1)
Fuggi coniglio.
Fuggi bastardo.
Fuggi preda.
Fuggi dal campo visivo.
Fuggi perché vorresti salvarti, vorresti metterti in salvo.
Ma non ci riuscirai. La tua patetica vita non merita di essere salvata.
E non sarò certo io quello che te la
lascerà. La vita non dovrebbe esser data a persone patetiche
come te.
Ormai sei mio. Smettila
di fuggire. Sei troppo lento per me. Troppo lento, e troppo stupido.
Sei mio ormai. Mio, mio e
soltanto mio. Cosa scappi a fare? Solo per allungare le tue sofferenze?
Che sforzo vano, il tuo. Che inutile e infruttuoso spreco di energie.
Pochi metri ti separano da me. 3 metri. Riesco a sentire il tuo odore.
Odori di paura. 2 metri. 1 metro. Ti ho preso. E ora muori.
Di nuovo pioggia. Ancora
pioggia. Sono giorni che il cielo non fa altro che eruttare pioggia.
Non capisco da dove provenga tutta quest’acqua. Mah! Non
capirò mai per quale motivo deve piovere. A cosa diavolo
serve la pioggia? Ma soprattutto, a che diavolo serve
l’acqua? È un elemento insulso e inutile,
l’acqua. Non serve assolutamente a nulla. Che me ne faccio di
tutto sto liquido, quando nella vita contano soprattutto le cose
solide, come il ghiaccio, la terraferma, la roccia, il
fuoco… quelle si che sono cose utili.
Ovviamente, quella
stupida della mia matrigna non la pensa così. Pensa che
l’acqua sia un elemento importantissimo per la vita sulla
terra. “Senza acqua, come faremmo noi donne a truccarci? E
poi, l’acqua rende più sexy. Tuo padre infatti mi
ha conosciuto proprio mentre uscivo dall’acqua durante una
giornata a mare”. Mio Dio, ma mio padre quel giorno non
poteva rimanersene a casa?
Mamma mia quanto
è buona la grappa di Joe! È una vera sinfonia per
il palato. Dopo un buon omicidio, non c’è niente
di meglio di quel nettare per rimettersi in sesto.
Sarà meglio
tornare a casa, però. Quelle due squinternate di Federica e
Virginia si staranno sicuramente chiedendo che fine ho fatto.
È comprensibile, visto che sono le due di notte passate.
Accidenti, uccidere quel pezzo di merda si è rivelato
più difficile di quanto pensassi. Non credevo davvero di
metterci tutto questo tempo.
“Ron,
finalmente sei tornato. Ma dove cazzo sei stato?”. Non
imparerà mai. “Veramente mi chiamo Robert.
Federica, quando capirai come mi chiamo il mondo sarà
finito”. “Fa lo stesso, Bob. Vieni, sbrigati.
Virginia ha avuto un’altra crisi. Sei il solo che
può aiutarmi”. “Ti prego, Fede, non
stasera. Ho avuto una giornata pesantissima. Abbi pietà di
me”. Nel frattempo, Virginia, in preda alla pazzia, urla e si
dimena come un ossessa. Sembra veramente una bestia scatenata, pronta a
sbranare chiunque si fosse avvicinato. Per fortuna sono ormai abituato
a questi atteggiamenti, quindi vederla in quelle condizioni non mi fa
più tanto effetto.
Ricordo che la prima
volta che la vidi così, per poco non ci rimasi secco:
Virginia infatti con un gran balzo mi fece cadere per terra, e la mia
testa sfiorò lo spigolo di un mobile.
Da
quell’episodio rimasi così traumatizzato che non
uscii di casa per giorni.
“AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH…BASTAAAAAAAAAAAAAAAAA!”.“Cazzo
che vocione che ha. Meno male che nel palazzo oltre a noi non abita
nessuno. Ma mi spieghi com’è successo?”.
“Niente, stavamo discutendo delle posizioni migliori per
scopare, e all’improvviso si è messa ad urlare
VOGLIO UN CAZZO, VOGLIO UN CAZZO!”.
“COSA?”
C’è
poco da fare, quando uno nella sua vita pensa di averle sentite tutte,
succede sempre qualcosa di peggio.
Incazzata. Ecco come mi
sento in questo fottuto momento. Incazzata con tutto e tutti.
Incazzata con questa
stupida pioggia, che non accenna a smettere e non mi fa dormire.
Incazzata con quell’arpia della mia matrigna, che anche
stasera mi ha fatto uscire di senno con i suoi discorsi “da
brava ragazza educata”. Incazzata soprattutto con mio padre,
che si fa mettere i piedi in testa da quella puttana vestita da
modella.
Dio, quanto la odio.
Quanto vorrei uccidere
quella troia e riportare in vita mia madre. Sarebbe la cosa
più bella del mondo. Eravamo così felici quando
c’era mia madre, così allegri, spensierati, pieni
di vita… sembrava che la vita per noi fosse solo un gran
divertimento, un’enorme giostra dalla quale non volevamo
scendere mai. Era così divertente passare i pomeriggi
insieme. Ricordo ancora quel giorno che andammo a Roma: fu uno dei
giorni più belli della mia vita. Un giorno che
rimarrà per sempre nel mio cuore. Cuore che, da quando mia
madre è morta, non fa che provare odio.
“Vieni qui,
porco”. Senza nemmeno darmi il tempo di riflettere, Virginia
decide di passare all’azione: prima mi tocca il pacco,
durissimo perché eccitato dalla strana situazione, poi si
abbassa, mi toglie pantaloni e mutande e lo prende in mano.
“Però. Devo ammettere che, se non fossi lesbica,
ci farei un pensierino su di te”. “Federica, per
favore. È gia abbastanza imbarazzante”.
“Ma come, un uomo forte come te che si imbarazza a stare nudo
davanti a due donne? E che sarà mai?”.
“Eh si, che sarà mai. Come se fosse una cosa
normale”. “Ma da quanto non scopi?”.
Tasto dolente.
Effettivamente non sono
mai stato un granché con le donne, anzi, se devo proprio
dirla tutta, sono una vera frana. “Sinceramente parlando, da
parecchioooooo”. Virginia è passata alle vie di
fatto: in questo momento è difatti impegnata a ciucciarmi il
cazzo. “Oh, si, cazzo, si”. Devo ammettere che
è piuttosto brava: le sue labbra aderiscono perfettamente al
mio pene e la sua lingua, ruotando con maestria, mi sta portando a
vette di piacere mai toccate. Istintivamente, le metto una mano sulla
testa, accompagnandone i movimenti, mentre Federica mi sussurra
all’orecchio frasi dolci: “Ti piace come succhia la
mia ragazza, eh? Maiale. Scommetto che avresti voluto che te lo
succhiassi anch’io. Immagina: due troie a tua disposizione,
pronte a fare qualunque cosa per soddisfarti e per accedere al tuo
succo del piacere”. Le parole di Federica mi mandano fuori di
testa, tanto da farmi venire con un copioso getto di sperma in bocca
alla sua ragazza.
Un terribile temporale infuriava quella notte. Un temporale che sarebbe
rimasto a lungo nella memoria di tutti. Un temporale così
terribile da far rimanere sveglia la gran parte degli abitanti.
Tra questi, vi era anche Erika che dai suoi occhioni azzurri faceva
trapelare solo un sentimento: la paura. Lei non aveva mai amato la
pioggia, anzi, l’aveva sempre odiata con tutte le sue forze,
e ancora di più odiava i temporali. Non poteva davvero
sopportare il terribile, sordo rumore dei tuoni che si abbattevano
sulla città. E dire che Erika, di norma, era una ragazza
molto coraggiosa, che non aveva paura di nulla. Tuttavia, i temporali
proprio non riusciva a sopportarli. Era più forte di lei.
Nello stesso momento, un serial killer stava facendo finalmente ritorno
a casa, soddisfatto e beato come non mai. D’altronde, come
dargli torto? Aveva anche quella sera ucciso un altro sporco e bastardo
individuo che non meritava di vivere, ed inoltre Virginia, la sua
vicina di casa, che di regola è lesbica, gli aveva fatto un
pompino sotto gli occhi di Federica, la sua ragazza. Tutto questo per
calmare quella pazza che, come sempre, aveva dato di matto per
chissà quale motivo assurdo. A volte il killer si chiedeva
com’era possibile che una ragazza dolce e bella (anche se
strana) come Federica perdesse tempo con quella psicotica, mentre la
fuori c’erano altre mille ragazze che sarebbero cadute ai
suoi piedi. Non riusciva davvero a crederci.
Federica, dal canto suo, a differenza della sua ragazza, faticava a
prendere sonno. Era ormai qualche notte che non riusciva a dormire,
probabilmente perché l’ultima volta che aveva
cercato di riposare si era ritrovata appesa penzoloni al balcone, e Dio
solo sa come sia riuscita a non cadere giù. Per cui, in
mancanza di sonno, faceva quello che da parecchio era ormai diventato
il suo scaccia crisi: mangiare schifezze del supermercato.
Virginia, invece, dormiva beata.
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