VIII
Capitolo – Al mio fianco
"Abbracciami.
Abbracciami solamente Akito"
Allacciai le
mani dietro la sua schiena, mentre sentivo una carezza sfiorarmi la
nuca.
Il giorno
dopo sarebbe stato un piacevole risveglio.
Ci sarebbe
stato lui al mio fianco, a difendermi dalla sofferenza,
a spada
tratta.
In fondo, per
me, Akito Hayama – uomo
di cui sapevo solo nome e cognome
– era un
estraneo. La prima regola che mi era stata
impartita sin dalla più tenera età era di non dar
confidenza agli
sconosciuti e io l'avevo sempre seguita, quasi fosse un dogma.
Ma con lui
era diverso.
Sentivo di
potermi fidare, sentivo che avrebbe potuto mettere fine alle mie
sofferenze solo con lo sguardo. Arrossivo a quei pensieri, mentre
sollevavo un po' gli occhi e lo vedevo dormire al mio fianco.
Ero
accucciata sul suo petto e la sua mano si era sistemata dietro la mia
nuca, quasi ad accarezzarla. Non sapevo come spostarmi, non volevo
svegliarlo. Ma in fondo stavo bene anche così. Sentivo che
lui era
la mia difesa dal mondo esterno.
"Sei
stato sempre qui... T-Tutta la notte?" domandai, arrossendo come
una bambina. Il ghigno che indugiava sulle sue labbra mi diede
conferma e senza che potessi vincere contro il tempo il batticuore
prese il sopravvento.
"Sempre
più comodo del divano..."
"E non
ti ci abituare!"
Mollai la
presa da quell'abbraccio, che solamente adesso distinguevo caldo.
Forse sulle mie gote erano disegnati fiotti color petrolio, il
risultato di una notte di lacrime e di un mascara che non aveva
mantenuto granché la presa sulle ciglia.
"Potrei
infilarmi nel tuo letto per altri motivi... Chissà" disse,
sprofondando nel guanciale. La pelle prese a bollire. "Ma che
diavolo dici! Con te, poi!"
Voltai il
viso dall'altra parte, mentre incrociavo fieramente le braccia al
petto.
Cose
dell'altro mondo...
"Quindi
nemmeno se faccio così…"
Sentii due
dita bloccarmi la circolazione sanguigna. Un tocco sulla
pelle.
Era forse...
La sua lingua?
Massaggiava
la linea curva che costruiva il mio collo, pungendola. "... Non
senti niente?"
Diamine.
Sentivo la voragine dell'inferno aprirsi sotto di me,
altroché.
Il suo corpo
aveva oltrepassato la distanza di sicurezza, il respiro cedeva, ogni
tanto era addirittura assente e la spiacevole sensazione di caldo che
bruciava le ossa mi stava divorando, completamente. "No.
Proprio niente"
"Non sai
mentire, Sana"
Proferì,
sfiorandomi i capelli. Giocherellò con essi, fino a tastarne
la
morbidezza. "Non mi conosci, Hayama" ero passata al
cognome, per far sì che non entrassimo troppo in confidenza.
"Ti
conosco quanto basta per capire una tua bugia"
Sembrava
godere di quel mio viso paonazzo, lo sentivo già ridere
sotto i
baffi e sghignazzare di quella mia pessima abitudine. Presa da un
impeto di rabbia-improvvisa
voglia di scaraventare all'aria
qualsiasi cosa- tentai
d'alzarmi, ottenendo come risultato
solo di coprirmi di ridicolo dato che, come una perfetta idiota,
inciampai sui miei stessi piedi. Dovetti ringraziare la mano del
destino sotto forma di Akito Hayama, che mi afferrò con una
rapidità
notevole.
"Grazie"
Biascicai.
"Incredibile,
non sai camminare nemmeno sulle tue gambe. Sana, Sana..." i
Iniziò a
trattarmi come una bambola, al ché mi alterai. Le guance si
gonfiarono per poi scoppiare nervose.
"So
badare a me stessa!"
Sciolsi quel
contatto, pelle contro pelle. Un brivido felino attraversò
singolarmente tutte le dita fino a donare una piacevole scossa di
piacere a tutti gli arti.
Mi rialzai
completamente, accertandomi che non ci fossero pericoli nelle
vicinanze. Arrivata sulla soglia della porta, mi fermai. Restai per
un buon minuto a fissare il vuoto, chiedendomi un perché...
Finalmente decifrai quel silenzio.
"Aspetta..." feci immediatamente retro
marcia "Sei tu che devi andartene!",
gli puntai un dito contro, accigliata "Questa è la mia
camera,
questa è la mia casa... Fuori!" feci severa, mentre lo
vedevo
accucciarsi per trovare una comoda posizione.
"Sì,
sì...", mi rispose vago, iniziando a sbadigliare.
La vena che
pulsava sulla tempia stava iniziando a farmi male, decisamente. "Ora.
Tu. Esci" scandii bene le parole, starnazzando come una pazza.
"E
se...", trovò riposo tra i miei capelli, appoggiando il
mento
alla spalla e sussurrandomi all'orecchio. "E se non volessi
andarmene?", affondò il mento tra la matassa castana che
erano
i miei capelli. Fui colta da una nuova e intrigante sensazione.
L'istinto mi suggeriva male... Molto male.
Un breve
silenzio, in trepidante attesa di una risposta.
"Non
farlo allora"
Fu con un
soffio di parole lanciate al vento che rinunciai alla
razionalità
per cedere al più benvenuto istinto. Dolcemente chiudemmo
quel varco
invisibile, si preannunciava un nuovo brivido per entrambi. Un'aura
nuova e magica circondava i nostri corpi, era quasi palpabile la
tensione nell'aria rarefatta. Profumo di colonia ad avvolgermi in
spire ovali, profumo di ciliegia a ricordargli quanto fosse dolce
quel frutto.
Fu un incontro voluto da entrambi e adesso i
nostri corpi non aspettavano altro che muoversi in una danza senza
fine, eterna. Akito lasciò che le sue dita giocassero sui
bordi
della mia maglietta, quasi a invitarmi ad unirci alla tentazione:
aspettava solamente una mia risposta.
Sospirai
arresa, lasciandomi avvolgere da quelle dita lunghe e affusolate.
Prese a scendere lungo la linea del fianco, per proseguire su quella
del bacino, lasciando un segno incisivo su tutto il mio corpo.
Forse era
quel respiro caldo a rassicurarmi, forse era l'afa che ci annebbiava
le idee, forse eravamo entrambi sprovveduti di una bussola che ci
indicasse la retta via.
Lentamente
scivolai contro il suo corpo, questa volta cosciente, stavolta non
avevo scusanti. Non c'era nessuna giustificazione che potesse
tenere.
Per la prima volta sentii che esser diventata la
signora Hayama,
non poteva suonare poi tanto male.
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