ReggaeFamily
Lacrime
tra la cenere
Intorno
a noi solo bianco. Non c'era anima viva.
L'aria
gelida di quel pomeriggio parve penetrare in ogni mia singola
cellula.
Tuttavia
non mi scomposi, era un momento difficile e sapevo di non poter
sbagliare.
Mi
mostrai sorpreso e le lanciai uno sguardo interrogativo e allo stesso
tempo ferito.
Annabeth
sorrise mestamente. “Ancora una volta hai dimostrato di essere
un bravissimo attore, ma non hai tenuto conto di avere un pubblico
molto attento.”
Sapevo
esattamente di cosa stesse parlando, ma continuai a fingermi
perplesso; mi piazzai di fronte a lei, afferrai i suoi polsi e la
guardai negli occhi. “Annabeth, ma di che cosa stai parlando?
Non ti seguo.”
Lei
sospirò con l'aria di chi la sa lunga e ribatté:
“Anch'io ho studiato un minimo di recitazione, sai? Ora tu mi
guardi negli occhi perché speri che in questo modo io ti
creda, ma se li vedessi capiresti. Sono di ghiaccio, non trasmettono
nessuna emozione, ed è proprio questo a tradirti”.
Mi
sentivo vagamente preso in giro da una che aveva quindici anni –
e molta esperienza – in meno di me.
Determinato
a mentire ancora, mollai la presa sui suoi polsi e mi passai una mano
in mezzo ai capelli. “Non me l'avevi mai detto, e questo
comunque che c'entra? Da quel che ho capito non ti fidi più di
me, ma perché? Parlamene, sai che sono sempre disposto ad
ascoltarti.”
“Hai
sempre finto di essere disposto ad ascoltarmi! Va bene,
siccome tu non lo ammetterai mai, mi spiego meglio: tu reciti Daniel,
reciti ogni singolo momento della tua vita, ostenti emozioni e buoni
valori che non condividi realmente. Io sono molto ingenua perché
ho quattordici anni e un carattere troppo buono, ma per fortuna me ne
sono accorta in tempo. Sai come? Tutto è cominciato la sera
del mio compleanno. Mia cugina, a cui avevo raccontato di te, mi ha
detto che aveva visto una sagoma fuori dal cancello che poi se n'è
andata pochi secondi dopo. Io inizialmente non le ho creduto e
comunque l'idea che avresti potuto essere tu non mi ha sfiorato
minimamente. Ma quando non ti sei presentato, la delusione ha
cominciato a farmi avere dei sospetti e allora ho passato questi
ultimi due mesi a osservarti e studiarti. Mi sono resa conto di tante
cose: anche nella vita di tutti i giorni assumi degli atteggiamenti
tipici di quando ti esibisci, alcuni tuoi modi di fare sono
palesemente poco spontanei e il tuo sguardo... è sempre così
distaccato, freddo, anche se le parole che dici esprimono tutt'altro.
Sono piccole cose che solo un attento osservatore potrebbe notare. E
così... ho capito che non ho conosciuto il vero te, sei solo
un freddo manipolatore e la nostra amicizia non è mai
esistita.”
Mentre
pronunciava questo lungo discorso, Annabeth aveva preso a camminare
avanti e indietro davanti alla panchina, poi vi si era seduta, aveva
accavallato le gambe e ora faceva dondolare impercettibilmente un
piede. Aveva un'aria molto calma e rilassata, nonostante dentro di sé
provasse molta delusione.
Io
rimasi spiazzato e, per una volta, non riuscii a indossare il mio
costume di scena di quell'enorme spettacolo chiamato vita.
Cercai
di restare calmo e composto. Dopo mezzo minuto di silenzio, le dissi:
“Mettiamo il caso che tu abbia ragione. Perché mi sei
stata appresso per tutto questo tempo? Cosa ti aspettavi da me?”
“Innanzitutto
volevo confermare la mia teoria, poi volevo raccontarti cosa si prova
ad avere a che fare con uno come te. Magari questo non cambierà
la situazione, ma ti aiuterà a riflettere. E soprattutto
volevo chiederti: perché lo fai? Per caso illudere il prossimo
ti fa star bene?”
“No,
ma mi rende migliore agli occhi della gente. Ora che sto avendo un
po' di fama, non posso andare in giro a esporre il mio narcisismo,
così lo maschero e faccio contenti tutti.”
Annabeth
si stava infervorando. Balzò in piedi e sbottò: “E
tu come vivi così? Sarebbe stato molto più apprezzabile
se tu avessi accettato la persona che sei e avessi fatto in modo di
migliorare. Certo, sarebbe stato più difficile, ma avresti
avuto dei veri motivi per amare te stesso e saresti stato molto
meglio anche con coloro che ti circondano!”
Nei
suoi occhi blu non leggevo alcuna traccia di rabbia, ma solo
tristezza e delusione. Fu questo a colpirmi maggiormente.
Lo
sapevo, anche se non l'avrei mai ammesso: lei aveva ragione, e io
torto marcio. Anche io in fondo avevo un avanzo di cuore, ma lo
seppellivo sempre più in basso e ormai non lo ascoltavo più.
“Tu
non puoi capire, sei piccola” me ne uscii in tono gelido.
Lei
ignorò la mia affermazione e mi domandò: “Voglio
saperlo: cosa pensi realmente di me?”
“Ti
odiavo” ammisi, provando perfino un briciolo di vergogna.
Perché
avevo parlato al passato?
“Me
l'aspettavo. Basta, non voglio più continuare questa
conversazione. Ti lascerò in pace, va bene?”
In
quel momento, seppur cercasse di non darlo a vedere, tutta la
sicurezza con cui aveva portato avanti la conversazione scivolò
via. Tentò più volte di ricacciare le lacrime, ma due
grosse gocce non poterono fare a meno di rigarle il viso – quel
viso sempre così allegro, ora solcato dal dolore.
D'un
tratto mi resi conto che non volevo questo, non poteva andare a
finire così. La ragazzina esuberante di cui avrei tanto voluto
sbarazzarmi, ora suscitava in me un tale senso di tenerezza! Non
volevo vederla piangere, volevo un altro dei suoi graziosi sorrisi.
Non volevo che se ne andasse e mi lasciasse solo con i miei demoni.
Prima
che potesse allontanarsi, la afferrai per una spalla e la feci
voltare.
“No,
Beth, aspetta! Io non volevo... farti arrabbiare, non piangere così.
Ti prometto che non ti mentirò più” farfugliai.
Era proprio vero: quando c'era da dire qualcosa sinceramente, non
sapevo mai come fare, non mi venivano le parole.
“Non
ti preoccupare, va tutto bene, non sono arrabbiata con te. Io ora
sparirò dalla tua vita, logicamente non sono così
stupida da andarti ancora dietro. Ma so che ciò che ho fatto
ti servirà molto. Anche se tra noi è finita male ho
molta fiducia in te e in tutti quanti, so che ognuno di noi se vuole
può cambiare.”
“Annabeth...”
La
abbracciai nel modo più sincero, lei non mi respinse finché
non la lasciai andare, poi puntò gli occhi nei miei. Erano
pieni di lacrime, eppure vi scorsi quella luce buona e ingenua che li
illuminava solitamente.
“Io
verrò ai tuoi spettacoli, perché sarai sempre il mio
attore preferito. Ma per me Daniel in quanto persona non esiste, non
l'ho mai conosciuta” mormorò. “Ciao Dan”
concluse poi, voltandosi e allontanandosi lungo la via innevata.
Non
potevo crederci.
La
richiamai un paio di volte, ma lei non si voltò e io rimasi
lì, a fissarla mentre se ne andava per sempre, troppo codardo
per cercare di riconquistare la sua fiducia e per rendermi conto che,
almeno un po', le volevo bene.
La
rividi circa tre settimane dopo a uno spettacolo. Era sotto il palco,
assisteva alla recita con interesse e scherzava allegramente con sua
sorella Maggie e un'altra ragazza che non conoscevo. Si era ripresa
splendidamente, i suoi occhi erano luminosi più che mai, ma né
io né nessun altro poteva sapere cosa realmente provasse.
Quando
finii di esibirmi, mentre uno sciame di fans mi circondava, il mio
sguardo incrociò il suo.
Mi
trapassò con esso, come se fossi invisibile.
Mi
si strinse il cuore.
Fu
dopo la serata che venni a saperlo.
Era
una frizzante notte di metà aprile e quello era uno degli
ultimi spettacoli con la compagnia, prima che iniziassero le mie date
estive. Avevamo ritirato tutto ed eravamo usciti dalla struttura
chiacchierando allegramente, come facevamo di solito. Erano circa le
quattro ed ero molto stanco, inoltre l'aria era impregnata di un
forte odore di bruciato e noi avevamo preso a tossire, lamentandoci.
Fu
quando una ragazza sulla ventina chiaramente sconvolta si avvicinò
a noi che un campanello d'allarme prese a trillare nella mia mente.
Ci
raccontò che nel paesino a una decina di chilometri dalla
nostra cittadina era scoppiato un feroce incendio nel centro abitato
e che tre persone non erano riuscite a salvarsi.
Allora
rammentai: era il paese di Annabeth.
Tornai
a casa con una leggera inquietudine, ma cercai di non pensarci e di
dormirci su.
Il
sole sorse in fretta, ma nemmeno i suoi caldi raggi riuscirono a
scaldare i cuori della gente, profondamente sconvolta per il disastro
della notte precedente.
Ma
per me nulla fu più doloroso di vedere il volto spensierato
della piccola Annabeth sul giornale.
Non
l'avrei mai più vista sorridere, non l'avrei mai più
avuta con me.
Era
una fresca mattinata di fine ottobre e io stavo seduto al tavolino di
un bar. Sorseggiavo il caffè bollente e sfogliavo
distrattamente il giornale, mentre in testa mi frullavano mille
pensieri.
Esattamente
un anno prima avevo conosciuto Annabeth alla fermata del pullman e da
allora erano cambiate tante cose. Per me la sua scomparsa era ancora
un ricordo doloroso, e lo sarebbe stato per sempre.
Certo,
non ero del tutto spontaneo e continuavo a essere troppo egoista, ma
pian piano, senza che nessuno se ne rendesse conto, stavo cercando di
cambiare e migliorare. Lo dovevo ad Annabeth.
Il
giorno prima mi era stato comunicato che una delle compagnie con cui
avevo lavorato durante l'estate avevo deciso di prendermi, non solo
per le mie straordinarie doti interpretative, ma anche perché
mi vedevano una persona cordiale e affidabile. Questo mi aveva dato
tanta soddisfazione perché in quel contesto avevo cercato di
mostrare il meglio di me, senza però nascondermi dietro una
maschera, e avevo ottenuto un risultato straordinario.
Le
parole di Annabeth mi avevano aiutato; sapevo di avere un pessimo
carattere e non sarei mai riuscito a cambiarlo del tutto, ma ero
determinato e volevo cambiare, un passo alla volta.
Intanto
i preparativi per il memorial di Annabeth andavano avanti: si sarebbe
tenuto il 15 dicembre, il giorno del suo compleanno, e la sua
famiglia aveva pensato di coinvolgermi nei preparativi e permettermi
di esibirmi; sua sorella mi disse che, nonostante l'avessi fatta
soffrire, lei in fondo mi aveva riservato uno spazietto nel suo cuore
fino alla fine, e aveva imparato molto da me, quindi le avrebbe fatto
piacere sapere che organizzavo tutto ciò per lei.
Immerso
nei miei pensieri, finii di bere il caffè e giunsi all'ultima
pagina del giornale. Il mio occhio venne attirato dall'oroscopo del
giorno e mi fermai a leggerlo, anche se non credevo molto a queste
cose.
Istintivamente
gettai un'occhiata nel Sagittario, segno zodiacale del mio piccolo
angelo custode.
Sagittario
Ti
renderai conto che l'aiuto dato al prossimo non è stato vano e
per questo proverai una grande soddisfazione. Oggi è anche il
giorno giusto per i perdoni.
Non
potei fare a meno di sorridere.
♣ ♣ ♣
Ebbene
sì, siamo giunti al termine di questa breve e intensa
avventura!!!
È
incredibile quanto io mi sia affezionata a questa storia e ai suoi
personaggi, eppure il tutto è nato semplicemente per un
contest!
Non
so voi, ma a me è piaciuto tantissimo scriverla! Penso proprio
che Daniel e Annabeth mi rimarranno nel cuore.
Ah,
e... a proposito di Beth, probabilmente mi odierete per ciò
che le ho fatto capitare! Perdonatemi! :'(
Adesso
è il momento dei ringraziamenti: mando un fortissimo abbraccio
e un enorme GRAZIE alle fantastiche Kim_Sunshine, Anwa_Turwen,
Hanna McHonnor e GreenWind per aver recensito i
capitoli precedenti, per avermi sommerso di complimenti ed
entusiasmo, per aver dedicato un po' del loro tempo alle follie della
sottoscritta e per esserci sempre, in ogni situazione, a supportarmi
e farmi sentire il loro calore!
Grazie
ragazze, siete speciali!!! :3
Inoltre
ringrazio la giudice per la sua idea molto originale. Probabilmente
senza questo contest, la storia non sarebbe mai nata!
Detto
questo, mando un caloroso saluto a tutti voi e vi do appuntamento
alla prossima avventura! ;)
Soul
♥
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