Ten reason for why she
3] she saved his
life
Inclinò il viso sulla spalla, arricciando il naso con una
posa critica; di nuovo, cercò di sistemare i capelli facendoli ricadere meglio,
sforzandosi di concentrare il suo sguardo sul viso, e alzò il mento per darsi
un atteggiamento più vezzoso.
Ma le iridi color sangue non potevano sottrarsi dall’aderire
dal corso dei suoi pensieri. Scivolarono giù, lungo la scoperta linea del
collo, e si tuffarono lì, nella piega morbida delle spalle, nella curva dei
seni, nello stacco degli avambracci, nell’incavo dei polsi, nella sua
disperazione.
Un lieve singulto le uscì dalle labbra, e fu tentata di
tirare un pugno a quella superficie di vetro che le rimandava crudele la
propria immagine; riuscì tuttavia a trattenersi, voltandole repentinamente le
spalle, e si strinse le braccia al petto, mordendosi furiosamente il pugno
chiuso per impedirsi di piangere
Lei non doveva piangere, non poteva permetterselo. E anche
se avrebbe per sempre portato sulla pelle anni di abusi e torture, lo avrebbe
fatto a testa alta, e non si sarebbe mai piegata; sarebbe stato il suo orgoglio
di donna a sostenerla.
Però…quando si guardava….quando osservava con disgusto le
mille cicatrici che la deturpavano…non poteva impedirsi di tremare e avvertire
il suo cuore infrangersi. Non sarebbe mai più stata intatta.
Non sarebbe mai più stata bella.
E mentre alcune stille salate scendevano lungo le guance
senza il suo permesso, non poté non considerare quanto questo le facesse male,
visti i rinnovati sentimenti che si agitavano in lei. Accanto a quel lui che l’aveva incantata con un solo
sguardo, non poteva che sentirsi insignificante e marginale: non poteva essere
all’altezza di tanta perfezione e di tanto splendore. Per quanto lei lo
desiderasse, Sasuke Uchiha non era destinato ad essere suo.
E se in sua presenza nascondeva debolezze e mortificazioni
dietro una maschera d’intrepida sfacciataggine, e per quanto continuasse con
ostinazione a provarci, nel suonare provocante…quando si guardava e vedeva solo
la sua vergogna, ogni forza scompariva.
Lei, Karin, non sarebbe mai stata abbastanza per lui. Lui avrebbe
avuto di meglio, che fosse a Konoha o altrove, e a lei non sarebbe restato che singhiozzare
sui frammenti di un sogno infranto.
Proprio in quel mentre, come un fulmine a ciel sereno arriva
a spezzare la quiete di un cielo estivo, avvertì il trambusto, e la porta della
camera si spalancò dietro spinta umana, facendola sobbalzare e strillare di
spavento. Immediatamente, si trasse indietro stringendosi maggiormente addosso la stoffa che costituiva l’accappatoio, ma nel
movimento incespicò nel mobile, sbilanciandosi ; tentò di aggrapparsi per
mantenersi dritta, ma lo scatto disperato non servì a nulla: si ritrovò
malamente per terra, con la vestaglia mezza scombinata che lasciava vedere
assai più del dovuto
Sulla soglia, seppur tentando di mantenere
un cipiglio inespressivo, l’oggetto dei suoi pensieri la stava squadrando
sorpreso, lasciando vagare i propri occhi neri sulla sua persona mentre,
indolente, restava con un braccio teso alla porta
-Karin?- chiese soltanto, con un
tono neutro
-Non guardarmi! Non guardarmi! Non guardarmi!-
irrazionalmente, l’idea che lui la stesse guardando,
che la stesse osservando e che fosse
in grado di vedere quello che lei nascondeva, la riempì di terrore; afferrò il
primo oggetto che trovò tra le mani e glielo gettò addosso, urlando come un’invasata
e cercando di sottrarsi a quell’analisi indesiderata gattonando via. La spazzola
lo colpì poco elegantemente sulla fronte prima che lui potesse fermarla, ma la
prese al volo prima che potesse ricadere al suolo; Sasuke corrugò la fronte,
studiando l’improvvisata arma, e poi tornò a guardare lei, che si copriva il
viso con le mani cercando di schermare sé stessa e le lacrime
-Non guardarmi!- guaì un ultima volta, cercando invano di
strozzare il singhiozzo nascente che voleva sfuggirle dalle labbra, e infossò
maggiormente il viso tra le dita, stringendo le ciocche rosse dei capelli.
L’Uchiha sospirò lievemente, gettando la spazzola verso uno
dei letti, e le si avvicinò in silenzio a passi lenti, inginocchiandosi davanti
a lei mantenendo un espressione seria e algida
-Karin- ripeté, stavolta con un a lievissima e appena percettibile tonalità di
insofferenza nella voce – Che c’è?-
Lo schiaffò che la ragazza tentò di tirargli, venne fermato
prontamente dalle sue dita che si chiusero con ferma convinzione attorno al
polso sottile per bloccarle il braccio a metà nel gesto. E quando le iridi pece
incontrarono la rabbia e il fervore presenti in quelle
porpora della giovane, le sostennero con sicurezza e senza cedimenti. La ninja tentò una misera difesa, cercando inutilmente di
sottrarre la mano alla ferrea presa, ma cedette poco dopo abbassando lo sguardo
-Non…non…finiscila!- strillò con veemenza –Vattene da qui! Dovresti
essere con Suigetsu e Juugo, che cosa vuoi da me?-
-Veramente, nulla. Sono venuto solo perché avevo terminato
il mio turno- le rispose secco, allungando la mano libera per afferrarle il
mento e costringerla a guardarlo di nuovo. Karin trattenne il fiato, al
cospetto di quegli occhi inquisitori, ma non disse nulla che lasciasse
trapelare quali fossero in realtà i suoi pensieri. Le dita diafane dell’erede
dello sharingan, allora, scivolarono delicatamente
sulla pelle pallida della ragazza, in una carezza leggera, scendendo dalla gola
alla spalla, percorrendo una scia invisibile lungo l’arto superiore, e si
soffermarono gentili sulle cicatrici più marcate.
-È per questo?-
Karin tremò. Non riuscì ad opporsi a quello sguardo
ipnotico: potevano dire di lei quello che volevano, specie quella piattola dell’Hozuki.
Ma quando Sasuke la guardava così, sarebbe anche potuta morire volentieri. Annuì,
senza avere nemmeno il coraggio di battere ciglio
Lui non rispose nulla, limitandosi a continuare con quella
moina inconsueta che poco gli si addiceva. Poi, quasi all’improvviso, sollevò
con calma il polso che ancora teneva tra le dita e se lo portò alle labbra,
posandole sulla pelle piagata.
-Grazie- sussurrò
E lei capì. Era il suo dono, era la sua vergogna quella con
cui era stata in grado di salvargli la
vita. Lei gli era stata necessaria, più di qualunque altra oca avesse
incontrato in precedenza nella sua vita, e lui era legato a lei, in quel modo
contorto che solo due traditori potevano comprendere.
Poteva non esserlo agli occhi degli altri mortali. Ma a
quelli vergati di sangue di lui, era incommensurabilmente bella
Oddio 0_0
È stata una creazione
lunga e sofferta. Ammetto di non aver avuto un’idea decente per l’inizio fino a
due giorni fa. C’era solo il finale
E chiedo perdono per
aver stravolto entrambi i personaggi, ribaltandoli rispetto a com’erano negli scorsi capitoli. Una volta a testa, uhn?
Però ammetto che
tutto sommato un po’ mi piace
Alla prossima, besos
Vostra wolvie
PS: leave a comment? XD
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