Quello
che rimane
«Dove sono tutti?» gli chiede ad
alta voce quello che tanti anni prima è stato Charles
Xavier. Ora ne
resta solo il guscio, un involucro vuoto intessuto di carne, dolore e
ricordi ormai dimenticati.
Dell’uomo che un tempo ha insegnato a
tanti mutanti a muovere i loro primi passi, sotto le rughe profonde e
la pelle segnata dal sole, rimane poco e Logan lo custodisce con
gelosia. Con rispetto. «Non
è vita questa» gli grida spesso Charles e
come potrebbe dargli torto?
Nascondere in una cisterna arrugginita
l’uomo che ha saputo insegnargli a non essere animale
è lo smacco più
grande. Chuck meriterebbe la pace dopo tutto quello che ha vissuto,
dopo aver combattuto così tanto per una causa destinata a
fallire.
Il
vecchio è sempre stato una calamita per le persone rotte e i
fallimenti
annunciati, prima Erik, poi Jean, infine Logan stesso. Senza contare
tutti quegli studenti più o meno a pezzi che sono passati
tra le sue
mani in cerca di conforto: una casa, un amico, talvolta anche solo
comprensione. Bastava poco.
Il tocco di Charles era una
benedizione anni fa, ora è distruttivo, anche se di tanto in
tanto la
luce che si poteva scorgere negli occhi dell’allora Professor
X torna a
brillare. Quando le pillole non gli offuscano la mente, è quasi come dieci anni prima,
ma il più
delle volte delira; grida vecchi slogan, recita versi della Bibbia,
o impreca con quell’energia tipica dei folli.
«Dov’è
Erik?» è la domanda che Charles non
osa porre e a cui Logan non vuole
rispondere. Perché come puoi confessare a un novantenne che
si dilania
in una solitudine che non gli si addice, con il cervello più
potente e
più ricercato del mondo, che è stato lui a
uccidere il suo più caro e
vecchio amico?
Amico.
Su questo Logan avrebbe da aggiungere
qualcosa, ma preferisce glissare: non sono fatti che lo riguardano e di
Magneto non ci ha mai capito nulla.
Come potrebbe giudicare quello
che è stato il loro rapporto? E se è come pensa,
se davvero la loro
amicizia fosse più viscerale di quel che ammettessero, sapere
di aver
ucciso la persona più cara non sarebbe di certo di conforto
a Chuck:
meglio l’oblio.
Farebbe a cambio subito di fronte alla possibilità di
dimenticare.
Cosa
darebbe Logan per vedere svanire dalla propria mente il volto di Jean
che muore, mentre i suoi artigli tagliano i polmoni di lei senza
sforzo. Cambiare il passato non è servito a niente, avere
una seconda
possibilità è stato inutile, le sentinelle sono
state bloccate sul
nascere con quel suo viaggio dal futuro, certo, ma
l’esistenza dei
mutanti non è migliorata di una virgola. Anzi, ora sono una
razza in
via d’estinzione, una rarità, ed è
costretto a guidare con una gamba
che non funziona e gli occhi che si appannano, quando in
un’altra vita
gli rimaneva la dignità con cui tirare avanti.
«Erik, no! Umani
e mutanti possono convivere» lo sente gridare una notte e
finge di non
sentire. Succede anche troppo spesso. «Jean, dove
sei?» grida poi il
vecchio, ma Logan è già al lavoro e non
può sentirlo, Caliban si muove
intanto nel buio con la rassegnazione di qualcuno troppo stanco per
ribattere.
Poi è arrivata la bambina. È piccola, magra e ha
lo sguardo di un animale in gabbia.
«Magneto
non era cattivo, sai? Era solo molto spaventato» le dice
Charles il
loro primo pomeriggio in macchina, mentre Laura sfoglia le pagine
sottili di un vecchio fumetto. A Logan non sfugge l’uso del
tempo
passato e la cosa gli fa digrignare i denti in una smorfia felina.
«Mi
ha anche aiutato a salvare il mondo una volta. Eravamo giovani e lui
era arrabbiato, molto più di te. E anche di lui».
Charles lo indica e a
Logan sfugge uno sbuffo più simile a un grugnito, mentre la
bambina
solleva gli angoli della bocca in un sorriso. «Ma Erik, anzi
Magneto,
scusa – si
corregge Chuck – ha saputo domare la sua rabbia
per un po’ e
mi ha aiutato a sconfiggere un terribile nemico».
Dallo specchietto vede gli occhi della bambina fissarsi sul vecchio.
«Oh,
si chiamava Shaw» afferma Charles, rispondendo alla muta
domanda di
lei, poi le accarezza i capelli come faceva con i suoi studenti.
È
sempre stato bravo a trattare con i bambini, un dato di fatto. Senza
mai spaventarli e capace di trasmetter loro un senso di casa. Di
famiglia. Quotidianità. Qualcosa che
nell’anno passato Logan ha
dimenticato del tutto.
«Logan, dov’è Erik?» chiede
alla fine il
vecchio con una voce stanca, probabilmente sperando di sembrare
casuale, mentre Laura dorme sulle sue gambe insensibili e lui le tiene
la mano. Sembra quasi lucido.
«Charles, basta così» Logan si limita a
ribattere.
Una risposta vuota fluttua nella macchina, mentre colui che era il
Professore comincia a ricordare. |
Fanfiction fresca fresca di visione, scritta dopo essermi spezzata il
cuore con Logan e con il cuore in pezzi questo è il risultato: headcanon come
se piovessero.
|