Seconda one shot di questa raccolta, si
continua con l’infanzia e la scoperta delle radici dei nostri due protagonisti.
Dopo il piccolo Aeglos, non poteva che esserci la
piccola Alatariel… o Losille,
il suo nome paterno. E anche una piccola e spero gradita guest star nel finale!
Lunga vita e prosperità.
Alatariel
< Losille, non allontanarti,
vieni con me. >
Meldon prese la mano di sua figli,
costringendo gentilmente la bambina a entrare con lui attraverso il cancello. I
Giardini di Lorien erano dorati, magici, ma per lui
erano intrisi di una tristezza troppo profonda per riuscire ad apprezzarli.
Quella mattina un messaggero di Irmo lo aveva fatto
convocare e qualcosa dentro di lui aveva tremato. Ora che si trovava lì, si
sentiva spaesato e stringere la piccola mano calda di sua figlia gli dava
forza.
Era solo una bambina, ma in qualche modo Losille
riusciva sempre a capire ciò che la circondava a un livello di profondità
inusuale per la sua giovane età. Si guardava intorno ma sul suo volto non c’era
la meraviglia che ci si sarebbe potuti aspettare, ma una gravità inquietante.
Una fanciulla lo accompagnò dentro e gli indicò un sentiero
che finiva incontro a un salice, sotto le cui fronde c’era una panchina di
pietra. Seduta lì, con i capelli scuri lunghissimi sulle spalle e una veste
azzurra, Calimё
sembrava uscita da un canto, più bella di quanto non gli fosse mai apparsa.
Losille gli si aggrappò alla mano
con violenza, facendogli quasi male.
La raggiunsero, mano nella mano, entrambi ugualmente
terrorizzati per qualcosa che non era ancora accaduto ma che sapevano essere
lì, in attesa.
< Figlia mia, > disse Calimё, prendendo
la figlia fra le braccia. La bambina si irrigidì appena, quando la strinse.
< Perché ci hai fatti venire qui? > Le chiese lui,
< Sono passati due anni, da quando te ne sei andata, senza che nessuna
notizia mi giungesse da te. >
< Ero qui, che altro volevi sapere? >
< Non volevo che tu venissi, prima di tutto. >
< La mia Signora dorme qui da molti anni e io sono stata
lontana da lei fin troppo tempo. Il mio dovere è verso di lei. >
< Il tuo dovere è verso di me, tuo marito, e verso tua
figlia. >
Non aveva nemmeno la forza per infuriarsi, ormai. Quante
volte avevano affrontato quell’argomento? Infinite discussioni che si erano sempre
risolte in un nulla di fatto.
< Non essere in collera con me. >
Calimё lo guardò per un istante che parve
lunghissimo, la sua espressione si accartocciò e credette che avrebbe pianto,
ma non accadde. Guardò la bambina, che se ne stava silenziosa.
< Non devi avercela con me, mia piccola fanciulla
splendente. Tuo padre non riesce a capire e mi odia perché crede che io lo stia
abbandonando, ma non tu, tu devi sapere che il mio amore per te è più grande di
tutto, anche se non posso rimanere con voi. >
< Dove vai, naneth? > Losille guardava la madre e sul suo volto di bambina non si
leggeva niente, né rabbia né tristezza. Ma Meldon
sapeva cosa stava pensando, il grido disperato che stava lanciando, perché era
lo stesso che animava il suo cuore.
Avrebbe voluto gettarsi ai piedi di sua moglie, supplicarla,
ma se c’era una cosa che aveva imparato era che su questo argomento non poteva
imporsi.
< Vado a Mandos, a riposarmi
dalle fatiche della vita e a prendermi cura della mia Signora Miriel. Non odiarmi per questo, quando diventerai più
grande forse capirai e saprai che a volte certe cose sono inevitabili. > La
guardò attentamente, scrutandola. < O forse no, forse siamo troppo diverse,
io e te. Splendi di una luce abbagliante, ma il tuo destino sarà essere sempre divisa
tra il tuo sangue e il tuo cuore. > Le accarezzò i capelli e la baciò sulla
fronte. < Addio, Alatariel. >
Meldon tentò di riprendere la mano
di sua figlia, ma lei si divincolò, fuggendo da lui, da loro, da tutto quello
che non poteva capire.
E non capiva nemmeno lui.
< Sei venuta qui a servire una donna morta, e non ho
detto una parola in merito, > cominciò infine, mentre sua moglie lo guardava
con le lacrime agli occhi e lui invece non riusciva a sopportarne la vista,
< per due anni non ho avuto tue notizie, ho cresciuto nostra figlia da solo,
ho fatto in modo che lei sapesse di avere una madre, che ti conoscesse. Ora ci
fai venire qui per dire che vuoi seguire Miriel? Per
cosa? >
Sembrava una fanciulla, come quando l’aveva conosciuta, come
quando si erano sposati, in una radura alla luce delle stelle, ancora nella
Terra di Mezzo. Avevano percorso così tanta strada insieme per poi finire in
quello scorcio di Tìrion, non comprendendo nulla
l’uno dell’altra.
Meldon, parlami. Non
riesco a indovinare ciò che pensi, il tuo viso mi è impenetrabile. >
< Un tempo riuscivi a sapere sempre cosa provavo. >
< Un tempo ero piena di vita e non sembrava così
difficile leggerti dentro. >
Meldon si sedette accanto a lei e
le prese la mano. Le loro dita si strinsero.
< Non posso accettare di perderti. Non ti conosco più,
eppure l’idea di perderti mi terrorizza. Amo ciò che eri, ma ho paura di non
poter conoscere ciò che sei ora. >
< Mi dispiace, non avrei mai voluto questo. >
La baciò e lei gli si abbandonò contro, esile e debole come
non lo era mai stata, quasi evanescente. E in quell’istante la consapevolezza
che stava morendo, che la fanciulla che aveva amato, quella che rideva
cavalcando nei boschi della Terra di Mezzo, non esisteva più, che la dama che
gli aveva annunciato piena di gioia di vivere di essere incinta aveva esaurito
le forze. Calimё
era morta in quel momento e lui stava abbracciando un’eco di ciò che lei era
nei suoi ricordi.
< Mi prenderò cura di Losille,
> le disse, a mo’ di addio.
< Per Losille hai fatto tutto ciò
che potevi, per Alatariel credo nessuno di noi due
possa fare nulla. >
Alatariel.
Di tutte le parole che sua madre le aveva detto, quel nome
le si era impresso a fuoco nella mente. Vedeva le cose con una chiarezza
disarmante, si sentiva molto più vecchia dei suoi sette anni, come se
l’infanzia fosse rimasta nella dimora di Irmo insieme a sua madre, mentre lei
correva verso un futuro di cui non sapeva niente.
Correva per le strade di Tìrion e
le luci si mescolavano, donando alla città una luce particolare che ogni volta
la faceva sentire più pesante, oppressa. Non c’era nessuno a quell’ora tarda,
se non pochi passanti diretti verso casa e lei si accorse improvvisamente di
essersi persa.
Inciampò, cadendo pesantemente sulle ginocchia e non riuscì
più a trattenere le lacrime.
< Losille? >
Alzò lo sguardo verso l’elfo che l’aveva chiamata per nome:
si era accovacciato accanto a lei e la guardava con apprensione.
Lo conosceva, lo aveva visto qualche volta con suo padre.
Uno dei figli di Finwё,
ma non ricordava il suo nome. Aveva i capelli biondi e occhi grigi e limpidi,
gentili. Non riusciva a ricordare il suo nome, per quanto si sforzasse.
< Che cosa ci fai qui, tutta sola? Dov’è tuo padre? >
Qualcosa scattò dentro di lei e si ritrovò contro il petto
di quell’elfo semisconosciuto, a bagnargli la camicia piangendoci sopra. Lui la
strinse e una sensazione di calore le si infuse dentro. Era al sicuro, non era
sola, niente di terribile sarebbe accaduto e sua madre
non stava per morire.
< Alatariel > disse, tirando
su con il naso.
< Come? >
< Alatariel, non Losille. Mia madre mi ha dato come nome Alatariel.
>
< Ho chiamato così mia figlia, quando nacque, sai? >
La fece alzare e le sorrise, prendendola per mano.
< Vieni, Alatariel, andiamo a
casa mia, manderò un messaggio a tuo padre. >
Lo guardò dal basso, pensando a quanto quel viso gli
sembrasse tanto bello e gentile, di quanto si sentisse a suo agio più con lui
che con chiunque altro avesse mai incontrato. Non aveva mai provato una tale
intimità nemmeno con suo padre e questo la sconvolse.
< Scusa, > gli
disse, sentendosi improvvisamente timida, < non mi ricordo il tuo nome. >
< Sono Finarfin, ma puoi
chiamarmi Arafinwё
se vuoi. >
Si avviarono lungo la via.
< Arafinwё…
Sì, è un bel nome, Arafinwё. Possiamo diventare amici? >
L’elfo strinse un po’ di più la sua mano e le rispose senza
guardarla.
< Certo, Alatariel. Per la
vita. >