani e baciarlo lenta. Questo, aveva imparato, come quando le si stringevano gli occhi era un segno. Aveva voglia di qualcosa.
Si sfregò contro il suo naso e mormorò
-Facciamo l’amore?-
Davide arrossì e interdetto dal calore, dall’innocenza con cui l’aveva chiesto non rispose subito.
Si staccò lento dal suo bacio e anche controvoglia, poi sorrise.
-Ma cosa dici?-
La bionda lo guardò piegando la testa da un lato.
-Cosa vuoi dire?-
-Che voglio guardare la partita-
Con un rapido scatto afferrò il telecomando e riportò sul campo da gioco. Scoprirono entusiasti che la squadra per cui tenevano era in vantaggio e si precipitarono a seguire il match. Davide la abbracciò e le diede un bacio fra i capelli sudati. Come gli piaceva essere preso in giro da lei.
 











Ah, la Curva Nord sarà felice ora... grazie a tutti quelli che seguono e commentano la storia.

FeFeRoNzA: bene, accontentata, il loro rapporto si è evoluto. O è rimasto tutto come prima infondo?                                                                                                          

Marty McGonagall: mmm... credo di aver capito cosa vuoi dire, Martina. Significa che magari ci sono passaggi che 'trascinano' la scena, che sembrano messi lì solo per occupare le righe? 
In effetti il precedente capitolo era, forse, il più inutile di tutti; non aggiungeva molto alla trama. Ecco, mi preoccupa che la storia e i personaggi siano coerenti e che non risultino troppo "finti". Ehm... Non so se mi sono espresso bene.
Mi fa tanto piacere che apprezzi il modo in cui descrivo, e pensare che era una delle cose che mi erano più difficili. Questo fatto di descrivere 'a mo' di film' beh, non sei l'unica che lo ha detto,  quindi forse sarà vero? Ora però devi farmi la ola...eh...

GinTB: certo che mi mancava la tua opinione. E hai ragione, meglio tardi che mai. Grazie d'aver recensito.

Jiuliet: d'accordo, farò tesoro di questo segreto, e sono felice che tu riesca a capire Francesca meglio che Davide (poi mi insegnerai come si fa?) perchè significa che l'ho descritta bene, in modo soddisfacente e reale. Credo.

Devilgirl89: e mi sa che a metà dobbiamo fare, sì. C'ho pensato, ho riflettuto, e posso concludere che Davi è sempre meglio di Davidino. Ergo sì, puoi usarlo.  Bene, spero che il ricordo che ti ho risvegliato sia un ricordo felice. Grazie dei complimenti.

MissQueen: Valentina... non puoi dirmi che odi la matematica. No. Perchè tutti odiano la matematica? (Ecco la mia, di domanda esistenziale). Se potesse aiutarti sono certo che Davide sarebbe ben felice di farti ripetizioni, a meno che nelle ripetizioni tu non nasconda un secondo fine... uhm... Sai credo che Francesca non sia come Davide, cioè come puoi leggere i suoi sentimenti 'esplodono' tutti ad una volta. Immagino che se stessero insieme... giudica tu come si comportano

Emily Doyle: 'Crescono insieme'. Questa sì che è una bella frase e sono felice che i personaggi si ''evolvano'' piano piano.

Urdi: Tu. Dio. Dannazione.
Tu hai commentato un sacco di capitoli, anche se potevi recensire soltanto l'ultimo. Innanzi tutto ti ringrazio per i complimenti (forse esageri, eh, ma fa piacere lo stesso ovviamente). Mi sono letto con molta attenzione tutte le tue recensioni, e vedrò di riassumere le frasi che mi sono piaciute di più.
"Non finisci mai in sbrodolature sentimentali patetiche e scrivi senza tanti fronzoli di cose anche spinose." Questo è ciò che dice anche la mia professoressa d'italiano, che non mi perdo in chiacchiere (ma lei lo fa con tono dispregiativo). Ricevere tante recensioni è bello anche perchè ognuna di voi riesce a cogliere sfumature diverse di un capitolo. Mi fa piacere che tu abbia apprezzato come ho descritto la parte in cui Francesca vomita. "francesca vede o tutto bianco o tutto nero," ed è anche questo esatto.
La mia paura era che Francesca non risultasse 'reale'. "Di sicuro se una ragazza legge quello che scrivi rimane con gli occhi sgranati, perché è qualcosa che prende allo stomaco, da quanto è ben raccontato."
Forse è insolito, ma rende l'idea. Grazie.
"quasi brilla di luce propria!" Che bella frase. Ma come ho detto anche a lei, tu esageri dicendo che è la migliore storia di Efp, perchè non è assolutamente vero, andiamo. Per scrivere il pezzo che ti ha colpito nel capitolo 10 -parte 2-, mi sono un poco ispirato a " Se", di Rudyard Kipling, a dir la verità.
"Francesca piano piano è cambiata e si sta rivelando una vera donna. Mi è piaciuto molto il fatto che sia "cresciuta" tanto rispetto all'inizio della storia " ecco brava, hai colto nel segno. Francesca cresce e si trova donna prima ancora che sia il momento giusto.  Contento che ti piaccia anche Davide, e per amor suo, non fare la bastarda come Francesca col tuo ragazzo. Un'ultima frase mi ha colpito. "hai descritto lei così bene che mi è venuta voglia di disegnarla!". Wow ma ora, ti prego, devi farlo... per favore. Se l'hai detto...
Dunque, mi hai lasciato 7 recensioni. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie. Grazie.
  
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