Haruka ½
Passarono
esattamente cinque secondi pieni, e fu allora che Ryoga realizzò
l'ovvietà della situazione: Nagisa si sarebbe sicuramente
persa, da sola ed indifesa per le buie strade di Nerima, senza
nessuno che tutelasse la sua candida incolumità.
Ryoga
aveva lasciato l'abitazione dei Tendou già da un bel po',
Akari era rimasta indietro in compagnia di Hiroshi e gli altri, molto
probabilmente a parlare di quanto successo quella sera.
L'uomo
era davvero preoccupato, correva senza sosta, chiamando la figlia a
gran voce, ma all'improvviso egli fu costretto a fermarsi: era
arrivato innanzi alla propria casa e seduta sui gradini dell'ingresso
vi era proprio Nagisa, le sue mani eran sulle guance e il capo era
chino, ella sospirava piano, persa nei suoi sconfinati pensieri.
In
quell'attimo, quasi Ryoga non ci credette, era sollevato nel poter
rivedere la figlia sana e salva, dunque non aspettò altro
tempo e le corse incontro con le braccia spalancate «Nagisa,
bambina mia!» cominciò Ryoga e, non appena fu vicino ad
ella, lui le si inginocchiò dinnanzi, la avvolse strettamente
tra la sue forti braccia e le baciò con dolcezza il crine
castano.
«Temevo
di averti perduta per sempre!»
Nagisa
sbatté le palpebre, il volto che cominciava a variare dal
rosso al viola in maniera repentina: «P–papà, così
mi soffochi!»
Il
corvino con la gialla bandana sembrò non darle ascolto: era
così contento di aver ritrovato il suo dolcissimo angelo.
«Vedrai,
papà non ti lascerà mai più andare.
Te
lo promette sul suo onore».
*
* *
Un
mese dopo, sia gli Hibiki che i Saotome s'erano trasferiti
nell'abitazione del padre di Akane, poiché ormai, in un certo
senso, dovevano abituarsi a considerarsi “parenti” l'un
con l'altro.
«Roba
da non crederci», si lamentò Ranma, prendendo con le
bacchette un poco del riso all'interno della sua ciotola e
portandoselo vicino alle labbra. «Non vedo perché questo
potrebbe cambiare il problema di fondo» soggiunse Ryoga che
stava tra Ranma e la figlia Nagisa, quest'ultima totalmente rossa in
volto, intenta a fissare un punto imprecisato del tavolo.
«Fatela
finita» affermò Akane, guardando storto il consorte. Nel
frattempo Akari osservava il marito con aria preoccupata.
Kasumi
sorrise, passando la ciotola appena riempita di riso al marito Tofu,
che sebbene avesse il cervello in pappa dalla visione della moglie,
riuscì a sorreggere l'oggetto senza romperlo o far cadere il
contenuto sul pavimento «Ecco a te», disse ella, mentre
l'altro cominciava a mangiare: «F–Fi finfrazio, Kafumi.
E' daffero una bonfà!»
Il
Dottore aveva per caso preso di nuovo il tovagliolo, scambiandolo per
il proprio cibo?
Kasumi
ridacchiò, portandosi una mano vicino alla bocca «Come
sei buffo!»
In
quel momento Haruka s'alzò da tavola e, come se nulla fosse,
fece per andarsene via.
«Ci
si vede» fece egli, facendo un lieve cenno con la mano e
ficcando poi sia questa che l'altra dentro alle tasche della felpa
blu-chiaro.
«Haruka
caro, aspetta!» esclamò Nodoka, alzandosi dalla sua
postazione e raggiungendo il ragazzo con un piccolo sorriso sulle
labbra «Dato che abiteremo tutti insieme per parecchio tempo,
noi tutti abbiamo pensato che Nagisa verrà nella tua stessa
scuola. Così, per la gioia del suo caro papà, non ci
sarà rischio che possa perdersi, se sarà al tuo
fianco!»
Ryoga
si trattenne dal ribattere, sebbene fosse visibilmente nervoso,
ciononostante egli rimase seduto senza muovere un dito, a mangiare la
sua colazione.
Nagisa
alzò il viso e guardò tutti i presenti: aveva sempre
studiato in casa sotto tutela di sua madre, e non era minimamente
abituata alla socializzazione, a parlare con degli sconosciuti. Non
le era mai stato concesso, anche se lei lo aveva da sempre
desiderato, in fondo alla sua anima.
«Quindi
potrò davvero... uscire?» chiese incredula la fanciulla,
Nodoka quindi le mise una mano sulla spalla e poi annuì «Ma
certo che puoi farlo, mia cara».
Nagisa
era una ragazza molto intelligente per la sua età, aveva un QI
fuori dal comune e superiore alla media: per questo, quando Ryoga ed
Akari avevano incontrato il preside, quest'ultimo non aveva battuto
ciglio all'ammetterla nel proprio istituto – c'era da dire,
tuttavia, che, quella volta, era passata una bella mezz'ora
abbondante, tra cazzoti e rapate quasi a zero di capelli.
«Aspetta
un attimo qua!» esclamò Akane, correndo e svoltando
l'angolo dell'anta della porta scorrevole sinistra.
In
tutto ciò, Haruka rimase del tutto impassibile a guardare la
scena.
“Che
si dia una mossa, almeno”,
pensò solamente egli, voltando lo sguardo altrove.
*
* *
«Sapevo
che ci saresti stata un incanto!» cinguettò Akane, le
mani congiunte e gli occhi che s'eran illuminati di pura meraviglia
«Sei proprio un amore!»
Nagisa
si sistemò gli occhiali rossi, per poi far ricadere quella
mano a sorreggere la cartella bruna, assieme alla gemella. Ella non
sapeva davvero cosa dire «L–La ringrazio, signora
Saotome», balbettò poi, come sempre in imbarazzo.
«Non
ti preoccupare, Nagisa-chan. D'altronde io non vado più a
scuola, e poi la mia divisa ti sta perfettamente. Sembra quasi fatta
su misura per te!»
Akane
le rivolse un sorriso tenero e comprensivo, subito dopo andò a
spingerla per le spalle, da dietro, avvicinandola laddove si trovava
il figlio dai capelli scarlatti.
«Su,
su, andate! O farete tardi a scuola!»
Nagisa
diede l'attenzione prima ad Akane, poi andò a guardare Haruka,
il quale si stava già incamminando per uscire fuori di casa.
La
giovane, ovviamente, non poté che seguirlo, mettendosi dietro
ad egli.
«A–Aspetta!»
*
* *
«Il
suo nome è Nagisa Hibiki, ha studiato sino alla scorsa
settimana in casa, sotto la tutela dei propri genitori per parecchio
tempo, e adesso è qui per intraprendere una vita scolastica
assieme a tutti voi. Vedete di andare d'accordo e farla sentire a
proprio agio, qui nella 2 – A.
Date
a lei il benvenuto!»
Si
udirono vari bisbigli, i quali misero parecchio in soggezione la
fanciulla dai morbidi capelli castani. Ella si morse il labbro
inferiore e non sapeva come comportarsi, tanto meno cosa dire in un
momento come quello.
«Ehm...
Salve a tutti,» aveva cominciato con voce sottile «io
sono Nagisa Hibiki» detto ciò, fece un piccolo inchino
verso i nuovi compagni di classe «Piacere di conoscervi».
«Quant'è
carina!» mormorò uno studente all'amico che stava di
fronte a lui.
«Un
vero schianto!» fece l'altro, squadrandola da capo a piedi.
Haruka
se ne stava nel suo solito posto di fianco alla finestra, intento a
guardare il panorama all'esterno d'essa.
«Su,
Hibiki. Scegli pure il posto che preferisci!» aveva affermato
il prof., cercando di infonderle coraggio «E voi, laggiù,
fate silenzio!»
Nagisa
s'incamminò e, passo dopo passo, si ritrovò a guardare
dapprima Haruka, e poi attorno a lei: tra i vari ragazzi che la
stavano studiando, vi era una bella ragazza dai tratti occidentali,
la pelle candida, gli occhi violacei e i capelli cortissimi, d'uno
splendente biondo cenere, a maschiaccio.
«Ehi,
ciao! Qui è libero!» ella le sorrise, inclinando il capo
da un lato; sembrava davvero tanto cordiale e simpatica, quella
studentessa «Il mio nome è Victoria e provengo
dall'America» rise lei, mentre Nagisa le si sedeva accanto
«Spero potremmo diventare ottime amiche, noi due!»
La
castana la guardò intimidita, tuttavia annuì piano col
capo e con fil di voce infine disse: «Lo spero anch'io...»
*
* *
Era
appena suonata la campanella che annunciava la ricreazione e, Nagisa,
sbadata com'era, si era dimenticata il proprio pranzo casa, avvolto
nella confezione candida preparata da Kasumi.
«Hai
fame, vero?» le chiese Victoria, le mani dietro la schiena e lo
sguardo sbarazzino «Il mio bentou è troppo per me. Se
vuoi possiamo fare a metà!»
Nagisa
sgranò gli occhi, portò i palmi delle mani in bella
vista e scosse il capo «Non c'è davvero bisogno,
credimi! Va bene così».
Victoria
assottigliò gli occhi e strinse la nuova arrivata per una
spalla, il braccio che le avvolgeva la il retro del collo «Non
ti preoccupare, sweetheart. Per me è un vero piacere. In
fondo, stiamo cercando di diventare amiche, no?»
«E–Ecco,
io...» mormorò Nagisa, ma proprio in quel momento
innanzi alle due ragazze si prostrò Haruka, che senza “se”
e senza “ma” aveva teso un braccio, la mano che stringeva
il fazzoletto contenente il pranzo della fanciulla.
Egli
lo poggiò sui palmi delle mani di Nagisa e poi le diede le
spalle «Fa più attenzione la prossima volta.
Fortunatamente, avevo preso entrambi i nostri bentou, prima di uscire
di casa».
Victoria
aguzzò l'udito, «Come... prima di uscire di casa?»
ella sbatté le palpebre e arricciò il nasino alla
francesina.
«Come,
non lo sai, Vick?» due studentesse si fermarono in quel momento
vicino a Victoria e Nagisa «Loro due sono fidanzati».
«Fi...
Fidanzati?!» Victoria spalancò le labbra, quasi sotto
choc. Haruka, che stava per andarsene via, si fermò di colpo,
si girò verso le due studentesse e poi disse loro: «Chi
vi ha detto questo?»
Una
di queste rispose «Beh, stanno cadendo volantini per l'intero
istituto. Ormai tutti parlano solo di voi!» in quel momento ad
Haruka venne porto un piccolo foglietto rosato «Guarda tu
stesso, se non mi credi».
Haruka
assottigliò lo sguardo, dopodiché appallottolò
il volantino e lo strinse con forza nella mano destra «Io giuro
che lo uccido», borbottò il rosso, iniziando a correre
verso il cortile «Stupido vecchio!»
Nagisa
boccheggiò, poi si voltò verso Victoria e, con fatica,
affermò: «Lo hanno deciso i nostri parenti...»
La
bionda la guardò di sottecchi e poi, senza dire una parola,
sorpassò Nagisa, facendo per andare via.
«Victoria,
che ti prende?» chiese la castana, girando il capo e andando
poi incontro all'Americana «Stai male?»
Victoria
fu alquanto vaga: «Pensavo avremmo potuto diventare ottime
amiche, Nagisa Hibiki,» le disse, continuando a camminare «Ma
a quanto pare, siamo destinate ad essere rivali.
Ed
io non sopporto, chi si intromette così all'improvviso come
hai appena fatto tu».
Nagisa
la fissò, del tutto senza parole: come mai aveva cambiato
atteggiamento in tal maniera? Cosa le aveva fatto di male?
“Non
è che forse a lei...”
*
* *
«Cosa
diavolo ti è saltato in mente?!» Genma-Panda era disteso
in terra e Haruka lo stava prendendo a calci con una certa violenza,
«Dovevi per forza farci stare al centro dell'attenzione, eh?!»
Genma-Panda
rotolò sino all'entrata del cancello della scuola, lasciando
dietro di sé dei lignei cartelli con su scritto varie frasi e
scomparendo poi nel nulla.
[
Prenditi le tue responsabilità! ]
[
Il fine giustifica i mezzi. ]
[
Comportati da vero uomo! ]
Sulla
fronte di Haruka fu possibile vedere una vena pulsargli sulla tempia,
egli poi afferrò un cartello e, sbattendogli un ginocchio
contro e stringendo forte la lignea superficie con le mani, non poté
che spaccarlo in due parti perfettamente uguali.
Questi
gliela avrebbe fatta davvero pagare.
Gliela
avrebbe fatta pagare con gli interessi.
*
* *
«Siamo
a casa» annunciò il rosso una volta varcata la soglia
dell'abitazione. Nagisa stava dietro di lui, e aveva le gote
leggermente arrossate.
Fu
allora che apparse Nodoka, «Oh, siete tornati» constatò
ella, una mano sopra la guancia destra «Sai, Nagisa cara, la
prossima volta ricordati di portarti il pranzo. Altrimenti ti
toccherà digiunare per tutto il giorno, e questo, te lo dico,
non va affatto bene per una signorina come te!»
Nagisa
rimase interdetta per qualche secondo, poi volse lo sguardo in
direzione del ragazzo con la bassa coda vermiglia: ma di lui neanche
l'ombra. Si era del tutto volatilizzato.
Fu
allora ch'ella realizzò ciò che Haruka aveva fatto.
Dunque,
quel giorno, le aveva ceduto spontaneamente il pranzo, pur sapendo
che sino a che non fossero tornati a casa, non avrebbe toccato più
altro cibo.
“Quindi...”
rifletté la giovane, “si è preoccupato per
me?”
*
* *
La
rossa chioma toccò il ruvido tetto di casa Tendou, le mani
eran poste dietro alla nuca e lo sguardo era fisso sul cielo bluastro
innanzi ai suoi azzurrissimi occhi assottigliati.
«Si
son fatti tutti un'idea sbagliata,» disse fra sé e sé
il ragazzo «e tutto questo dopo che le avevo fermamente detto
di starmi il più lontano possibile». Alla fine Haruka
sospirò, rimase in quella posizione per altri secondi, poi
egli percepì un chiaro ed innaturale spostamento d'aria,
dunque si rimise subito in piedi e si mise in posizione di difesa,
osservando ogni cosa ch'aveva attorno.
«Finalmente
ti ho ritrovato, haaraamee*» disse improvvisamente una
mascolina e rauca voce con un giapponese un poco incerto. Era chiaro,
con il nuovo interlocutore del giovane Haruka, fosse straniero.
«E
tu, chi saresti!?»
*“bastardo”
in Indiano
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