L’IMPORTANZA DI
CHIAMARSI C.J.
Was I invading in on your secrets
Was I too close for comfort
You're pushing me out
When I wanted in
Too close for
comfort- Mcfly
Teneva il carrello ben stretto tra le mani sudate, aveva
paura che potesse scivolargli e richiamare l’attenzione della folla. Era
nervoso. Non ricordava di essere mai stato così nervoso come adesso. Fissava
il muro di mattoni con aria scettica, era sicuro che non ci sarebbe mai
riuscito. Una mano ampia si posò sulla sua spalla e si voltò
verso suo padre.
“Non preoccuparti.” Disse con un sorriso sereno.
“Ci siamo passati tutti, sai, anche io. L’ho fatto per sette
anni.”
“Sei.” Lo riprese Hermione.
Ron alzò lo sguardo su di
lei arrossendo. “Beh, sì… James sa
già come è venuto al mondo…
non…”
“Cosa?” Fece Hermione confusa. Scosse la testa in fretta realizzando.
“No, Ron, non mi stavo riferendo a quello! Tu al secondo anno hai volato
con la macchina di tuo padre fino a scuola.”
“Oh!”
“Papà!” Disse James
con ammirazione. “Lo hai fatto davvero?”
“Beh, sì… ma non…”
Alex sbuffò tenendo per mano
il piccolo Simon. “Andiamo, croato, è
solo un muro!”
James saltò su punto sul
vivo. “Beh, se è solo un muro perché non vai tu per prima
invece di scocciare come la marmocchia che sei!”
“Lo farei!” Fece Alex con mezzo broncio. “Ma
papà non vuole! Dovresti ringraziare che vai ad Hogwarts
invece di rimanere a casa a far nulla…”
Ron le posò delicatamente
una mano sulla testa fulva. “Ti manca solo un anno, tesoro.”
Micheal tirò il fondo della
camicia di Ron, che si voltò verso di lui, e
fece un sorriso sdentato. “E a me quanto manca,
papà?”
Alex fece una smorfia. “Tu
sei ancora un moccioso!”
“Se per questo sei una
mocciosa pure tu!”
“Sta zitto, croato!”
“Basta!”
Hermione si mise in mezzo e i
ragazzi si zittirono all’istante. Sospirò frustrata e prese in
braccio Simon, che se n’era rimasto in silenzio mano per la mano con la sorella. “Mancano solo tre minuti alle
undici, James rischia di perdere il treno.” Disse. “Tesoro, prendi un respiro profondo e
attraversa la barriera.”
James guardò la madre con
un po’ di esitazione. Quel muro sembrava
così spesso. E duro. E
se poi non ci riusciva? Odiava dover essere sempre il primo a dover fare le cose, Alex e i suoi
fratelli avevano la vita facile. Prese un bel respiro, chiuse gli occhi e
cominciò a correre.
Quando li riaprì qualche
secondo dopo, l’imponente Espresso di Hogwarts
si erigeva di fronte a lui. Lo guardò meravigliato a bocca aperta per
qualche secondo, poi di nuovo quella manco calda sulla sua piccola spalla.
“Hai visto, James?”
Fece Ron con un sorriso. “Ce
l’hai fatta.”
James sorrise un po’
più rilassato. “Sì.”
Senza dire un’altra parola Ron
prese il carrello di James e si avviò verso il
treno per caricare i bagagli. Hermione si
chinò un po’ verso James e lo
abbracciò stretto con un braccio, tenendo Simon con l’altro.
“Cerca di comportarti come si deve. E
non bighellonare troppo in giro.”
James roteò gli occhi.
“Sì, mamma.” Si voltò verso i suoi fratelli.
“Beh, allora ciao.”
Alex si morse un labbro.
“Ciao, Jay. Ci vediamo a Natale.”
“Ciao Jay.” Fece Micheal con un sorriso sdentato.
James si avviò verso il
treno e salì su per le scalette. Il treno fischiò e
istintivamente guardò l’orologio. Le undici in punto.
Guardò i suoi familiari dal finestrino, anche suo padre li aveva
raggiunti, e si sporse dal finestrino per salutare mentre
il treno cominciava la sua corsa. Continuò a salutarli fino a che il
treno curvò e non furono più visibili.
Si voltò verso l’interno del treno e fece un
sospiro profondo. Doveva cercare uno scompartimento e si incamminò
lungo il corridoio sbirciando dentro alle cabine. Sembravano essere tutte
piene.
“Se avessimo cercato prima, avremmo di sicuro trovato
uno scompartimento.”
“Sei tu che hai voluto salutare Martin
fino all’ultimo secondo!”
James si grattò la nuca in
leggero imbarazzo seguendo con lo sguardo i due ragazzini che erano appena
passati al suo fianco. “Scusate…”
I due ragazzini si voltarono confusi. James
rimase qualche secondo a fissarli. Il ragazzino aveva la pelle olivastra,
capelli e occhi scurissimi. I suoi tratti erano tipicamente mediterranei. La
femmina, al contrario, aveva i lineamenti più dolci, la sua pelle era
chiara, quasi pallida, e i capelli ricadevano accanto al viso in scialbi fili
castani. I suoi occhietti color cioccolato lo fissavano perplessi.
“Dici a noi?” Chiese il ragazzo dalla pelle
olivastra.
James annuì appena facendo
qualche passo avanti. “Sì, io… ho sentito che cercate uno
scompartimento e mi chiedevo se…”
Il ragazzino fece un sorriso enorme mostrando i suoi denti
bianchissimi in risalto contro la pelle. “Oh forte! Sarà uno
spasso fare il viaggio con un altro maschio, invece che dovermi sorbire la
compagnia di una frignona…”
“Ehi!” Lo interruppe inferocita la ragazzina.
“Io non sono una frignona.”
“Io non sono una frignona.” Le fece il verso il
ragazzo. Si voltò verso James e sorrise
incoraggiante. “Vieni, cerchiamo uno
scompartimento.”
James seguì i due lungo il
corridoio del treno. Trovarono uno scompartimento quasi alla fine del vagone,
vi scivolarono dentro. James si sedette davanti ai
due ragazzi e li fissò attentamente. Il ragazzino lo fissava ancora con
un bel sorriso, mentre la ragazzina aveva già aperto un libro e si era
immersa nella lettura.
Il ragazzino tese la mano. “Che
sbadato, non mi sono ancora presentato. Io sono Diego. Diego Withman. E questa è Ca…”
“C.j.” Interruppe lei
senza alzare la testa dal libro.
“James Weasley.”
Rispose lui continuando a fissarli. “Voi… siete amici?”
Diego fece una smorfia e fissò la ragazzina di
sottecchi. “E’ mia cugina.”
“Siamo fratelli.” Fece pazientemente lei alzando
finalmente gli occhi dalla carta e lanciando un’occhiataccia a Diego.
“Oh!” Fece James
perplesso. Li fissò ancora per qualche secondo. “Non vi
assomigliate molto.”
“Questo è perché siamo
fratellastri.” Disse Diego sottolineando
l’ultima parola con fervore. “Abbiamo lo stesso papà.
Papà è un uomo d’affari e viaggia molto.” Fece una
smorfia scambiandosi un’occhiata con C.j.
“E a quanto pare si tiene una donna in ogni stato del mondo.”
James spalancò di nuovo gli
occhi, sbalordito, e continuò a fissarli come se li stesse esaminando.
Diego continuò a parlare.
“Mia madre è spagnola. Di Valencia. Per questo
mi chiamo Diego.” Disse fiero battendosi sul petto, come se tenesse
più al suo sangue mediterraneo che a quello inglese. “Sua madre,” fece indicando col capo verso la ragazzina al suo
fianco. “è francese. Per questo si chiama Cat…”
“C.j.!”
Ruggì lei fissandolo con occhi di fuoco. “Mi chiamo C.j.!”
Diego fece per trattenere una risata, ma fallì
miseramente. “Beh, in effetti anche io se avessi
un nome come il tuo userei un soprannome.”
James la guardò
incuriosito. “Per cosa stanno la “c” e la “j”?
Giuro che non lo dico a nessuno.”
Lei arrossì e si rifugiò dietro al libro.
“Non sono affari tuoi!”
James e Diego continuarono
a chiacchierare per tutto il tempo mentre C.j. non
riaffiorò più dal libro. James
raccontò a Diego della sua famiglia; che era il primo di quattro
fratelli, che tutti i parenti di suo padre avevano i capelli rossi, che sua
madre era Babbana di nascita.
Diego gli raccontò che né lui, né C.j. vedevano mai le rispettive madri. Vivevano da quando erano nati col padre, che era sempre a giro per
affari, e erano sempre stati costretti a stare insieme. Di loro si occupava un
maggiordomo, Martin, al quale lui e C.j. erano molto affezionati. Martin era l’unica persona più simile ad un
papà che avessero mai avuto.
Scesi dal treno i due ragazzini si avviarono fianco a fianco verso un omone che li aspettava alla fine
della stazione. C.j. si era persa chissà dove.
James fece un sorriso enorme quando
si avvicinarono di più.
“Ciao Hagrid!”
Il mezzogigante fissò dall’alto il piccolo scricciolo rosso e sorrise da
sotto la barba folta. “Oh, ecco che siete arrivati! Ti ci aspettavo, James! Come stanno tuo padre e tua
madre?”
James scrollò le spalle e
storse il nasino pieno di lentiggini. “Il solito. Sempre indaffarati a
cambiare pannolini.”
Hagrid rise. “Non ci
smetteranno più di avere bambini quei due. Mi ricordo
quando ci erano due bambini alti come te…”
James roteò gli occhi.
Sapeva già cosa avrebbe dovuto sorbirsi, quando Hagrid
attaccava con i ricordi non la smetteva più. Fecero il viaggio fino al
castello sulle barche e arrivarono davanti alla professoressa Tonks che ancora Hagrid non aveva
smesso di parlare.
Molti ragazzini del primo anno fissarono Tonks
a bocca aperta quando videro i capelli blu elettrico. Anche Diego la fissò un po’ sorpreso. James stava per aprire bocca ma la
voce di C.j. la precedette.
“E’ una metamorfomagus.”
Disse saccente.
Diego alzò un sopracciglio fissandola
ma James annuì e non disse niente.
Diego si chinò sull’orecchio di James mentre
percorrevano la sala grande. “Spero di non finire nella stessa casa di C.j.
Tu in che casa speri di finire?”
James scrollò le spalle.
“Tutta la mia famiglia è stata a Grifondoro.”
I due ragazzini dovettero aspettare che quasi tutti gli
altri fossero smistati prima di sentirsi chiamare. Finalmente arrivò
anche il loro turno.
“Weasley, James.”
James fece un sorrisetto nervoso a Diego prima di avviarsi verso
il cappello. Solo dopo qualche secondo quello urlò a gran voce.
“Grifondoro!”
James si avviò al tavolo
dei Grifondoro dove lo accolsero calorosamente. Fu
immensamente felice di vedere Diego raggiungerlo poco dopo, ma non prima che
anche C.j. si fosse seduta al suo fianco.
**
Erano già passati due mesi dallo smistamento e Diego
e James facevano praticamente
tutto insieme. Erano persino nello stesso dormitorio, i letti uno accanto
all’altro. Ogni lezione insieme. Ogni intervallo insieme.
“Ehi, ho sentito che sabato ci sarà la partita
di Quidditch. Ci andiamo, vero?”
James si voltò verso Diego
con un sorrisone enorme. Alzò il pollice,
tenendo con l’altra mano il resto dei libri e annuì con vigore.
“Ci puoi giurare! Papà non mi perdonerebbe mai se mancassi ad una
partita di Quidditch. Sai, lui e zio Harry erano nella squadra. Per un
periodo ha giocato anche zia Ginny.”
Diego lo fissò sbalordito entrando nella Sala Comune.
“Scherzi vero? Cavolo, la tua famiglia è una forza!”
James rilasciò i libri sul
divano nella stanza deserta. Fece un sorriso tra sé. “Per questo
verrai a casa a Natale. Ti presenterò a tutti!”
Diego gli batté una mano sulla spalla. “Lo
sapevo che avevo fatto bene a farmi te come
amico!” Si avviò verso le scale. “Vado in dormitorio. Ho
bisogno di riposare. Tu vieni?”
“Ti raggiungo in un minuto.”
James si abbandonò sul
divano cercando di scaldarsi davanti al focolare. Erano gli inizi di novembre e
la temperatura era già scesa di almeno dieci gradi sotto lo zero. Fece
roteare lo sguardo per la stanza e si accorse solo allora che C.j. era curva su un tavolo poco lontano. Stava scribacchiando
qualcosa e non pareva essersi accorta di lui.
La fissò ancora per qualche secondo, poi si
alzò dal divano e si incamminò verso di
lei. Doveva essere davvero concentrata perché non si voltò neanche quando James le fu alle
spalle. James fece per picchiettarle una spalla ma senza volere lo sguardo gli cadde sul fondo della
pergamena che C.j. stava scrivendo.
“Catherine Jacinthe?”
L’aveva appena sussurrato tra sé, ma C.j. balzò spaventata e si
voltò di scatto coprendo quella che doveva essere una lettera. Lo
guardò con occhi sgranati e a bocca aperta, prima di diventare rossa di
rabbia e alzarsi in piedi per fronteggiarlo.
“Come diavolo ti permetti di
leggere la mia roba senza il mio permesso?!”
James alzò le mani mortificato. “Io non… è
successo per caso, non ho letto di proposito...”
“E’ una lettera privata! Privata! Così
com’è privato il mio nome!” Urlò
lei quasi alle lacrime. “Se tu… se
tu…”
“Non lo dirò a nessuno!” Si
affrettò a dire James.
“Davvero, non lo dico a nessuno!”
“Si può sapere che succede?”
Diego, che aveva riconosciuto le voci della sorella e del
suo migliore amico, si era precipitato giù per le scale e adesso li
fissava allucinato.
“Che avete da urlare?”
C.j. si morse un labbro cercando
di trattenere le lacrime e se ne andò di corsa
su per le scale. Diego la seguì con lo sguardo e tornò a fissare James ancora più confuso.
James sospirò. “Catherine.” Disse arrendevole. “Era questo che
cercavi di dirmi sul treno, due mesi fa. Che si chiama Catherine
perché sua madre è francese.”
Diego aggrottò la fronte. “No.” Disse
sinceramente. “Cercavo di dirti che si chiama Catherine Jacinthe.”
James mosse appena le labbra in un
accenno di sorriso. “Lo so… l’ho letto per errore su una sua
lettera e lei si è arrabbiata un sacco e…”
Diego fece finta di scacciare una mosca. “Ah, non ci
pensare. A C.j. non è mai andato a genio il
suo nome. Figurati che non parla neanche più con sua madre perché
l’ha chiamata così… beh, a dire il vero dubito che ci
parlerebbe comunque, non parliamo mai con le nostre
madri…”
James lo fissò mortificato.
“Senti, non… non dirlo a giro… il suo nome, dico…
altrimenti penserà che sono stato io
e…”
“Se avessi voluto dirlo a giro
l’avrei già fatto da un pezzo.” Fece Diego serio, per la
prima volta da quando l’aveva conosciuto.
“Sono uno stronzo… ma so quanto ci stia male per quello stupido nome.
Tutte le volte che sua madre viene in visita e la chiama così davanti a
tutti poi piange per settimane.”
“Non è poi così terribile…”
Fece James pensoso. “Voglio dire, mio padre si
chiama Ronald Bilius.”
Diego scrollò le spalle e sorrise. “Vieni a
letto?”
“Sì, ne ho proprio bisogno.”
**
I giorni seguenti James
tentò di parlare con C.j. ma lei non si faceva trovare da nessuna parte. Appena le
lezioni finivano sfrecciava via come una furia. Se si incrociavano
per i corridoi, lei cambiava strada prima che fossero abbastanza vicini.
“Ma che ti importa?”
Disse Diego mentre andavano a pranzo. “E’ solo C.j.!”
James annuì debolmente. Era
solo C.j.
ma non poteva evitarsi di sentirsi un vero schifo. Non mangiò niente e subito dopo pranzo si scusò
con Diego dicendo di non sentirsi bene. Fece due passi
per la scuola e senza neanche accorgersene entrò in biblioteca. Solo
dopo qualche passo si rese conto che in due mesi non ci era
mai entrato.
Si inoltrò tra gli scaffali
ammirando la moltitudine di libri. Continuò a camminare per diverse
scaffalate prima di ghiacciarsi sul posto.
Davanti a lui C.j. lo fissava con
la stessa espressione. Nessuno dei due si mosse. Dopo qualche secondo la vocetta debole di C.j. lo
riscosse.
“Cosa ci fai tu in biblioteca?”
James la fissò senza sapere
cosa dire. “Passeggio.”
“Passeggi… in biblioteca?” Fece lei
alzando un sopracciglio.
“Mi serviva un posto tranquillo.”
Lei annuì e abbassò la testa fissando insistentemente
la copertina del libro che aveva tra le mani. James
si schiarì la gola.
“Senti, per l’altro giorno…”
C.j. alzò la testa di
scatto e fece per andare via. “Non ne voglio parlare.”
“Io non sono inglese!”
C.j. si fermò e si
voltò verso di lui perplessa. James era ancora
fermo al suo posto e la guardava speranzoso. Non capiva cosa volesse dire con
quella frase e continuò a fissarlo sperando che continuasse.
James prese un respiro profondo e
fece un passo avanti. “Non l’ho mai detto a nessuno. Mi vergogno.
Lo so che è una cosa stupida per cui
vergognarsi, ma sono l’unico della mia famiglia a non essere inglese. Mi
fa sentire come… come se fossi fuori posto…”
C.j. si voltò completamente
verso di lui e lo fissò ancora un po’ perplessa. “Tu non sei
inglese?”
James scosse la testa. “No,
io…” prese un altro respiro. “… sono nato in
Croazia.”
C.j. spalancò gli occhi.
“In Croazia?!”
Le orecchie di James diventarono
subito rosse. “Beh, sì. Ti ricordi che mio zio è Harry Potter, vero? Lui e i miei
genitori erano in una missione per sconfiggere Voldemort.
Mia madre è rimasta incinta di me molto giovane. Si trovavano in un isoletta della Croazia quando ha avuto le doglie. Sono
nato su una spiaggia della Croazia.”
C.j. continuava a fissarlo
sbalordita.
“Mia sorella mi chiama sempre croato
quando vuole prendermi in giro.” Fece lui con una risatina amara.
“E’ un po’ come essere la pecora
nera della famiglia, sai?”
“Io non penso che il luogo dove sei nato facciano di
te una pecora nera.” Fece C.j. “Hai vissuto qui. La tua famiglia
è inglese. Tu sei inglese.”
James prese un po’ di
coraggio. “A me non importa se ti chiami Catherine
Jacinthe. Non ti rende diversa da C.j.”
C.j. spalancò gli occhi per
qualche secondo, ma poi la sua espressione si addolcì e arrossì
appena sulle guance.
“Quello che voglio dire è che ognuno di noi ha
qualcosa di cui vergognarsi.” Continuò James. “Cose che magari non hanno significato.”
C.j. annuì e piegò
la testa da un lato. “Ho afferrato, James.”
Cominciò ad incamminarsi lungo la fine dello scaffale. “Io non
dico se tu non dici.”
James sorrise guardandola andar
via. Poi un pensiero gli stuzzicò la mente.
“Ehi! C.j!”
Lei si voltò di nuovo, perplessa.
James sorrise. “Che fai per Natale?”
**
Quando Ron scese
in cucina quella mattina, Hermione era seduta al
tavolo con una lettera tra le mani. Si avviò verso il frigo e prese la
bottiglia del latte, lanciando un’occhiata di sottecchi a Hermione. Stava sorridendo tra sé e sé mentre
scorreva gli occhi sul foglio.
“Di chi è?”
Hermione si voltò verso di
lui non riuscendo a trattenere un sorriso. “Di James.
Chiede se a Natale può portare a casa due amici. C.j.
e Diego.”
“Oh bene,” Fece Ron voltandosi per prendere una tazza dalla dispensa.
“Sono contento che si sia già fatto degli amici.
Sono nel suo stesso dormitorio?”
“C.j. è una
ragazza.”
Ron si voltò di scatto verso
Hermione che sorrideva raggiante. Aprì appena
la bocca ma la richiuse posando lentamente la tazza
sul tavolo.
Hermione gli mandò uno
sguardo eloquente. “Due maschi e una femminuccia. Ti dice niente?”
Ron sorrise e scosse la testa.
“Oh andiamo, Hermione! Hanno undici anni, non
arriviamo subito alle conclusioni.”
Hermione si alzò dal
tavolo. “Io non ho detto niente. Sei stato tu.” Fece sorridendo tra
sé. Si voltò un’ultima volta verso di lui prima di uscire
dalla stanza. “E anche noi avevamo undici
anni.”
**
Adesso che ho trovato
uno spaziettino di tempo per pubblicare con calma,
vorrei anche ringraziare chi, nonostante la mia assenza prolungata, mi segue e
commenta sempre.
Prima di tutto grazie
a tutti quelli che seguono ma non possono recensire
perché non sono registrati su EFP
Secondo di poi grazie
a:
GiulyWeasley: Nonnina mia, che brava che sei, sei stata
la prima a recensire XD in effetti hai ragione…
lo facevo più coglione Diego, invece mi
è uscito così… ormai è andata XD meglio per Thea.
Conta però che, come sai, in NTE3 si pigliano ma
si lasciano anche… quindi alla fine non è che sia tanto riflessivo
XDD
Gioem106: Meno male che
è venuta questa benedetta ispirazione però
XD sono stata ferma un bel po’ e non sai che fatica per rimettermi in
moto
Bride162: ahah pure io me le
sono rilette tutte… non sono mica normale, me le leggo e ci rido da sola anche se le ho
scritte io… lo sapevo di non essere tanto rifinita…
Videlina95: sono contenta
che ti sia piaciuto, l’ansia da prestazione è sempre tanta XD e
non immaginate che gioia è quando mi dite che
un capitolo vi è piaciuto
Mem: Carissima e fedelissima! Grazie mille per la recensione…
sinceramente non l’ho letta questa notizia, e
quando ho letto la recensione sono rimasta così O___o il caldo ci sconvolge a tutti mi
sa… ahah, spero ti sia piaciuto anche questo MM
Vostra zia Funkia