"E'
davvero bellissima, fra una quindicina d'anni sarà fra le
ragazze
più ammirate di Londra".
Demelza,
muovendosi dolcemente sulla sedia a dondolo, osservò la sua
bambina
che, placidamente, dormiva fra le sue braccia. "Per ora
Caroline, grazie a te, è la bambina col guardaroba
più fornito
della capitale. Ha più abiti di me".
Caroline
rise. "Ah, non credo, i figli del re forse hanno molti più
vestiti. E comunque è una bambina di classe, Clowance, si
vede a
prima vista! Inoltre, è un piacere comprare vestitini a lei
e a
Jeremy, non credevo che la moda infantile mi potesse dare tante
soddisfazioni".
Demelza
sorrise. "E allora visto che le cose stanno così, che
aspetti a
fare un figlio? Circolano tante voci su di te, che ti vogliono
fidanzata con questo o quell'altro lord, sai? Ti affibbiano un nuovo
fidanzato a settimana".
"Sì,
vero! Settimana scorsa era Lord Corvoy, quella prima ancora il
Visconte di Touregh e questa settimana...". Ci pensò su,
osservando distrattamente il soffitto. "Sai che non ricordo...?
Forse Sir Donald Ziever, il banchiere".
"Questa
settimana ho partorito, mi sono persa un sacco di pettegolezzi a
causa di Clowance e non sono aggiornata sui tuoi presunti
fidanzamenti" – sussurrò Demelza, sorridendo
dolcemente alla
figlia. "E comunque, Caroline, di tutti questi fidanzati, ce
n'è
qualcuno che ti piace davvero?".
"No,
sono tutti noiosissimi e tronfi del loro milionario conto bancario".
Demelza
alzò lo sguardo su di lei, osservandola attentamente. "Pensi
ancora a Dwight?". Ogni tanto si chiedeva cosa avesse fatto il
suo amico, se davvero fosse partito per la guerra come le aveva
confidato prima che lei lasciasse la Cornovaglia.
Caroline
si morse il labbro, quasi fosse in difficoltà. "All'inizio
mi
ha scritto molte lettere che puntualmente gli rimandavo indietro.
Però poi mi sono decisa a mandargli una risposta, gli ho
intimato di
lasciarmi in pace e non ho più avuto sue notizie. Quindi...".
"Quindi
questo non significa che non lo ami più". Demelza era
frustrata
per la situazione fra Dwight e Caroline, era una sua spina nel fianco
ricordare che si erano lasciati a causa di Ross e delle scelte
scellerate durante il periodo in cui faceva contrabbando. "Caroline,
Dwight sarebbe partito con te, voleva farlo, non vedeva l'ora! Quella
sera non si è presentato all'appuntamento perché
si è accorto che
Ross era in pericolo, che stava per cadere in un'imboscata ed
è
rimasto coinvolto negli scontri. Se c'è qualcuno con cui
dovresti
prendertela, quella persona sono io, non lui".
"Tu?
E cosa c'entri, scusa?".
"Non
sono riuscita ad impedire che mio marito proseguisse in
quell'attività, non sono riuscita a fermarlo e alla fine
è stato
Dwight a pagarne il prezzo più alto".
Caroline
scosse la testa. "Non sei responsabile per le azioni di tuo
marito, Demelza. Sei sempre stata molto tollerante con lui, lo hai
seguito e sostenuto con una forza non comune, hai avuto una pazienza
infinita. Ma Ross Poldark, per quel che lo conosco, è uno
scavezzacollo che agisce senza pensare alle conseguenze di quello che
fa e dubito che tu saresti mai riuscita a cambiarlo. Suppongo che
questo, comunque, faccia parte del suo fascino, no?".
Demelza
sorrise, con una punta di amarezza. Era vero, Ross era una persona
che viveva sempre in bilico, una testa calda della peggior specie,
con un codice morale e d'onore che niente e nessuno avrebbe potuto
scalfire e questo e tanti altri aspetti l'avevano fatta innamorare di
lui, così forte, così diverso dagli altri uomini
della sua classe
sociale. "Già, il suo fascino... Che è quello che
purtroppo mi
ha fregata".
"Pensi
ancora a lui?".
Demelza
guardò sua figlia. "Come potrei non farlo? Clowance e Jeremy
sono opera sua".
Caroline
sospirò. "Glielo farai sapere della bambina? Voglio dire,
credo
sia un suo diritto...".
"Sai,
avevo anche pensato di farlo ma...". Demelza abbracciò la
bimba, baciandola sulla fronte. "Poi mi sono chiesta dove avrei
dovuto scrivergli, se a Nampara o a Trenwith... E mi è
passata la
voglia. Ha la sua vita ora e io non ne faccio parte. E di certo non
ne fanno parte i miei bambini".
"Pensi
che ti abbia dimenticato?".
A
quella domanda, Demelza sorrise amaramente. "Mi aveva
dimenticata da ben prima che partissi. Nel suo cuore e nella sua
mente c'erano solo Elizabeth e le sue necessità".
Calò
il silenzio, un silenzio pesante. Nessuna delle due sapeva cosa dire
ed entrambe erano consapevoli che in fondo era inutile parlarne, sia
Dwight che Ross facevano ormai parte del loro passato.
Un
sommesso bussare, seguito dalla voce di Margareth, ruppe quel momento
di stasi. "Signora, avete visite".
Demelza
e Caroline si guardarono in faccia incuriosite.
"Aspetti
qualcuno?".
"No".
Demelza si strinse nello scialle, guardando verso la porta della sua
camera. "Margareth, chi è?".
"Il
signor Devrille con sua moglie".
Caroline
parve incuriosita. "Il finanziere? Lo conosci?".
"E'
uno dei miei clienti abituali alla locanda". Era stupita, cosa
ci faceva lì? "Falli entrare, Margareth".
"Certo
signora".
Demelza
si sistemò i capelli che le ricadevano liberi sul collo e
sulla
schiena. Indossava una veste da camera e di certo non era nelle
condizioni per ricevere una persona di così alto lignaggio,
ma non
aveva il tempo materiale né la voglia di cambiarsi d'abito.
Era
ancora spossata dal parto e tutto quello che desiderava era
rimettersi a letto e dormire.
Martin
Devrille e sua moglie Diane comparvero dopo alcuni istanti, con un
grosso mazzo di rose fra le mani. "Signora Demelza, vogliate
scusarci per l'intrusione, ma ci tenevamo a farvi le congratulazioni
per il lieto evento".
Demelza
sorrise, cercando di alzarsi dalla sedia a dondolo. Ma Diane la
fermò. "Oh, non sforzatevi, rimanete comoda". Le si
avvicinò poggiando i fiori sul tavolino e facendole un
inchino.
"Siamo solo di passaggio, una visita di cortesia".
"Vi
ringrazio. E colgo l'occasione per presentarvi una mia cara amica, la
signorina Caroline Penvenen".
Martin
Devrille fece un profondo inchino. "Signorina Penvenen, è un
piacere conoscervi di persona. Siete molto famosa in città".
Caroline
rise. "Più che altro, la gente ama parlare di me".
Demelza
e i coniugi Devrille risero a quella constatazione e poi Diane si
avvicinò per vedere la piccola Clowance. "E' un incanto, una
splendida bambina".
"Vi
ringrazio. E' la mia gioia, assieme a suo fratello".
Diane
accarezzò la guancia della piccola. "Ero così
curiosa di
vederla. Vi somiglia, sapete?".
Demelza
sorrise, dolcemente. "Grazie, siete gentile".
"E
voi una donna davvero speciale ed in gamba, Demelza! A me e a mio
marito piacete molto, siete onesta, gentile e una gran lavoratrice.
Una donna in gamba ed indipendente".
"E
con un ottimo fiuto degli affari!" - la interruppe Martin,
avvicinandosi a loro con una busta fra le mani, che porse a Demelza.
"Cos'è?".
"Un
piccolo dono per i vostri bambini. Una parte delle azioni che ho
acquistato sotto vostro consiglio settimana scorsa. Ricordate la
nostra conversazione?".
In
realtà, Demelza aveva scordato lo strambo modo di concludere
gli
affari di Martin Devrille, dopo il parto era stata concentrata solo
su Clowance e Jeremy e aveva tralasciato tutto il resto. Ma ora che
lui glielo ricordava... "Oh sì, le azioni di quella miniera,
la
Hope Leisure, giusto? Alla fine le avete acquistate?".
"Certo!"
- esclamò Martin, mentre anche Caroline appariva
interessata. "Ho
comprato mille azioni al costo di trenta ghinee l'una. Sapete, quanto
valgono ora, singolarmente, quelle azioni?".
"No".
"Duecento
ghinee, mia cara. Hanno trovato pochi giorni fa un enorme giacimento
di rame sotterraneo e le azioni sono schizzate alle stelle. Mi avete
dato un ottimo consiglio che mi è fruttato ottimi guadagni".
"Cosa?".
Demelza spalancò gli occhi, sorpresa e piacevolmente
compiaciuta di
averlo consigliato per il giusto, pur avendo fatto una scelta
puramente casuale.
"Avete
capito benissimo! Era un piccolo capitale per me, quello investito,
giusto un riempitivo ai miei affari più importanti. Ma
guardate che
risultato! Ve l'ho detto, avete la fortuna e l'occhio lungo che avevo
io da giovane e quindi, sono quì per proporvi un accordo".
"Quale
accordo?".
Martin
indicò la busta che le aveva messo fra le mani. "Quello
è un
mio regalo per voi e per i vostri figli, lì dentro
c'è la metà del
pacchetto azionario della Hope Leisure. E' per voi, quelle azioni
sono vostre. Potrete tenerle o rivenderle, vi frutteranno una fortuna
qualunque cosa farete".
Demelza
scosse la testa. "Ma signore, non posso accettare".
"Dovete
accettare" – intervenne Diane. "Per mio marito è
una
questione d'onore".
Anche
Caroline annuì. "Prendile Demelza, non essere sciocca".
Demelza
sospirò, sentendosi presa in trappola e in contropiede.
"Ma...
Io non ho investito alcun capitale, signore".
"L'ho
fatto io e i guadagni sono stati notevolissimi. E voi meritate la
vostra parte, sono un uomo d'onore che si ricorda degli amici".
"Ma
io non ho fatto nulla, signore" – insistette Demelza.
Martin
le sorrise, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla. "Lo
farete in futuro, se accetterete la mia proposta".
"Quale
proposta?".
"Vi
va di entrare in società con me e coi miei due soci?".
"Una
società azionaria? Ma signore, io non mi intendo di finanza"
–
protestò Demelza. "E non ho nemmeno i fondi per poterlo
fare".
Martin
annuì. "Siete intelligente, imparerete e io ho bisogno di
qualcuno di giovane a cui trasmettere il mio sapere. I miei due soci
sono miei fratelli, ormai in la pure loro con gli anni. Non sono
sposati e non abbiamo figli e nipoti a cui insegnare le basi del
nostro lavoro. Non vi chiedo di mettere grossi capitali, solo quello
che potrete giocarvi senza mettere a rischio la stabilità
vostra e
dei vostri figli. Capitali piccoli, insomma, cifre che potete rischiare
di perdere senza grossi drammi. Mi fido del vostro fiuto
Demelza, avete senno e mi ricordate tanto me stesso da giovane, siete
una donna fuori dal comune e io vi stimo molto".
"Accetta,
Demelza! Hai questa attività che ti frutta molto e quindi
guadagni
sicuri. Qualche investimento finanziario, guidato da chi se ne
intende, non ti ruberà né troppo tempo
né troppo denaro" –
insistette Caroline.
"Accettate?
Non vogliamo farvi pressioni, né tanto meno farvi correre
dei
rischi, lo sappiamo che siete sola e con due figli di cui occuparvi".
Demelza
ci pensò su. Era una proposta allettante, pericolosa se non
gestiva
bene le cose, ma che poteva aprirle innumerevoli strade. Aveva
davanti due brave persone, oneste, che si erano davvero affezionate a
lei e ai suoi bambini e con loro avrebbe potuto imparare qualcosa di
quel mondo dietro cui ruotava la fortuna di miniere, minatori e
banchieri, quel mondo contro cui Ross aveva combattuto strenuamente
per sopravvivere e per aiutare i suoi lavoratori e la povera gente
della Cornovaglia. "Piccoli capitali, per ora. Non rischio la
serenità dei miei figli, ora che ho raggiunto un discreto
stile di
vita e ho un lavoro che mi permette di mantenerli".
Martin
sorrise. "Ovviamente". Accarezzò la piccola Clowance e poi
prese la moglie sotto braccio. "Faremo grandi cose insieme,
Demelza. Consideratemi un amico, più che un socio. Non ho
avuto
figli ma se ne avessi avuta una, avrei voluto che somigliasse a voi.
A tal proposito, se non avete impegni, ci farebbe piacere che
trascorresse con noi la notte di Natale, così da conoscere i
miei
fratelli. Niente di grandioso, solo una cena in famiglia. Avervi alla
nostra tavola, coi bambini, renderebbe più piacevoli le
nostre
feste".
Demelza
sorrise. "Grazie, accetto il vostro invito con piacere".
Ancora
non poteva saperlo, ma quella nuova avventura con Mister Devrille, che
in quel momento le faceva un po' paura, l'avrebbe portata molto
lontano, facendola diventare una delle donne più potenti di
Londra
in breve tempo.
...
Prudie
e Jud erano ubriachi già da ben prima della mezzanotte di
Natale e
se non fosse stato per Dwight, in licenza militare per le feste,
avrebbe passato la notte di Natale completamente solo.
Nampara
era avvolta da una fitta nebbia, il gelo aveva incrostato le finestre
e nemmeno il camino sembrava riuscire a scaldare l'ambiente.
Il
dottore era arrivato per una breve visita, dopo mesi passati al
fronte, e avevano scambiato assieme due chiacchiere.
"Come
ti pare la guerra, Dwight?".
L'amico
sorrise. "Un ottimo modo per fare pratica come medico, Ross. E'
qualcosa di disumano".
"Partirai
il due gennaio?".
"Sì,
la mia nave salperà all'alba, direzione Francia".
Ross
giocherellò col bicchiere di vino che aveva fra le mani,
facendo
danzare il liquido rosso in esso contenuto. "Forse faremo il
viaggio insieme, sai?".
Dwight
spalancò gli occhi. "Cosa?".
"Mi
sono arruolato due giorni fa e la mia nave partirà il due
gennaio,
come la tua".
"Ma
Ross... Perché proprio ora? La tua miniera sta fruttando, i
tuoi
minatori, grazie a te, stanno passando un Natale sereno e poi hai una
moglie e un figlio dispersi chissà dove, da ritrovare".
Ross
scosse la testa. Era a pezzi, nonostante gli ottimi guadagni e la
stabilità economica raggiunta negli ultimi mesi. Il suo
mondo era
andato a rotoli, aveva trovato la ricchezza ma aveva perso la donna
della sua vita, per sempre. Erano mesi, tanti mesi che non sapeva
nulla di Demelza e ormai era rassegnato al fatto che non si sarebbero
più rivisti. "I miei soci cureranno gli interessi della
Wheal
Grace e i miei servi mi terranno pulita la casa. Per quanto riguarda
Demelza...". Si alzò, sparì, raggiunse la camera
da letto e
riapparve alcuni istanti dopo, con una lettera fra le mani che diede
all'amico. "Leggi".
Accigliato,
Dwight ubbidì.
Ross
gli si sedette accanto, silenzioso. Era la lettera che gli aveva
lasciato Demelza prima di partire, che ormai conosceva a memoria e
che, ogni volta che la rileggeva, gli faceva male come il primo
giorno in cui ne era entrato in possesso.
"Accidenti,
Ross..." - commentò Dwight, laconico. "E' decisamente la
lettera di una donna ferita. Ma... potete sistemare le cose".
"Ho
deciso che non voglio sistemarle!".
"Cosa?".
Dwight era stupito.
Ross
sospirò. "Sono mesi che ho smesso di cercarla. In quella
lettera, Demelza mi ha detto che si è sempre sentita la
seconda
scelta, non alla mia altezza. Odio averla fatta sentire
così, non
essermene mai accorto e la sai una cosa...? Sono io quello che non
è
alla sua altezza, io che avevo accanto la donna più bella e
in gamba
del mondo e non ho saputo amarla, apprezzarla, starle accanto come
meritava. Non mi ha mai chiesto nulla, se non amore e attenzione. E
io guardavo dall'altra parte, raccontandomi frottole per correre
altrove, invece che stare con lei. Perché dovrei cercarla,
per
offrirle cosa? La vita con un uomo idiota, arrgante, che già
l'ha
fatta soffrire tanto? Non sarebbe un gesto d'amore vero, altruista
per una volta da parte mia, lasciarla andare, lasciarla libera di
vivere la sua vita felice, magari accanto a qualcuno che la meriti
davvero? Perché dovrebbe voler tornare? Perché
dovrei pretendere
che lo faccia? Perché dovrebbe darmi una nuova
possibilità?".
"Ross,
tu la ami e lei ama te! Tornerebbe subito se le parlassi come stai
parlando a me ora. Demelza non ti ha chiesto, per tanto, che questo".
Ross
scosse la testa. "E' giusto così, che lei viva la sua vita
libera, come mi ha chiesto. E che io paghi con la solitudine tutti i
miei errori e la mia arroganza. Partirò per la guerra con
te, magari
in battaglia saprò sentirmi più vivo di come mi
sento ora qui".
Dwight
lo fissò, preoccupato. "Ross, sei sicuro di star bene? Sei
sicuro di voler rinunciare a lei?".
"Tutto
quello che vorrei è riabbracciarla, chiederle scusa e dirle
che non
è mai stata seconda a nessuno, che è lei l'amore
della mia vita. Ma
suppongo che non poterlo fare sia la punizione giusta per me".
Ross
non disse altro. Lasciò che Dwight tornasse a casa, dopo
aver
brindato al Natale, e poi tornò in camera sua, in quella
casa
avvolta da un silenzio spettrale. Si sedette sul letto, sfilandosi la
camicia di dosso, ricordando il Natale di un anno prima, quando aveva
regalato a Demelza quelle calze di seta e avevano passato una
meravigliosa notte insieme, a fare l'amore con una passione e una
tenerezza uniche. Non avrebbe mai più vissuto momenti
simili, non
l'avrebbe più avuta accanto, non l'avrebbe più
vista sorridere o
arrabbiarsi, non avrebbe più provato il calore della sua
vicinanza e
dei suoi abbracci. Accarezzò il lato del letto dove dormiva
sua
moglie, con gli occhi lucidi. "Ovunque tu sia, buon Natale,
amore mio".
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