otweek2
Complimenti
[Day
Two: Social Media/Celebrations]
Il
caldo estivo e umido di Almaty entrava dalla finestra socchiusa,
insieme ai
pochi raggi di sole che filtravano attraverso la tenda chiara che si
muoveva
piano, ma non perché entrasse una qualche brezza da fuori;
nella penombra della
stanza l’aria era pesante e il ventilatore, puntato
direttamente sul letto
dalle lenzuola sfatte che occupava la maggior parte dello spazio,
riusciva a
malapena a smuoverla.
Uno
dei due corpi distesi sul letto si mosse piano, una mano che andava a
grattare
il petto coperto da una leggera peluria scura.
Otabek
si passò le dita sugli occhi, per eliminare i residui del
sonno, prima di
voltarsi a sinistra verso il comodino e premere alla cieca il tasto di
accensione del telefono. L’orologio digitale, ancora un
po’ sfocato per via
della sua vista mattutina, segnava le nove meno dieci, e Otabek si
maledisse
per essersi svegliato prima del suono della sveglia, come al solito.
Non che avesse
bisogno di svegliarsi presto, visto che la stagione era parecchio
lontana e lui
era in vacanza per un paio di settimane, ma se fosse dipeso dal suo
orologio
biologico, non avrebbe lasciato il letto almeno fino a mezzogiorno, e
non aveva
intenzione di spendere metà della sua giornata in un modo
così futile. La
disattivò con un paio di tocchi svogliati, prima di
rigirarsi su se stesso e
incontrare la sagoma del suo ragazzo che dormiva a pancia in su, con
tutte le
coperte attorcigliate alle gambe (probabilmente le aveva calciate via
nel sonno
per il caldo). Yuri era tanto aggraziato da sveglio, quanto poco lo era
da
addormentato. La sua espressione era rilassata, sì, ma
niente labbra rosee
delicatamente socchiuse e capelli sparsi sul cuscino come
un’aureola dorata,
proprio no. Yuri dormiva con la bocca quasi spalancata, e spesso
sbavava
proprio per quel motivo, inoltre i suoi capelli diventavano la brutta
imitazione di un nido abbandonato. Era carino? Sì. Era la
visione celestiale
che tutti, compreso Otabek, si sarebbero aspettati? No, ma ormai ci si
era
abituato e, francamente, non avrebbe voluto che fosse in nessun altro
modo.
Stirò
le braccia verso l’alto, scivolandogli vicino;
un’altra cosa che non avrebbe
cambiato per nessun motivo al mondo, era l’odore di Yuri,
cosa che potrebbe
sembrare un po’ strana, detta così, ma che davvero
non lo era. E non lo era
semplicemente perché Yuri e Otabek stavano insieme
già da parecchi mesi, e
Otabek aveva il permesso e il diritto di affondare il naso nel collo di
Yuri tutte
le volte che voleva. Proprio come in quel momento.
Sentì
Yuri muoversi, mentre le narici captavano il profumo delicato di
camomilla del
suo shampoo e il sentore un po’ più forte del
sottile strato di sudore che gli
si era formato sulla pelle durante la notte. Yuri chiuse la bocca,
prima di piegare
un braccio e posarlo sulle spalle di Otabek.
«Mmh-giorno
Beka.» Mugugnò, la voce un po’ roca.
«Buongiorno.»
Gli rispose lui, senza accennare a volersi muovere da quel punto e
anzi, aprendo
le labbra per succhiare piano la pelle di Yuri.
«Non
credi di avermi lasciato abbastanza succhiotti?» Lo prese in
giro il biondo,
memore della notte passata e della bocca di Otabek su ogni centimetro
di pelle
che era riuscito a raggiungere. Non si spostò,
però, anzi alzò il mento in modo
che lui potesse avere più spazio.
Otabek
sbuffò. «No.» replicò. Aveva
una seria dipendenza dal modo in cui la carnagione
chiara di Yuri si scuriva sotto le sue labbra e non avrebbe smesso fino
a
quando non fosse stato Yuri a dirgli di farlo.
Risalì
piano verso la sua mascella,
succhiando anche lì, per una volta senza preoccuparsi di
lasciare segni, cosa a
cui avrebbe fatto attenzione se fossero stati a San Pietroburgo e non
ad
Almaty. Non che gli sarebbe dispiaciuto marchiare l’intero
corpo di Yuri, anche
in Russia, ma sapeva che lui non era tipo da dimostrazioni pubbliche
d’affetto,
soprattutto perché un succhiotto avrebbe significato un
interrogatorio da parte
di Mila e Victor (che erano proprio due comari chiacchierone quando si
trattava
di certe cose), e soprattutto delle sue fan, le quali tendevano a fare
una
radiografia completa di Yuri ogni qualvolta uscisse in pubblico,
investendolo
di domande su di lui e su Otabek e sul loro rapporto. La gente ormai
sapeva che
stavano insieme, ma a nessuno dei due piaceva enfatizzare troppo la
loro
relazione.
Se
l’account Instagram di Victor era diventato una miniera di
fotografie di Yuuri,
addormentato, appena sveglio, sorridente, assopito sul divano con
Makkachin, mentre
pattinava, e selfies mal fatti dei loro baci e pose romantiche, Otabek
e Yuri
tendevano a mantenere un profilo più basso. Qualcosa
c’era: Yuri aveva sempre
avuto l’abitudine di fare fotografie mentre erano in moto,
anche quando non
stavano ancora insieme, e lì erano palesemente abbracciati,
per non parlare di
quelle fatte davanti ai monumenti delle città che avevano
visitato, con le
teste vicine e i corpi inclinati l’uno verso
l’altro, ma niente di troppo
intimo; fino a quel momento la cosa più esplicita presente,
ed era sull’account
di Yuri, era un selfie del collo nudo di Yuri piegato di lato, in un
elegante
arco e le dita di Otabek posate su di esso, sfiorandolo appena, il
pollice
nascosto dietro l’orecchio.
Non
era stata scattata con premeditazione: Otabek gli si era solo
avvicinato alle
spalle, con la sola intenzione di sedersi sul letto dietro di lui e
approfittare del fatto che fosse senza maglietta e Yuri stava, come al
solito,
giocherellando con la fotocamera, catturando il momento per puro caso.
L’aveva
pubblicata perché era molto
artistica,
così gli aveva detto, cosa con cui Otabek si era trovato
d’accordo; il
contrasto tra il colore della loro pelle e l’ombra proiettata
dalla sua mano sulla
clavicola sporgente di Yuri rendevano quella foto degna di un
professionista;
c’era inoltre una spontaneità intrinseca in quel
gesto che rendeva la foto
unica nel suo genere, il sorriso di Yuri svelato solo da un angolo
della bocca
lievemente sollevato, quasi invisibile al margine.
Inutile
dire che nel giro di mezz’ora la foto aveva fatto il giro di
tutto il web, e
con tutta probabilità era stata stampata e appesa nella
camera di ogni fangirl
esistente. Yuri l’aveva presa con filosofia, sorprendendo
Otabek, e aveva anche
aggiunto la descrizione #relationshipgoals
with @otabek-altin, scatenando una
nuova ondata di isteria di massa, perché con quelle parole
aveva messo fine
alla guerra tra chi diceva che lui e Otabek fossero solo amici e chi
invece sosteneva
che ci fosse qualcosa di più. Dopo quello, Otabek si era
dovuto sorbire la sua
espressione furba e fiera di sé per tutta la giornata, salvo
poi sentirlo
lamentare perché gli si erano intasati tutti i social a
causa delle notifiche.
Ridacchiò
nel ricordarsi come Yuri si fosse gettato su di lui sul divano del suo
appartamento a San Pietroburgo, con un grugnito frustrato, esigendo
d’essere
coccolato per tutto il resto della serata.
«Perché
ridi?» Gli chiese il Yuri disteso sotto di lui.
«Relationship Goals with Otabek Altin.»
Gli
ricordò e si beccò un pizzicotto sul fianco in
risposta. Boccheggiò nel mezzo
di una seconda risatina e scattò involontariamente
all’indietro, trascinandosi
Yuri addosso; rimase spiazzato quando questi, i capelli tutti spostati
verso
destra, si tirò sulle ginocchia, le mani che si facevano
strada sul suo addome
nudo, prima di strizzargli di nuovo i fianchi e strappargli
un’ennesima risata
sospirata.
«Yu-Yuri!»
Otabek provò a ritirare le ginocchia al petto,
così da mettere spazio tra se
stesso e il corpo di Yuri, senza però riuscirci,
perché Yuri scelse proprio
quel momento per tornare a distendersi sopra di lui, bloccando il suo
movimento.
Sfortunatamente
per Otabek, il suo fidanzato non soffriva particolarmente il solletico,
quindi
non aveva mezzi per difendersi da quelle dita lunghe e ben allenate a
trovare i
punti più sensibili che lo facevano scattare come in preda
alle convulsioni.
Da
quando Yuri aveva scoperto che c’era un modo per ridurre
Otabek ad un corpo
tremante e con il fiato corto per le risate, raggiungere esattamente
quello
stato il numero maggiore di volte possibile sembrava essere diventato
l’obiettivo della sua vita.
Gli
stuzzicò lo stomaco, affondando le dita nel suo addome
contratto e sentendolo
gemere. «Quando la finirai di prendermi in giro, allora la
smetterò, ma fino a
quel momento…» ed enfatizzò
quell’affermazione con una mano a solleticargli il
retro delle ginocchia.
«Va
be-eh-ne. Yuri. Scusa!» L’ultima parola
degenerò in una risata più lunga delle
altre che lasciò Otabek completamente senza fiato e fece
capire a Yuri che era
il momento di smetterla, se non voleva ritrovarselo svenuto per carenza
di
ossigeno.
Aspettò
che prendesse un paio di respiri profondi e che il suo petto
ricominciasse a
muoversi con un certo ritmo, prima di ricoprirgli l’intero
viso di piccoli e
veloci baci a stampo.
«Guarda
che anche questo mi fa solletico.» Lo informò
Otabek, senza però sembrare
troppo infastidito da quelle attenzioni. Immediatamente, i baci di Yuri
presero
concentrarsi sulla sua bocca, fino a quando la sua lingua non
provò a sgusciare
tra le labbra chiuse dell’altro. Ci riuscì, dopo
qualche tentativo, perché
Otabek non aveva intenzione di rendergliela facile.
«Meglio?»
Gli sorrise.
Otabek
alzò una mano per spostargli una ciocca arruffata di capelli
che gli oscurava
la fronte e gli occhi, perché era già sveglio da
parecchi minuti e non li aveva
ancora visti per bene, cosa che lo infastidiva.
«Meglio.» rispose al suo
sorriso.
Yuri
alzò gli occhi al cielo, nascondendosi nel suo collo.
«Non mi guardare in quel
modo…» borbottò e Otabek non ebbe
bisogno di vedere la sua espressione per
sapere che aveva messo il broncio. Posò una mano sulla sua
testa bionda e prese
ad accarezzargli la cute.
«Come?»
Chiese, un po’ per prenderlo in giro, un po’
perché davvero non capiva a cosa
si stesse riferendo.
«In
quel modo… non guardarmi negli occhi in quel
modo.» Si lamentò lui. Aveva
sentito benissimo l’ironia dietro la domanda di Otabek e non
sapeva bene se
arrabbiarsi o affondare la fronte contro di lui ancora di
più. Otabek però
aveva altri programmi: gli prese il viso tra le mani, e lo
portò davanti al
proprio.
I
suoi occhi scuri esplorarono per l’ennesima volta il suo viso
chiaro e
imbronciato, i pollici che gli scostavano le ciocche di capelli tornate
al loro
posto; il verde degli occhi di Yuri brillava alla luce soffusa e Otabek
gli
sfiorò gli zigomi. «Mi piacciono i tuoi
occhi.» sorrise al rossore che colorò
le guance di Yuri, mentre lui inclinava il collo di lato, come per
celarlo.
«Lo
so…» mugugnò. «Anche a me
piacciono i tuoi.» disse infine, e Otabek credette di
aver sentito male. Fissò Yuri per qualche secondo, mentre il
viso di
quest’ultimo diventava scarlatto.
Yuri
a volte era ancora un mistero: quel ragazzo poteva far sesso con lui e
dirgli
molto chiaramente cosa voleva e come lo voleva, eppure riuscire ad
arrossire
furiosamente dopo avergli detto una cosa tanto dolce ed innocente.
«Smettila
di fissarmi come se avessi visto un fantasma. È ovvio che mi
piacciano i tuoi
occhi.» stava di nuovo borbottando ed evitava lo sguardo di
Otabek.
«Non
è ovvio, e non me l’avevi mai detto.»
disse in un sussurro fievole. Yuri aveva
abbassato la testa, ma Otabek riusciva a vedere il piccolo sorriso che
gli
sollevava gli angoli della bocca. Rotolò di lato, dandogli
la schiena, e Otabek
lo prese come un invito ad abbracciarlo: era un po’
fastidioso per via del
caldo, ma il ventilatore rendeva tutto più sostenibile.
«Non
pensavo che ci fosse bisogno di dirle, queste cose.» gli
sentì dire, piano,
come se stesse soppesando le parole. «Pensavo fosse scontato,
visto che stiamo
insieme.» Si strinse le braccia al petto e Otabek
capì che si sentiva a
disagio; Yuri non era un esperto di relazioni, nessuno dei due lo era,
ma se
Otabek riusciva a compensare questa mancanza con
l’età, Yuri aveva ancora tutto
da capire ed imparare.
«Non
devi dirle per forza, se non vuoi.» lo rassicurò e
Yuri si rilassò
impercettibilmente, pur continuando a strofinare i piedi tra loro, come
faceva
quando era nervoso. Otabek infilò una gamba tra le sue, per
fermare quel
movimento. «Però è bello sentirtelo
dire.»
Yuri
lo capiva, quello che Otabek gli stava dicendo. Spesso si accorgeva di
come lui
lo guardasse, quando erano insieme, e anche se non si era ancora del
tutto
abituato al modo in cui i suoi occhi scuri sembravano studiare il suo
viso, la
sua figura, il suo corpo, a Yuri piaceva cogliere quelle attenzioni da
parte di
Otabek, era una cosa che lo faceva star bene. E succedeva lo stesso
quando
Otabek gli faceva capire, con un tocco più lungo, o una
frase, che gli
piacevano alcuni suoi particolari. I suoi occhi, per esempio, erano
stati la
prima cosa che Otabek gli aveva detto di amare, poi era stato il turno
del suo profumo,
e poi ancora delle sue gambe, e Yuri non era riuscito a trattenere i
sorrisi e
il rossore nel sentirgli dire quelle cose. Quindi sì, Yuri
capiva cosa
intendesse Otabek, quando diceva che era bello sentirselo dire, solo
che non
aveva mai trovato il momento adatto per farlo, o forse proprio il
coraggio.
Era
facile per Otabek perché, nonostante il suo aspetto un
po’ apatico e la sua
immancabile espressione indecifrabile, non era il tipo di persona che
riusciva
a tenersi le cose dentro; qualunque cosa gli venisse in mente, la
diceva senza
troppi drammi ed era una delle cose che Yuri apprezzava di
più del suo
carattere.
Yuri
non era come lui; gli veniva ancora difficile esprimere i propri
pensieri e le
proprie emozioni in modo lineare ed era soprattutto una persona che
dava più
peso ai fatti che alle parole. Per questo aveva pensato che non ci
fosse
bisogno di rimarcare su quei particolari, aveva pensato che chiedere a
Otabek
di guardarlo mentre facevano l’amore fosse un suggerimento
sufficiente a fargli
capire che sì, gli piacevano i suoi occhi un po’
allungati e scuri come non ne
aveva mai visti.
Però,
se a Otabek piaceva così tanto che lui glielo dicesse,
l’avrebbe fatto più
spesso, a cominciare da quel momento.
Prese
un respiro profondo, lasciando che l’aria spazzasse via la
tensione residua
dalle sue spalle ancora strette e contratte e si lasciò
andare nell’abbraccio
del suo fidanzato. «Comunque mi piacciono davvero. I tuoi
occhi, intendo.»
provò, non del tutto sicuro della riuscita. Non era bravo
con le parole, Otabek
avrebbe dovuto saperlo ed apprezzare il tentativo.
Otabek
ridacchiò, il suono soffocato tra i suoi capelli.
«Grazie, Yura.» poi si tirò
un po’ indietro. «Però puoi fare meglio
di così.» concluse con un sorriso
sghembo. Yuri sperò per lui che fosse pronto ad un nuovo
attacco di solletico.
Note della pseudo autrice:
Ed
anche la seconda storia per L’Otayuri week è
andata *spunta la lista*
Non
vi si sono ancora cariati i denti per l’immane
quantità di fluff contenuta in
questa fan fiction?
A
parte questo e la mia solita demenza ci tengo
intanto a ringraziare
tutti coloro che hanno letto, poi, visto che non sono io se non blatero
almeno un
po’, lasciatemi spendere due parole sull’immagine
finale, perché io adoro
particolarmente questa fanart.
Per
prima cosa, come già specificato proprio sotto
l’immagine stessa, tutti i
crediti vanno alla bravissima pidgy-draws
che potete trovare su Tumblr.
Sono legata molto a questa fanart perché mi è
stata regalata dall’artista stessa in occasione di un contest
da lei indetto
per San Valentino. Avendo vinto il contest (momento di
fortuna sfacciata)
avevo diritto ad una fanart di una coppia a mio piacimento, e le ho
chiesto di
disegnare qualcosa per questa storia.
Questa
ragazza è preziosa e talentuosissima, quindi se avete Tumblr
andate a darle il
riconoscimento che si merita!
*Momento di triste self-spam* (Scusate) Se volete leggere la storia che
ho scritto per il Day 1, potete farlo qui
(o forse creerò una serie, non so) *Momento di triste
self-spam terminato*
Credo
di aver detto tutto! Come sempre ringrazio la mia beta _Lady
di inchiostro_ e vi invito a lasciare un commento, se la
storia vi è piaciuta, o anche se non vi è
piaciuta, sono aperta a tutte le
critiche e qualsiasi commento mi renderebbe molto felice!
Buon
proseguimento!
LysL
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