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Autore: fri rapace    24/05/2009    8 recensioni
“Cosa potrà mai fare il nostro bambino da grande?” chiese, la voce spezzata, lo sguardo addolorato fisso sul figlio rannicchiato contro di lui. Lui che avrebbe dovuto proteggerlo, ed era invece stato la causa del suo male.
Piccola storia composta da tre capitoli, che possono essere letti anche singolarmente come one-shot. Protagonisti tre bambini (Remus, Tonks e Teddy) e le domande sul loro futuro che si pongono i rispettivi genitori.
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Da grande-Teddy Tonks era seduta sul divano con il suo bimbo stretto al petto. Il piccolo le teneva una mano premuta sul seno da cui ciucciava con avidità, come se temesse che qualcuno potesse portarglielo via.
Anche Remus, spesso, dormiva tutta la notte tenendo una mano posata lì, una piccola coccola che si concedeva. Lei stessa si sentiva rassicurata dal sentirlo stringerla, non la lasciava neppure dopo che si era addormentato, anzi, si aggrappava con ancora più forza.
“Ehi! Che entusiasmo ci mette!” Remus si era avvicinato a loro camminando piano, senza far rumore, tanto che non si era neppure accorta della sua presenza. “Entusiasmo che condivido. E guardalo come si arrabbia se provo a spostargli la manina!”
Il bimbo reagì al tentativo del papà di sottrargli il seno dimenandosi tutto, i capelli rosso acceso, senza mollare la presa neanche per un secondo. Anzi, passando senza indugi all’offensiva e cercando di allontanarlo scalciando con le gambine.
L'uomo indugiò per un lungo istante ad osservarlo adorante, per poi alzare lo sguardo, con l’aria di chi è perso in un bel sogno a occhi aperti. “Già ce lo vedo, impiegato alla Gringott, a fare la guardia a qualcosa di terribilmente prezioso, unico, straordinario e morbido, dolcissimo…”
Tonks lo fulminò con lo sguardo, se stava cercando di comprarla paragonando il suo seno a un oggetto di inestimabile valore… ci stava riuscendo alla grande, ma non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura.
“Tu non dovresti affatto essere qui.”  lo rimproverò.
Era a letto che avrebbe dovuto essere! Ancora non gli era chiaro che se non riposava per un tempo adeguato, dopo la luna piena, il suo corpo faticava a digerire le ferite e lo stress della trasformazione, allungando così la convalescenza di parecchi giorni. Ma quanto era zuccone?
“Hai ragione,” le rispose, spostando il peso da un piede all’altro, l’aria colpevole. “Dovrei essere sotto la finestra del salotto, in ginocchio su un tappeto di cocci rotti, a chiedere perdono per averti abbandonata, di nuovo. Come faccio tutti i pomeriggi. Da sette mesi.” sospirò sconsolatamente, come se stesse parlando sul serio, e sembrava sinceramente rammaricato per aver saltato una punizione che riteneva adeguata per espiare in parte le sue colpe. Ma poi un guizzo allegro gli illuminò gli occhi, preso da un’improvvisa ispirazione. “Ma, anche se ti sembrerà strano, sono finiti i cocci,” sollevò dal mobiletto dietro il divano un piccolo vaso. “Me lo reggi un attimo, per favore?” e glielo porse, per poi posarlo di nuovo al suo posto, prima di darle il tempo per arrabbiarsi sul serio. Abbozzò un pallido sorriso. “Scusami. Ho mentito, di cocci ce ne sono ancora a tonnellate. È che oggi non me la sento tanto.”
La voce gli scemò in un mormorio sommesso, venendogli a mancare la forza per dire altro.
“Quanto sei sciocco… non dovresti darmi certe idee. Potrei prenderle in considerazione sul serio.”  brontolò lei. “È a letto che devi filare!”
Remus accennò a un gesto di diniego con il capo, oscillò un poco e cercò abilmente di dissimulare il mancamento sedendosi accanto a lei. Bella mossa, ma si era seduto in maniera un po’ troppo maldestra.
“Cerchi di imitarmi, per caso?” lo stuzzicò.
“Come?”
“Di solito non ti siedi così di schianto… mi hai fatta sobbalzare! Guarda, al povero Teddy è sfuggita di bocca la sua ciuccia!”
L’uomo non riuscì a trattenere un sorriso. “Ciuccia?” ripeté, sollevando le sopracciglia.
“Beh, mica posso dire tetta! Sarebbe volgare.”
Tonks sobbalzò, schiacciandosi una mano sulla bocca.
“Ecco, me lo hai fatto dire tu! Tireremo su un bambino sboccattissimo!”
Remus annuì con aria greve. “Me ne farò una ragione… vorrà dire che da grande farà il leader di uno di quei gruppi rock che a te piacciono tanto.”
“Uaaaa!” strillò Teddy a pieni polmoni, come a dimostrare le sue doti canore. Ma realizzò che gli era impossibile continuare a lamentarsi per il maltolto e riacciuffare il seno allo stesso tempo, così si zittì, cercando di riappropriarsene, le labbra schiuse e la manina che si tendeva verso l’oggetto del suo desiderio.
“Uhm,” Remus indicò un punto in alto, in un angolo del soffitto. “Già lo vedo a sfrecciate sulla sua scopa, come Cercatore alla Coppa del Mondo di Quidditch! Guarda come ha già riacchiappato il tuo seno! E non gli toglie gli occhi di dosso neppure un secondo!”
Tonks gli sorrise, intenerita. “Hai già dei grandi progetti per il nostro bimbo, non è vero? Ma sei così stanco e ormai non funziona più il trucchetto di stordirmi con le tue chiacchiere per farmi scordare che sei malato.”
Lui per risposta si tirò nuovamente, con fatica, in piedi. Bene, si era deciso a tornare a letto. Si piegò un pochino in avanti e Tonks per un secondo temette che stesse per svenire, ma stava solo prendendo la rincorsa per tornare a sedersi, e questa volta lo fece davvero con l’intenzione di imitarla. Il divano scricchiolò per l’urto del suo corpo che a peso morto si abbatteva su di lui… Povero, era un divano vecchio e logoro, che aveva preso di terza mano, salvandolo dalla discarica.
“Mi conosci davvero bene. In effetti, cercavo proprio di simulare la tua elegante maniera si sederti, solo che non l’avevo fatto abbastanza bene. Ma ora ci ho preso sul serio, non trovi?”
Tonks gli fece una smorfia, per poi accarezzare con lo sguardo il suo amato divano.
“Povero vecchietto, tutto mezzo sfracassato… e io che ti ho accolto in casa mia, prendendoti dalla strada. Ricordo ancora la prima volta che ti ho visto, sdraiato tutto sdrucito davanti a quel palazzo a Diagon Alley…”
“Veramente ero a Grimmauld Place, e non ero affatto sdrucito… cioè, sdrucito lo ero, volevo dire che non ero affatto sdraiato. E poi non dirmi così, mi fai sentire un vecchio cane randagio.”  si lamentò lui.
Oh, ma guarda, il suo divano parlava! No, aspetta… era stato Remus a parlare.
“Uffa, Remus! Non mi riferivo a te, ma al divano!”
“Ah. E’ che io e lui abbiamo così tante cose in comune. Sai, l’età, il colore triste… essere felici quando posi il tuo sederino perfetto su di noi…” le regalò un sorriso disarmante.
Cercò di fingersi arrabbiata, ma in realtà si sentiva molto lusingata.
“Oh, su, non fare così… tu sei molto più giovane di lui!” sussurrò con voce dolce la ragazza, una smorfia sul viso che celava maldestramente la sua voglia di esibirsi in un enorme sorriso compiaciuto.
“Grazie.” rispose Remus.
“Parlavo con il divano.”
“Ok, visto che sono di troppo, me ne torno a letto.” brontolò, ma non accennò ad alzarsi. E lei che si era illusa di essere riuscita a convincerlo a tornare a stendersi.
Allungò un braccio con l’intenzione di incitarlo ad alzarsi dandogli uno spintone sulla schiena, ma colpì con la mano il vaso che le aveva porto prima, facendo quello che lui si era aspettato da lei: ridurlo in cocci.
Al rumore del vaso che si infrangeva sul pavimento Teddy sobbalzò, alzando le braccine per aria per lo spavento. “Ah?” esclamò, indicando vagamente con la manina il disastro della mamma e sventolando un ditino in quella direzione.
“Guarda, Dora!”
Tonks strinse gli occhi, contrariata. “Lo vedo. Non c’è bisogno di sottolineare quello che ho fatto…”
“No! Guarda Teddy, non sembra che voglia aggiustare il vaso con il dito?”
E in effetti i cocci si sollevarono per un istante da terra, per poi ricadere tintinnando.
“Ua!” strillò il piccolo, pestando eccitato i piedi contro il fianco del papà.
“Oh! Dora, ora so quale sarà il suo futuro. Ministero della Magia. Direttore del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici. Chi più di lui può essere preparato per quel posto?”
Tonks pensò di affatturarlo, ma poi le venne un’idea migliore. Rispondergli per le rime!
“E perchè non Ufficio Regolazione e Controllo della Creature Magiche? Divisione Bestie Maleducate.”
Ma il lupastro non si scompose affatto. “Mmm, perchè no? Quale referenza migliore dell’avere me come padre? Con una madre come te, però, credo sia da prendere in considerazione anche l’Ufficio Consulenza Flagelli”
Lei scoppiò a ridere, suo malgrado. “Caspita, Remie, con dei genitori fichissimi come noi, Teddy ha già la strada spianata per un’infinità di carriere! E tu che sostenevi che avere un lupo mannaro come papà avrebbe fatto di lui un bambino senza speranza e senza futuro!”
Tonks si morse la lingua, pentendosi subito delle sue parole che sembrarono far tornare all'improvviso Remus con i piedi per terra. Ora non rideva più, anzi, pareva smarrito.
“Ti posso stringere un po’?” le chiese, con una punta di urgenza nella voce.
“Certo, amore... vieni qui.” picchiò con il palmo della mano sul divano a ridosso di dove sedeva.
Si avvicinò accoccolandosi contro di lei, il corpo caldo e spigoloso, per poi passarle un braccio sulle spalle.
“Remus, tu… ti saresti mai aspettato di finire così?” chiese, appoggiando la guancia sulla mano con cui la teneva stretta.
Lui non le rispose, sembrava non la stessa neppure ascoltando, come se gli fosse necessaria tutta la sua concentrazione per abbracciarla.
“Remus?”
Sbatté le palpebre, riemergendo dai propri pensieri, a fatica e scosso da un leggero tremito. “No. Non mi sarei mai immaginato di finire così neanche nei miei sogni.” mormorò.
“Te lo sei immaginato nei tuoi incubi, allora?” chiese Tonks, aspettandosi già il peggio. Si rendeva conto di essere una moglie approssimativa, una casalinga pessima, una madre… boh… forse era abbastanza un disastro anche come madre. Che ne sapeva lei, di bambini?
Remus la stava fissando intensamente negli occhi, e lei non poté fare a meno di chiedersi se le stesse leggendo nel pensiero, poteva giurare che a volte le sembrava ci riuscisse anche senza la bacchetta.
“Neanche nei miei sogni più belli.” le fece un gran sorriso, alzando la mano dalla sua spalla e percorrendole con un dito la linea del naso.
Tonks si illuminò tutta, i capelli più rosa che mai. “Oh! Ma come siamo dolci, stasera.” gongolò, con gli occhi che le luccicavano.
“Troppo, vero?”
“Non so, potrei abituarmici.”
Teddy, ormai sazio, si era afferrato i piedini con le mani e si dondolava sulla schiena.
“Guardalo!” esclamò Tonks, con l’intenzione di imitarlo. “Già lo vedo a cozzare contro un Cercatore, gettandolo giù dalla sua scopa! Come Bolide sarebbe fantastico! Ma sta lontano dalla tazza del bagno del professor Piton, mi raccomando. La mamma l’ha già pagata cara, sai, quella volta che…”
Si interruppe, mordendosi le labbra.
“Tu hai infilato un Bolide nel gabinetto di…” Remus aveva gli occhi sgranati. Ma solo per un attimo, prima di lasciarsi scivolare giù dal divano, scosso da irrefrenabili risate. Era la magia che le riusciva meglio, quella di trasformare i tremiti di angoscia in scossoni da risate. Era una specie di “Riddikulus” in carne e ossa, come le aveva fatto notare parecchie volte il suo simpatico consorte.
Tonks ammiccò, sollevando poi Teddy e appoggiandoselo contro la spalla, per fargli fare il ruttino.
“Io ho sempre voluto fare l’Auror, sai? Ooooh! Come mi piaceva fare disastri per ottenere la mia punizione più ambita, una passeggiata con Hagrid nella Foresta Proibita a caccia di Creature Oscure! E tu… hai sempre voluto fare il… emh…” schioccò le dita, senza sapere come concludere la frase.
“Il disoccupato?” le venne in soccorso, asciugandosi gli occhi con i dorsi delle mani. “Non direi, no.”
“Non intendevo dire quello.” protestò Tonks.
“Giusto. Volevi dire il lupo mannaro.” Remus parlava in fretta, come faceva sempre quando era particolarmente nervoso, in modo da non darle il tempo di riflettere, sperando che lasciasse cadere l'argomento per l'irritazione che il suo comportamento le causava.
“Hai sempre voluto fare il lupo mannaro?” ripeté lei, più a se stessa che non al marito, sentendosi parecchio confusa.
“Sì,” le rispose, per poi contraddirsi un secondo dopo. “No. Il contrario.”
“Cosa? Remus! Rispondi seriamente!”
Lui sospirò combattuto, muovendosi a disagio sul pavimento su cui ancora sedeva.
“Va bene.” abbozzò un piccolo sorriso a occhi bassi che le fece venire voglia di tenerselo stretto stretto. “L’essere umano,” deglutì forte, come per mandar giù una confessione che trovava particolarmente amara. “Avrei voluto fare l’umano.” ripeté, inghiottendo di nuovo a vuoto e piegando le ginocchia, le gambe contro il petto.
“Oh, amore…” Tonks, gli occhi umidi, sentiva che qualunque cose avesse aggiunto si sarebbe rivelata banale o inutile. E Remus non voleva essere compatito, lo sapeva.
Così si limitò a staccargli una delle mani dalle ginocchia, che stringeva con tanta forza da avere le nocche bianche, e intrecciarla con la sua.
“E Teddy, che farà?” le chiese, aumentando la presa, come per farsi coraggio.
“Beh, ma è tutta la sera che mi elenchi i suoi possibili futuri impieghi. Direi che lo aspetta un futuro tutto in discesa.” scherzò, cercando di farlo sorridere.
Remus si accigliò, perso nei suoi pensieri. Poi si alzò con cautela e prese il piccolo sotto le ascelle, sollevandolo in aria. Il bimbo si esibì in una cascatella di risate, mentre il papà lo faceva volare sopra la sua testa.
“Lui è umano,” lo sollevò di nuovo, in estasi per le sue risate. “Forse il suo futuro non sarà proprio in discesa. Ma un futuro lo avrà di certo, non è vero?” abbassò il piccolo e se lo strinse al petto, guardandola spaurito. “Non è vero, Dora?” ripeté, alla disperata ricerca di una conferma da parte sua.
“Sicuro!” esclamò lei con convinzione, dispiaciuta per l’insicurezza che lo tormentava e sembrava far parte di lui quanto i capelli ingrigiti o i suoi sorrisi. Gli baciò una guancia strappandogli un sorriso, prima di prendergli Teddy dalle mani.
“Ha appena mangiato, così lo farai vomitare…” lo sgridò con un cipiglio severo degno di Andromeda.
Remus la guardò, pieno di ammirazione e orgoglio. “Sei una brava mamma. Brava e per niente un disastro.”
“Sì?” Tonks sentiva spesso il bisogno di sentirselo dire, in fondo un po’ insicura lo era anche lei. E dopotutto era così bello sostenersi a vicenda.
“Sì.”
Non smise di rimirarseli, lei e il loro bimbo, con un sorriso appena accennato la seguì mentre lei si appoggiava di nuovo il piccolo sulla spalla, camminando lentamente per la stanza.
“Teddy… lui…” mormorò Remus, a voce bassa, ma ferma.
“Sì, Remie?”
“Sarà libero di scegliere di fare tutto quello che desidera. Sto combattendo per questo… sai, l’Ordine, la guerra… sono così stanco e ho... ho paura ora che ho così tanto da perdere… ma continuo a combattere per questo, per dargli un futuro.”
Tonks lo capiva. Ora combattevano per Teddy, era vero. Tutte le altre motivazioni, per quanto nobili, avevano perso importanza davanti alla necessità di offrire un mondo migliore al loro piccolino. Un mondo che potesse accettarlo.
“E l’avrà Remus. Ci puoi scommettere che l’avrà.”





Ecco l'ultimo capitolo :-)


Ringrazio kaos3003 per la recensione ^^ mi ha fatto molto piacere!
Ringrazio anche i lettori silenziosi e chi mette le mie storie tra i preferiti.
Grazie :-)
   
 
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