Da grande-Teddy
Tonks era seduta sul divano con il suo bimbo stretto al petto. Il
piccolo le teneva una mano premuta sul seno da cui ciucciava con
avidità, come se temesse che qualcuno potesse portarglielo via.
Anche Remus, spesso, dormiva tutta la notte tenendo una mano posata
lì, una piccola coccola che si concedeva. Lei stessa si sentiva
rassicurata dal sentirlo stringerla, non la lasciava neppure dopo che
si era addormentato, anzi, si aggrappava con ancora più forza.
“Ehi! Che entusiasmo ci mette!” Remus si era avvicinato a
loro camminando piano, senza far rumore, tanto che non si era neppure
accorta della sua presenza. “Entusiasmo che condivido. E guardalo
come si arrabbia se provo a spostargli la manina!”
Il bimbo reagì al tentativo del papà di sottrargli il
seno dimenandosi tutto, i capelli rosso acceso, senza mollare la presa
neanche per un secondo. Anzi, passando senza indugi all’offensiva
e cercando di allontanarlo scalciando con le gambine.
L'uomo indugiò per un lungo istante ad osservarlo adorante, per
poi alzare lo sguardo, con l’aria di chi è perso in un bel
sogno a occhi aperti. “Già ce lo vedo, impiegato alla
Gringott, a fare la guardia a qualcosa di terribilmente prezioso,
unico, straordinario e morbido, dolcissimo…”
Tonks lo fulminò con lo sguardo, se stava cercando di comprarla
paragonando il suo seno a un oggetto di inestimabile valore… ci
stava riuscendo alla grande, ma non lo avrebbe ammesso neanche sotto
tortura.
“Tu non dovresti affatto essere qui.” lo rimproverò.
Era a letto che avrebbe dovuto essere! Ancora non gli era chiaro che se
non riposava per un tempo adeguato, dopo la luna piena, il suo corpo
faticava a digerire le ferite e lo stress della trasformazione,
allungando così la convalescenza di parecchi giorni. Ma quanto
era zuccone?
“Hai ragione,” le rispose, spostando il peso da un piede
all’altro, l’aria colpevole. “Dovrei essere sotto la
finestra del salotto, in ginocchio su un tappeto di cocci rotti, a
chiedere perdono per averti abbandonata, di nuovo. Come faccio tutti i
pomeriggi. Da sette mesi.” sospirò sconsolatamente, come
se stesse parlando sul serio, e sembrava sinceramente rammaricato per
aver saltato una punizione che riteneva adeguata per espiare in parte
le sue colpe. Ma poi un guizzo allegro gli illuminò gli occhi,
preso da un’improvvisa ispirazione. “Ma, anche se ti
sembrerà strano, sono finiti i cocci,” sollevò dal
mobiletto dietro il divano un piccolo vaso. “Me lo reggi un
attimo, per favore?” e glielo porse, per poi posarlo di nuovo al
suo posto, prima di darle il tempo per arrabbiarsi sul serio.
Abbozzò un pallido sorriso. “Scusami. Ho mentito, di cocci
ce ne sono ancora a tonnellate. È che oggi non me la sento
tanto.”
La voce gli scemò in un mormorio sommesso, venendogli a mancare la forza per dire altro.
“Quanto sei sciocco… non dovresti darmi certe idee. Potrei
prenderle in considerazione sul serio.” brontolò
lei. “È a letto che devi filare!”
Remus accennò a un gesto di diniego con il capo, oscillò
un poco e cercò abilmente di dissimulare il mancamento sedendosi
accanto a lei. Bella mossa, ma si era seduto in maniera un po’
troppo maldestra.
“Cerchi di imitarmi, per caso?” lo stuzzicò.
“Come?”
“Di solito non ti siedi così di schianto… mi hai
fatta sobbalzare! Guarda, al povero Teddy è sfuggita di bocca la
sua ciuccia!”
L’uomo non riuscì a trattenere un sorriso. “Ciuccia?” ripeté, sollevando le sopracciglia.
“Beh, mica posso dire tetta! Sarebbe volgare.”
Tonks sobbalzò, schiacciandosi una mano sulla bocca.
“Ecco, me lo hai fatto dire tu! Tireremo su un bambino sboccattissimo!”
Remus annuì con aria greve. “Me ne farò una
ragione… vorrà dire che da grande farà il leader
di uno di quei gruppi rock che a te piacciono tanto.”
“Uaaaa!” strillò Teddy a pieni polmoni, come a
dimostrare le sue doti canore. Ma realizzò che gli era
impossibile continuare a lamentarsi per il maltolto e riacciuffare il
seno allo stesso tempo, così si zittì, cercando di
riappropriarsene, le labbra schiuse e la manina che si tendeva verso
l’oggetto del suo desiderio.
“Uhm,” Remus indicò un punto in alto, in un angolo
del soffitto. “Già lo vedo a sfrecciate sulla sua scopa,
come Cercatore alla Coppa del Mondo di Quidditch! Guarda come ha
già riacchiappato il tuo seno! E non gli toglie gli occhi di
dosso neppure un secondo!”
Tonks gli sorrise, intenerita. “Hai già dei grandi
progetti per il nostro bimbo, non è vero? Ma sei così
stanco e ormai non funziona più il trucchetto di stordirmi con
le tue chiacchiere per farmi scordare che sei malato.”
Lui per risposta si tirò nuovamente, con fatica, in piedi. Bene,
si era deciso a tornare a letto. Si piegò un pochino in avanti e
Tonks per un secondo temette che stesse per svenire, ma stava solo
prendendo la rincorsa per tornare a sedersi, e questa volta lo fece
davvero con l’intenzione di imitarla. Il divano
scricchiolò per l’urto del suo corpo che a peso morto si
abbatteva su di lui… Povero, era un divano vecchio e logoro, che
aveva preso di terza mano, salvandolo dalla discarica.
“Mi conosci davvero bene. In effetti, cercavo proprio di simulare
la tua elegante maniera si sederti, solo che non l’avevo fatto
abbastanza bene. Ma ora ci ho preso sul serio, non trovi?”
Tonks gli fece una smorfia, per poi accarezzare con lo sguardo il suo amato divano.
“Povero vecchietto, tutto mezzo sfracassato… e io che ti
ho accolto in casa mia, prendendoti dalla strada. Ricordo ancora la
prima volta che ti ho visto, sdraiato tutto sdrucito davanti a quel
palazzo a Diagon Alley…”
“Veramente ero a Grimmauld Place, e non ero affatto
sdrucito… cioè, sdrucito lo ero, volevo dire che non ero
affatto sdraiato. E poi non dirmi così, mi fai sentire un
vecchio cane randagio.” si lamentò lui.
Oh, ma guarda, il suo divano parlava! No, aspetta… era stato Remus a parlare.
“Uffa, Remus! Non mi riferivo a te, ma al divano!”
“Ah. E’ che io e lui abbiamo così tante cose in
comune. Sai, l’età, il colore triste… essere felici
quando posi il tuo sederino perfetto su di noi…” le
regalò un sorriso disarmante.
Cercò di fingersi arrabbiata, ma in realtà si sentiva molto lusingata.
“Oh, su, non fare così… tu sei molto più
giovane di lui!” sussurrò con voce dolce la ragazza, una
smorfia sul viso che celava maldestramente la sua voglia di esibirsi in
un enorme sorriso compiaciuto.
“Grazie.” rispose Remus.
“Parlavo con il divano.”
“Ok, visto che sono di troppo, me ne torno a letto.”
brontolò, ma non accennò ad alzarsi. E lei che si era
illusa di essere riuscita a convincerlo a tornare a stendersi.
Allungò un braccio con l’intenzione di incitarlo ad
alzarsi dandogli uno spintone sulla schiena, ma colpì con la
mano il vaso che le aveva porto prima, facendo quello che lui si era
aspettato da lei: ridurlo in cocci.
Al rumore del vaso che si infrangeva sul pavimento Teddy
sobbalzò, alzando le braccine per aria per lo spavento.
“Ah?” esclamò, indicando vagamente con la manina il
disastro della mamma e sventolando un ditino in quella direzione.
“Guarda, Dora!”
Tonks strinse gli occhi, contrariata. “Lo vedo. Non
c’è bisogno di sottolineare quello che ho
fatto…”
“No! Guarda Teddy, non sembra che voglia aggiustare il vaso con il dito?”
E in effetti i cocci si sollevarono per un istante da terra, per poi ricadere tintinnando.
“Ua!” strillò il piccolo, pestando eccitato i piedi contro il fianco del papà.
“Oh! Dora, ora so quale sarà il suo futuro. Ministero
della Magia. Direttore del Dipartimento delle Catastrofi e degli
Incidenti Magici. Chi più di lui può essere preparato per
quel posto?”
Tonks pensò di affatturarlo, ma poi le venne un’idea migliore. Rispondergli per le rime!
“E perchè non Ufficio Regolazione e Controllo della Creature Magiche? Divisione Bestie Maleducate.”
Ma il lupastro non si scompose affatto. “Mmm, perchè no?
Quale referenza migliore dell’avere me come padre? Con una madre
come te, però, credo sia da prendere in considerazione anche
l’Ufficio Consulenza Flagelli”
Lei scoppiò a ridere, suo malgrado. “Caspita, Remie, con
dei genitori fichissimi come noi, Teddy ha già la strada
spianata per un’infinità di carriere! E tu che sostenevi
che avere un lupo mannaro come papà avrebbe fatto di lui un
bambino senza speranza e senza futuro!”
Tonks si morse la lingua, pentendosi subito delle sue parole che
sembrarono far tornare all'improvviso Remus con i piedi per terra. Ora
non rideva più, anzi, pareva smarrito.
“Ti posso stringere un po’?” le chiese, con una punta di urgenza nella voce.
“Certo, amore... vieni qui.” picchiò con il palmo della mano sul divano a ridosso di dove sedeva.
Si avvicinò accoccolandosi contro di lei, il corpo caldo e spigoloso, per poi passarle un braccio sulle spalle.
“Remus, tu… ti saresti mai aspettato di finire
così?” chiese, appoggiando la guancia sulla mano con cui
la teneva stretta.
Lui non le rispose, sembrava non la stessa neppure ascoltando, come se
gli fosse necessaria tutta la sua concentrazione per abbracciarla.
“Remus?”
Sbatté le palpebre, riemergendo dai propri pensieri, a fatica e
scosso da un leggero tremito. “No. Non mi sarei mai immaginato di
finire così neanche nei miei sogni.” mormorò.
“Te lo sei immaginato nei tuoi incubi, allora?” chiese
Tonks, aspettandosi già il peggio. Si rendeva conto di essere
una moglie approssimativa, una casalinga pessima, una madre…
boh… forse era abbastanza un disastro anche come madre. Che ne
sapeva lei, di bambini?
Remus la stava fissando intensamente negli occhi, e lei non poté
fare a meno di chiedersi se le stesse leggendo nel pensiero, poteva
giurare che a volte le sembrava ci riuscisse anche senza la bacchetta.
“Neanche nei miei sogni più belli.” le fece un gran
sorriso, alzando la mano dalla sua spalla e percorrendole con un dito
la linea del naso.
Tonks si illuminò tutta, i capelli più rosa che mai.
“Oh! Ma come siamo dolci, stasera.” gongolò, con gli
occhi che le luccicavano.
“Troppo, vero?”
“Non so, potrei abituarmici.”
Teddy, ormai sazio, si era afferrato i piedini con le mani e si dondolava sulla schiena.
“Guardalo!” esclamò Tonks, con l’intenzione di
imitarlo. “Già lo vedo a cozzare contro un Cercatore,
gettandolo giù dalla sua scopa! Come Bolide sarebbe fantastico!
Ma sta lontano dalla tazza del bagno del professor Piton, mi
raccomando. La mamma l’ha già pagata cara, sai, quella
volta che…”
Si interruppe, mordendosi le labbra.
“Tu hai infilato un Bolide nel gabinetto di…” Remus
aveva gli occhi sgranati. Ma solo per un attimo, prima di lasciarsi
scivolare giù dal divano, scosso da irrefrenabili risate. Era la
magia che le riusciva meglio, quella di trasformare i tremiti di
angoscia in scossoni da risate. Era una specie di
“Riddikulus” in carne e ossa, come le aveva fatto notare
parecchie volte il suo simpatico consorte.
Tonks ammiccò, sollevando poi Teddy e appoggiandoselo contro la spalla, per fargli fare il ruttino.
“Io ho sempre voluto fare l’Auror, sai? Ooooh! Come mi
piaceva fare disastri per ottenere la mia punizione più ambita,
una passeggiata con Hagrid nella Foresta Proibita a caccia di Creature
Oscure! E tu… hai sempre voluto fare il…
emh…” schioccò le dita, senza sapere come
concludere la frase.
“Il disoccupato?” le venne in soccorso, asciugandosi gli occhi con i dorsi delle mani. “Non direi, no.”
“Non intendevo dire quello.” protestò Tonks.
“Giusto. Volevi dire il lupo mannaro.” Remus parlava in
fretta, come faceva sempre quando era particolarmente nervoso, in modo
da non darle il tempo di riflettere, sperando che lasciasse cadere
l'argomento per l'irritazione che il suo comportamento le causava.
“Hai sempre voluto fare il lupo mannaro?” ripeté
lei, più a se stessa che non al marito, sentendosi parecchio
confusa.
“Sì,” le rispose, per poi contraddirsi un secondo dopo. “No. Il contrario.”
“Cosa? Remus! Rispondi seriamente!”
Lui sospirò combattuto, muovendosi a disagio sul pavimento su cui ancora sedeva.
“Va bene.” abbozzò un piccolo sorriso a occhi bassi
che le fece venire voglia di tenerselo stretto stretto.
“L’essere umano,” deglutì forte, come per
mandar giù una confessione che trovava particolarmente amara.
“Avrei voluto fare l’umano.” ripeté,
inghiottendo di nuovo a vuoto e piegando le ginocchia, le gambe contro
il petto.
“Oh, amore…” Tonks, gli occhi umidi, sentiva che
qualunque cose avesse aggiunto si sarebbe rivelata banale o inutile. E
Remus non voleva essere compatito, lo sapeva.
Così si limitò a staccargli una delle mani dalle
ginocchia, che stringeva con tanta forza da avere le nocche bianche, e
intrecciarla con la sua.
“E Teddy, che farà?” le chiese, aumentando la presa, come per farsi coraggio.
“Beh, ma è tutta la sera che mi elenchi i suoi possibili
futuri impieghi. Direi che lo aspetta un futuro tutto in
discesa.” scherzò, cercando di farlo sorridere.
Remus si accigliò, perso nei suoi pensieri. Poi si alzò
con cautela e prese il piccolo sotto le ascelle, sollevandolo in aria.
Il bimbo si esibì in una cascatella di risate, mentre il
papà lo faceva volare sopra la sua testa.
“Lui è umano,” lo sollevò di nuovo, in estasi
per le sue risate. “Forse il suo futuro non sarà proprio
in discesa. Ma un futuro lo avrà di certo, non è
vero?” abbassò il piccolo e se lo strinse al petto,
guardandola spaurito. “Non è vero, Dora?”
ripeté, alla disperata ricerca di una conferma da parte sua.
“Sicuro!” esclamò lei con convinzione, dispiaciuta
per l’insicurezza che lo tormentava e sembrava far parte di lui
quanto i capelli ingrigiti o i suoi sorrisi. Gli baciò una
guancia strappandogli un sorriso, prima di prendergli Teddy dalle mani.
“Ha appena mangiato, così lo farai vomitare…”
lo sgridò con un cipiglio severo degno di Andromeda.
Remus la guardò, pieno di ammirazione e orgoglio. “Sei una brava mamma. Brava e per niente un disastro.”
“Sì?” Tonks sentiva spesso il bisogno di sentirselo
dire, in fondo un po’ insicura lo era anche lei. E dopotutto era
così bello sostenersi a vicenda.
“Sì.”
Non smise di rimirarseli, lei e il loro bimbo, con un sorriso appena
accennato la seguì mentre lei si appoggiava di nuovo il piccolo
sulla spalla, camminando lentamente per la stanza.
“Teddy… lui…” mormorò Remus, a voce bassa, ma ferma.
“Sì, Remie?”
“Sarà libero di scegliere di fare tutto quello che
desidera. Sto combattendo per questo… sai, l’Ordine, la
guerra… sono così stanco e ho... ho paura ora che ho
così tanto da perdere… ma continuo a combattere per
questo, per dargli un futuro.”
Tonks lo capiva. Ora combattevano per Teddy, era vero. Tutte le altre
motivazioni, per quanto nobili, avevano perso importanza davanti alla
necessità di offrire un mondo migliore al loro piccolino. Un
mondo che potesse accettarlo.
“E l’avrà Remus. Ci puoi scommettere che l’avrà.”
Ecco l'ultimo capitolo :-)
Ringrazio kaos3003 per la recensione ^^ mi ha fatto molto piacere!
Ringrazio anche i lettori silenziosi e chi mette le mie storie tra i preferiti.
Grazie :-)
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