Godric
Con uno
svolazzo della bacchetta di Godric, le braci nella bocca di pietra del
camino si ravvivarono e delle sinuose lingue di fuoco iniziarono a
proiettare tutt’intorno la loro luce danzante.
“Avevo
chiesto agli Elfi Domestici di non farlo spegnere”
borbottò, più rivolto a se stesso che alla
ragazza che lo seguiva. Poco male, ci avrebbe pensato lui. Non
c’era da meravigliarsi di quella dimenticanza degli Elfi:
nelle ultime ore il castello era stato gettato nel caos.
Godric
rivolse uno sguardo in tralice a lady Slytherin, scoprendosi a pensare
che il padre della giovane non sarebbe stato così indulgente
con quelle creature, nemmeno in un frangente simile. E sua figlia?
Scosse il
capo, facendole cenno di accomodarsi. C’era qualcosa in
quella situazione che non lo faceva sentire perfettamente armato per
affrontarla. Il castello non era un maniero tetro e solitario, ogni
giorno era animato da un grande andirivieni di maghi e cavalieri. Ma
alla sera tornava il silenzio e il lord rimaneva da solo. Erano dodici
anni che, al calare del sole, la pietra tornava fredda e le sale
quiete, senza la voce di una donna a risuonare tra le pareti, o la
risata di un bambino.
La presenza
di lady Bloem a quell’ora della sera era inaspettata, Godric
non era preparato a riceverla. Stava cercando di abituarsi
all’idea di doverla vedere come inquilina stabile di
lì a qualche mese, ma ancora non vi era riuscito.
Immaginò che quello fosse un buon modo per iniziare,
dopotutto.
La giovane si
sedette; nei suoi movimenti il mago lesse una leggera tensione. Non vi
era da stupirsene, vista la serata trascorsa. Godric aveva avuto
notizia che nei suoi domini si aggirava una qualche creatura ostile,
per questo era uscito con alcuni dei suoi cavalieri, ma di tutte le
possibili minacce mai avrebbe pensato di trovarsi faccia a faccia con
una Veela. Si trattava di un avversario temibile per qualsiasi mago di
sesso maschile; Godric stesso era rimasto imbambolato a fissarlo,
incapace persino di mettere mano alla bacchetta. Quell’infida
Creatura Magica lo aveva scoperto inerme come un bambino, e
l’uomo non avrebbe potuto difendersi se Bloem non avesse
urlato, riuscendo a spezzare quella malia che annebbiava sensi e
facoltà di ragionamento. Se quella notte aveva avuto un
epilogo fortunato era stato solo grazie a lei e questo, unito al fatto
di essersi mostrato come un perfetto incapace, faceva sentire Godric
non completamente a posto con la coscienza. Era una sensazione spinosa,
al pari della mancanza di Mary.
“Sono
lieto di vedere che state bene, lady Bloem” esordì
guardandola in viso.
La giovane
fece vagare lo sguardo tutt’intorno, come se volesse
soppesare con gli occhi ogni elemento di arredamento per giudicare
l’ambiente. Il castello di lord Gryffindor era grande e molte
sale portavano ancora il segno del passaggio di sua moglie, ma altre
erano invece spoglie o funzionali. Quello in cui aveva condotto Bloem
non era certo il salone più riccamente arredato, ma era il
meno umido alla sera.
Gli occhi
profondi della ragazza tornarono a fissarsi su di lui, si strinse nelle
spalle e annuì.
“Quello
che è successo nel bosco…”
Iniziò Godric, ma era difficile dare una forma ai suoi
pensieri senza ammettere la debolezza dimostrata con la Veela.
Si
schiarì la voce e proseguì. “Ero stato
informato che una minaccia aveva attraversato i miei confini. Non avevo
idea di cosa si trattasse, ma l’avete sentita anche voi:
quella Veela parlava in norreno. È troppo per pensare a una
coincidenza.”
Bloem
assottigliò lo sguardo, poi annuì appena.
“Sì,
anch’io ho pensato che quella Veela dovesse avere a che fare
con il mago che ha attaccato Hogwarts.”
Godric non si
stupì che entrambi fossero arrivati alla stessa conclusione.
A differenza sua, Bloem e suo fratello si erano scontrati direttamente
con quell’uomo e il suo manipolo di creature magiche venute
dal nord. Il mago ricordò che, subito dopo
l’attacco, i due Slytherin avevano avuto un colloquio con
Salazar e solo dopo quest’ultimo aveva diffuso le
informazioni che aveva ricevuto dai due ragazzi; di nuovo Godric si
chiese se Salazar avesse detto davvero tutto ciò che sapeva.
Quasi fosse
stata in grado di captare i pensieri dell’uomo, la strega
parlò ancora:
“Cosa
credete che vogliano da noi?”
C’era
impazienza nella sua voce, come se le desse fastidio non sapere
perché era la vittima ripetutamente bersagliata di quel
nordico. In entrambe le occasioni Bloem se l’era cavata bene,
uscendone completamente illesa, ma Godric non poteva dimenticare che
l’attacco a Hogwarts aveva causato delle vittime.
“Non
ne ho idea” rispose scuotendo le spalle e aggrottando la
fronte.
In effetti
c’era qualcosa che non quadrava in quella storia: nessuno
aveva mai visto quell’uomo, Helga e le sue figlie si stavano
dando da fare per scoprirne l’identità ma ancora
non erano certe. Lui non si era presentato, non aveva annunciato i suoi
scopi: aveva attaccato e basta, si era ritirato e ora tornava a farsi
vivo indirettamente. Perché? A cosa mirava?
“Dovrò
informare gli altri Fondatori dell’accaduto”
continuò il mago, e la sua voce si fece improvvisamente
stanca. “E, già che ci sono, credo sia il caso di
informare vostro padre della vostra presenza a Godric’s
Hollow.”
Inviò
alla giovane strega un’occhiata eloquente: entrambi sapevano
che lei era giunta lì senza informare Salazar. Nonostante
l’intenzione annunciata, lord Gryffindor non si
alzò, ma rimase con le mani appoggiate ai braccioli del suo
scranno. Bloem dovette accorgersi che il suo sguardo era cambiato,
mostrando ora più curiosità che rimprovero,
così inarcò un sopracciglio in un modo silenzioso
di chiedergli cosa avesse.
Godric aveva
già deciso cosa scrivere nella lettera a Salazar,
perciò qualunque risposta gli avrebbe fornito Bloem non
avrebbe fatto differenza. Ma ora voleva sapere, per soddisfare un
proprio interesse personale e anche perché pensava di averne
diritto, per quale motivo la ragazza si era recata fin lì.
Di certo aveva agito con uno scopo ben fisso in mente e non si trovava
lì per una vacanza di piacere.
“Lady
Bloem” esordì quindi arretrando il busto e
congiungendo le dita di fronte a sé, “posso
conoscere le ragioni della vostra visita?”
Qualcosa
nella figura della strega si irrigidì, o forse fu solo uno
scherzo delle ombre gettate tutt’intorno dalle fiamme. Per
una manciata di secondi rimase in silenzio, tanto che Godric si chiese
se alla fine gli avrebbe risposto oppure sarebbe rimasta trincerata
dietro il suo mutismo.
Alla fine
Bloem espresse il suo punto di vista, e quello che disse lo
spiazzò.
“Volevo
parlarvi. Convincervi a mandare a monte le nozze. Di certo anche voi
credete che questo matrimonio sia una farsa.”
Questa volta
fu il turno di Godric di rimanere senza parole: tanta schiettezza lo
aveva colto impreparato, ma era pur sempre una dote che in generale
apprezzava. Così non gli venne in mente di suggerire alla
sua futura sposa di tenere a freno la lingua, anche perché
in fondo all’inizio il Fondatore aveva avuto le stesse
perplessità. Vista la sincerità con cui si era
espressa la giovane, Godric pensò di ricambiarle la stessa
cortesia.
“Vedete,
lady Bloem” disse, senza mutare posizione,
“è stato proprio vostro padre a convincermi
dell’opportunità di queste nozze, e questa notte
abbiamo avuto la prova che la ragione sta dalla sua parte.”
Piuttosto raro che desse così apertamente ragione a lord
Slytherin, si disse; era qualcosa da appuntare negli annali.
“È chiaro che questa gente del nord vuole qualcosa
da noi; non si tratta di incursioni casuali, abbiamo di fronte un vero
e proprio nemico. E in un momento come questo è importante
essere uniti.”
Bloem era una
strega brillante, Godric aveva avuto modo di appurarlo a scuola. Per
questo motivo fu abbastanza sicuro che avrebbe capito cosa intendeva
senza che aggiungesse altro. Quel matrimonio non era per lei e il
Fondatore, era chiaro. Era piuttosto un modo per sugellare i rapporti
così pericolanti tra Godric e Salazar. Nessuno dei due
fingeva che i due Fondatori andassero sempre d’amore e
d’accordo e sicuramente Bloem sapeva bene di cosa parlava
Godric. Anche se l’uomo non amava fregiarsi di quel titolo,
sapeva che lui, insieme a Helga, Rowena e Salazar, costituiva la
maggiore risorsa del regno e, a fronte di attacchi di un nemico
così minaccioso, dovevano necessariamente restare uniti, o
sarebbe stato il disastro.
“Credete
davvero che da soli non possiamo farcela contro questo
nemico?” chiese allora la ragazza, sollevando appena il
mento, senza distogliere gli occhi.
Difficile
dire cosa intendesse con quel plurale, ma Godric intuì
facilmente che parlava di sé, di suo padre e di suo
fratello. Il pensiero lo infastidì appena:
l’alterigia degli Slytherin non era un mistero, anzi era uno
dei difetti di Salazar che meno sopportava. D’altra parte
però, se il Fondatore voleva essere totalmente sincero con
se stesso, doveva ammettere che, quando aveva ascoltato la proposta del
padre di Bloem, lui stesso si era chiesto se non fosse
un’apprensione esagerata quella nutrita nei confronti
dell’invasore norreno.
Tuttavia
allora Godric non si era sentito minacciato alle porte di casa sua.
Potevano minimizzare, fingendo che una Veela sola non fosse un
problema, ma la verità era che fino ad allora nessun nemico
estero era giunto così vicino alle loro case, al loro cuore.
Quel mago aveva attaccato Hogwarst, riuscendo a superare tutte le
difese approntate dai Fondatori e a cogliere impreparati gli studenti.
Erano morti sette ragazzi, sette giovani che sarebbero potuti diventare
degli stregoni promettenti e che invece adesso giacevano nella terra. E
quel che era peggio sembrava che il nemico non avesse alcuna intenzione
di fermarsi o di ritirarsi sul serio.
“No,
non lo credo” rispose quindi l’uomo, paziente ma
con una certa fermezza nel tono. “Dobbiamo proteggerci
l’un l’altro.”
“Sembrate
dubitare delle vostre stesse forze” replicò Bloem,
e nel tono che usò Godric scorse un accenno di provocazione.
Fu sul punto
di rispondere qualcosa di simile tenore, ma alla fine si morse la
lingua e le lanciò un’occhiata in tralice, colpito
da un nuovo sospetto.
“Lady
Bloem, questo matrimonio getta per caso all’aria altri
programmi?” domandò impudente. “Il
vostro cuore appartiene a qualcun altro? Perché in quel
caso…”
“No”
lo interruppe in fretta la giovane, increspando la fronte,
“Come vi è venuta in mente una simile
idea?” Ebbe un moto di stizza; probabilmente, se non fosse
stato sconveniente per una lady del suo rango, avrebbe incrociato le
braccia sul petto. Godric fu tentato di sorridere di fronte a
quell’improvviso cambiamento, ma si trattenne.
“In
questo caso allora… Non vedo altri ostacoli al
matrimonio.”
Per qualche
attimo Bloem sembrò sul punto di replicare, ma alla fine
annuì e rimase in silenzio.
Godric si
alzò, capendo che non c’era altro da aggiungere.
“Andrò
in guferia per mandare qualche messaggio. Scriverò a vostro
padre che eravate così smaniosa di trascorrere del tempo con
il vostro futuro marito che avete pensato di non porre altri indugi in
mezzo, e che io stesso vi scorterò di nuovo in mezzo alle
paludi, non appena vi sarete accertata che i preparativi del matrimonio
procedano secondo il vostro gradimento.”
La strega gli
scoccò un’occhiata curiosa, ma poi non si oppose.
Godric aveva
raggiunto la soglia della porta, quando la voce della ragazza lo
trattenne.
“Come
sta la mia cavalla?”
“La
ferita all’ala le impedirà di volare per un
po’, ma non temete. Sta bene e con le mie cure
guarirà completamente.”
Eskil
Un leggero
temporale estivo scuoteva i vetri del maniero Slytherin. Il cielo era
plumbeo e l’acqua ruscellava sulle finestre ma, guardando
verso la linea dell’orizzonte che iniziava a schiarirsi,
Eskil giudicò che non sarebbe durato a lungo.
Tornò
verso il centro della stanza, la lettera di Lord Gryffindor stretta in
pugno. Era ridicolo, Bloem non si era mai mostrata smaniosa di
trascorrere del tempo con il futuro marito. Persino Lord Salazar doveva
saperlo, anche se non passava mai troppo tempo a parlare con i suoi
figli, eppure non aveva battuto ciglio di fronte al contenuto di quella
missiva.
Eskil si
morse l’interno della guancia. Se suo padre non si
preoccupava, evidentemente neanche lui ne aveva motivo; tuttavia per
una volta aveva l’impressione di non sapere cosa attraversava
la mente della sorella e non gli piaceva. Era un preludio del distacco
che presto sarebbe diventato definitivo; fosse stato per lui avrebbe
fatto di tutto per rimandare quel momento, ma a che scopo, se comunque
non sarebbero potuti sfuggire a quel fato?
C’era
tuttavia qualcos’altro che lo induceva a riflettere in tutta
quella situazione. Perché suo padre si era dato tanto da
fare per stipulare un matrimonio tra Bloem e Lord Gryffindor? Se era
un’alleanza che voleva, avrebbe anche potuto fare sposare a
lui una delle figlie di lady Hufflepuff o qualcosa del genere. Era vero
che i maggiori contrasti esistevano proprio tra Salazar e Godric, ma
non riusciva a credere che suo padre, un uomo così convinto
delle sue ragioni, potesse giungere al punto di affidare la sua unica
figlia femmina a un mago che per certi versi disprezza.
Ci aveva
riflettuto abbastanza, ma non era ancora arrivato a capo della cosa. Si
disse però che non avrebbe cavato un ragno dal buco se non
avesse parlato con l’unica persona che avrebbe potuto
chiarirgli quei dubbi: suo padre.
Lord Salazar
rientrava in quel momento da una ricognizione dei suoi domini. La
notizia della Veela infiltrata nei territori di Lord Gryffindor lo
aveva spinto a controllare che nella zona delle paludi fosse tutto a
posto e, come disse appena varcata la soglia, era proprio
così.
Gli stivali
del Fondatore grondavano fango che sporcava il pavimento di pietra, ma
ci avrebbero pensato gli Elfi Domestici.
“Hai
rafforzato gli incantesimi di protezione, come ti avevo
chiesto?” volle sincerarsi il mago.
Eskil
annuì, elencando tutti gli scudi che aveva elevato intorno
alla loro magione.
Aveva anche
pensato di animare qualcuno dei cadaveri certamente sepolti in fondo
alla palude, per trasformarli in creature che lui stesso aveva chiamato
Inferi. L’incantesimo gli era già riuscito e
sapeva di poterlo rifare, ma creare delle sentinelle di non-morti
capaci di presidiare i confini dei loro possedimenti era
un’altra cosa. In fondo era riuscito
nell’esperimento da poco e non padroneggiava ancora al meglio
quella fattura; dubitava di poter tenere simultaneamente in vita tanti
cadaveri per mandarli così tanto lontano da lui.
Così alla fine aveva desistito, dicendo a se stesso che ci
sarebbero state altre occasioni di sperimentare di nuovo la sua nuova
abilità.
“Padre,
posso chiedervi una cosa?” domandò mentre Salazar
si slacciava il mantello umido e lo metteva da parte. Il fatto che il
mago non negò apertamente significava che gli dava il
permesso di parlare.
Eskil fece un
passo avanti, ricordandosi di mantenere la schiena dritta e il tono
apparentemente casuale. Se c’era una cosa che voleva evitare
era di sembrare un ragazzino implorante.
“Posso
sapere perché avete preso accordi per le nozze di Bloem e
non per le mie?”
Adesso
sembrava uno smanioso, ma meglio quello che infantile.
Salazar gli
si rivolse su un mezzo sorriso dipinto sulle labbra sottili.
“Mio
caro Eski. E se lo avessi fatto, cosa pensi che direbbe la tua futura
mogliettina sul tuo ombelico?”
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