Haruka ½
Haruka
stava stringendo a sé quel corpo minuto ed esile, il ché
non gli piacque per niente: non fu il fatto d'aver aiutato una
persona che era chiaramente in difficoltà a causargli tale
sensazione, ma bensì la chiara evidenza che il suddetto
individuo fosse una ragazza.
Haruka
Saotome odiava le ragazze. Le odiava tremendamente, non riusciva
davvero a sopportarle, chiunque loro fossero per lui non faceva la
differenza. Non le sopportava e basta.
Nagisa
strinse le palpebre e sussultò per l'inaspettato gesto che il
ragazzo dai capelli vermigli aveva compiuto nei suoi confronti.
D'improvviso, ella avvampò, percependo il calore corporeo e il
battito cardiaco altrui.
Erano
fin troppo vicini. Non era mai stata così vicina ad una
persona prima di allora, nemmeno coi suoi genitori o il suo
fratellino più piccolo era mai stata talmente appiccicata,
figuriamoci con un ragazzo; per non parlare d'un ragazzo atletico e
promettente come il nostro caro Haruka.
Si
stava agitando, il viso era divenuto completamente paonazzo; le
labbra spalancate e leggermente tremule, gli affilati canini che
s'andavano a conficcare sulla carne inferiore d'esse, con una lieve
pressione.
«Merda,»
il ragazzo ringhiò tra i denti «Se l'è svignata,
quel maledetto».
Nagisa
alzò piano il volto, finché non ebbe sulla propria
visuale il bel delineato viso del giovane Saotome, il quale andò
successivamente a lanciarle un'occhiata gelida e diretta.
«Stai
bene?» le aveva domandato, mettendosi in piedi e issando senza
alcun consenso l'altra. Una volta accertato che i piedi d'ella la
reggessero in equilibrio sull'asfalto, Haruka si voltò in
direzione del Liceo Superiore ch'egli frequentava, ficcando la mano
destra all'interno della medesima tasca della felpa blu chiaro.
La
fanciulla sussurrò un flebile «Sì», il viso
chino sulle scarpe bianche ginniche a lei appartenenti, le mani che
si torturavano l'un l'altra quasi con timore. Un occhio curioso, poi,
sbirciò il ragazzo incamminarsi, notando i quattro piercing
per tutta la lunghezza dell'orecchio destro: era davvero molto
moderno, quel ragazzo. Non indossava nemmeno l'uniforme scolastica;
questo stava a significare che lui era... era uno di quei tipi che
venivano etichettati come -ribelli-?
“Probabilmente”,
pensò Nagisa “Sarà
davvero popolare, tra le ragazze”.
«E-ehi!»
lei si guardò intorno velocemente e poi corse dietro al rosso,
sfiorandogli accidentalmente un braccio. Lui girò il volto in
sua direzione, cominciando a sentire l'irritazione sulle tempie.
La
castana inghiottì il groppo ch'aveva in gola, «Vo-volevo
ringraziarti, per prima!»
Haruka
si fece di qualche passo lontano, l'espressione che non accennava a
volersi mutare «Oh,» fece, fissandola «Nessun
problema».
Quell'espressione
e quella serietà mettevano la timida Nagisa davvero in
soggezione: sembrava sul serio che lo stesse distraendo da qualcosa
di davvero importante.
«Beh,
devo andare» si liquidò immediatamente Haruka, il quale
non voleva di certo arrivare in ritardo il primo giorno di scuola.
Così
Nagisa rimase immobile, fissando lo sconosciuto ragazzo dai capelli
rossi andarsene via con aria indifferente alla faccenda – e a
quanto pareva, per tutto ciò ch'egli aveva attorno –.
Ella
portò l'attenzione verso Shirokuro, la canide stava facendo
capolino da dietro un palo della luce e stava fissando la padroncina
con intensità.
Nagisa
le andò incontro e, posandole una mano sul capo, sospirò
piano, come se qualcosa dentro sé l'avesse delusa.
«Su,
bella. Torniamo a casa...»
Shirokuro
abbaiò ed infine si mise di fianco alla giovane, pronta ad
aiutare la fanciulla a ritrovare la strada per ritornare a casa.
*
* *
«Pronto?»,
Nodoka aveva appena afferrato il telefono senza fili ed aveva
accettato la chiamata «Oh, Kasumi! E' davvero bello risentirti,
va tutto bene?» la donna rise, portando una mano vicino alle
labbra «Sì, anche noi. Tuo padre come sta?»
Nodoka
restò a parlare con Kasumi per qualche minuto circa, poi
disse: «Beh, certo che ci saremo, mia cara.
A
stasera!»
In
quell'esatto istante Akane passò per il corridoio,
asciugandosi le mani impastate sul grembiule a quadretti rosa e
bianchi «Chi era?», domandò quindi, ella.
«Tua
sorella Kasumi. Sai com'è apprensiva per certe cose
riguardanti la famiglia» Nodoka portò poi una mano sulla
guancia, «Cielo, Akane. Ti serve per caso una mano?» le
domandò la suocera, mentre la donna dai capelli corvini
arrossiva con leggerezza. Sul naso e sulle guance un pizzico di
cenere che stava a significare solo una cosa:
La
cucina messa a soqquadro.
*
* *
«Sono
a casa!», esclamò Haruka, rincasando e facendo per
togliersi le scarpe rosse.
Akane
gli urlò dalla cucina «Bentornato, tesoro!» e
Haruka fece spallucce, per poi raggiungere la madre laddove ella era.
«Ciao,
mà, nonna» salutò il ragazzo, puntando gli occhi
azzurrini sulle due donne «Cosa state facendo?»
«Un
dolce per tuo nonno Soun» disse Nodoka, accennando sulle labbra
un piccolo sorriso «Te lo sei dimenticato? Oggi compie gli
anni, quindi dobbiamo fargli una sorpresa».
Il
giovane tacque, così Akane lo avvertì senza troppe
cerimonie, «Ti conviene andarti a fare un bel bagno caldo prima
di andare: tuo padre e tuo nonno Genma sono già belli che a
mollo».
«Okay»
fu la risposta secca di Haruka, prima di lasciare definitivamente
quella stanza.
«Non
trovi anche tu che Haruka sia un così bel tenebroso, Akane?»
se ne uscì sognante la più anziana, emettendo un
risolino «Così virile!»
La
corvina fece cadere la frusta per montare la panna sul pavimento, non
appena udì le parole di Nodoka. Akane sbatté le
palpebre più e più volte, per poi ridacchiare con un
po' d'imbarazzo.
*
* *
«Fortunatamente
siamo tornate sane e salve... Shirokuro, sei una grande!»
Aveva
esclamato Nagisa, strusciando il viso su quello tutto pelo
dell'animale, il quale non esitò a scodinzolare per la
felicità.
Dopo
qualche secondo, ecco che la porta di casa si spalancò,
facendo udire alla giovane l'inconfondibile tintinnìo dei
campanellini posizionati in alto alla porta, come decorazione.
«Ehi,
Nagisa-bella di papà! Siamo tornati!» Ryoga aveva fatto
la sua entrata in scena, ed insieme a lui vi erano anche sua moglie
Akari, e Hiroshi, il fratellino della timida Nagisa. Quest'ultima
s'alzò e andò incontro ai suoi famigliari, felice
finalmente di poterli rivedere.
«Come
mai ci avete messo così tanto?» la risposta la giovane
già la sapeva, ma fare un po' di conversazione famigliare non
avrebbe fatto loro di certo male. Ciononostante, doveva rimanere in
silenzio riguardo l'uscita clandestina di quella mattina; altrimenti
suo padre si sarebbe davvero arrabbiato con lei, e lui non ne
avrebbe, di conseguenza, mai più avuto fiducia.
«Tuo
padre diceva tanto di aver trovato una scorciatoia», aveva
iniziato Akari, i capelli color pece raccolti in un ordinato chignon
alto «... e alla fine siamo finiti ad Okinawa».
«E'
stato molto divertente, sorellona!» esclamò Hiroshi,
ridendo allegramente; il viso così simile a quando Ryoga era
un bambino di soli sette anni. Due vere gocce d'acqua, sebbene il
piccolo Hiroshi fosse certamente più vivace e spedito: quindi
il suo opposto «Un granchio si era impigliato ai capelli di
papà e non si scollava più! E' stato uno spasso!»
Ryoga
testò se i suoi lunghi capelli fossero ancora intatti: v'era
stato parecchio tempo per farli diventare così tanto lunghi, e
quel granchio stava per rovinare tutta la sua preziosa fatica durata
anni.
«Non
ha più importanza, questo!» aveva esclamato l'ormai
padre, volgendo il viso altrove per l'imbarazzo. Akari rise
leggermente, «Oh, quasi dimenticavo!» Disse la donna,
alzando un indice verso l'alto «Prima mi ha chiamato la
signora
Kasumi, ci ha tutti invitati
alla festa di compleanno di suo padre. Dato che mi sembrava scortese
rifiutare le ho detto che ci saremmo andati: sono sicura che non ci
annoieremo, lì a casa dei Tendou!»
Quando
ancora erano in macchina, Ryoga quasi non causò un incidente
stradale non appena udì quel cognome: avrebbe rivisto Ranma e
il suo primo amore Akane dopo tanto tempo, perciò non aveva
idea di come avrebbe reagito una volta incontrati faccia a faccia.
Era
a conoscenza, tuttavia, che i due avevano avuto un figlio: si
chiamava Haruka. Lo sapeva perché l'ultima volta che s'erano
visti era stato all'ospedale, quando Akane aveva dato alla luce il
pargoletto. C'era anche da dire che quel maledetto di Ranma, quando
era stata sua moglie a partorire la primogenita Nagisa, non s'era
degnato nemmeno di inviare una semplice cartolina.
Ma
nonostante Ryoga Hibiki fosse ormai sposato, quella fetta d'amarezza
era stata sin troppo dura da digerire, e non faceva che tormentarsi e
sentirsi in colpa per questo: amava Akari, davvero tanto, ed il suo
amore era sincero, ma Akane non avrebbe mai potuto dimenticarla,
perché egli non ne aveva il coraggio.
Il
capo famiglia non disse niente, si limitò solamente a fare un
lieve cenno col capo.
«Sono
dei vostri amici?» aveva domandato Nagisa, osservando i
genitori.
Ryoga
le si avvicinò e le scompigliò i capelli con una mano,
disegnando sul suo volto un sorrisino
«Una
specie».
*
* *
«Ecco,
lo sapevo!» brontolò Akane «Adesso siamo in
ritardo!»
Ranma
fece un veloce cenno con la mano e poi disse «Macché
ritardo, tu ti preoccupi per niente, te lo dico io!»
«Hai
voglia di litigare, per caso?» aveva risposto con prontezza la
moglie, tenendo stretto al petto il pacco regalo, mentre Ranma aveva
sopra il palmo d'una mano il dolce impacchettato per il festeggiato.
Il
codinato girò il capo offeso, borbottando qualcosa di poco
carino nei confronti della consorte: Haruka lo udì, ma scelse
di far finta di non aver sentito alcunché.
La
corvina diede una veloce occhiata agli altri, successivamente fece
per suonare il campanello di casa, ma qualcuno aprì l'enorme
portone prima del previsto.
«Avvertenza
immediata: ti conviene spendere solamente duemila e cinquanta yen, o
per te, lo giuro, saranno guai seri».
«Nabiki?!»
fece Akane, sgranando di poco gli occhi. La sorella maggiore sbatté
le palpebre e subito dopo si rivolse a chi aveva oltre la cornetta
«Richiamami, quando hai finito» e dopodiché
riattaccò, ficcando lo smartphone all'interno della giacca
firmata di pelle nera «Oh, ciao, sorellina. Come va la tua vita
da casalinga?»
Akane
non poté che guardarla in malo modo, storcendo le labbra, ma
assumendo tuttavia un atteggiamento altezzoso: «A gonfie vele,
caro il mio avvocato».
Nabiki
sorrise, in successione rivolse l'attenzione al ragazzo dal crine
scarlatto «Sei davvero molto cresciuto dall'ultima volta che ci
siamo visti, Haruka».
«Già»,
le rispose lui, che per l'occasione aveva indossato una semplice
camicia nera e dei pantaloni del medesimo colore: questi eran
strappati da davanti, molto moderni per la generazione d'oggigiorno,
ma strani per quella che la precedeva.
*
* *
«Vi
ringrazio tutti di cuore!» Soun dovette trattenere le lacrime
per la troppa commozione: Kasumi era stata davvero una brava
organizzatrice.
«V-v-v-visto,
K-K-K-Ka-Kasumi? E' a-a-a-andato tutto p-p-per il me-meglio...»
balbettò Tofu, andando come sempre in brodo di giuggiole ogni
volta che aveva di fronte la moglie.
La
donna rise dolcemente, congiungendo le mani innanzi al viso.
«Sono
così felice» ammise ella, osservando il padre
emozionarsi di fronte a tutte quelle persone a lui care.
«Bravo,
Soun! Continua così, sono davvero fiero di te! Ha-ha-ha!»
Ovviamente,
poteva mancare all'appello il buono e caro vecchio Happosai? Il
quale, per ovvi motivi, si era trasferito da Ranma e famiglia.
Soun,
che prima era visibilmente allegro, divenne alquanto nervoso e
agitato. L'uomo si avvicinò al vecchio e lo abbraccio
fortemente: cos'erano quelle che aveva sulle gote? Ancora lacrime di
gioia?
«Mi
siete davvero mancato, Maestro!»
Erano
lacrime di disperazione,
a dire il vero.
Kasumi
rise leggera «Sapevo che gli sarebbe piaciuto rincontrarlo!»
affermò, poi parve sovrappensiero e subito dopo ella s'alzò
da tavola «Sarà meglio andare a preparare del thé.
Prevedo che la serata sarà un po' movimentata».
Canticchiando,
ella sparì nei meandri della cucina.
Intanto,
Haruka, che se ne stava seduto in un angolino dell'enorme giardino
dell'abitazione, all'aperto, rimase a fissare le miliardi di stelle
sconfinate là, in alto nel cielo. Nagisa se ne stava
inginocchiata innanzi al laghetto, dove colorati pesci danzavano
lenti e inesorabili. Hiroshi si divertiva un mondo ad infastidirli
con l'ausilio d'un bastoncino di legno.
«Lo
prendo! Lo prendo!» fece il bambino, sbattendo qua e là
ciò ch'aveva in mano, facendo schizzare l'acqua un po'
ovunque.
«Hiroshi,
smettila!» si lamentò Nagisa, alzandosi e allontanandosi
prima che il fratellino facesse qualcosa di davvero peggiore e si
bagnasse interamente il corpo.
In
quell'attimo, ella si strinse per le spalle, puntando lo sguardo sul
ragazzo dai capelli rossi.
Certamente
era rimasta a dir poco sorpresa nel rincontrare nuovamente quel
ragazzo: Nagisa aveva pensato che non l'avrebbe più rivisto
dopo quella mattina, e invece, la sorte aveva voluto farli incontrare
ancora una volta. Che strano, a volte, il
Destino.
Nagisa
fece per rientrare dentro e sedersi di fianco alla madre, quando, di
colpo, si sentì una chiarissima voce sbraitare con disappunto.
«Mi
spieghi cosa diavolo significa questa, dannato di un Ranma?!»
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