Romeo
Perché sei tu Romeo?
Da quasi mezz'ora ormai stava facendo avanti e indietro per il salotto.
«Rinnega tuo
padre, rifiuta il tuo- no, non va bene
dannazione.»
Era un tranquillo venerdì pomeriggio, Eren era uscito da
molto
con un suo amico - un biondino che aveva visto più volte
anche a
scuola - mentre Levi era rimasto a
casa, intento a provare quel pezzo.
No, quel pezzo che aveva scelto personalmente.
La settimana scorsa il suo maestro di recitazione aveva chiesto a lui
e a i suoi compagni di provare qualcosa e recitarla alla
prossima
lezione. E cioè l'indomani.
A causa della scuola e altri piccoli impegni, il giovane Ackerman aveva
completamente rimosso dalla sua testa la richiesta dell'insegnante, e
adesso, nella disperazione pura, cercava di far suonare quanto meno
tremenda possibile la sua interpretazione di Giulietta.
Perché Shakespeare, poi? Come gli era venuto in mente di
scegliere la scena del balcone di "Giulietta e Romeo?"
Sbuffò.
«O Romeo,
Romeo, perché sei tu Romeo?»
In quell'esatto istante, il suo coinquilino fece silenziosamente
ritorno. Quando si accorse di quello che stava succedendo nel salotto,
si fermò sulla soglia della porta per osservare con un misto
di curiosità e ammirazione Levi che recitava.
«Rinnega tuo
padre, rifiuta il tuo nome, o, se non vuoi, giura che mi ami, e io non
sarò più una Capuleti.»
Levi si fermò, lo guardò per un attimo, e per
qualche secondo pensò che la finestra non era poi tanto
distante, e tentare il suicidio non era poi una cattiva idea: non c'era
cosa che lo imbarazzasse più dell'essere visto mentre
provava.
«Devo
continuare ad ascoltarla oppure rispondere a ciò che
dice?» recitò Eren sorridendo.
Conosceva il pezzo.
Lo guardò con tanto d'occhi, senza proferir parola,
improvvisamente muto.
«Non hai un copione o-»
«È
solamente il tuo nome ad essermi ostile: tu saresti sempre lo stesso se
non fossi un Montecchi. Non e' una
mano, o un braccio o un viso, nè un'altra parte che
appartiene ad un essere umano.
Oh, sii qualche altro nome! Quello che
noi chiamiamo col nome di rosa, anche chiamato con un nome diverso ,
conserverebbe ugualmente il suo dolce profumo.»
proseguì a un tratto il maggiore, muovendo un paio di passi
nella direzione dell'altro; sorrise inconsciamente.
Si fissarono negli
occhi per qualche minuto, forse meno, e poté
sentire il suo cuore battere così forte che sembrava voler
esplodere da un momento all'altro.
Sembrava che Eren
stesse per dire qualcosa, quando alla fine diventò paonazzo
e si congedò con la scusa di volersi rinfrescare, mentre
Levi restò fermo, al centro della stanza, completamente
inebetito.
Ma che diavolo era
successo? Perché all'improvviso pareva essere andato in
tachicardia? Non era stato a causa dell'imbarazzo, no di certo.
Una cotta? No.
Assolutamente no.
Non accettava
categoricamente il fatto di essersi preso una cotta.
Lui. Una cotta. Eren
Jaeger.
Idea decisamente
bocciata.
Perché
proprio tu, Eren?
Note dell'autrice:
Buonasera!
Allora, innanzitutto mi scuso per il ritardo, stavolta giustificato dal
fatto che fino a neanche una settimana fa ero in vacanza e al ritorno
ho scoperto
che l'intero capitolo era andato perso - non chiedetemi come - e quindi
ho dovuto riscriverlo.
Ma finalmente eccoci qui! Penny Dreadful è terminata, quindi
posso dedicarmi un po' di più a Roommates, anche grazie alla
brevità dei capitoli.
E... niente! Spero vivamente che anche questo capitolo vi sia piaciuto,
come al solito è sempre bello sapere le vostre opinioni e
ringrazio
di cuore tutti quelli che stanno seguendo la storia ♥
Alla prossima!
With love,
Your Joker
|