19. Epilogo
In tutta la storia del mondo magico, nessun mezz’elfo era rimasto a
Danases ed era diventato uno di loro, tranne un’eccezione: io.
Ed ero diventata addirittura la loro regina!
Ogni volta, quando dubitavo che tutto questo fosse accaduto, per
ricordarmi che era veramente la realtà, osservavo il mio aspetto, negli
enormi specchi dei corridoi di Castello Argento.
I lineamenti del mio volto erano più sottili e affusolati. Ero più alta
e dal fisico più slaciato. Sotto i lunghi capelli biondi, schiariti dal
sole, si nascondevano le orecchie, finalmente del tutto a punta. La mia
camminata era più fluida e perfino la mia voce era cambiata, diventando
musicale, come quella di tutti gli Elfi.
Anche gli occhi non erano più gli stessi. Finalmente il loro colore era
uguale: azzurro scuro, come il colore del mare profondo.
Ero felice del mio cambiamento, anche se un po’ mi mancava il mio
vecchio aspetto.
Però, non ero proprio uguale a tutti gli altri elfi perché i miei
tratti ricordavano vagamente la forma di un drago, di cui Daelyshia ne
rivendicava il merito, soddisfatta.
Ma non solo il mio aspetto era
cambiato: come mi aveva detto mia madre, il mio cuore aveva ricominciato a battere, solo
per lui.
Erano già settimane che mi trovavo a Castello Argento. Il Grande Saggio Dun Morongh si occupava delle questioni più
importanti, come gli Accordi di pace tra gli Elfi e i Draghi, mentre io
stavo lì a osservarlo, cercando di imparare alla svelta.
Molti Elfi chiedevano di vedermi e io li ricevevo, dando loro consigli e
ascoltando i loro ringraziamenti per aver salvato il mondo.
Ero sempre così impegnata che le settimane si trasformarono in mesi, ma
sentivo sempre di più la sua mancanza.
Così presi una decisione.
Quella sera di festeggiamenti (ricorreva un anno dalla mia
incoronazione) nessuno avrebbe avuto bisogno del mio aiuto, così in
groppa a Daelyshia volai verso Tedrasys.
La dragonessa mi lasciò all'entrata della città e mi fece l'occhiolino mentre tiravo su il capuccio del mantello per evitare di essere subito riconosciuta.
Vagavo tra le vie illuminate a festa, chiedendomi dove potesse essere,
quando notai una casa familiare.
Bussai e venne ad aprirmi un’anziana elfa coperta di scialli.
« Sì? ».
« Sapete dove posso trovarlo? ».
Ricordavo fosse sorda quindi avevo urlato per farmi sentire bene.
« È alla taverna per i festeggiamenti ».
« Insieme al suo drago? ».
« No, il drago Ogard è andato a caccia. Diceva che oggi era una buona
giornata per Menfys per restare solo » Unia si accigliò « Ma voi chi
siete? »
La sua domanda era rimasta senza risposta perché avevo già ripreso a
camminare per la strada.
Osservai le case illuminate dalle lanterne, attaccate fuori dalle
porte. Ascoltai le voci gioiose degli elfi per strada... c'era una tale
confusione! Più mi avvicinavo verso il centro più era difficile
camminare. C'era così tanta gente che nessuno faceva caso a me.
All'improvviso un incantesimo esplose nel cielo come un lampo e
comparve una scritta: "Viva la regina Elien!".
Tutti lo urlarono abbracciandosi.
Sorrisi.
Sembrava che da qualche tempo quello era diventato il nuovo saluto
degli elfi.
« Sapete dove si trova la taverna? » domandai all’elfo che aveva appena
compiuto l’incantesimo.
« È lì » rispose lui, sorridendo e indicando una casa un po’ più grande
rispetto a tutte le altre abitazioni, da dove proveniva un grande
chiasso di voci animate.
Lo ringraziai e mi avviai verso la locanda. Quando entrai la confusione investì come un boato le mie sensibili orecchie elfiche, stordendomi.
La stanza era così affollata di elfi che non riuscivo neanche a vedere
quanto fosse grande.
« Viva la regina Elien! » esclamarono alcuni elfi alla mia destra e
sbatterono i loro bicchieri, brindando.
Altri applaudirono e una risata serpeggiò nella taverna.
Mi voltai cercandolo tra la confusione di volti e voci, e finalmente lo
vidi.
Stava parlando con un elfo dell'Acqua e vicino a loro c’era un’elfa con in braccio
un bambino della stessa razza.
Mi avvicinai per riuscire a sentire le loro parole e riconobbi l’elfa:
era Aishia e aveva tra le braccia Cearly, il figlio di Mavina.
Intuii che l’elfo dovesse essere il padre del bambino.
« Grazie di avermi aiutato a trovarlo » stava dicendo Aishia, la voce
commossa « Senza di te non sarei mai potuta andare ad Ayulin ».
« Non devi ringraziarmi » si schernì Menfys.
« Invece siamo in debito con te » intervenne l’elfo « Quando verrai a
Raducis sarai il benvenuto nella nostra dimora ».
Menfys sorrise: « Prendetevi cura di Cearly ».
« Lo faremo ».
Menfys si volse e quando i due elfi si allontanarono da lui, mi
avvicinai a loro e mi chinai ad accarezzare i capelli a Cearly, che mi fece una linguaccia.
Gli sorrisi, mi alzai e incontrai lo sguardo meravigliato di Aishia.
« Vostra Altezza! » mormorò sorpresa.
« No, non fatelo! » i due cercarono di
inchinarsi ma li fermai appena in tempo, prima che li vedessero gli
altri elfi e mi facessero scoprire «
Tua sorella era una brava elfa, Aishia. Lei non è morta, è qui » mi
poggiai una mano sul cuore « Ed io serberò il suo ricordo in me, per
sempre ».
Aishia mi guardo con occhi luccicanti dalle lacrime.
« Grazie, Vostra Altezza. E' un grande onore ».
« Vi aspetterò a Castello Argento per una visita! ».
Gli impedii nuovamente
di fare l’inchino e li guardai uscire dalla Taverna.
Poi mi voltai e vidi che Menfys si era seduto al bancone vicino
all’oste, non sorrideva più e sembrava essere insofferente alla
confusione che facevano gli elfi.
Mi sedetti vicino a lui, e alla mia vicinanza, sentii di nuovo i nostri
cuori battere all’unisono. Sospirai, felice che il suo cuore battesse
ancora per me. Menfys si girò a guardarmi di scatto, appena si accorse
di quello che era accaduto, nello stesso momento in cui l’oste mi
rivolgeva un’occhiata interrogativa.
Dissi la prima cosa che mi venne in mente: « Succo di bacche, per
favore » aggiunsi cortese.
Menfys fece una smorfia, quando l’oste mi portò il succo.
« Non ti piace il succo di bacche? » gli chiesi all’improvviso, senza
dovermi preoccupare di camuffare la voce, poiché era molto diversa.
Però, per sicurezza, tirai un po’ più giù il cappuccio che indossavo.
Menfys, mi guardò, spiazzato.
Non rispondeva, continuava ad ascoltare il mio cuore.
« Credi che non sia adatto per i festeggiamenti della regina… »
insistetti.
Storse di nuovo la bocca, all’ultima parola, come se sentirla gli
facesse male.
« Io… no, non è questo il punto!» disse brusco.
Si alzò e uscì, ma io non mi arresi. Lo seguii fuori, portando con me
il bicchiere con il succo.
« Pensi che la nuova regina non sia adatta a governare? » gli domandai,
mettendomi davanti a lui e costringendolo a fermarsi.
« Certo che no! » rispose, come esasperato « Che cosa vuoi da me? Vuoi
sapere anche tu se ero io quell’elfo che l’aiutata nel suo viaggio?
Ebbene sì! ».
Cercai di ignorare il suo commento sarcastico. Tanasir, che
era diventato il capo delle guardie di Castello Argento, mi aveva detto
che per tutta Danases non si faceva che narrare le imprese del nostro
viaggio; quindi non ero stupita che forse Menfys era stato per un po'
al centro dell'attenzione.
« Poi cos’è successo? ».
Menfys cercò di guardarmi il volto, sotto l’ombra del cappuccio.
« Lei è… lei ha dovuto fare una scelta che l’ha portata lontano da me…
ma l’ha fatta diventare regina ».
« È stato giusto quello che ha fatto? ».
« Sì, ha salvato Danases. L’ha fatto per tutti noi… e anche se pensassi
che non fosse giusto non può più cambiare… Ah! Non so nemmeno perché lo
sto raccontando a te! » sbottò, irritato con se stesso.
Ero contenta di sapere che Ogard gli avesse raccontato tutto!
Mi aggirò e riprese a camminare, però io lo seguii, mentre del succo
usciva fuori del bicchiere e mi macchiava il mantello.
« E se fosse cambiata? ».
Si fermò e si avvicinò. Con gioia, mi accorsi che, quella vicinanza, mi
faceva nuovamente venire i brividi lungo la schiena.
« Chi sei? » domandò con voce profonda, gli occhi scuri « Perché il mio
cuore sta battendo insieme al tuo, anche se continuo ad amare un’altra
elfa? ».
Strinsi le spalle e, per prendere tempo (all'improvviso non ero più
così coraggiosa come credevano tutti!), mi portai alle labbra il succo
di bacche, ma appena sentii in bocca il suo sapore aspro, lo sputai con
le lacrime agli occhi.
« È disgusto! » esclamai, tossendo e lasciando cadere a terra il
bicchiere, che si ruppe con un debole suono di cristallo, e sentii il
cappuccio scivolare all’indietro.
I fuochi esplosero nel cielo e illuminarono la faccia stupita di
Menfys.
Si avvicinò ancora.
« Elien? » sussurrò osservando il mio volto cambiato.
Sentii un filo di delusione.
« Forse… non mi riconosci? ».
Menfys mi prese il volto fra le mani: « Come non potrei… » poi si
accorse del suo gesto e si allontanò di nuovo « Scusa » mormorò,
abbassando lo sguardo.
« Perché non sei venuto a trovarmi? ».
« Avrei dovuto? » mi chiese, un po' triste.
« Sono cambiata » sussurrai di rimando
« Non hai appena ascoltato il tuo
cuore? ».
Menfys mi guardò intensamente, prima di rispondere.
« Da quel giorno… » sospirò, e sapevo che intendeva il giorno in cui
l’avevo lasciato « Da quel giorno non ho più ascoltato il mio cuore. Oggi non ero più abituato... »
poi fece un passo avanti e mi abbracciò, stringendomi forte a lui « Ho
fatto un errore. Potrai perdonarmi? ».
Lo strinsi anch’io di rimando e sospirai: « Sì, e tu? ».
« Non hai niente da farti perdonare, Elien ».
Presi la sua mano e la portai sul mio cuore: « Mi sei mancato ».
« E l’incantesimo? » domandò, ascoltando il mio battito.
« Non c’è più » alzai lo sguardo verso di lui.
Il cielo s’illuminò di nuovo di incantesimi e scintille e, alla luce, vidi le labbra di Menfys aprirsi in un bellissimo sorriso.
Mi sporsi verso il suo volto e gliele sfiorai.
« Non lasciarmi » mormorai.
Menfys mi restituì il bacio, le nostre mani si ritrovarono.
« Non commetterò lo stesso errore ».
Sorrisi, perdendomi nei suoi occhi luccicanti.
« È una decisione saggia » dissi scherzosa.
Sapeva quello che gli stavo chiedendo e avrebbe accettato il fardello:
sarebbe diventato il sovrano di Danases.
Menfys mi sfiorò nuovamente le labbra.
« È la scelta del mio Destino ».
FINE
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