Si
chiuse la porta alle spalle, gli occhi chiusi nonostante attorno a lei
fosse ancora buio.
Il
respiro veloce, le mani che tremavano.
Era
scappata.
Scappata
da Sherlock, spaventata all’idea di quello che avrebbe potuto
fare, se non avesse avuto controllo di sè.
Quella
giornata era stata la più bella della sua vita.
Solo
lei e Sherlock.
E
lui stava per darle un altro bacio, sulla guancia...anche se per un
attimo le era sembrato che non fosse la sua guancia che interessava a
Sherlock.
Panico.
Era quello che aveva provato. E il bisogno di allontanarsi era stato
così forte, dal doversi scusare e scappare via. Lasciarlo
sul marciapiede, con quell’espressione di sorpresa sul volto.
Non
poteva, non poteva assecondare se stessa. Aveva sofferto troppo.
Sofferto per Spencer e in passato, si era distrutta per Sherlock.
Con
quale diritto lui ora si comportava così?
Era
preferibile restare amici, o quello che loro erano sempre stati.
D’altronde
non vedeva altre possibilità. Non dopo quella telefonata.
Andò
in camera a cambiarsi. Indossò il pigiama e
osservò il suo volto triste allo specchio.
Doveva
smettere di soffrire. Non avrebbe più permesso a Sherlock di
ridurla in quello stato.
Spense
la luce e abbracciando il cuscino, si mise a piangere, prima di
addormentarsi.
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Stava
analizzando dei liquidi ad un microscopio, quando sentì la
porta del laboratorio aprirsi ed entrò una sua collega.
Aveva
in mano un quotidiano, e la guardava senza parlare, indecisa su come
avviare il discorso.
“Ciao
Carol, come mai quella faccia seria?” iniziò Molly.
“Io...mmmh...mi
chiedevo...ecco….se avevi letto il giornale di
oggi…” la voce titubante della sua amica, le aveva
trasmesso un leggero stato di ansia.
“No,
non ne ho avuto ancora il tempo. Sono stata indaffarata….ma
perchè?”
Domandò
con un leggero sorriso, cercando di capire lo stato di agitazione di
Carol.
“Ecco
Molly...c’è un articolo...parla
di...Spencer…”
A
quelle parole la dottoressa si sentì gelare. Era accaduto
qualcosa a Spencer?
Corse
in direzione della sua collega e quasi strappò il giornale
dalle sua mani.
Con
un’ansia febbrile i suoi occhi si misero a cercare
l’articolo che riguardava il suo ex.
E
il cuore quasi le si fermò.
Non
riusciva a crederci.
“Non
è possibile...non è vero…”
si mise una mano alla bocca, per cercare di fermare quella cascata di
emozioni che in una frazione di secondo le si erano riversate addosso.
“Molly...mi
dispiace…” era l’unica frase che Carol
riusciva a dirle.
L’articolo
non approfondiva bene quanto successo.
Raccontava
di come Spencer Trevis, stimato ricercatore e dottore, che aveva
lavorato per mesi al Bart’s e appena trasferitosi in America,
fosse stato accusato di ricettazione.
Contro
di lui, mesi di indagini e alla fine, colto in flagrante proprio a New
York.
Era
stato arrestato e per lui il carcere sarebbe durato molti anni.
Le
mancò il respiro. Credeva di averlo conosciuto, e invece ora
si dava della stupida, perchè sicuramente lei era stata solo
un ripiego, in mezzo ai suoi sporchi traffici.
Non
lo aveva capito. Mai un sospetto. Solo quando lei aveva parlato del
ritardo e della possibilità di avere un bambino, lui era
cambiato, e non sembrava affatto l’uomo che per mesi aveva
amato.
Chiuse
il giornale, dove c’era la foto a ricordargli il suo volto,
come se fosse necessario, ed espirò profondamente.
“Molly…”
la voce preoccupata di Carol la fece ridestare dai pensieri.
“Va...tutto
bene. Ora ho solo bisogno di un pò di aria fresca.
Grazie” e detto questo, uscì quasi di corsa dal
laboratorio.
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John
arrivò a Baker Street nel tardo pomeriggio.
Aveva
portato Rosie ad una visita pediatrica per la crescita ed era rimasto
entusiasta delle parole del dottore.
Sapeva
che Mary ne sarebbe stata orgogliosa quanto lui.
Sentì
la splendida melodia che Sherlock stava suonando e si stupì
quando entrando nel salotto, trovò Mycroft seduto alla sua
poltrona.
“Mycroft,
non credevo di trovarti qui”
Sherlock
smise di suonare immediatamente, andandosi a sedere di fronte a suo
fratello.
“E’
venuto a farmi un saluto. Stava andando via”
“Sherlock
dobbiamo ancora parlare invece”. Il tono di Mycroft era serio.
In
risposta, lui fece roteare gli occhi sbuffando.
“E’
per un nuovo caso? E’ successo qualcosa di cui non sono
ancora al corrente?” John cercava di capire cosa stesse
accadendo, ma era sempre difficile capire i fratelli Holmes, quando
erano in disaccordo. Il che capitava sempre.
“John,
non ne sa nulla immagino..bene, dovrò aggiornarlo sugli
sviluppi sentiment”
“FUORI!”
la voce tuonante di Sherlock bloccò Mycroft e fece
sobbalzare John.
“Sherlock”
il tono calmo di suo fratello era l’opposto di quanto udito
un attimo prima “dobbiamo parlarne”.
“Ho.
Detto. FUORI!” lo sguardo serio non lasciava adito ad altre
risposte.
“Bene
fratellino. Capisco l’ondata di emozioni che ultimamente
fanno parte della tua vita, ma prima o poi, ne dovremo
parlare”, e dicendo questo Mycroft si alzò dalla
poltrona sistemandosi la giacca.
Si
girò verso John, che ancora era in silenzio con gli occhi
sbarrati cercando di capire cosa stesse accadendo, e facendo un sorriso
di circostanza, si congedò.
John
guardò prima Mycroft, poi una volta che questi era uscito da
casa, si girò verso Sherlock, che nel frattempo si era
alzato per controllare alla finestra suo fratello.
“Mi
vuoi dire che è successo?” il tono quasi
rassegnato di John lo ridestò dai pensieri.
“Niente”
“Come
niente? Se era niente perchè hai urlato in quel modo
interrompendo Mycroft? Cos’è questa storia sugli
sviluppi sentimentali?”
Un
sospiro e gli occhi chiusi per un secondo lo convinsero che
c’era molto da sapere, ma ancora una volta Sherlock rispose
niente alle sue domande.
Girò
la testa verso il computer che era sul tavolo, e notò che
c’era il giornale aperto, un articolo in evidenza parlava
dell’ex di Molly Hooper, il dottor Spencer.
Si
avvicinò incuriosito e sorpreso, mettendosi a leggere.
Sherlock
aveva osservato il suo amico e in attesa che leggesse, mise la mani
giunte sotto il mento, riflettendo.
“Sherlock...mio
dio...povera Molly” lo stupore che provava John venendo a
conoscenza di quanto scritto era nulla a quello che avrebbe provato
Molly. Ne era certo.
“Sherlock?
Hai chiamato Molly per sapere come sta?”
“Non
mi risponde” la voce asciutta del suo amico era un campanello
di allarme.
“E
perchè? Sei andato al Bart’s? Credo abbia bisogno
di un amico in questo momento”
“Credo
abbia più bisogno di amiche, e al Bart’s ne
ha.”
Quella
frase era strana, anche detta da Sherlock.
“Stai
scherzando? Lo sai quanto sei importante per lei, dovresti andare da
lei, ora.”
“Non
credo che vedermi sia nelle sue priorità. In fondo era
innamorata di me e Spencer è un suo ex, che l’ha
appena lasciata, facendola soffrire. No, non credo che voglia
vedermi”.
In
realtà stava cercando di convincersene.
Da
quando lei si era allontanata, rifiutando il suo bacio, Sherlock era
rimasto nervoso e quando aveva letto l’articolo su Spencer,
nonostante fosse contento che lui ora stesse pagando, si era chiesto se
non fosse stato eccessivo per Molly.
Un
altro dolore da sopportare.
Ed
era un’idea che lo faceva stare male.
“Ma
potresti andare tu John. In fondo siete ottimi amici e le
farà bene parlarne con te”
Un’espressione
incredula era stampata sul volto di John Watson, sentendo quelle
parole. Non capiva le frasi di Sherlock, ma di certo non poteva
lasciare Molly da sola.
Si
girò, e senza dire una parola, si diresse verso le scale.
Non
era ancora uscito da casa che le note del violino si erano diffuse per
l’aria.
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Trovò
Molly intenta su un cadavere.
Per
un attimo, prima di salutarla, si era chiesto se sapesse già
di Spencer, ma un’occhiata al tavolo accanto gli diede la
risposta.
Il
giornale lì, aperto sull’articolo del suo ex.
“Ciao
Molly…” si schiarì la voce.
“Ciao
John, cosa ci fai qui?” gli parlò senza alzare gli
occhi dal lavoro.
“Nulla,
passavo di qui e mi sono detto perchè non andare a
salutarla?”
Un
mezzo sorriso sul volto della patologa affiorò.
“Come
scusa non è male John. Comunque ti ringrazio, immagino che
avrai letto anche tu il giornale…”
“Si,
bhe...ecco...volevo sapere come stai…”
“Me
la caverò John. Ormai ho una certa esperienza con il dolore.
Non sarà questo a spezzarmi”
“Sherlock
dice che non gli rispondi al telefono…”
Si
fermò per un attimo nell’udire quella frase.
Sherlock. Non sapeva cosa dire a John, riguardo a Sherlock, ma non
aveva nemmeno voglia di pensare a lui. Quando aveva visto il suo nome
sul telefono...no, non aveva voglia di sentirlo.
“Ero
impegnata”
Aveva
il sapore di una mezza bugia. John se ne accorse, ma non disse nulla.
“Bhe,
non voglio distrarti ulteriormente. Se vuoi parlarne o solo uscire e
bere una birra insieme, chiamami, va bene?”
“Grazie
John”
Senza
aggiungere altro, la lasciò continuare l’autopsia
e uscì dal laboratorio.
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Erano
passati 3 giorni.
Sherlock
non aveva più telefonato a Molly, ne scritto sms.
Non
c’erano stati casi interessanti e nulla lo aveva obbligato a
presentarsi al Bart’s, fino a quel momento.
Lestrade
gli aveva chiesto una consulenza per una morte sospetta e lui doveva
capire la provenienza di alcuni materiali trovati sotto le scarpe della
vittima.
Decise
che era un bene, forse avrebbero potuto parlarsi.
Entrò
sicuro nel laboratorio di Molly, ma si fermò immediatamente.
Al
suo posto c’era un altro patologo. Non si ricordava il nome,
ma era certo di averlo visto qualche mese prima, mentre con Molly
scambiava opinioni su una morte per assideramento.
Stupito,
fece mente locale sugi orari di Molly e lei avrebbe dovuto trovarsi al
Bart’s in quel momento.
“Buongiorno
signor Holmes. L’ispettore Lestrade mi ha avvertito del suo
arrivo. Il corpo si trova nella cella 7”
“Dov’è
Molly Hooper?” il tono serio di Sherlock, unito allo sguardo
duro diretto al giovane dottore, fece preoccupare
quest’ultimo.
“E’
in vacanza. Si è presa una settimana di ferie” con
stupore e quasi timore, aveva risposto al consulente investigativo di
fronte a lui.
Senza
dire altro, Sherlock si avvicinò alla cella, tirò
fuori il cadavere e iniziò ad analizzare tutto
ciò che gli serviva per risolvere il caso.
Finì
dopo un’ora, quando telefonò a Lestrade per
comunicare i risultati.
Senza
salutare il patologo, che aveva ignorato per tutto il tempo,
indossò sciarpa e cappotto ed uscì.
“Non
capisco come lo trovi affascinante Molly…”
l’unico commento del dottore, risentito dalla mancanza di
gentilezza da parte del famoso consulente.
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Un’altra
giornata di sole. Non sembrava possibile, abituata al cielo nuvoloso di
Londra.
Dopo
una gustosa colazione, aveva deciso di fare una passeggiata sul
lungomare.
Il
calore del sole sulla sua pelle aveva un effetto magnifico sul suo
umore.
Era
da tanto che non si concedeva una vacanza e il mare era stata una
scelta perfetta.
Il
rumore delle onde che si infrangono sulla sabbia, i gabbiani che volano
liberi, la pace che quell’atmosfera sapeva donarle, erano
stato un balsamo per il suo cuore e per mettere ordine ai mille
pensieri che l’avevano travolta nei giorni precedenti.
Aveva
bisogno di staccare, di ritrovare se stessa e la pace che da tanto non
aveva.
Bournemouth
era perfetto in primavera.
Aveva
spento il telefono da quando era partita. Non voleva essere disturbata.
Quella
splendida vacanza sarebbe finita entro 2 giorni e lei voleva gustarsi
il più possibile ogni momento, prima di tornare a Londra.
La
passeggiata era durata un paio di ore e al ritorno aveva bisogno di
bere.
Si
avvicinò al bancone del bar che dava sulla spiaggia,
frequentato dalle poche persone che avevano la possibilità
di godere di tempo libero, e ordinò un cocktail
dissetante.
“Dovresti
mettere la crema solare. La tua pelle non è abituata a tutto
questo sole. Rischi di scottarti.”
La
voce alla sue spalle la fece trasalire. Si girò pensando che
non era possibile.
E
invece, davanti a lei, in camicia nera, c’era Sherlock.
Lo
stupore sul suo volto era come se avesse visto un fantasma.
“Tu...come
hai fatto a trovarmi? Non ho detto a nessuno dove sarei
andata…”
“Andiamo
Molly, vuoi che io non riesca a seguire le tue tracce? Che razza di
investigatore sarei?” rispose sorridendo, con uno sguardo
profondo.
Stava
ammirando il volto di lei, che aveva iniziato a prendere colore e il
profumo della sua pelle, che percepiva così chiaramente.
Quanto le era mancata…
“Cosa
ci fai qui Sherlock?”
“Bhe
sei sparita senza dire niente. Non rispondevi alle mie chiamate...mi
ero preoccupato” si sorprese a rispondere, come se cercarla
fosse una colpa.
“Evidentemente
volevo sparire e stare da sola. Era facile da dedurre”
Si
sentiva come quando l’aveva preso a schiaffi. Quella volta,
sapeva che se l’era meritato, ma adesso, non capiva
perchè Molly lo trattasse con quella freddezza.
“Cosa
ti ho fatto Molly per meritare tutto questo? Neanche quando ero sotto
gli effetti delle droghe, mi hai trattato così. Non mi hai
mai...rifiutato.” e nel pronunciare quella parola, un dolore
sordo si fece largo in lui.
Molly
chiuse un attimo gli occhi, pensando alle ultime settimane. Subito le
venne alla mente Sherlock davanti alla porta di casa sua con la
colazione...Sherlock che le sorrideva quando avevano lavorato insieme
alla mostra...Sherlock che si avvicinava e cercava di darle un bacio,
l’ennesimo sulla guancia.
Aprì
gli occhi di colpo e lui era ancora davanti a lei, in attesa. Lo
sguardo ferito.
“Io….ho
bisogno di difendermi Sherlock. Ho passato anni a soffrire per te e
adesso ho davvero bisogno di voltare pagina. Devo smettere di amarti e
sai, posso farcela. Lo sento. Per cui ti chiedo io un favore stavolta.
Torna a Londra e lasciami in pace.”
Si
girò dandogli le spalle, in attesa che lui andasse via,
lontano da lei e da quello che ancora provava per lui.
“Molly…”
la sua voce calda, dietro di lei.
“Non
posso perderti” il dolore nella sua voce era uscito senza
permettergli di controllarlo.
“Sei
un maledetto egoista!” la voce alta, diretta a lui, che non
guardava negli occhi per non mostrargli la sofferenza che provava in
quel momento.
“Vuoi
lasciarmi stare? Ti prego Sherlock vai via…” le
tremava la voce, stava iniziando a piangere e non voleva farlo davanti
a lui.
Sentì
la sua mano sul suo braccio. Delicatamente ma con decisione la fece
voltare verso di lui, obbligandola a guardarlo in faccia.
Gli
occhi di quel meraviglioso colore, che improvvisamente le ricordarono
il mare che aveva ammirato in quei giorni, ora stavano fissando i suoi,
pieni di dolore.
Restarono
a guardarsi per qualche secondo, osservando il dolore ognuno negli
occhi dell’altro.
Poi,
senza dire altre parole, Sherlock si avvicinò e la
baciò.
Un
bacio inaspettato, travolgente, pieno di passione.
Le
sue labbra morbide che accarezzavano le sue, mentre la stringeva forte
tra le sue braccia.
Era
come assistere all’esplosione di milioni di stelle.
Il
nodo allo stomaco che si contorceva, in preda alle emozioni che
correvano come torrenti impetuosi.
Il
bagno sognato per anni, che mai avrebbe immaginato così
intenso.
Quando
finì, come se fosse sazio...lui le appoggiò la
fronte alla sua e tenendo gli occhi chiusi, le
sussurrò…”Io ti amo...e l’ho
capito solo grazie a Eurus. Perdonami per questo...ma non voglio
perderti Molly Hooper”
I
mesi che erano passati da quel giorno erano stati un lavoro intenso sul
cuore di Sherlock, ora l’aveva capito. E quel lavoro
l’aveva portato avanti da solo, giorno dopo giorno, e lei
capì quanto questo fosse importante per Sherlock Holmes.
Sorrise
e rispose, anche lei sussurrando: “Ti amo...e non ho
intenzione di perderti mai più Sherlock”.
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Mi
ero data più tempo per scrivere e finire la storia. Ma il
mio bisogno di scrivere è stato più alto, una
valvola di sfogo in giorni difficili.
Non
doveva andare così, non nei miei appunti.
Bhe,
credo che li userò per altre storie Sherlolly.
Spero
vi sia piaciuta...e mi auguro di non essere uscita dai personaggi (cosa
che detesto).
Vi
prego, fatemi sapere e criticate. Mi aiuta a migliorare.
Grazie,
alla prossima ;)
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