Nota:
La frase nell’immagine è di proprietà
di
Fabrizio De André, in quanto tratta da una canzone
– bellissima! – del
suddetto, “Un chimico”.
Ammetto di essere stata irragionevolmente gelosa di Sarah, ma, in un momento nel quale avevo accantonato l'idea di eliminare la concorrenza, ho scritto questo testo.
(Vedendo come si sono evolute le cose tra Adam e Sarah ora sono più tranquilla xD).
Buona lettura
Idrogeno
e Ossigeno
La pineta
confinava con la spiaggia.
Mentre tra le alte conifere vi era un ambiente
abbastanza fresco e
saturo del cicaleccio continuo delle cicale, la spiaggia era calda
della luce del sole e immersa in un quieto silenzio interrotto soltanto
dal fruscio delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga.
Il sole era padrone di un cielo sconfinato; una
pepita sfolgorante
contro un vello cobalto. Alcune nuvole si muovevano pigre sulla volta
celeste, sospinte da un vento leggero.
«Non mi piace la sabbia».
La voce di Sarah mi distolse
dall’osservazione del paesaggio
attorno a noi. Con gli occhi socchiusi a causa della luce del sole, mi
voltai verso di lei.
«Perché?» domandai,
schermandomi lo
sguardo con la mano destra.
«Si infila dappertutto, e quando si
è bagnati si
appiccica alla pelle… È fastidiosa»
concluse, scrutandomi quasi a sfidarmi di smentirla.
Scrollai le spalle e tesi la mano oltre il telone
sul quale eravamo
distesi, affondando le dita nella sabbia ed afferrandone una manciata.
Osservai i granelli chiari scivolare dalla mia presa. Dopo qualche
istante scossi la mano, liberandomi completamente della sabbia
afferrata.
Alzai lo sguardo e vidi che Sarah mi stava fissando.
«Più la stringi,
più scivola
via…» mormorai, assorto.
Un’aria gentile le scompigliò
appena i capelli,
portandole qualche ciuffo bruno contro gli occhi verdi. Mi
osservò in silenzio per un istante, poi iniziò a
liberarsi della maglietta.
La guardai, vagamente inquieto.
«Sarah…?»
Lei gettò a terra la maglia. Si
voltò verso di
me, esibendo il pezzo di sopra di un costume azzurro. Sorrise appena e
iniziò a sfilarsi anche le braghe.
«Andiamo, non stare lì
impalato» mi
esortò.
Non dissi nulla.
«Forza! Là
c’è un sacco di
acqua, no?» continuò, con un gesto ampio che
andò a comprendere la superficie increspata del mare.
«Abbastanza» replicai,
distratto dai riflessi
ramati che il sole originava sui suoi capelli ondulati.
Mi guardò, apparentemente delusa dalla
mia mancanza di
iniziativa. «E allora andiamo a farci una nuotata,
no?» esclamò, e il suo entusiasmo mi
sollevò un sorriso.
Mi alzai e cominciai a sfilarmi gli abiti.
«Scommetto che nuoto più
veloce di te!»
mi sfidò Sarah, quando fui in costume da bagno.
Sorrisi. «Io non ne sarei tanto sicuro,
signorina
Emerson».
Lei alzò il mento. «Ne
è certo, signor
Baylin?» domandò, ironica. «O fai
così perché temi di essere miseramente
sconfitto?»
Alzai le spalle e mi misi in piedi, subito imitato
dalla ragazza.
Tesi la mano verso di lei. Sarah la
scrutò per un momento,
poi la prese. Con il vento gonfio di salsedine che soffiava lieve
contro i nostri volti, iniziammo a camminare verso il mare, i piedi che
affondavano nella sabbia ad ogni passo.
Ci fermammo sul bagnasciuga. Un’onda
salì a
bagnarci i piedi. Osservavo il mare, blu e verde increspato di schiuma
bianca.
«Se in futuro qualcuno
disprezzerà
l’idrogeno e l’ossigeno, saprò cosa
replicare» considerai.
«E cioè?»
domandò Sarah,
voltandosi verso di me.
Era la sola che avrebbe ascoltato un commento del
genere.
La guardai. Era così vicina…
«“Va’ a guardare il
mare”» sussurrai.
Battei le palpebre e girai il viso. «Non
è affatto
male».
«Anche questo è
vero»
concordò Sarah, lasciando la mia mano e iniziando a
camminare verso il mare. L’acqua iniziava ad arrivarle alle
ginocchia quando si fermò e si voltò verso di me.
Sorrisi appena e lei mi fece un gesto impaziente.
Respirai e iniziai a camminare verso di lei.
L’acqua era
gelida, al primo impatto, e gli schizzi che arrivavano al petto erano
tutto fuorché graditi. Via via che ci inoltravamo dove era
più profonda, però, ci abituavamo anche, e la
temperatura si fece piacevole.
Sarah si immerse completamente. Quando
tornò su i capelli
bagnati le coprivano gran parte del viso, ed io allungai la mano per
liberarle la faccia. Pensai che era stranamente ferma.
Ma poi ritirai il braccio, e lei si riscosse.
«Allora vediamo chi nuota più
veloce?»
propose di nuovo.
«D’accordo» accettai.
«Qual
è il traguardo, Sarah?»
Lei si voltò a contemplare
l’immensità
marina, poi indicò davanti a sé.
«Quella boa». Presi visione di quel galleggiante
solitario, che dondolava rosso e bianco al ritmo delle onde.
«Affare fatto» conclusi.
Uno spruzzo mi colpì il viso: Sarah
aveva già
cominciato a nuotare. Sorrisi e mi misi al suo inseguimento.
Eravamo fianco a fianco, la schiuma prodotta dai
suoi piedi in
movimento si mescolava a quella generata dai miei.
Era piacevole, considerai.
Forse sarei stato in grado di superarla, forse no.
Non ci provai
nemmeno, perché improvvisamente la prospettiva di vincere
quest’improvvisata gara di nuoto non mi pareva più
tanto allettante.
Le nostre mani premettero insieme sulla boa.
Sarah si mise in piedi e mi guardò.
«Accidenti» commentò. «Siamo
arrivati pari».
«Tenevi così tanto alla
vittoria, Sarah?»
Lei finse di soppesare la mia domanda.
«Forse»
cincischiò.
«Ma dai» dissi, ironico,
«non vedevi
l’ora di dimostrare le tue grandi abilità
natatorie».
«E tu non vedevi l’ora di usare
il
sarcasmo».
Che c’era di male nel sarcasmo?
Scrollai le spalle e sorrisi, quieto.
«Torniamo
indietro?» chiesi.
«Una nuova sfida?»
domandò lei.
L’idea non sembrava dispiacerle.
Scossi la testa. «Un ritorno tranquillo,
Sarah».
Parve sul punto di ribattere. Infine,
però,
accettò, e tornammo indietro senza fretta.
Quando ormai l’acqua era troppo bassa per
poter nuotare,
iniziammo a camminare. Sentivo la sabbia bagnata, morbida e fluida,
sotto i piedi. Alzai gli occhi su Sarah.
Scrutava un poco corrucciata la spiaggia ormai di
fronte a noi.
Esitai un momento, poi le fui al fianco. La
circondai con le braccia e,
con un istante di sforzo, la sollevai.
«Adam!» esclamò lei,
aggrappandosi al
mio collo per non rischiare di cadere. «Non
c’è bisogno che tu mi prenda in braccio!»
«Odi quando la sabbia ti si appiccica
alle gambe bagnate, no?
Ti porto sino al telo, Sarah» replicai, senza accennare
minimamente a lasciarla.
Con mio stupore, non disse più nulla.
La feci scendere sull’azzurro telone da
spiaggia, poi iniziai
a frugare nella borsa che avevamo portato. Le tesi un asciugamano e ne
presi uno per me mentre prendeva a strofinarsi energicamente i capelli.
Quando decisi di essere abbastanza asciutto da
potermi infilare almeno
i pantaloni, mi girai a guardarla. Si stava pettinando come poteva i
capelli arruffati e gocciolanti. Intercettò il mio sguardo.
«Mi stai fissando» affermò.
Feci un lieve cenno di ammissione e abbassai gli
occhi.
Eravamo arrivati in spiaggia a pomeriggio tardo, e
tempo di essere
asciutti il sole iniziava ad incendiare il cielo della luce del
tramonto. Ci stendemmo uno accanto all’altra.
Come me, aveva indossato solo le braghe. Le sue
spalle nude erano
sfiorate da alcuni ciuffi di capelli ancora umidi.
«Che bello» sospirò,
osservando le
nuvole rosate dalla luce del sole in declino. Chinò il capo
a guardare il mare ed aggiunse: «E pensare che è
solo un bel po’ d’acqua salata».
Mi mossi appena, avvicinandomi un poco quasi senza
accorgermene. Di
colpo, sentivo il profumo della sua pelle liscia, appena arrossata dal
sole. «Odori di sale» mormorai, prima di riuscire a
rendermi conto di ciò che stavo dicendo.
Lei si voltò a guardarmi intensamente.
«Per
forza» replicò, «non è da
molto che siamo stati in mare».
«No». Mi sentivo un
po’ stupido.
Lei sorrise appena. Mosse la bocca in silenzio.
“Idrogeno ossigeno” pensai,
improvvisamente
ipnotizzato nella contemplazione delle sue labbra, perso nel ricordo
del mare che le lambiva le caviglie.
Iniziai ad avvicinare il mio viso al suo, senza
averlo premeditato.
Vedevo i suoi occhi smeraldo splendere in un momento di stupore, le sue
ciglia abbassarsi.
Sentivo il palpito del mio cuore. Il rullio delle
onde sul mare, il
lieve scricchiolio della sabbia sotto il nostro telo.
Poi le labbra di Sarah incontrarono le mie, e tutti
i rumori svanirono,
cancellati dalla morbidezza della sua bocca. Era calda.
Le cingevo i fianchi con mani esitanti, ed anche la
sua pelle era
calda. E liscia contro i miei palmi e i polpastrelli delle mie dita.
Sentii una sua mano affondare nei miei capelli,
mentre continuavo a
baciarla.
Non potevo credere di averlo fatto, ma mi sentii
meravigliosamente bene.
Quando ci scostammo, fu come se le orecchie mi si
fossero stappate
all’improvviso. Sollevai lentamente le palpebre degli occhi
che avevo socchiuso.
Sarah esitò un solo attimo, poi si
premette contro di me,
calda e confortante.
I suoi capelli mi toccavano la guancia. Guardavo il
cielo, le nuvole
arrossate e il sole vermiglio posato ad infiammare la superficie del
mare in uno splendore rubino.
Guardavo il mare. E credevo che
l’idrogeno e
l’ossigeno non avevano mai taciuto nelle sue acque
così serenamente.
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