Giorno prima della mostra.
Pov Hana.
Se
questa non si chiama sfiga allora io non mi chiamo Hanamichi Sakuragi, il
Tensai! Come di che cosa parlo? Ricordate il compito artistico assegnatoci dal
preside? Ok! Ho capito! Piccolo riassunto: per cominciare posso dire che, se in
squadra siamo dei campioni di basket (beh certo gli altri non sono al mio
livello, ma sono bravini comunque) nello studio non brilliamo alla stessa
maniera. Per evitare di essere bocciati e lasciare così la squadra, avremmo
dovuto affrontare gli esami “riparatori”, ma il preside ha avuto quella che,
solo lui, ha definito un’idea geniale! Poiché questo è l’anno della cultura, il
preside ci ha proposto di presentare qualcosa di, non meglio definito, artistico
creato da noi. Al principio per me è stato un dramma -.-. Non sono molto bravo a
disegnare (evitiamo di ricordare anche quegli eventi traumatici ;_;) infatti,
figuriamoci a dipingere, e non sapevo cosa fare per passare quel benedettissimo
esame. Ma poi mi è venuta un’idea degna di un Tensai! Dovete sapere che mia
madre è una fotografa professionista e, sin da piccolo, ho convissuto con
macchine fotografiche, rullini e camere oscure. Mia madre mi ha istruito
perfettamente su questa via dell’arte, come la chiama lei e, posso dirlo con
orgoglio, sono diventato piuttosto bravino. Beh diciamo pure che sono un genio
pure in questo campo!
Il
problema inizia in quel momento, quando, cioè, decido di presentare una
fotografia. Come da buon fotografo che si fregi di tal nome, mi alzo la mattina
per cercare di catturare il mio soggetto e, durante una perlustrazione, incontro
la volpe! Ma sì: Kaede Rukawa, altrimenti detto il volpino o anche congelatore!
Cosa stava facendo di mattina? Secondo voi? Infatti -.-, si stava allenando!
Sperando di ritrarlo in qualche posa sconveniente inizio a fotografarlo. Solo al
mio ritorno scopro che le tre foto scattate, in realtà, consistevano in un
intero rullino da 36. Iniziate a ricordare adesso? Ecco… diciamo allora
solamente che una di queste è diventata il mio “compito”. Naturalmente il
volpino non lo sa (ed è sottinteso che non deve venirlo a sapere è_é!) e, dopo
gli iniziali “fraintendimenti”, sono riuscito a tenermi alla larga da lui. Quali
fraintendimenti? Beh… non è questo il punto! Parlavamo della mostra. Appunto:
quale mostra? Beh l’obiettivo finale era, come detto, presentare qualcosa di
“artistico”, qualcosa che, in teoria, doveva essere visto e valutato dal
Preside, dall’allenatore Anzai e da alcuni componenti di una commissione
nominata dalla prefettura scolastica. Noi, in segreto, abbiamo consegnato ognuno
la nostra opera, senza mettere a conoscenza gli altri di cosa avessimo creato.
Io, per esempio, so che Hisashi si è dedicato alla scultura in metallo, che il
maledetto volpino ha presentato un quadro e che Ryota… cosa ha presentato Ryota?
Ma sapete che non gliel’ho ancora chiesto? Bah! Non importa! Cosa dicevo?
Allora, abbiamo presentato i nostri lavori, facendo ben attenzione a non farli
vedere a nessuno altro, o almeno questo è quello che ho fatto io.
Qualche giorno fa il preside è entrato in palestra, seguito da tre persone. Ha
chiacchierato con il mister e si è avvicinato per darmi la più brutta notizia di
questo mondo. Ed è stato proprio subdolo! Infatti prima ha condito il discorso
con i suoi complimenti per le opere presentate e l’impegno profuso, poi ci ha
detto che tutti avevamo superato magnificamente gli esami e che… stavano
allestendo una mostra con i nostri operati O.O! In quel momento si è sentito un
tonfo: ero io che cadevo a terra stecchito! Ma voi avete idea di che significhi
questo? TUTTI, e permettetemi di sottolineare TUTTI, vedranno che cosa ha
immortalato! Secondo voi quanto ci staranno a capire che il soggetto è Kaede
Rukawa? Se almeno non fossero stati invitati anche gli altri istituti!
Che cosa potevo fare?
Domani mattina si compierà la mia fine! Sono troppo giovane per morire e troppo
legato alla mia terra per emigrare al Polo Sud!
Così stanotte mi è venuta l’idea geniale. Siccome non riuscivo a dormire, ho
pensato di andarmi a fare una tazza di latte caldo e stravaccarmi davanti al
divano. Alla tv facevano un vecchio film, di quelli in bianco e nero che io
detesto, solo che stavolta l’ho guardato con attenzione. Parlava, infatti, di un
furto in una casa privata. Ed è lì che mi è venuta l’idea: ruberò il quadro!
Sono o non sono un Tensai? La scuola non ha sistemi di sicurezza e c’è solo un
guardiano che sorveglia l’edificio fino alla mezzanotte, dopodiché rimane senza
difese. Ed è allora che entrerà in azione il Tensai! Entrerò di soppiatto e
ruberò la mia fotografia e… mentre ci sono darò un’occhiata ai lavori degli
altri *-*!
Pov Ede.
Ora, se io fossi un tipo come Sakuragi che mostra, cioè, le sue emozioni
palesemente e senza paura, in quel momento mi sarebbe certamente venuto un
infarto. Ma dico io: una mostra? Come diavolo gli è venuta in mente l’idea di
esporre i nostri lavori in una mostra? Argh! Devo fare qualcosa! Non posso
permettere che qualcuno veda il quadro! Il soggetto è così chiaro che mi
stupisco io stesso di averlo presentato! Sono stato un emerito idiota! Come ho
potuto presentarlo al preside? Non avrei dovuto ascoltare il consiglio di mia
madre. Avrei dovuto dipingere un gatto!
Cosa posso fare? Domani c’è la mostra e TUTTI, e permettetemi di sottolineare
TUTTI, vedranno cosa, o meglio chi ho immortalato!
Sono un uomo morto!
Sakuragi vorrà sicuramente la mia testa su un piatto d’argento e Sendo…
quell’odioso Sendo diventerà sicuramente MVP! Come perché? Perché io sarò
costretto a migrare al Polo Nord (ammesso sempre che riesca a sopravvivere) e
quindi sarà lui ad aggiudicarsi il premio come MVP!
E’
finita! Devo rassegnarmi!
<<
Kaede? Va tutto bene? >>
<<
Mamma! Quante volte ti ho detto di bussare prima di entrare? >>
<<
Come bussare? >> mi guarda stravolta: << Ma se è mezz’ora che ti chiamo e busso!
Mi ero preoccupata! Si può sapere che accade? >> si siede al mio fianco: << E’
la mostra di domani a preoccuparti? Pensi che quel ragazzo possa prenderla male?
>>
Prenderla male? Chi? Sakuragi? E perché mai dovrebbe? Ma certo che sì! Quello
come minimo stavolta mi ammazza -.-!
<<
Non pensarci troppo su, Kacchan! Piuttosto hai saputo che la signora Tsukikage è
stata rapinata? Le hanno svuotato l’appartamento! >>
E,
mentre mia madre continua a raccontarmi i particolari del furto e la paura della
signora Tsukikage, io non posso fare a meno di pensare ad una cosa… ho trovato
la soluzione dei miei problemi! Ma come non avete capito? Cosa è successo alla
povera signora Tsukikage? Le hanno rubato degli oggetti preziosi e cosa farò io?
Cosa significa assicurare i malfattori alla giustizia! Non sono mica un
supereroe (*-* NdA. Non ci pensare neppure >.< ! NdK. Ma staresti benissimo in
calzamaglia! NdA. Scordatelo! NdK. Certo Kacchan! Sicuramente non ci scriverò
una ff *-*… stanne certo! NdA. AIUTOOOOOOOOOOOO! NdK.)! Il mio piano è un altro:
salvare me stesso! Come? Detto fatto! Stanotte entrerò a scuola di soppiatto e
ruberò il quadro ^.^! Sono o non sono un genio?
Allora, vediamo… se non ricordo male il guardiano termina il suo giro di
ricognizione intorno a mezzanotte e la scuola non ha sistemi di sicurezza. Bene!
Aspetterò che il guardiano si sia allontanato dalla scuola ed entrerò di
soppiatto nella palestra. La porta resta sempre aperta. Da lì arriverò fino
all’aula magna e mi riprederò ciò che è mio! In fondo ho già superato l’esame e
se dei ladri vogliono rubare la mia opera non è mica colpa mia, no? Inoltre
dubito qualcuno potrebbe mai pensare a me! Ci sono decine e decine di possibili
sospettate e io non sarò certamente incluso nella lista. Certo è anche vero che
nessuna di loro sa della mostra, ma se qualcuna fosse venuto a saperlo e avesse
cercato di tenere per sé il mio quadro? Certo nessuno sospetterà mai che a
rubarlo sia stato io. E nel frattempo darò una sbirciata ai lavori degli altri
*-*! C’è una cosa che ancora non ho capito… ma Ryota che cosa sta presentando?
Mezzanotte e dintorni presso l’Istituto Superiore
Shohoku.
Kaede fu il primo ad arrivare. Ansioso di entrare presto in azione e cancellare
le tracce del suo misfatto, era arrivato a scuola alle undici appena. Si era
intrufolato nel giardino e si era sistemato sotto un albero, in posizione
strategica, pronto ad entrare in azione.
Hanamichi, invece, era giunto un’ora dopo circa. Aveva cercato inutilmente di
convincere l’armata a seguirlo, ma tutti erano fiduciosi delle sue scarse
qualità artistiche e non volevano privarsi dell’occasione di ridere di lui il
giorno dopo. Così era sgattaiolato fuori casa di nascosto, verso mezzanotte, e
si era diretto direttamente a scuola. Aveva scavalcato il muretto di recinzione
e si era diretto all’aula di scienza. Era stata la sua classe l’ultima ad
utilizzarla e aveva fatto in modo di lasciare la finestra aperta. Con un po’ di
fortuna sarebbe entrato da lì, in caso contrario poteva sempre entrare dalla
palestra.
Vide il guardiano uscire dall’edificio e dirigersi al cancelletto. Sentì il
rumore metallico distintamente, attese qualche minuto e provò a far scorrere la
finestra. Bingo! Gli venne quasi da urlare, ma si controllò. Entrò di soppiatto,
dopo aver lanciato un’occhiata in giro e richiuse la finestrella dopo essere
entrato.
Kaede… beh di lui parleremo dopo.
Hanamichi pensò che, ad essere prudente, non rischiava nulla, quindi decise di
controllare ogni corridoio in cui avanzava. Beh diciamo pure che la scuola, di
notte, illuminata solamente da uno spicchio di luna, era un po’ tetra e
spettrale. Avanza sobbalzando ad ogni rumore e continuando a ripetersi che “non
esistono i fantasmi!”.
Arrivato davanti all’aula magna, attese qualche secondo prima di far scorrere la
porta.
La
stanza, fortunatamente, era piuttosto illuminata e quindi poteva anche evitare
di usare la lampadina tascabile, che si era portato dietro da casa di Yohei
nell’ultimo di convincerlo a seguirlo.
Avanzò lentamente, cercando di abituarsi alla pur sempre scarsa luminosità.
La
stanza era stata arredata accuratamente. C’era pure uno striscione con il nome
che il preside aveva scelto per la mostra. C’erano molti lavori (evidentemente
lui e i ragazzi della squadra non erano stati gli unici a prendere insufficienze
in quasi tutte le materie) e gli ci volle un po’ prima di capire,
orientativamente, dove fossero stati sistemati quelli della squadra.
Beh, dato che ormai era lì, poteva pure dare un’occhiata alla concorrenza con la
massima tranquillità.
Fece scivolare veloce l’occhio sui vari manufatti, ma non erano niente di che.
Se avesse concorso con uno dei suoi “disegni”, commentò, si sarebbe evitato un
prolungato mal di testa e, paragonato a ciò che aveva visto, avrebbe fatto
comunque una buona figura.
Finalmente arrivò all’opera di Ryota. Che cos’era? Uhm… certo non vi era
abbastanza luce e non poteva rischiare di attirare l’attenzione di qualcuno
accendendo l’interruttore, però… gli sembravano dei fogli O_o. Che cosa aveva
portato Ryota? Prese i fogli in mano, cercando di non sgualcirli. Sembravano
note musicali. Che cavolo aveva presentato? Uno spartito musicale?
“Anche la musica è arte.”
Se
non sbaglio era ciò che gli aveva detto quando era in crisi di ispirazione.
E
chi lo avrebbe mai detto! Ryota un musicista! Nahhhhhh! Sicuramente aveva preso
qualche spartito in qualche biblioteca, non c’era altra spiegazione! Avvicinò
quei fogli alla finestra e guardò meglio alla luce della pallida luna.
<<
Composizione… bla bla bla… per violino di Ryota Miyagi. >> lesse sbalordito.
Incapace di commentare si limitò a sistemare lo spartito dove l’aveva trovato e
continuare a cercare.
Fu
il turno di Hisashi. Beh la sua scultura era difficile da non vedere.
Giganteggiava al centro della stanza ed era davvero imponente.
Sembrava, ma non avrebbe potuto dirlo bene, l’immagine di un uomo con le braccia
legate sopra la testa, attorno al tronco di un albero, o qualcosa di simile. Il
suo volto era velato di sofferenza, o comunque questo si evinceva dalla freccia
che gli trafiggeva il torace. I capelli gli ricadevano sul viso, ma, pensò
Hanamichi, quella statua non aveva solamente qualcosa di tremendamente sensuale
ma anche di stranamente familiare. Doveva rappresentare il martirio di San
Sebastiano, se i suoi ricordi religiosi non lo ingannavano. In quanto irlandese
era stato educato, sin da piccolo, secondo i dettami cattolici-cristiani.
Si
voltò allora a cercare l’opera del volpino, quando vide il suo capolavoro appeso
al muro. La luce della luna, tenue, entrava dalla finestra e si appoggiava al
muro in una lunga e dolce carezza. Il suo angelo nero sembrava essere pronto a
spiccare il volo e tornare fra le creature angeliche, nel cielo, dal quale era
fuggito, alla ricerca di un po’ di calore.
Era inutile! Per quanto cercasse di fuggire non poteva che restare affascinato
ogni volta che il suo sguardo si posava sulla foto.
Scosse la testa, deciso ad eseguire il suo compito fino alla fine. Allungò le
braccia per staccare la sua foto, quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Accanto alla sua foto, illuminato dalla fioca luce, c’era un quadro.
<< Non… non è possibile… >>
La
luce sembrava provenire dallo stesso quadro, tanto sembrava brillare, illuminato
dai raggi d’oro di quel sole infuocato.
Lesse veloce il nome del pittore e per poco non cadde a terra svenuto.
Kaede Rukawa.
Quel nome cominciò a vorticargli in testa.
Kaede Rukawa.
Kaede Rukawa.
Kaede Rukawa.
Perché sempre lui, dannazione?!
Non sbagliava, né si era vantato, quando aveva detto d’essere bravo in
educazione artistica. Quello era davvero un capolavoro e più lo guardava più non
riusciva a farne a meno. Aveva qualcosa di magnetico, come la sua opera.
Qualcosa di profondo, poco visibile e non riconducibile al soggetto immortalato.
Qualcosa di così forte da mettere i brividi. Chissà se anche gli altri avrebbero
provato, il giorno dopo, la stessa sensazione.
Continuò a guardare quel quadro, rapito, in contemplazione, dimentico di ogni
altra cosa.
Il
quadro rappresentava uno stupendo Dio Sole, Apollo, di cui non riusciva a
distinguere però le fattezze, che si ergeva, solenne, su un carro d’oro,
trainato da un candido e maestoso Pegaso. La bianca tunica veniva mossa dal
vento e ondeggiava lenta e regale. Una cintola d’oro cingeva i suoi fianchi.
L’indice della mano destra era puntato verso l’orizzonte, quasi a voler indicare
il limite umano oltre al quale solo un Dio poteva addentrarsi, mentre quella
sinistra teneva strette le briglie. Il cielo, di un candido celeste, accarezzava
quel corpo divino quasi con riverenza, formando un’aura chiara che sprigionava
da Febo. Il sole, dietro di lui, quasi impallidiva di fronte a cotanta bellezza
e i suoi raggi d’oro puntavano sul Dio come un riflettore. E poi c’erano i
capelli. Rossi e lunghi. Il vento vi si intrufolava allegramente, scompigliando
la divina chioma. Erano lame infuocate, tizzoni che ardevano potenti, cinti sul
capo da una corona d’alloro. Quel carro, bloccato in eterno nella sua risalita
giornaliera al cielo, sembrava voler fuggire da quella prigione umana. Pegaso,
magnifico destriero alato, sembrava prendere fuoco anch’egli e la sua maestosa
eleganza diventava quasi divina, accarezzata dalla presenza del Dio.
Apollo, il più bello degli Dei.
Di
lui si innamoravano ninfe e dee.
Lui, forse più umano delle altre genti divine, era il più potente e maestoso.
Lui che portava la vita, che sconfiggeva le tenebre e la morte.
Sakuragi rimase semplicemente inebetito, incapace di liberarsi da quella visione
diurna in una notte illuminata solamente da una pallida e infelice luna.
Per un periodo che neppure lui avrebbe saputo dire, rimase fermo a fissare il
quadro, incapace di muoversi. Più lo guardava, più gli sembrava che avesse
qualcosa di lui, qualcosa che solo lui poteva riconoscere. Intimo e personale.
All’improvviso vide accendersi la luce del corridoio.
Guardò velocemente l’orologio. A quell’ora la guardia doveva già essere a casa.
Che stesse facendo gli straordinari per la mostra? Nah! Chi potrebbe avere
l’idea di rubare delle composizioni di studenti liceali? Ma certo! Magari erano
quelle matte del fan club del volpino… sicuramente erano loro! Solo un idiota
poteva entrare di soppiatto a scuola, per trafugare delle opere d’arte, e
accendere tutte le luci. Comunque non poteva restare a pensarci su. I passi si
stavano avvicinando e lui doveva trovare un luogo in cui nascondersi. Se
l’avessero trovato a scuola a quell’ora di notte avrebbe rischiato una
sospensione! Non poteva neppure uscire dalla porta perché sarebbe stato
avvistato e neppure dalle finestre perché il rumore avrebbe attirato
l’attenzione.
Si
voltò velocemente per dare un’occhiata in giro e decise di nascondersi dietro
cattedra sistemata sul palchetto allestito per la presentazione delle opere.
Quasi trattenne il respiro, quando sentì la porta scivolare.
Si
fece coraggio e si spostò di lato per dare un’occhiata.
Possibile che fosse lui O.O?
Perché mai avrebbe dovuto intrufolarsi di notte a scuola e soprattutto… perché
aveva acceso tutte le luci?
Insomma: perché era lì Kaede Rukawa?
Cosa era accaduto?
Come abbiamo detto Kaede era stato il primo ad arrivare, troppo in anticipo
rispetto alla tabella di marcia ed era rimasto ad aspettare, dietro un albero,
che la guardia se ne andasse.
Il
problema era sorto dopo. Kaede Rukawa è un ragazzo parecchio ostinato,
innamorato folle del basket. Per diventare campione dell’NBA, suo sogno da
quando aveva iniziato a camminare, si allenava ogni momento disponibile, a
cominciare dalla mattina presto, prima dell’inizio delle lezioni, per finire con
l’allenamento post allenamento obbligatorio, sia a scuola che a casa, poco prima
di cena. Risultato: tutto il tempo trascorso fuori dai campi di basket veniva
utilizzato per recuperare le energie e rifarsi del sonno perduto. Ormai era
diventato qualcosa al di fuori persino di se stesso e riusciva ad addormentarsi
praticamente ovunque. E quella notte non fu un’eccezione.
Quella notte Kaede Rukawa si addormentò un attimo dopo essersi appoggiato
all’albero. Non aveva sentito Hanamichi scavalcare il muro di recinzione, poco
lontano, non lo aveva sentito sbraitare le sue solite idiozie sulla genialità
del Tensai e non lo aveva visto neppure entrare di soppiatto a scuola, dall’aula
di scienze. Figuriamoci poi se aveva visto il guardiano andarsene! Ma Kaede
Rukawa non era uno sprovveduto! Lui, la matricolina d’oro, aveva già calcolato
la sua letargia e aveva puntato la sveglia del suo cellulare, in modo che
suonasse mezzora dopo la mezzanotte. Perché così tardi, direte? Semplicemente
per essere più sicuri. Poiché non avrebbe avuto modo di assistere
all’allontanamento del guardiano, puntare la sveglia mezzora dopo il suo
abituale orario l’avrebbe messo al riparo da eventuali discrepanze.
Perfettamente in orario aveva aperto gli occhi, consapevole che qualcosa stesse
suonando insistentemente. Aveva ricollegato quel fastidioso suono alla sveglia
e, neanche chiedendosi perché mai quel giorno il sole tardasse ad alzarsi nel
cielo, si era diretto verso quello che, secondo lui, doveva essere il suo
armadio, ricevendo una colossale capocciata in piena fronte.
<<
Merda! >> aveva esclamato, ancora pieno di sonno per urlare.
Si
era guardato un attimo in giro, si era stiracchiato e, con passi lenti, si era
diretto verso la palestra. Come immaginava, la porta era aperta. Aveva
attraversato con sguardo basso il campetto, cercando di resistere alla
tentazione di fare due tiri, ed era entrato a scuola.
Era buio, molto buio. Kaede non ha paura del buio, ma di capocciate ne aveva
prese abbastanza quella sera e così aveva deciso di rendere più semplice la sua
ricerca e furto del quadro compromettente. Aveva acceso le luci di tutti i
corridoi attraverso i quali era passato e, con passi lenti e cadenzanti, nonché
alternati a sbadigli così ampi da quasi risucchiarsi la mano, era infine giunto
nel luogo del misfatto.
Aveva fatto scivolare la porta con delicatezza ed era entrato. Dopo essersi
osservato in giro, si era scostato dalla porta per dare un’occhiata alle opere
d’arte.
<<
Uhm… e così Ryota ha portato uno spartito…. >> aveva commentato così la visione
dell’opera di Ryota, senza alcuna sorpresa.
Poi era toccato all’opera di Mitsui e, il rossino non sapeva spiegarsi perché,
aveva commentato con uno sghignazzo che gli aveva fatto venire i brividi e un:
<< Kogure-senpai… >>
<<
E ora cerchiamo l’opera del Do’hao! Deve essere davvero brutta se ha rischiato
un infarto quando si è parlato di mostra. >>
Hanamichi, che fino a quel momento era rimasto nascosto, per evitare di essere
scoperto e dover spiegare come e perché fosse a scuola a quell’ora di notte,
all’ultima affermazione del volpino aveva provato l’impulso di alzarsi e
spaccargli la faccia. Cosa lo aveva fermato? Semplice: la stessa ragione del suo
furto. Il ragionamento di Hanamichi era, pressappoco, questo: il volpino è
sempre mezzo addormentato, persino quando è in bicicletta o sta a scuola;
l’unica cosa che potrebbe svegliarlo sarebbe una palla da basket, ma qui non ce
ne sono; se sono fortunato farà quel che deve fare e se ne andrà, senza neppure
notare il mio ritratto, così sarò salvo. Questa era, più o meno, la sua idea.
Perché poi anche la volpe artica fosse lì non sapeva spiegarselo, ma c’era e
doveva sopportarlo.
Kaede trovò immediatamente ciò che stava cercando. Beh d’altronde la luce era
accesa e il quadro capeggiava sulla parete dietro di lui. Si avvicinò all’opera
da trafugare, quando i suoi occhi e la sua attenzione furono catturate da un
altro quadro, o meglio una foto. Proprio accanto al suo Dio del Sole, c’era una
magnifica foto. Sembrava quasi un angelo che spiccava il volo per tornare al
cielo.
Cercò subito l’autore e quando lesse il nome di Sakuragi rimase per un solo
attimo perplesso, attimo che costò all’autore, ancora nascosto, dieci anni di
salute.
Quando aprì la bocca per dire qualcosa, fu spaventato dall’urlo di Sakuragi.
<<
Si può sapere che cosa ci fai qui, volpe? >> urlò Hana uscendo dal suo
nascondiglio, cercando di giocarsi il tutto per tutto.
<<
Do’hao! Mi hai fatto prendere un infarto! Che cavolo ci fai tu qui!? >> domandò
Kaede.
<<
Te l’ho chiesto prima io e comunque sono qui, credo, per il tuo stesso motivo:
portare via il mio operato. Poi qualcuno ha pensato bene di accendere tutte le
luci della scuola e io, pensando fosse il guardiano di ritorno, mi sono
nascosto. Ma dovevo immaginarlo che si trattasse di una stupida volpe
addormentata! Ma volevi attirare l’attenzione della polizia? >>
Kaede perse in un attimo quel poco di colore che lo spavento gli aveva fatto
acquisire e divenne mortalmente pallido. Per un attimo lo aveva dimenticato, ma
se Hanamichi era venuto lì per il suo stesso motivo e, da quanto si evinceva dal
suo racconto, si trovava lì da più tempo di lui, con ogni probabilità allora
aveva visto il suo quadro.
<<
Non è come pensi… >> quasi rantolò.
<<
In che senso? >>
<<
Il quadro… è vero che sei tu, ma non è come pensi. >>
<<
Come? >>
Hanamichi, che stava guardando indignato la finestra, si rivoltò verso di lui e
lo guardò stupefatto. Ci volle poco per capire di cosa stesse parlando e
ricollegare le sue parole alla sensazione di familiarità che aveva provato non
molto prima, osservando il Dio Apollo.
Si
voltò lentamente e tornò a guardare il quadro.
Era proprio lui. Apollo, maestoso nella sua divinità, che si ergeva sul dorato
carro del sole, aveva il suo volto, le sue sembianze ed era… era bellissimo.
Così bello da essere doloroso. Ma possibile che fosse davvero lui? Lui, che si
era sempre paragonato a quel vecchio disegno, che tanto aveva spaventato la
nonna, quando era piccolo, non poteva essere quel maestoso e affascinante dio
greco.
<< Io? Sono davvero io? >>
Kaede si morse il labbro inferiore e si diede dell’imbecille. Perché non ci
aveva pensato prima? Quando era entrato la camera si trovava avvolta
nell’oscurità, quindi Sakuragi aveva dato un’occhiata veloce a tutte le opere
della mostra e poi si era messo a cercare la sua. Probabilmente non aveva
neppure notato il suo quadro e, se anche lo avesse fatto, la scarsa visibilità
gli aveva impedito di avere una visione totale dell’opera. In pratica: si era
scavato la fossa da solo.
Rimase a guardare Hanamichi, cercando di capire le sue reazioni, ma il rosso lo
spaventava. Continuava a fissare il suo quadro, senza espressione, senza
emozioni di alcun tipo. A cosa stava pensando? Al modo migliore per ucciderlo?
Probabile. Decise così di passare al contrattacco.
<<
Non farti strane idee baka saru! Ho preso te da modello perché sei l’unica
persona che conosca che abbia dei ridicoli capelli rossi! >>
Quella frase, seppure non veritiera, ebbe almeno la facoltà di far uscire
Hanamichi dal suo stato di catalessi.
<<
Si può sapere chi diavolo ti ha dato il permesso di dipingermi? >> urlò
baldanzoso.
<<
E a te? Chi ti ha dato il permesso di fotografarmi? >> rispose al rossino, che
perse tutta la sua baldanza.
<< Non… non sei tu… >>
<<
Ma credi che sia scemo? Si vede lontano un miglio che sono io il soggetto della
foto! E’ per questo che mi seguivi ovunque con la macchina fotografica? >> lo
incalzò Kaede, desideroso solo di scoprire finalmente la verità.
Il
rossino si sentì messo alle strette e dovette faticare per non reagire come di
consueto, causando la distruzione di tutta la mostra. In quel caso altro che
punizione! Come minimo li avrebbero espulsi!
<<
Senti volpe… >> provò a dire: << questo non è il posto… >> ma un rumore fece
serpeggiare un brivido di terrore lungo le loro schiene.
Nel silenzio irreale della scuola, sentirono qualcuno parlare nel cortile.
Doveva essere il guardiano, in compagnia probabilmente del poliziotto di
quartiere, che non riusciva a spiegarsi come mai le luci fossero ancora accese.
<<
Tutta colpa tua, stupida volpe! Hai acceso tutte le luci della scuola, bella
genialata! >>
<<
Non mi sembra questo il momento di recriminare, do’hao! >> lo, indispettito,
zittì la volpe: << Dobbiamo uscire subito! >>
<< Andiamo! Ho lasciato aperta la finestra dell’aula di scienze, al piano di
sotto. >>
<<
Bravo do’hao! Se andiamo nell’aula di scienze ci ritroveremo davanti proprio i
nostri inseguitori! Ma come sei furbo, complimenti! >>
<< Senti stupido volpino… >>
<<
Non è questo il momento di iniziare una rissa! Andiamo in palestra. >>
<<
E questo non è neppure il momento per giocare a basket! Ma pensi solo a quello?
>>
<<
Idiota! È dalla palestra che sono entrato! >>
<<
Tsè! >>
Dopo questo felice scambio di opinioni, che si protrasse per alcuni minuti, i
due decisero di lasciare in fretta l’aula magna. Passati davanti alla statua di
Hisashi, Hanamichi, visto che c’era, decise di dargli un’occhiata veloce, per
capire cosa si fosse perso prima, nella semi oscurità.
Non potè far a meno di spalancare gli occhi e restare a dir poco sorpreso. Kaede
fu costretto a prenderlo per un braccio e trascinarselo al piano di sotto.
Quando furono giunti in palestra, si nascosero negli spogliatoi e attesero in
silenzio che il guardiano se ne andasse.
<<
Ma… ma… quello di prima… >>
<<
Sì Hanamichi, è proprio il senpai Kogure! >>
Calò nuovamente il silenzio.
<<
Ma… lo sa? >>
<<
Che cosa? Che Mitsui è innamorato di lui o che questi l’abbia immortalato in una
sua opera? >> ironizzò guardandolo di sottecchi: << Nel primo caso credo proprio
di sì, visto che stanno assieme all’incirca da quando Mitsui è tornato in
squadra, nel secondo caso credo proprio di no. L’altro giorno sentivo
Kogure-senpai parlare con Ayako e dirle che non aveva idea di che cosa stesse
preparando Hisashi, perché lui gli aveva proibito l’accesso al “laboratorio”. >>
Nuovamente silenzio.
Hanamichi analizzò l’insieme di parole espresse dal volpino e, qualsiasi fosse
l’ordine in cui la sua mente cercava di sistemarle ed organizzarle, il senso
restava sempre lo stesso.
<<
Kogure e Mitsui stanno assieme? >> chiese sbalordito.
<< Perché? Qualcosa non va? Sei forse omofobo, do’hao? >>
Il
rossino non notò la nota astiosa nella voce di Rukawa e, senza neppure pensarsi
su, rispose:
<<
Possibile che una persona seria e gentile come Kogure stia con
quell’attaccabrighe, scorbutico e pure mezzo teppista, di Mitsui? Non riesco a
crederci! >>
<<
Allora… >> parlò Kaede titubante: << Non ti dà fastidio che i senpai… sì insomma
che i senpai stiano assieme? >> chiese infine rivolgendo lo sguardo altrove.
<< No. In verità credo di aver sempre sospettato qualcosa e poi… >>
<<
E poi… >> lo incalzò il volpino.
<<
E poi nulla! >> ripeté il rossino.
Rukawa fece per replicare, quando sentirono chiaramente delle voci, che
riconobbero come quelle del guardiano e del presunto poliziotto, passare poco
distante.
<<
Mi dispiace di averla disturbata per nulla. >> si scusò la voce misteriosa.
<<
Ma no, agente! Lei ha solo fatto il suo lavoro! Sono io che sono da biasimare,
semmai! Le confesso che quelle opere mi sono piaciute così tanto che sono
rimasto nell’aula magna tutto il tempo e quando mi sono accorto dell’ora tarda,
e mi sono ricordato di dover ancora fare il giro completo della scuola, sono
uscito in fretta dall’aula e devo essermi dimenticato di spegnere la luce. Mi
dispiace per l’inconveniente! >>
Li
sentirono salutarsi al cancello ed allontanarsi.
Rimasero in ascolto per qualche minuto, poi decisero, di muto accordo, di uscire
dalla scuola. Scavalcarono il muro di recinzione e rimasero a guardarsi in volto
per qualche attimo, imbarazzati.
<<
Beh… >> cominciò il rossino: << E’ ora di andare… >>
<<
Già. >> continuò poco dopo: << Da che parte vai? >>
<<
Verso il centro… >>
<<
Ti accompagno. >>
Hanamichi non si chiese il perché di quella frase, né per quale motivo avesse
avvertito una nota d’urgenza, solo decise di accettare la proposta del compagno
e fare un tratto di strada assieme.
Intrapresero strade solitarie, rimanendo in silenzio.
<<
Comunque non penso solo al basket. >> cominciò improvvisamente Rukawa.
Il
parco, attraverso il quale stavano passando, era del tutto deserto. L’eco dei
passi rimbombava nei tratti riparati dagli alberi e sembrava di camminare in un
labirinto senza fine. Le luci, ormai spente, erano sostituite dall’argento della
luna che rendeva tutto più romantico, pensava il volpino, lugubre e degno di
sospetto, invece, pensava il rossino.
Hanamichi, nel sentire improvvisamente la voce del ragazzo esplodere al suo
fianco, per poco non sussultò dalla sorpresa. Si era abituato a quel silenzio
quasi forzato eppure accogliente. Il tono basso di Kaede, che normalmente non
avrebbe neppure sentito, sospinto dal silenzio irreale di quel bosco di fiaba,
era divenuto simile alla voce del tuono.
<< Come, scusa? >>
<<
Quando eravamo a scuola hai detto che penso solo al basket. >>
<<
Ah. >> finse interesse il rosso che, in verità, contava i metri che lo
dividevano da casa.
Perché poi quella baka kitsune aveva deciso di tagliare per il parco?
<<
Io non penso solo al basket… ultimamente c’è qualcosa che si è intrufolato nei
miei pensieri e li brucia… non riesco a pensare ad altro. >>
Quel discorso diveniva sempre più strano ed Hanamichi, improvvisamente cosciente
del suo nervosismo, affrettò inconsciamente il passo.
<<
Sembra che tu stia scappando. >>
<<
Eh? >> si bloccò il rossino.
<<
Hai aumentato il passo, prima. >>
<<
Ma quanto parli kitsune? >>
<<
Sto finendo le mie scorte annuali, quindi stai zitto perché devo ancora dirti
una cosa. >>
<<
Parla! Sentiamo! >> sbuffò rassegnato la baka saru.
<<
Riguarda quel che ho detto prima e… il quadro. Quel pensiero che ultimamente
brucia la mia mente sei tu! >> non dovette neppure voltarsi per capirne la
reazione, perché lo sentì irrigidirsi: << Non faccio altro che pensare a te e a
quel che è accaduto al boschetto dei ciliegi. >>
<< Non… non è successo nulla! >>
<<
Se quello tu lo chiami nulla…. Ti ricordo che ci siamo… >>
<<
Non dirlo! >> lo bloccò Sakuragi, bloccandosi improvvisamente: << Non è successo
nulla, hai capito? Quel che abbiamo fatto è stata una follia, come quando uno è
ubriaco e si ritrova chissà dove chissà come! Siamo adolescenti e abbiamo avuto
un periodo di confusione, tutto qui. >>
<< Vallo a dire al senpai Kogure e a Mitsui! >>
Sakuragi si sedette su una panca. Improvvisamente sentiva la testa pesante.
Kaede si avvicinò ma non si sedette accanto a lui.
<<
E’ diverso. Loro si amano, davvero. Noi invece? >>
<<
Tu mi odi, Sakuragi? >>
Hanamichi scosse la testa, senza alzare lo sguardo. Era conscio del fatto che se
avesse alzato lo sguardo per un attimo, per un solo veloce attimo, sarebbe stato
perduto.
<< No. >> sospirò improvvisamente: << Non ti odio. Ma neppure ti amo. >>
<<
Capisco. >>
Il
rossino sentì distintamente il volpino sospirare e spostarsi alla sua sinistra.
Sentì un calore profondo espandersi dal suo braccio e accarezzare tutto il suo
corpo.
<<
Io… io invece credo di essermi innamorato di te. A dire il vero… credo di
esserlo sempre stato. Sono sempre stato invidioso della tua allegria e del
calore che sapevi sprigionare e ho sempre desiderato essere tuo amico e solo
adesso ho capito perché. >>
<<
E suppongo che tutte le nostre liti fossero dichiarazioni d’amore. >> ironizzò
Hanamichi.
<<
No. Lo è il mio quadro. È stato dipingendo quell’Apollo dalla capigliatura di
fuoco… >> disse passando una mano fra i suoi capelli: << … che mi sono accorto
di essermi innamorato di te. >>
Hanamichi sollevò lo sguardo puntandolo su di lui. Kaede liberò i suoi capelli
dalla stretta della sua mano, ma il rossino la bloccò fra le sue.
<<
Io… io non so, Rukawa. Per me è tutto così confuso. Noi siamo ragazzi e questo
dovrebbe essere sbagliato, eppure… mi fa stare bene, come non credevo neppure
io. Da quando ho scattato quella foto mi sono ritrovato immerso in un mondo
costituito solo da te. Non so se sono innamorato di te, però… possiamo provare a
frequentarci e il resto… >>
<< Verrà da solo. >>
Kaede avvicinò il suo volto a quello del suo sole personale e assaporò
nuovamente quei dolci petali di ciliegio. Quando riaprì gli occhi gli parve che
tutto attorno a sé brillasse.
<<
Ancora. >> sussurrò il rossino.
<<
Ai tuoi ordini. * >> gli rispose Kaede, chinandosi nuovamente su di lui.
Qualche tempo dopo.
Hanamichi si svegliò presto, come ogni mattina si preparò con cura e salutò la
madre. Uscì in fretta e si diresse al parco a grandi falcate.
Era l’ultimo giorno di scuola.
Seduto su una panchina del parco trovò Rukawa bello e addormentato. Le ragazzine
che passavano davanti alle panchine tiravano lunghi sospiri estasiati. Se solo
avessero saputo… come avrebbero reagito?
Si
avvicinò veloce alla panchina e decise di svegliarlo, a modo suo, con un pugno
in testa.
<< Ma come diavolo fai ad addormentarti ovunque? >>
<<
Ieri sera abbiamo fatto troppo tardi, do’hao! Per questo oggi sono un po’
stanco. >>
<< See! E gli altri giorni? >>
Insieme si diressero verso lo Shohoku. Hanamichi, come sempre sorridente,
canticchiava a mezza voce, al fianco di Rukawa, questi aveva smesso da tempo di
andare a scuola in bici e sonnecchiava in piedi. Hanamichi non riusciva a
spiegarsi come potesse esistere qualcuno capace di dormire persino quando
camminava, eppure il volpino transgenico sembrava dotato di queste
caratteristiche fuori dal comune.
<<
La scuola sta finendo. >>
<<
Hn? >>
<<
Pensi che Kogure e Akagi resteranno ancora in squadra? >>
<< Credo che si dedicheranno agli studi, hanno degli esami da superare. >>
Ci
fu un attimo di silenzio, scandito solamente dal calpestio delle scarpe sul
cemento.
<<
Hana? Non vanno mica in guerra, li vedremo ogni giorno e poi… Kiminobu sta con
Hisashi… non andrà mica molto lontano. >>
<<
Lo so. >> disse il rossino accennando un sorriso: << Però… è come se perdessi
qualcosa di importante, qualcosa che non riavrò mai più. >>
<<
E’ il tempo che passa… >> sospirò Kaede: << Fugge e non torna indietro, ma
abbiamo sempre il futuro e tutta la luce che ci riserverà. >> **
<< E quella luce… sarà tutta solo per noi. >>
Hana allungò la mano verso quella di Kaede, la prese e la strinse forte. Ede,
dapprima sorpreso, intrecciò le loro dita. La scuola era ancora lontana e il
parco piuttosto esteso e pressoché deserto, potevano ancora stare così vicino.
<<
Hana tu… >> provò a dire Kaede ma una voce conosciuta bloccò la domanda sul
nascere.
<<
Ehilà ragazzi! >> li chiamò il teppista.
<<
Mitsui… >>
<<
Mitchi… >>
Furono i saluti delle due quasi ex-matricole d’oro.
<<
Come mai da queste parti? >> domandò il rossino: << Non è un po’ fuori mano
questo parco per voi? >>
<<
E’ vero, ma stavamo pensando di marinare la scuola. >> sorrise Hisashi.
<<
Sashi… tu stavi pensando di marinare la scuola, io no! >> fece chiarezza il
megane.
<<
Ma Kimi-kun oggi è una così splendida giornata! È un peccato rinchiuderci a
scuola ;_;. >>
<<
Hisa… oggi è l’ultimo giorno prima delle vacanze estive e non possiamo mancare!
Andremo a festeggiare dopo se vuoi… anzi… che ne direste divenire con noi? >>
Kimi non vide né la faccia da infarto che fece il teppista dietro di lui né i
tentativi del medesimo ragazzo di convincere i compagni di squadra a non
accettare. Sfortunatamente per lui Kaede, che avrebbe potuto aiutarlo in questa
missione, era troppo addormentato per capire e Hanamichi, che non perdeva
occasione per punzecchiare Hisashi, accettò volentieri l’invito del megane.
Finita la scuola, i quattro si trovarono davanti al cancello di scuola. Hisashi
aveva cercato invano di convincere Kiminobu ad andarsene prima, in ogni maniera,
ma, quel giorno, Kimi sembrava non ascoltare neppure la sua voce. Forse anche
lui sentiva, pressante, l’arrivo dell’addio, pensò Hisashi e questo, infine, lo
convinse ad abbandonare ogni piano di fuga.
<<
Sapete a cosa stavo pensando? >> domandò improvvisamente Hanamichi, mentre la
macchina, guidata da Hisashi, abbandonava la città per dirigersi verso il mare.
Subito dopo scuola, i quattro ragazzi si erano diretti verso casa di Mitsui. Per
strada si erano fermati al supermercato, a comprare qualcosa da poter riscaldare
sul fuoco del falò che avrebbero animato più tardi, sulla spiaggia.
Hanamichi e Kaede avevano telefonato alle rispettive famiglie una volta arrivati
a casa di Hisashi e Kiminobu aveva sistemato tutto nella cesta dei pic-nic.
Poiché la scuola era terminata presto, quel giorno, avevano deciso di spostarsi
più a nord, dove le spiagge erano più chiare e lo spettacolo, offerto dalla
natura, entusiasmante.
<<
Non ce ne frega niente, scimmia rossa! >>
<<
Come ti permetti teppista! >>
<<
Teppista a chi? … >>
<<
Sashi? Perché non tieni le mani sul volante? >> chiese il megane preoccupato
dall’irruenza del koibito. Purtroppo spesso gli capitava di agire prima di
pensare e non voleva rischiare certo di finire all’ospedale.
<<
A cosa stavi pensando Hanamichi? >>
<<
Alla mostra. >>
Hisashi, che aveva intuito dove sarebbe giunto il discorso, si irrigidì e, per
sviare l’attenzione di tutti, cercò di cambiare discorso. Kiminobu, invece,
arrossì, come tutte le volte che, per un motivo o per l’altro, si finiva anche
solo per nominare la suddetta mostra. Kaede ridacchiò cercando di non farsi
accorgere, mentre Hanamichi, che non si era accorto di nulla, troppo preso dal
paesaggio che scorreva lento dietro il finestrino, riprese a discorrere dei suoi
ricordi, causando le ire, ben poco celate, del teppista.
<< Vi ricordate la faccia che fece Kogure-san? >>
Ecco, appunto! Fu quello che passò nella mente di Hisashi. Ma come fare a
dimenticarlo?
Quel giorno aveva cercato in tutti i modi di impedire al suo ragazzo di andare a
scuola, ma Kiminobu, particolarmente curioso e orgoglioso dell’opera del
koibito, si era rifiutato categoricamente di cedere ai capricci dell’ex
teppista. I tentativi si erano susseguiti per tutta la giornata, ma alla fine
era stato costretto a capitolare. Aveva persino finto un malore ed era rimasto
in infermeria, assistito naturalmente dal megane-kun, per metà mattino. Kogure,
dal canto suo, iniziava ad intuire qualcosa, ma neppure la sua fervida
immaginazione potè prepararlo alla sorpresa.
Quando Hisashi, Kaede, Hanamichi e Ryota furono chiamati sul palco, il tiratore
da tre punti evitò accuratamente lo sguardo di Kiminobu. Purtroppo non gli era
stato possibile evitare le “luci della ribalta” e aveva ascoltato tutto il
discorso del preside a testa bassa.
Tutto sommato Kogure, comunque, la prese bene.
A
causa della folla ebbe l’occasione di guardare l’opera da vicino solo quando lo
sciame di studenti si era diluito.
<<
Hi… Hisashi! >> era riuscito solo a dire, come commento.
Il
viso rosso, gli occhi spalancati, il corpo tremante.
<<
Sorpresa! >> disse Hisashi con voce tremante.
<<
Sorpresa un corno! Ti rendi conto che l’hanno vista tutti? Quanto ci staranno a
capire a chi ti sei ispirato e tutto il resto? >>
<< Se non urli magari non se ne accorgono ^^’’. >>
Kiminobu si portò la mano alla bocca e si voltò attorno spaventato.
<<
Scusa Kimi! È che… non sapevo che il preside avrebbe fatto una mostra, così
altisonante poi! Avrei voluto rappresentare qualcos’altro ma ogni volta che
pensavo a cosa scolpire mi venivi in mente solo tu…. E poi sei così sensuale
così! >>
<<
Hisashi! >> era arrossito il megane.
<<
Se ci penso… >> disse il megane guardando il fidanzato di sottecchi.
Si
udì Hisashi tossire imbarazzato.
<<
Beh Kogure-san io non mi preoccuperei più di tanto… si dice… si dice che ogni
opera d’arte sia una dichiarazione d’amore… >> disse Hanamichi, mentre la sua
mano, lenta scivolava su quella di Kaede.
Nessuno di loro disse nulla.
Hanamichi continuò a guardare fuori dal finestrino e Kaede, fintamente
addormentato, si limitò a stringere quella calda mano.
Hisashi allungò una mano verso l’autoradio. E mentre il cielo, all’orizzonte,
diventava sempre più chiaro e la città scompariva alle loro spalle, il piccolo
abitacolo si colorò di musica e parole…
“I'm not a perfect person
As many things I wish I didn't do
But I continue learning
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know
I've found a reason for me
To change who I used to be
A reason to start over new
and the reason is you
I'm sorry that I hurt you
It's something I must live with everyday
And all the pain I put you through
I wish that I could take it all away
And be the one who catches all your tears
Thats why i need you to hear
I've found a resaon for me
To change who I used to be
A reason to start over new
and the reason is You
I'm not a perfect person
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know
I've found a reason for me
To change who I used to be
A reason to start over new
and the reason is you
I've found a reason to
show
A side of me you didn't know
A reason for all that I do
And the reason is you”
Fine
Note finali: sembrerà strano terminare una storia con una canzone, ma le parole
che ho inutilmente cercato in tutto questo tempo le ho trovate armonizzate
meravigliosamente in questa armonia di musica e parole. Mi è sembrato che fosse
la conclusione migliore.
Il
testo appartiene agli Hoobastank e il titolo è, naturalmente, “The reason”.
*
frase spudoramente rubata al film: “La storia fantastica” (che affascinante il
garzone pirata *-*!)
**
questa bellissima frase me l’ha detta la mia sorellina Tes ;_;! Mi ha commosso
così tanto che ho voluto riportarla! Tvb sori! |