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Autore: loveless_fairy    02/04/2005    1 recensioni
Come fare a partecipare ai campionati nazionali se la pagella è piena di insufficienze? Semplice: partecipare ad un concorso artistico! E così le nostre matricole si ritrovano a combattere... contro pennelli, rullini e note musicali. Questa sarà anche l'occasione per scoprire qualche segreto.
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giorno prima della mostra.

 

Pov Hana.

 

Se questa non si chiama sfiga allora io non mi chiamo Hanamichi Sakuragi, il Tensai! Come di che cosa parlo? Ricordate il compito artistico assegnatoci dal preside? Ok! Ho capito! Piccolo riassunto: per cominciare posso dire che, se in squadra siamo dei campioni di basket (beh certo gli altri non sono al mio livello, ma sono bravini comunque) nello studio non brilliamo alla stessa maniera. Per evitare di essere bocciati e lasciare così la squadra, avremmo dovuto affrontare gli esami “riparatori”, ma il preside ha avuto quella che, solo lui, ha definito un’idea geniale! Poiché questo è l’anno della cultura, il preside ci ha proposto di presentare qualcosa di, non meglio definito, artistico creato da noi. Al principio per me è stato un dramma -.-. Non sono molto bravo a disegnare (evitiamo di ricordare anche quegli eventi traumatici ;_;) infatti, figuriamoci a dipingere, e non sapevo cosa fare per passare quel benedettissimo esame. Ma poi mi è venuta un’idea degna di un Tensai! Dovete sapere che mia madre è una fotografa professionista e, sin da piccolo, ho convissuto con macchine fotografiche, rullini e camere oscure. Mia madre mi ha istruito perfettamente su questa via dell’arte, come la chiama lei e, posso dirlo con orgoglio, sono diventato piuttosto bravino. Beh diciamo pure che sono un genio pure in questo campo!

Il problema inizia in quel momento, quando, cioè, decido di presentare una fotografia. Come da buon fotografo che si fregi di tal nome, mi alzo la mattina per cercare di catturare il mio soggetto e, durante una perlustrazione, incontro la volpe! Ma sì: Kaede Rukawa, altrimenti detto il volpino o anche congelatore! Cosa stava facendo di mattina? Secondo voi? Infatti -.-, si stava allenando! Sperando di ritrarlo in qualche posa sconveniente inizio a fotografarlo. Solo al mio ritorno scopro che le tre foto scattate, in realtà, consistevano in un intero rullino da 36. Iniziate a ricordare adesso? Ecco… diciamo allora solamente che una di queste è diventata il mio “compito”. Naturalmente il volpino non lo sa (ed è sottinteso che non deve venirlo a sapere è_é!) e, dopo gli iniziali “fraintendimenti”, sono riuscito a tenermi alla larga da lui. Quali fraintendimenti? Beh… non è questo il punto! Parlavamo della mostra. Appunto: quale mostra? Beh l’obiettivo finale era, come detto, presentare qualcosa di “artistico”, qualcosa che, in teoria, doveva essere visto e valutato dal Preside, dall’allenatore Anzai e da alcuni componenti di una commissione nominata dalla prefettura scolastica. Noi, in segreto, abbiamo consegnato ognuno la nostra opera, senza mettere a conoscenza gli altri di cosa avessimo creato. Io, per esempio, so che Hisashi si è dedicato alla scultura in metallo, che il maledetto volpino ha presentato un quadro e che Ryota… cosa ha presentato Ryota? Ma sapete che non gliel’ho ancora chiesto? Bah! Non importa! Cosa dicevo? Allora, abbiamo presentato i nostri lavori, facendo ben attenzione a non farli vedere a nessuno altro, o almeno questo è quello che ho fatto io.

Qualche giorno fa il preside è entrato in palestra, seguito da tre persone. Ha chiacchierato con il mister e si è avvicinato per darmi la più brutta notizia di questo mondo. Ed è stato proprio subdolo! Infatti prima ha condito il discorso con i suoi complimenti per le opere presentate e l’impegno profuso, poi ci ha detto che tutti avevamo superato magnificamente gli esami e che… stavano allestendo una mostra con i nostri operati O.O! In quel momento si è sentito un tonfo: ero io che cadevo a terra stecchito! Ma voi avete idea di che significhi questo? TUTTI, e permettetemi di sottolineare TUTTI, vedranno che cosa ha immortalato! Secondo voi quanto ci staranno a capire che il soggetto è Kaede Rukawa? Se almeno non fossero stati invitati anche gli altri istituti!

Che cosa potevo fare?

Domani mattina si compierà la mia fine! Sono troppo giovane per morire e troppo legato alla mia terra per emigrare al Polo Sud!

Così stanotte mi è venuta l’idea geniale. Siccome non riuscivo a dormire, ho pensato di andarmi a fare una tazza di latte caldo e stravaccarmi davanti al divano. Alla tv facevano un vecchio film, di quelli in bianco e nero che io detesto, solo che stavolta l’ho guardato con attenzione. Parlava, infatti, di un furto in una casa privata. Ed è lì che mi è venuta l’idea: ruberò il quadro! Sono o non sono un Tensai? La scuola non ha sistemi di sicurezza e c’è solo un guardiano che sorveglia l’edificio fino alla mezzanotte, dopodiché rimane senza difese. Ed è allora che entrerà in azione il Tensai! Entrerò di soppiatto e ruberò la mia fotografia e… mentre ci sono darò un’occhiata ai lavori degli altri *-*!

 

Pov Ede.

 

Ora, se io fossi un tipo come Sakuragi che mostra, cioè, le sue emozioni palesemente e senza paura, in quel momento mi sarebbe certamente venuto un infarto. Ma dico io: una mostra? Come diavolo gli è venuta in mente l’idea di esporre i nostri lavori in una mostra? Argh! Devo fare qualcosa! Non posso permettere che qualcuno veda il quadro! Il soggetto è così chiaro che mi stupisco io stesso di averlo presentato! Sono stato un emerito idiota! Come ho potuto presentarlo al preside? Non avrei dovuto ascoltare il consiglio di mia madre. Avrei dovuto dipingere un gatto!

Cosa posso fare? Domani c’è la mostra e TUTTI, e permettetemi di sottolineare TUTTI, vedranno cosa, o meglio chi ho immortalato!

Sono un uomo morto!

Sakuragi vorrà sicuramente la mia testa su un piatto d’argento e Sendo… quell’odioso Sendo diventerà sicuramente MVP! Come perché? Perché io sarò costretto a migrare al Polo Nord (ammesso sempre che riesca a sopravvivere) e quindi sarà lui ad aggiudicarsi il premio come MVP!

E’ finita! Devo rassegnarmi!

<< Kaede? Va tutto bene? >>

<< Mamma! Quante volte ti ho detto di bussare prima di entrare? >>

<< Come bussare? >> mi guarda stravolta: << Ma se è mezz’ora che ti chiamo e busso! Mi ero preoccupata! Si può sapere che accade? >> si siede al mio fianco: << E’ la mostra di domani a preoccuparti? Pensi che quel ragazzo possa prenderla male? >>

Prenderla male? Chi? Sakuragi? E perché mai dovrebbe? Ma certo che sì! Quello come minimo stavolta mi ammazza -.-!

<< Non pensarci troppo su, Kacchan! Piuttosto hai saputo che la signora Tsukikage è stata rapinata? Le hanno svuotato l’appartamento! >>

E, mentre mia madre continua a raccontarmi i particolari del furto e la paura della signora Tsukikage, io non posso fare a meno di pensare ad una cosa… ho trovato la soluzione dei miei problemi! Ma come non avete capito? Cosa è successo alla povera signora Tsukikage? Le hanno rubato degli oggetti preziosi e cosa farò io? Cosa significa assicurare i malfattori alla giustizia! Non sono mica un supereroe (*-* NdA. Non ci pensare neppure >.< ! NdK. Ma staresti benissimo in calzamaglia! NdA. Scordatelo! NdK. Certo Kacchan! Sicuramente non ci scriverò una ff *-*… stanne certo! NdA. AIUTOOOOOOOOOOOO! NdK.)! Il mio piano è un altro: salvare me stesso! Come? Detto fatto! Stanotte entrerò a scuola di soppiatto e ruberò il quadro ^.^! Sono o non sono un genio?

Allora, vediamo… se non ricordo male il guardiano termina il suo giro di ricognizione intorno a mezzanotte e la scuola non ha sistemi di sicurezza. Bene! Aspetterò che il guardiano si sia allontanato dalla scuola ed entrerò di soppiatto nella palestra. La porta resta sempre aperta. Da lì arriverò fino all’aula magna e mi riprederò ciò che è mio! In fondo ho già superato l’esame e se dei ladri vogliono rubare la mia opera non è mica colpa mia, no? Inoltre dubito qualcuno potrebbe mai pensare a me! Ci sono decine e decine di possibili sospettate e io non sarò certamente incluso nella lista. Certo è anche vero che nessuna di loro sa della mostra, ma se qualcuna fosse venuto a saperlo e avesse cercato di tenere per sé il mio quadro? Certo nessuno sospetterà mai che a rubarlo sia stato io. E nel frattempo darò una sbirciata ai lavori degli altri *-*! C’è una cosa che ancora non ho capito… ma Ryota che cosa sta presentando?

 

Mezzanotte e dintorni presso l’Istituto Superiore Shohoku.

 

Kaede fu il primo ad arrivare. Ansioso di entrare presto in azione e cancellare le tracce del suo misfatto, era arrivato a scuola alle undici appena. Si era intrufolato nel giardino e si era sistemato sotto un albero, in posizione strategica, pronto ad entrare in azione.

Hanamichi, invece, era giunto un’ora dopo circa. Aveva cercato inutilmente di convincere l’armata a seguirlo, ma tutti erano fiduciosi delle sue scarse qualità artistiche e non volevano privarsi dell’occasione di ridere di lui il giorno dopo. Così era sgattaiolato fuori casa di nascosto, verso mezzanotte, e si era diretto direttamente a scuola. Aveva scavalcato il muretto di recinzione e si era diretto all’aula di scienza. Era stata la sua classe l’ultima ad utilizzarla e aveva fatto in modo di lasciare la finestra aperta. Con un po’ di fortuna sarebbe entrato da lì, in caso contrario poteva sempre entrare dalla palestra.

Vide il guardiano uscire dall’edificio e dirigersi al cancelletto. Sentì il rumore metallico distintamente, attese qualche minuto e provò a far scorrere la finestra. Bingo! Gli venne quasi da urlare, ma si controllò. Entrò di soppiatto, dopo aver lanciato un’occhiata in giro e richiuse la finestrella dopo essere entrato.

Kaede… beh di lui parleremo dopo.

Hanamichi pensò che, ad essere prudente, non rischiava nulla, quindi decise di controllare ogni corridoio in cui avanzava. Beh diciamo pure che la scuola, di notte, illuminata solamente da uno spicchio di luna, era un po’ tetra e spettrale. Avanza sobbalzando ad ogni rumore e continuando a ripetersi che “non esistono i fantasmi!”.

Arrivato davanti all’aula magna, attese qualche secondo prima di far scorrere la porta.

La stanza, fortunatamente, era piuttosto illuminata e quindi poteva anche evitare di usare la lampadina tascabile, che si era portato dietro da casa di Yohei nell’ultimo di convincerlo a seguirlo.

Avanzò lentamente, cercando di abituarsi alla pur sempre scarsa luminosità.

La stanza era stata arredata accuratamente. C’era pure uno striscione con il nome che il preside aveva scelto per la mostra. C’erano molti lavori (evidentemente lui e i ragazzi della squadra non erano stati gli unici a prendere insufficienze in quasi tutte le materie) e gli ci volle un po’ prima di capire, orientativamente, dove fossero stati sistemati quelli della squadra.

Beh, dato che ormai era lì, poteva pure dare un’occhiata alla concorrenza con la massima tranquillità.

Fece scivolare veloce l’occhio sui vari manufatti, ma non erano niente di che. Se avesse concorso con uno dei suoi “disegni”, commentò, si sarebbe evitato un prolungato mal di testa e, paragonato a ciò che aveva visto, avrebbe fatto comunque una buona figura.

Finalmente arrivò all’opera di Ryota. Che cos’era? Uhm… certo non vi era abbastanza luce e non poteva rischiare di attirare l’attenzione di qualcuno accendendo l’interruttore, però… gli sembravano dei fogli O_o. Che cosa aveva portato Ryota? Prese i fogli in mano, cercando di non sgualcirli. Sembravano note musicali. Che cavolo aveva presentato? Uno spartito musicale?

“Anche la musica è arte.”

Se non sbaglio era ciò che gli aveva detto quando era in crisi di ispirazione.

E chi lo avrebbe mai detto! Ryota un musicista! Nahhhhhh! Sicuramente aveva preso qualche spartito in qualche biblioteca, non c’era altra spiegazione! Avvicinò quei fogli alla finestra e guardò meglio alla luce della pallida luna.

<< Composizione… bla bla bla… per violino di Ryota Miyagi. >> lesse sbalordito.

Incapace di commentare si limitò a sistemare lo spartito dove l’aveva trovato e continuare a cercare.

Fu il turno di Hisashi. Beh la sua scultura era difficile da non vedere. Giganteggiava al centro della stanza ed era davvero imponente.

Sembrava, ma non avrebbe potuto dirlo bene, l’immagine di un uomo con le braccia legate sopra la testa, attorno al tronco di un albero, o qualcosa di simile. Il suo volto era velato di sofferenza, o comunque questo si evinceva dalla freccia che gli trafiggeva il torace. I capelli gli ricadevano sul viso, ma, pensò Hanamichi, quella statua non aveva solamente qualcosa di tremendamente sensuale ma anche di stranamente familiare. Doveva rappresentare il martirio di San Sebastiano, se i suoi ricordi religiosi non lo ingannavano. In quanto irlandese era stato educato, sin da piccolo, secondo i dettami cattolici-cristiani.

Si voltò allora a cercare l’opera del volpino, quando vide il suo capolavoro appeso al muro. La luce della luna, tenue, entrava dalla finestra e si appoggiava al muro in una lunga e dolce carezza. Il suo angelo nero sembrava essere pronto a spiccare il volo e tornare fra le creature angeliche, nel cielo, dal quale era fuggito, alla ricerca di un po’ di calore.

Era inutile! Per quanto cercasse di fuggire non poteva che restare affascinato ogni volta che il suo sguardo si posava sulla foto.

Scosse la testa, deciso ad eseguire il suo compito fino alla fine. Allungò le braccia per staccare la sua foto, quando qualcosa attirò la sua attenzione.

Accanto alla sua foto, illuminato dalla fioca luce, c’era un quadro.

<< Non… non è possibile… >>

La luce sembrava provenire dallo stesso quadro, tanto sembrava brillare, illuminato dai raggi d’oro di quel sole infuocato.

Lesse veloce il nome del pittore e per poco non cadde a terra svenuto.

Kaede Rukawa.

Quel nome cominciò a vorticargli in testa.

Kaede Rukawa.

Kaede Rukawa.

Kaede Rukawa.

Perché sempre lui, dannazione?!

Non sbagliava, né si era vantato, quando aveva detto d’essere bravo in educazione artistica. Quello era davvero un capolavoro e più lo guardava più non riusciva a farne a meno. Aveva qualcosa di magnetico, come la sua opera. Qualcosa di profondo, poco visibile e non riconducibile al soggetto immortalato. Qualcosa di così forte da mettere i brividi. Chissà se anche gli altri avrebbero provato, il giorno dopo, la stessa sensazione.

Continuò a guardare quel quadro, rapito, in contemplazione, dimentico di ogni altra cosa.

Il quadro rappresentava uno stupendo Dio Sole, Apollo, di cui non riusciva a distinguere però le fattezze, che si ergeva, solenne, su un carro d’oro, trainato da un candido e maestoso Pegaso. La bianca tunica veniva mossa dal vento e ondeggiava lenta e regale. Una cintola d’oro cingeva i suoi fianchi. L’indice della mano destra era puntato verso l’orizzonte, quasi a voler indicare il limite umano oltre al quale solo un Dio poteva addentrarsi, mentre quella sinistra teneva strette le briglie. Il cielo, di un candido celeste, accarezzava quel corpo divino quasi con riverenza, formando un’aura chiara che sprigionava da Febo. Il sole, dietro di lui, quasi impallidiva di fronte a cotanta bellezza e i suoi raggi d’oro puntavano sul Dio come un riflettore. E poi c’erano i capelli. Rossi e lunghi. Il vento vi si intrufolava allegramente, scompigliando la divina chioma. Erano lame infuocate, tizzoni che ardevano potenti, cinti sul capo da una corona d’alloro. Quel carro, bloccato in eterno nella sua risalita giornaliera al cielo, sembrava voler fuggire da quella prigione umana. Pegaso, magnifico destriero alato, sembrava prendere fuoco anch’egli e la sua maestosa eleganza diventava quasi divina, accarezzata dalla presenza del Dio.

Apollo, il più bello degli Dei.

Di lui si innamoravano ninfe e dee.

Lui, forse più umano delle altre genti divine, era il più potente e maestoso.

Lui che portava la vita, che sconfiggeva le tenebre e la morte.

Sakuragi rimase semplicemente inebetito, incapace di liberarsi da quella visione diurna in una notte illuminata solamente da una pallida e infelice luna.

 

Per un periodo che neppure lui avrebbe saputo dire, rimase fermo a fissare il quadro, incapace di muoversi. Più lo guardava, più gli sembrava che avesse qualcosa di lui, qualcosa che solo lui poteva riconoscere. Intimo e personale.

All’improvviso vide accendersi la luce del corridoio.

Guardò velocemente l’orologio. A quell’ora la guardia doveva già essere a casa. Che stesse facendo gli straordinari per la mostra? Nah! Chi potrebbe avere l’idea di rubare delle composizioni di studenti liceali? Ma certo! Magari erano quelle matte del fan club del volpino… sicuramente erano loro! Solo un idiota poteva entrare di soppiatto a scuola, per trafugare delle opere d’arte, e accendere tutte le luci. Comunque non poteva restare a pensarci su. I passi si stavano avvicinando e lui doveva trovare un luogo in cui nascondersi. Se l’avessero trovato a scuola a quell’ora di notte avrebbe rischiato una sospensione! Non poteva neppure uscire dalla porta perché sarebbe stato avvistato e neppure dalle finestre perché il rumore avrebbe attirato l’attenzione.

Si voltò velocemente per dare un’occhiata in giro e decise di nascondersi dietro cattedra sistemata sul palchetto allestito per la presentazione delle opere.

Quasi trattenne il respiro, quando sentì la porta scivolare.

Si fece coraggio e si spostò di lato per dare un’occhiata.

Possibile che fosse lui O.O?

Perché mai avrebbe dovuto intrufolarsi di notte a scuola e soprattutto… perché aveva acceso tutte le luci?

Insomma: perché era lì Kaede Rukawa?

 

Cosa era accaduto?

Come abbiamo detto Kaede era stato il primo ad arrivare, troppo in anticipo rispetto alla tabella di marcia ed era rimasto ad aspettare, dietro un albero, che la guardia se ne andasse.

Il problema era sorto dopo. Kaede Rukawa è un ragazzo parecchio ostinato, innamorato folle del basket. Per diventare campione dell’NBA, suo sogno da quando aveva iniziato a camminare, si allenava ogni momento disponibile, a cominciare dalla mattina presto, prima dell’inizio delle lezioni, per finire con l’allenamento post allenamento obbligatorio, sia a scuola che a casa, poco prima di cena. Risultato: tutto il tempo trascorso fuori dai campi di basket veniva utilizzato per recuperare le energie e rifarsi del sonno perduto. Ormai era diventato qualcosa al di fuori persino di se stesso e riusciva ad addormentarsi praticamente ovunque. E quella notte non fu un’eccezione.

Quella notte Kaede Rukawa si addormentò un attimo dopo essersi appoggiato all’albero. Non aveva sentito Hanamichi scavalcare il muro di recinzione, poco lontano, non lo aveva sentito sbraitare le sue solite idiozie sulla genialità del Tensai e non lo aveva visto neppure entrare di soppiatto a scuola, dall’aula di scienze. Figuriamoci poi se aveva visto il guardiano andarsene! Ma Kaede Rukawa non era uno sprovveduto! Lui, la matricolina d’oro, aveva già calcolato la sua letargia e aveva puntato la sveglia del suo cellulare, in modo che suonasse mezzora dopo la mezzanotte. Perché così tardi, direte? Semplicemente per essere più sicuri. Poiché non avrebbe avuto modo di assistere all’allontanamento del guardiano, puntare la sveglia mezzora dopo il suo abituale orario l’avrebbe messo al riparo da eventuali discrepanze.

Perfettamente in orario aveva aperto gli occhi, consapevole che qualcosa stesse suonando insistentemente. Aveva ricollegato quel fastidioso suono alla sveglia e, neanche chiedendosi perché mai quel giorno il sole tardasse ad alzarsi nel cielo, si era diretto verso quello che, secondo lui, doveva essere il suo armadio, ricevendo una colossale capocciata in piena fronte.

<< Merda! >> aveva esclamato, ancora pieno di sonno per urlare.

Si era guardato un attimo in giro, si era stiracchiato e, con passi lenti, si era diretto verso la palestra. Come immaginava, la porta era aperta. Aveva attraversato con sguardo basso il campetto, cercando di resistere alla tentazione di fare due tiri, ed era entrato a scuola.

Era buio, molto buio. Kaede non ha paura del buio, ma di capocciate ne aveva prese abbastanza quella sera e così aveva deciso di rendere più semplice la sua ricerca e furto del quadro compromettente. Aveva acceso le luci di tutti i corridoi attraverso i quali era passato e, con passi lenti e cadenzanti, nonché alternati a sbadigli così ampi da quasi risucchiarsi la mano, era infine giunto nel luogo del misfatto.

Aveva fatto scivolare la porta con delicatezza ed era entrato. Dopo essersi osservato in giro, si era scostato dalla porta per dare un’occhiata alle opere d’arte.

<< Uhm… e così Ryota ha portato uno spartito…. >> aveva commentato così la visione dell’opera di Ryota, senza alcuna sorpresa.

Poi era toccato all’opera di Mitsui e, il rossino non sapeva spiegarsi perché, aveva commentato con uno sghignazzo che gli aveva fatto venire i brividi e un: << Kogure-senpai… >>

<< E ora cerchiamo l’opera del Do’hao! Deve essere davvero brutta se ha rischiato un infarto quando si è parlato di mostra. >>

Hanamichi, che fino a quel momento era rimasto nascosto, per evitare di essere scoperto e dover spiegare come e perché fosse a scuola a quell’ora di notte, all’ultima affermazione del volpino aveva provato l’impulso di alzarsi e spaccargli la faccia. Cosa lo aveva fermato? Semplice: la stessa ragione del suo furto. Il ragionamento di Hanamichi era, pressappoco, questo: il volpino è sempre mezzo addormentato, persino quando è in bicicletta o sta a scuola; l’unica cosa che potrebbe svegliarlo sarebbe una palla da basket, ma qui non ce ne sono; se sono fortunato farà quel che deve fare e se ne andrà, senza neppure notare il mio ritratto, così sarò salvo. Questa era, più o meno, la sua idea. Perché poi anche la volpe artica fosse lì non sapeva spiegarselo, ma c’era e doveva sopportarlo.

Kaede trovò immediatamente ciò che stava cercando. Beh d’altronde la luce era accesa e il quadro capeggiava sulla parete dietro di lui. Si avvicinò all’opera da trafugare, quando i suoi occhi e la sua attenzione furono catturate da un altro quadro, o meglio una foto. Proprio accanto al suo Dio del Sole, c’era una magnifica foto. Sembrava quasi un angelo che spiccava il volo per tornare al cielo.

Cercò subito l’autore e quando lesse il nome di Sakuragi rimase per un solo attimo perplesso, attimo che costò all’autore, ancora nascosto, dieci anni di salute.

Quando aprì la bocca per dire qualcosa, fu spaventato dall’urlo di Sakuragi.

<< Si può sapere che cosa ci fai qui, volpe? >> urlò Hana uscendo dal suo nascondiglio, cercando di giocarsi il tutto per tutto.

<< Do’hao! Mi hai fatto prendere un infarto! Che cavolo ci fai tu qui!? >> domandò Kaede.

<< Te l’ho chiesto prima io e comunque sono qui, credo, per il tuo stesso motivo: portare via il mio operato. Poi qualcuno ha pensato bene di accendere tutte le luci della scuola e io, pensando fosse il guardiano di ritorno, mi sono nascosto. Ma dovevo immaginarlo che si trattasse di una stupida volpe addormentata! Ma volevi attirare l’attenzione della polizia? >>

Kaede perse in un attimo quel poco di colore che lo spavento gli aveva fatto acquisire e divenne mortalmente pallido. Per un attimo lo aveva dimenticato, ma se Hanamichi era venuto lì per il suo stesso motivo e, da quanto si evinceva dal suo racconto, si trovava lì da più tempo di lui, con ogni probabilità allora aveva visto il suo quadro.

<< Non è come pensi… >> quasi rantolò.

<< In che senso? >>

<< Il quadro… è vero che sei tu, ma non è come pensi. >>

<< Come? >>

Hanamichi, che stava guardando indignato la finestra, si rivoltò verso di lui e lo guardò stupefatto. Ci volle poco per capire di cosa stesse parlando e ricollegare le sue parole alla sensazione di familiarità che aveva provato non molto prima, osservando il Dio Apollo.

Si voltò lentamente e tornò a guardare il quadro.

Era proprio lui. Apollo, maestoso nella sua divinità, che si ergeva sul dorato carro del sole, aveva il suo volto, le sue sembianze ed era… era bellissimo. Così bello da essere doloroso. Ma possibile che fosse davvero lui? Lui, che si era sempre paragonato a quel vecchio disegno, che tanto aveva spaventato la nonna, quando era piccolo, non poteva essere quel maestoso e affascinante dio greco.

<< Io? Sono davvero io? >>

Kaede si morse il labbro inferiore e si diede dell’imbecille. Perché non ci aveva pensato prima? Quando era entrato la camera si trovava avvolta nell’oscurità, quindi Sakuragi aveva dato un’occhiata veloce a tutte le opere della mostra e poi si era messo a cercare la sua. Probabilmente non aveva neppure notato il suo quadro e, se anche lo avesse fatto, la scarsa visibilità gli aveva impedito di avere una visione totale dell’opera. In pratica: si era scavato la fossa da solo.

Rimase a guardare Hanamichi, cercando di capire le sue reazioni, ma il rosso lo spaventava. Continuava a fissare il suo quadro, senza espressione, senza emozioni di alcun tipo. A cosa stava pensando? Al modo migliore per ucciderlo? Probabile. Decise così di passare al contrattacco.

<< Non farti strane idee baka saru! Ho preso te da modello perché sei l’unica persona che conosca che abbia dei ridicoli capelli rossi! >>

Quella frase, seppure non veritiera, ebbe almeno la facoltà di far uscire Hanamichi dal suo stato di catalessi.

<< Si può sapere chi diavolo ti ha dato il permesso di dipingermi? >> urlò baldanzoso.

<< E a te? Chi ti ha dato il permesso di fotografarmi? >> rispose al rossino, che perse tutta la sua baldanza.

<< Non… non sei tu… >>

<< Ma credi che sia scemo? Si vede lontano un miglio che sono io il soggetto della foto! E’ per questo che mi seguivi ovunque con la macchina fotografica? >> lo incalzò Kaede, desideroso solo di scoprire finalmente la verità.

Il rossino si sentì messo alle strette e dovette faticare per non reagire come di consueto, causando la distruzione di tutta la mostra. In quel caso altro che punizione! Come minimo li avrebbero espulsi!

<< Senti volpe… >> provò a dire: << questo non è il posto… >> ma un rumore fece serpeggiare un brivido di terrore lungo le loro schiene.

Nel silenzio irreale della scuola, sentirono qualcuno parlare nel cortile. Doveva essere il guardiano, in compagnia probabilmente del poliziotto di quartiere, che non riusciva a spiegarsi come mai le luci fossero ancora accese.

<< Tutta colpa tua, stupida volpe! Hai acceso tutte le luci della scuola, bella genialata! >>

<< Non mi sembra questo il momento di recriminare, do’hao! >> lo, indispettito, zittì la volpe: << Dobbiamo uscire subito! >>

<< Andiamo! Ho lasciato aperta la finestra dell’aula di scienze, al piano di sotto. >>

<< Bravo do’hao! Se andiamo nell’aula di scienze ci ritroveremo davanti proprio i nostri inseguitori! Ma come sei furbo, complimenti! >>

<< Senti stupido volpino… >>

<< Non è questo il momento di iniziare una rissa! Andiamo in palestra. >>

<< E questo non è neppure il momento per giocare a basket! Ma pensi solo a quello? >>

<< Idiota! È dalla palestra che sono entrato! >>

<< Tsè! >>

Dopo questo felice scambio di opinioni, che si protrasse per alcuni minuti, i due decisero di lasciare in fretta l’aula magna. Passati davanti alla statua di Hisashi, Hanamichi, visto che c’era, decise di dargli un’occhiata veloce, per capire cosa si fosse perso prima, nella semi oscurità.

Non potè far a meno di spalancare gli occhi e restare a dir poco sorpreso. Kaede fu costretto a prenderlo per un braccio e trascinarselo al piano di sotto.

Quando furono giunti in palestra, si nascosero negli spogliatoi e attesero in silenzio che il guardiano se ne andasse.

<< Ma… ma… quello di prima… >>

<< Sì Hanamichi, è proprio il senpai Kogure! >>

Calò nuovamente il silenzio.

<< Ma… lo sa? >>

<< Che cosa? Che Mitsui è innamorato di lui o che questi l’abbia immortalato in una sua opera? >> ironizzò guardandolo di sottecchi: << Nel primo caso credo proprio di sì, visto che stanno assieme all’incirca da quando Mitsui è tornato in squadra, nel secondo caso credo proprio di no. L’altro giorno sentivo Kogure-senpai parlare con Ayako e dirle che non aveva idea di che cosa stesse preparando Hisashi, perché lui gli aveva proibito l’accesso al “laboratorio”. >>

Nuovamente silenzio.

Hanamichi analizzò l’insieme di parole espresse dal volpino e, qualsiasi fosse l’ordine in cui la sua mente cercava di sistemarle ed organizzarle, il senso restava sempre lo stesso.

<< Kogure e Mitsui stanno assieme? >> chiese sbalordito.

<< Perché? Qualcosa non va? Sei forse omofobo, do’hao? >>

Il rossino non notò la nota astiosa nella voce di Rukawa e, senza neppure pensarsi su, rispose:

<< Possibile che una persona seria e gentile come Kogure stia con quell’attaccabrighe, scorbutico e pure mezzo teppista, di Mitsui? Non riesco a crederci! >>

<< Allora… >> parlò Kaede titubante: << Non ti dà fastidio che i senpai… sì insomma che i senpai stiano assieme? >> chiese infine rivolgendo lo sguardo altrove.

<< No. In verità credo di aver sempre sospettato qualcosa e poi… >>

<< E poi… >> lo incalzò il volpino.

<< E poi nulla! >> ripeté il rossino.

Rukawa fece per replicare, quando sentirono chiaramente delle voci, che riconobbero come quelle del guardiano e del presunto poliziotto, passare poco distante.

<< Mi dispiace di averla disturbata per nulla. >> si scusò la voce misteriosa.

<< Ma no, agente! Lei ha solo fatto il suo lavoro! Sono io che sono da biasimare, semmai! Le confesso che quelle opere mi sono piaciute così tanto che sono rimasto nell’aula magna tutto il tempo e quando mi sono accorto dell’ora tarda, e mi sono ricordato di dover ancora fare il giro completo della scuola, sono uscito in fretta dall’aula e devo essermi dimenticato di spegnere la luce. Mi dispiace per l’inconveniente! >>

Li sentirono salutarsi al cancello ed allontanarsi.

Rimasero in ascolto per qualche minuto, poi decisero, di muto accordo, di uscire dalla scuola. Scavalcarono il muro di recinzione e rimasero a guardarsi in volto per qualche attimo, imbarazzati.

<< Beh… >> cominciò il rossino: << E’ ora di andare… >>

<< Già. >> continuò poco dopo: << Da che parte vai? >>

<< Verso il centro… >>

<< Ti accompagno. >>

Hanamichi non si chiese il perché di quella frase, né per quale motivo avesse avvertito una nota d’urgenza, solo decise di accettare la proposta del compagno e fare un tratto di strada assieme.

Intrapresero strade solitarie, rimanendo in silenzio.

<< Comunque non penso solo al basket. >> cominciò improvvisamente Rukawa.

Il parco, attraverso il quale stavano passando, era del tutto deserto. L’eco dei passi rimbombava nei tratti riparati dagli alberi e sembrava di camminare in un labirinto senza fine. Le luci, ormai spente, erano sostituite dall’argento della luna che rendeva tutto più romantico, pensava il volpino, lugubre e degno di sospetto, invece, pensava il rossino.

Hanamichi, nel sentire improvvisamente la voce del ragazzo esplodere al suo fianco, per poco non sussultò dalla sorpresa. Si era abituato a quel silenzio quasi forzato eppure accogliente. Il tono basso di Kaede, che normalmente non avrebbe neppure sentito, sospinto dal silenzio irreale di quel bosco di fiaba, era divenuto simile alla voce del tuono.

<< Come, scusa? >>

<< Quando eravamo a scuola hai detto che penso solo al basket. >>

<< Ah. >> finse interesse il rosso che, in verità, contava i metri che lo dividevano da casa.

Perché poi quella baka kitsune aveva deciso di tagliare per il parco?

<< Io non penso solo al basket… ultimamente c’è qualcosa che si è intrufolato nei miei pensieri e li brucia… non riesco a pensare ad altro. >>

Quel discorso diveniva sempre più strano ed Hanamichi, improvvisamente cosciente del suo nervosismo, affrettò inconsciamente il passo.

<< Sembra che tu stia scappando. >>

<< Eh? >> si bloccò il rossino.

<< Hai aumentato il passo, prima. >>

<< Ma quanto parli kitsune? >>

<< Sto finendo le mie scorte annuali, quindi stai zitto perché devo ancora dirti una cosa. >>

<< Parla! Sentiamo! >> sbuffò rassegnato la baka saru.

<< Riguarda quel che ho detto prima e… il quadro. Quel pensiero che ultimamente brucia la mia mente sei tu! >> non dovette neppure voltarsi per capirne la reazione, perché lo sentì irrigidirsi: << Non faccio altro che pensare a te e a quel che è accaduto al boschetto dei ciliegi. >>

<< Non… non è successo nulla! >>

<< Se quello tu lo chiami nulla…. Ti ricordo che ci siamo… >>

<< Non dirlo! >> lo bloccò Sakuragi, bloccandosi improvvisamente: << Non è successo nulla, hai capito? Quel che abbiamo fatto è stata una follia, come quando uno è ubriaco e si ritrova chissà dove chissà come! Siamo adolescenti e abbiamo avuto un periodo di confusione, tutto qui. >>

<< Vallo a dire al senpai Kogure e a Mitsui! >>

Sakuragi si sedette su una panca. Improvvisamente sentiva la testa pesante. Kaede si avvicinò ma non si sedette accanto a lui.

<< E’ diverso. Loro si amano, davvero. Noi invece? >>

<< Tu mi odi, Sakuragi? >>

Hanamichi scosse la testa, senza alzare lo sguardo. Era conscio del fatto che se avesse alzato lo sguardo per un attimo, per un solo veloce attimo, sarebbe stato perduto.

<< No. >> sospirò improvvisamente: << Non ti odio. Ma neppure ti amo. >>

<< Capisco. >>

Il rossino sentì distintamente il volpino sospirare e spostarsi alla sua sinistra. Sentì un calore profondo espandersi dal suo braccio e accarezzare tutto il suo corpo.

<< Io… io invece credo di essermi innamorato di te. A dire il vero… credo di esserlo sempre stato. Sono sempre stato invidioso della tua allegria e del calore che sapevi sprigionare e ho sempre desiderato essere tuo amico e solo adesso ho capito perché. >>

<< E suppongo che tutte le nostre liti fossero dichiarazioni d’amore. >> ironizzò Hanamichi.

<< No. Lo è il mio quadro. È stato dipingendo quell’Apollo dalla capigliatura di fuoco… >> disse passando una mano fra i suoi capelli: << … che mi sono accorto di essermi innamorato di te. >>

Hanamichi sollevò lo sguardo puntandolo su di lui. Kaede liberò i suoi capelli dalla stretta della sua mano, ma il rossino la bloccò fra le sue.

<< Io… io non so, Rukawa. Per me è tutto così confuso. Noi siamo ragazzi e questo dovrebbe essere sbagliato, eppure… mi fa stare bene, come non credevo neppure io. Da quando ho scattato quella foto mi sono ritrovato immerso in un mondo costituito solo da te. Non so se sono innamorato di te, però… possiamo provare a frequentarci e il resto… >>

<< Verrà da solo. >>

Kaede avvicinò il suo volto a quello del suo sole personale e assaporò nuovamente quei dolci petali di ciliegio. Quando riaprì gli occhi gli parve che tutto attorno a sé brillasse.

<< Ancora. >> sussurrò il rossino.

<< Ai tuoi ordini. * >> gli rispose Kaede, chinandosi nuovamente su di lui.

 

Qualche tempo dopo.

 

Hanamichi si svegliò presto, come ogni mattina si preparò con cura e salutò la madre. Uscì in fretta e si diresse al parco a grandi falcate.

Era l’ultimo giorno di scuola.

Seduto su una panchina del parco trovò Rukawa bello e addormentato. Le ragazzine che passavano davanti alle panchine tiravano lunghi sospiri estasiati. Se solo avessero saputo… come avrebbero reagito?

Si avvicinò veloce alla panchina e decise di svegliarlo, a modo suo, con un pugno in testa.

<< Ma come diavolo fai ad addormentarti ovunque? >>

<< Ieri sera abbiamo fatto troppo tardi, do’hao! Per questo oggi sono un po’ stanco. >>

<< See! E gli altri giorni? >>

Insieme si diressero verso lo Shohoku. Hanamichi, come sempre sorridente, canticchiava a mezza voce, al fianco di Rukawa, questi aveva smesso da tempo di andare a scuola in bici e sonnecchiava in piedi. Hanamichi non riusciva a spiegarsi come potesse esistere qualcuno capace di dormire persino quando camminava, eppure il volpino transgenico sembrava dotato di queste caratteristiche fuori dal comune.

<< La scuola sta finendo. >>

<< Hn? >>

<< Pensi che Kogure e Akagi resteranno ancora in squadra? >>

<< Credo che si dedicheranno agli studi, hanno degli esami da superare. >>

Ci fu un attimo di silenzio, scandito solamente dal calpestio delle scarpe sul cemento.

<< Hana? Non vanno mica in guerra, li vedremo ogni giorno e poi… Kiminobu sta con Hisashi… non andrà mica molto lontano. >>

<< Lo so. >> disse il rossino accennando un sorriso: << Però… è come se perdessi qualcosa di importante, qualcosa che non riavrò mai più. >>

<< E’ il tempo che passa… >> sospirò Kaede: << Fugge e non torna indietro, ma abbiamo sempre il futuro e tutta la luce che ci riserverà. >> **

<< E quella luce… sarà tutta solo per noi. >>

Hana allungò la mano verso quella di Kaede, la prese e la strinse forte. Ede, dapprima sorpreso, intrecciò le loro dita. La scuola era ancora lontana e il parco piuttosto esteso e pressoché deserto, potevano ancora stare così vicino.

<< Hana tu… >> provò a dire Kaede ma una voce conosciuta bloccò la domanda sul nascere.

<< Ehilà ragazzi! >> li chiamò il teppista.

<< Mitsui… >>

<< Mitchi… >>

Furono i saluti delle due quasi ex-matricole d’oro.

<< Come mai da queste parti? >> domandò il rossino: << Non è un po’ fuori mano questo parco per voi? >>

<< E’ vero, ma stavamo pensando di marinare la scuola. >> sorrise Hisashi.

<< Sashi… tu stavi pensando di marinare la scuola, io no! >> fece chiarezza il megane.

<< Ma Kimi-kun oggi è una così splendida giornata! È un peccato rinchiuderci a scuola ;_;. >>

<< Hisa… oggi è l’ultimo giorno prima delle vacanze estive e non possiamo mancare! Andremo a festeggiare dopo se vuoi… anzi… che ne direste divenire con noi? >>

Kimi non vide né la faccia da infarto che fece il teppista dietro di lui né i tentativi del medesimo ragazzo di convincere i compagni di squadra a non accettare. Sfortunatamente per lui Kaede, che avrebbe potuto aiutarlo in questa missione, era troppo addormentato per capire e Hanamichi, che non perdeva occasione per punzecchiare Hisashi, accettò volentieri l’invito del megane.

Finita la scuola, i quattro si trovarono davanti al cancello di scuola. Hisashi aveva cercato invano di convincere Kiminobu ad andarsene prima, in ogni maniera, ma, quel giorno, Kimi sembrava non ascoltare neppure la sua voce. Forse anche lui sentiva, pressante, l’arrivo dell’addio, pensò Hisashi e questo, infine, lo convinse ad abbandonare ogni piano di fuga.

 

<< Sapete a cosa stavo pensando? >> domandò improvvisamente Hanamichi, mentre la macchina, guidata da Hisashi, abbandonava la città per dirigersi verso il mare.

Subito dopo scuola, i quattro ragazzi si erano diretti verso casa di Mitsui. Per strada si erano fermati al supermercato, a comprare qualcosa da poter riscaldare sul fuoco del falò che avrebbero animato più tardi, sulla spiaggia.

Hanamichi e Kaede avevano telefonato alle rispettive famiglie una volta arrivati a casa di Hisashi e Kiminobu aveva sistemato tutto nella cesta dei pic-nic.

Poiché la scuola era terminata presto, quel giorno, avevano deciso di spostarsi più a nord, dove le spiagge erano più chiare e lo spettacolo, offerto dalla natura, entusiasmante.

<< Non ce ne frega niente, scimmia rossa! >>

<< Come ti permetti teppista! >>

<< Teppista a chi? … >>

<< Sashi? Perché non tieni le mani sul volante? >> chiese il megane preoccupato dall’irruenza del koibito. Purtroppo spesso gli capitava di agire prima di pensare e non voleva rischiare certo di finire all’ospedale.

<< A cosa stavi pensando Hanamichi? >>

<< Alla mostra. >>

Hisashi, che aveva intuito dove sarebbe giunto il discorso, si irrigidì e, per sviare l’attenzione di tutti, cercò di cambiare discorso. Kiminobu, invece, arrossì, come tutte le volte che, per un motivo o per l’altro, si finiva anche solo per nominare la suddetta mostra. Kaede ridacchiò cercando di non farsi accorgere, mentre Hanamichi, che non si era accorto di nulla, troppo preso dal paesaggio che scorreva lento dietro il finestrino, riprese a discorrere dei suoi ricordi, causando le ire, ben poco celate, del teppista.

<< Vi ricordate la faccia che fece Kogure-san? >>

Ecco, appunto! Fu quello che passò nella mente di Hisashi. Ma come fare a dimenticarlo?

 

Quel giorno aveva cercato in tutti i modi di impedire al suo ragazzo di andare a scuola, ma Kiminobu, particolarmente curioso e orgoglioso dell’opera del koibito, si era rifiutato categoricamente di cedere ai capricci dell’ex teppista. I tentativi si erano susseguiti per tutta la giornata, ma alla fine era stato costretto a capitolare. Aveva persino finto un malore ed era rimasto in infermeria, assistito naturalmente dal megane-kun, per metà mattino. Kogure, dal canto suo, iniziava ad intuire qualcosa, ma neppure la sua fervida immaginazione potè prepararlo alla sorpresa.

Quando Hisashi, Kaede, Hanamichi e Ryota furono chiamati sul palco, il tiratore da tre punti evitò accuratamente lo sguardo di Kiminobu. Purtroppo non gli era stato possibile evitare le “luci della ribalta” e aveva ascoltato tutto il discorso del preside a testa bassa.

Tutto sommato Kogure, comunque, la prese bene.

A causa della folla ebbe l’occasione di guardare l’opera da vicino solo quando lo sciame di studenti si era diluito.

<< Hi… Hisashi! >> era riuscito solo a dire, come commento.

Il viso rosso, gli occhi spalancati, il corpo tremante.

<< Sorpresa! >> disse Hisashi con voce tremante.

<< Sorpresa un corno! Ti rendi conto che l’hanno vista tutti? Quanto ci staranno a capire a chi ti sei ispirato e tutto il resto? >>

<< Se non urli magari non se ne accorgono ^^’’. >>

Kiminobu si portò la mano alla bocca e si voltò attorno spaventato.

<< Scusa Kimi! È che… non sapevo che il preside avrebbe fatto una mostra, così altisonante poi! Avrei voluto rappresentare qualcos’altro ma ogni volta che pensavo a cosa scolpire mi venivi in mente solo tu…. E poi sei così sensuale così! >>

<< Hisashi! >> era arrossito il megane.

 

<< Se ci penso… >> disse il megane guardando il fidanzato di sottecchi.

Si udì Hisashi tossire imbarazzato.

<< Beh Kogure-san io non mi preoccuperei più di tanto… si dice… si dice che ogni opera d’arte sia una dichiarazione d’amore… >> disse Hanamichi, mentre la sua mano, lenta scivolava su quella di Kaede.

Nessuno di loro disse nulla.

Hanamichi continuò a guardare fuori dal finestrino e Kaede, fintamente addormentato, si limitò a stringere quella calda mano.

Hisashi allungò una mano verso l’autoradio. E mentre il cielo, all’orizzonte, diventava sempre più chiaro e la città scompariva alle loro spalle, il piccolo abitacolo si colorò di musica e parole…

 

“I'm not a perfect person
As many things I wish I didn't do
But I continue learning
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know

 

I've found a reason for me
To change who I used to be
A reason to start over new
and the reason is you

 

I'm sorry that I hurt you
It's something I must live with everyday
And all the pain I put you through
I wish that I could take it all away
And be the one who catches all your tears
Thats why i need you to hear

 

I've found a resaon for me
To change who I used to be
A reason to start over new
and the reason is You

 

I'm not a perfect person
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know

 

I've found a reason for me
To change who I used to be
A reason to start over new
and the reason is you

 

I've found a reason to show
A side of me you didn't know
A reason for all that I do
And the reason is you”

 

 

Fine

 

Note finali: sembrerà strano terminare una storia con una canzone, ma le parole che ho inutilmente cercato in tutto questo tempo le ho trovate armonizzate meravigliosamente in questa armonia di musica e parole. Mi è sembrato che fosse la conclusione migliore.

Il testo appartiene agli Hoobastank e il titolo è, naturalmente, “The reason”.

 

 

* frase spudoramente rubata al film: “La storia fantastica” (che affascinante il garzone pirata *-*!)

** questa bellissima frase me l’ha detta la mia sorellina Tes ;_;! Mi ha commosso così tanto che ho voluto riportarla! Tvb sori!

  
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