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CAPITOLO 14-
Capolinea
Il silenzio
quasi innaturale lo fa rabbrividire lievemente. Teme di dover sentire il rumore
di uno sparo da un momento all’altro, ma gli istanti passano e non succede
nulla.
Sono passati
diversi minuti da quando si è reso conto di essere di nuovo cosciente, ma non ha
ancora avuto il coraggio di aprire gli occhi.
Un lieve
scricchiolio alla sua sinistra fa rizzare le orecchie a Nathan, ma non succede
nulla. Fa una smorfia e socchiude lentamente gli occhi che è costretto subito a
chiudere a causa della luce che lo infastidisce.
“Nathan…?”
Una voce a poca
distanza da lui lo chiama.
Apre la bocca e
per qualche secondo non riesca a parlare.
Prova di nuovo
a socchiudere gli occhi e nota la persona seduta accanto a sé: “Mamma…” Sussurra
con un sorriso.
La donna si
abbassa verso di lui e gli accarezza il viso: “Nat, come ti senti?”
Ha il viso un
po’ più magro di quanto ricordasse e sembra avere gli occhi lucidi.
“Ma quanto
tempo è passato?” Pensa il ragazzo prima di rispondere: “Sto bene… credo…” Solo
in quel momento prova a muovesi, avvertendo una fitta al fianco destro. Fa una
smorfia: “Che mi hanno fatto?”
“I medici ti
hanno ricucito la ferita… dopo aver tolto il proiettile…”
Nathan alza lo
sguardo sulla madre che lo fissa con espressione radiosa nonostante non ci siano
niente di divertente nella parole che ha appena pronunciato, e non riesce a dire
nulla. Guarda altrove e rimane in silenzio mentre l’altra gli accarezza
lentamente i capelli. Socchiude gli occhi mentre si lascia sfuggire un sospiro.
“Va tutto bene,
Nat?”
Il giovane
sorride: “Sì, mamma, non ti preoccupare… sono solo felice di essere qui… già…”
Sussurra inspirando con una smorfia a causa del dolore al fianco: “Sono davvero
tornato, sono lontano da quell’isola maledetta…” Pensa godendo del fresco delle
lenzuola sulla pelle lasciata scoperta dall’indumento che gli è stato messo.
Il caldo, la
sete, la stanchezza… la paura… ora gli sembrano solo dei brutti ricordi, come se
tutto fosse stato solo un brutto incubo spazzato via dall’arrivo dell’alba.
Tutto lontano, quasi incredibile..
“Mamma?”
“Si?”
“Da quanto
tempo sono qui?”
“Sono passati
quasi due giorni da quando ti hanno portato qui!”
Nathan
socchiude gli occhi e annuisce.
La porta della
stanza si apre e si chiude.
Il giovane gira
lentamente la testa e un sorriso gli si dipinge in volto: “Ciao!” Sussurra.
“Nat… ti senti
bene?” Chiede il padre che si affretta a raggiungere il letto.
Ride
sommessamente mentre sussurra: “Pensavate di esservi liberai d me?”
I due adulti
rimangono in silenzio e Nathan alza lo guardo su di loro: “Stavo… solo
scherzando!” Bisbiglia con un sorriso tirato.
“Lo sappiamo,
Nathan, non ti preoccupare!” Esclama la donna mentre il padre si siede sul bordo
del letto.
La porta si
apre attirando l’attenzione dei tre.
Una donna di
mezza età in camice bianco entra nella stanza: “Buongiorno!” Esclama con voce
nasale e senza aspettare una risposta si avvicina al letto e mette una mano
sulla fronte di Nathan che le lancia un’occhiata confusa. Poi gli afferra il
polso e lo tiene fra due dita controllando l’orologio. Passano gli istanti e il
ragazzo comincia a guardare l’infermiera con aria un po’ preoccupata finché
questa non gli lascia il polso accennando un sorriso: “Sano come un pesce!”
Esclama gettando un’occhiata alla flebo e alla bottiglia capovolta vicino al
letto.
Nathan sospira
con sollievo e si rilassa, abbandonando ancora di più la testa sul cuscino.
Chiude gli
occhi e rimane ad ascoltare i genitori che parlano con l’infermiera senza dar
peso alle loro parole. Si sente bene, in forma, nonostante abbia un lato del
corpo ancora mezzo addormentato e dolorante. Sospira profondamente con qualche
smorfia a causa delle fitte che derivano dalla sua azione e rimane fermo nel
letto: “Pensavo che non sarei più riuscito a dormire su un materasso…” Sorride
lievemente: “Che esagerato, dopotutto non ho dormito a terra neanche una
settimana…” Nathan apre gli occhi di scatto e gira velocemente la testa di lato:
“Dannaz…” Urla attirando l’attenzione dei tre adulti “No, niente, mi sono
dimenticato che ho dolori su tutto il corpo!”
La madre gli si
avvicina: “Hai bisogno di qualcosa?”
Il giovane
annuisce lievemente: “Isabel…” Sussurra.
La donna lo
guarda con aria interrogativa.
“Vuoi il
cellulare? Devi chiamare qualcuno?” Si intromette il padre.
“No… quando…
insieme a me c’era una bambina… Isabel….” Nathan sposta lo sguardo sui genitori:
“Non so neanche se sta bene o no… anche se non credo che fosse ferita o roba del
genere…”
“Nathan…” La
donna lancia un’occhiata al marito.“Sei sicuro che ci sia…”
“Mamma, sono
arrivato con Isabel su quella maledetta isola e sono rimasto con lei fino alla
fine… no, non me lo sono immaginato!” Nathan si acciglia.
“E quanto anni
ha questa bambina?” Chiede l’infermiera attirando l’attenzione dei tre.
“Eh… ha… ha
quattro anni ed è bionda!”” Si affretta ad aggiungere il ragazzo.
“Nat, non è
sicuro che…”
“Non vorrei
sbagliarmi… quando sei arrivato qui ho visto un poliziotto… o cos’era lui, con
una bambina in braccio… non mi ricordo se fosse bionda ma ti assicuro che
piangeva come una forsennata!” La donna scuote la testa e sospira.
Nathan sorride
di rimando: “Sa se è ancora qui?”
L’altra scuote
la testa: “Non ti so dire, l’ho vista solo di sfuggita, ma non doveva aver nulla
se è rimasta nell’atrio.
“Ah…” Il
giovane si incupisce “Grazie…”
Nessuno parla
per qualche secondo. Il silenzio viene rotto dalla voce dell’infermiera: “Se non
avete altre domande, vado via…”
La donna lancia
un’occhiata ai presenti e si avvicina al letto: “Tornerò tra un paio d’ore per
un controllo!”
Nathan a stento
la guarda mentre accenna di sì con la testa e l’altra si allontana uscendo dalla
stanza.
“Uff…” Il
giovane chiude gli occhi. La porta si apre nuovamente, ma stavolta non le presta
attenzione.
“Salve!”
Esclama una voce profonda.
Il ragazzo
solleva leggermente le palpebre.
“Potrei parlare
con vostro figlio… in privato?”
Nathan spalanca
gli occhi e fissa la persona che sta parlando. “Sei…” comincia incrociando lo
sguardo con quello dell’agente poco distante.
Quest’ultimo
sorride: “Ti vedo in forma rispetto all’ultima volta…”
“Ma lei chi…?”
“Mamma, papà,
posso parlare con lui da solo?” Chiede Nathan cercando di alzare la testa dal
cuscino e riuscendo solo a fare una smorfia di dolore.
“Nat, sei
sicuro? Possiamo anche…”
“No, papà! Non
ti preoccupare, lo conosco!” Il giovane annuisce e i genitori lo guardano con
aria perplessa.
“Noi rimaniamo
qui fuori!” Si affretta a precisare il padre prima di uscire, preceduto dalla
consorte.
“Vi ringrazio!”
Esclama l’agente prima che chiudano la porta.
“Perché sei
qui?” Chiede subito Nathan con aria sorpresa.
L’altro lo
guarda e prende posto: “Come stai ragazzo?”
“Bene, credo…
ma, perché…?”
“Dritto al
punto, eh? Volevo vedere se te l’eri cavata!”
La risposta fa
zittire il giovane che sposta lo sguardo e si sente vagamente stupido.
“Non pensavo ti
avessero fatto un bel buco!” Esclama l’uomo accennando alla ferita del giovane:
“Sei stato fortunato… non sai quanto dovrai restare qui?”
L’altro scuote
la testa.
“Beh, il tempo
di riprenderti, immagino…”
Nathan annuisce
solo con la testa guardando il soffitto della stanza.
L’agente gli
lancia un’occhiata indagatoria: “Ehi, ragazzo, tutto bene?”
Il giovane si
volta a guardarlo con aria interrogativa.
“Perché?”
“Niente… lascia
stare!” Sospira l’uomo prima di aggiungere, di fronte allo sguardo assente di
Nathan “Pensavo che volessi sapere perché ti sei beccato quella pallottola…”
“Cosa?” Il
giovane fa per sollevare la testa, ma l’altro alza una mano sghignazzando:
“Fermo… ancora non sei in grado di alzarti!”
“Ma… prima mi
hai detto… e poi…” Nathan respira profondamente per poi sorridere: “Ok, ok…
cos’è successo, allora?”
L’altro
incrocia le braccia al petto e chiude per qualche secondo gli occhi per aprirli
di scatto: “Droga!” Dice in un sussurro.
“Che cosa?”
Urla il giovane zittendosi di colpo. “Da… davvero?” Bisbiglia subito dopo con
gli occhi puntati sull’uomo che si limita ad annuire.
“Sì, c’era un
carico di droga sulla nave… fra poco sarà di dominio pubblico! Hai visto quelle
cosse, sull’isola?”
Nathan
annuisce: “Sì, certo… anche la sera dell’esplosione le ho viste più di una
volta!”
“È con quelle
che trasportavano il loro carico… stavo seguendo il caso da un paio di mesi…
volevamo incastrare i pezzi grossi dell’organizzazione…” L’uomo fissa il vuoto
prima di voltarsi a guardare Nathan.
“E poi qualcuno
ha mandato a monte la copertura!” Un sorriso tirato gli compare in viso ma lo
sguardo di fa improvvisamente freddo.
Il giovane
distoglie lo sguardo: “Mi dispiace…” Sussurra pieno di rammarico.
“Io non so come
si può lasciare una bambina di quell’età da sola!”
Nathan rimane
in silenzio mentre pensa tra sé: “Ero andato a cercare qualcosa da mangiare…”
Deglutisce forzatamente all’ennesimo sospiro dell’uomo, ma poi gli viene in
mante qualcosa. Alza lo sguardo e domanda: “Come sta Isabel?”
L’altro fa
spallucce: “Pensavo fosse tua sorella!”
Nathan sorride
di rimando mentre l’agente si massaggia il collo guardando il soffitto con aria
perplessa. “Ho continuato a dire a quella donna che anche suo figlio se la
sarebbe cavata finché non sono arrivati i tuoi genitori!” Scuote la testa mentre
il ragazzo scoppia in una risata.
“Sanno che ti
sei preso cura della bambina…”
Nathan
socchiude gli occhi, non capendo: “Chi?”
“Come chi? I
suoi genitori!”
“Ah…” Il
giovane sorride leggermente: “Già…” Sussurra a mezza voce: “Anche se in pochi
giorni ho avuto più di un istinto omicida!” Pensa chiudendo gli occhi.
“Beh, ti lascio
riposare prima che i tuoi genitori vengano a cacciarmi fuori!”
L’altro
spalanca gli occhi: “Oh… sì… no, non è un problema, se…” Guarda l’agente che
però si è già alzato.
“Stammi bene… e
non ficcarti più nei guai!” Alza una mano in segno di saluto e fa un mezzo
ghigno.
“Eh… oh, sì,
certo… grazie!” Riesce a dire Nathan prima che l’uomo esca dalla stanza
socchiudendo la porta,
Lo sente
salutare i suoi genitori e sospira, guardando il soffitto. Passano i minuti e la
vista diventa sempre meno chiara. Cerca di restare lucido, ma si rende conto che
è una partita persa. Chiude gli occhi rilassando i muscoli e si lascia invade
dal torpore e dal sonno.
“Sì, ha detto
proprio così!” Sussurra una voce maschile.
Una risata
soffocata e la voce di sua madre ribatte: “Dev’essere un amore!”
Nathan si muove
leggermente nel letto, con gli occhi ancora chiusi.
“È a casa ora?”
Chiede ancora la voce della madre.
“No, è con mia
moglie, nell’ingresso dell’ospedale!”
Il giovane
cerca di aprire gli occhi e questa volta nessuna luce li colpisce. Sbatte un po’
le palpebre mentre sente ancora sussurrare e si guarda intorno: la stanza è
nella semioscurità e dalla finestra la luce entra fioca.
“Mamma!” chiama
con voce impastata ma abbastanza forte da farsi sentire.
“Nat? Sei
sveglio?”
Si sente chiede
in un bisbiglio e percepisce una figura che gli si avvicina carezzandogli la
fronte.
Annuisce e alza
lentamente un braccio strofinandosi gli occhi.
Gira di poco la
testa e vede vicino a sé la madre che gli sorride e poco distante il padre e un
uomo sconosciuto che gli si avvicina di qualche passo.
“Ciao Nathan,
come stai?” Gli chiede con voce gentile.
“Bene… ma…” Il
ragazzo socchiude gli occhi cercando freneticamente nella sua memoria per
riuscire ad associare quel volto stranamente familiare ad un nome.
“Sono il padre
di Isabel!” Gli viene in aiuto l’altro allungando una mano verso di lui.
Nathan apre la
bocca mentre gli stringe la mano: “Come mai è qui? È successo qualcosa? Isa sta
bene, vero?” Chiede d’un fiato sollevando la testa dal cuscino.
L’altro si
lascia sfuggire un sorriso: “Sta benone! Volevo ringraziarti per esserti preso
cura di quella peste!”
Nathan arrossisce senza volerlo e borbotta un: “Si figuri!” Distogliendo lo
sguardo.
Di colpo la
camera viene illuminata dalla luce elettrica.
“Così va
meglio!” Esclama il padre avvicinandosi poi al letto.
“Nathan, vuoi
salutare Isabel?” Chiede la donna sedendosi sul letto.
“Ma non so se
sia il caso, è ancora convalescente…”
“No!” Esclama
il ragazzo: “Cioè, volevo dire sì! Può venire!”
“Ma…” Cerca
ancora di ribattere il padre della bambina, ma Nathan continua: “Io sto bene…
vorrei salutarla!” Aggiunge con un sorriso.
L’uomo si volta
a guardare i genitori del ragazzo: “Allora vado a chiamare mia moglie…” Fa
qualche passo indietro prima di voltarsi e lasciare la stanza.
I tre rimangono
in silenzio e Nathan socchiude leggermente gli occhi prima che dal corridoio si
cominci a sentire una voce squillante. Il ragazzo ridacchia e scuote la testa
prima che la porta si apra attirando l’attenzione dei presenti.
L’uomo entra
nella stanza e fa un cenno con la mano a qualcuno che non è ancora visibile:
“Dai, vieni… cos’è ora non hai più la lingua?”
“Avanti, Isa,
entra…” Dice una voce femminile.
Sulla soglia si
vede una bambina bionda con i capelli legati in due codini.
Nathan sorride
nel vedere Isabel che, ferma vicino alla porta, gli lancia occhiate furtive,
dondolandosi sul posto.
“Ciao Isabel…
ti ricordi di me?” Domanda il giovane guardandola con aria divertita.
La bambina si
acciglia, ma annuisce con la testa mentre la madre le si accoccola vicino: “Isa,
perché non vai a salutare quel bel giovanotto? Chiedigli come si chiama!”
Isabel arriccia
le labbra e borbotta: “Si chiama Nathan!”
“Allora lo
conosci! Vai a salutarlo…” La donna la spinge dolcemente in avanti e la piccola
si avvicina lentamente al letto continuando a fissare il giovane con aria
contrariata.
“Ciao!” Esclama
nuovamente Nathan quando gli è di fronte.
“Sei malato?”
Chiede l’altra posando una mano sul lenzuolo bianco.
“Un po’, ma
guarisco presto!”
“E ti fa tanto
male?”
Il ragazzo
esita qualche istante prima di rispondere: “No, non mi fa tanto male…” Sussurra
abbassando per un attimo lo sguardo.
“Quando
guarisci vieni a giocare con me e Desirée ?”
La domanda fa
sorridere Nathan: “Tu non dimentichi nulla, eh?”
Isabel lo fissa
e scuote la testa poi, facendo un respiro: “Hai detto che vieni a giocare che tu
eri il papà e io la figlia piccola e Desirèe quella grande!” Sputa fuori tutto
d’un fiato.
Il giovane
sgrana gli occhi cominciando a ridacchiare.
Isabel lo fissa
e sorride anche lei mentre il ragazzo continua a ridere e alza una mano a
scompigliarle leggermente i capelli. “Verrò sicuramente a giocare con te! Basta
che mi avvisi la prossima volta che vai in crociera!”
Fine
Note: ehhh sì, siamo arrivati alla fine di questa
avventura^^ (“Era ora!” direbbe Nathan XD) spero che la storia sia stata di
vostro gradimento e nel salutarvi ringrazio di cuore chi ha letto e chi mi ha
supportata (e sopportata XD) durante la stesura!!!
Alla prossima!!!
Prue
per Araluna: ed eccoci qui!!! Ehhh già, purtroppo il
nostro Texas ranger non ha voluto fare da comparsa XD (“O protagonista o
niente!” mi ha detto XD) Comunque, alla fine, i nostri piccoli “eroi” sono
riusciti a tornare a casa… con un aiutino^^ ma l’importante è il risultato! (non
credo che Nathan si azzarderà più a fare un crociera^^;;;) Con questo è davvero
tutto! Ti ringrazio nuovamente per il supporto^^ Baci baci!
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