Poppata
notturna
Quella
notte, quando Ben attaccò a piangere, Han
cercò la spalla di Leia e la strinse.
«Ci
penso io» le mormorò, la voce
impastata dal sonno.
Con
un notevole sforzo di volontà, spinse le gambe
giù dal letto e si tirò in piedi, per poi
procedere a tentoni verso la culla. Nonostante il buio, trovare Ben fu
un gioco da ragazzi: il bambino si agitava e gridava a pieni polmoni.
Han
infilò una mano sotto la sua testolina delicata,
l’altra sotto la sua schiena calda, e lo sollevò
dalla culla. Gli diede una cauta annusata, ma non sentì
niente.
«Fame»
biascicò Leia, dal letto.
«Ha fame».
Ma
certo. Stava singhiozzando in quel
modo.
Reggendo
con attenzione il bambino piangente, Han si diresse in cucina
a piedi scalzi. Schiacciò l’interruttore della
luce col gomito, ed ebbe la netta impressione di essersi appena
accecato.
Abbassò
lo sguardo su Ben; il bambino aveva gli occhi
serrati e la boccuccia spalancata, le gengive rosse che facevano
capolino da dietro le sue labbra.
«Va
bene, giovanotto» mormorò Han.
«Vediamo di rimediare a questa cosa».
Tenendo
il figlio contro il proprio petto, mise a scaldare un
po’ di latte. Ci volle poco tempo, ma a lui parve
un’eternità, scandito come fu dal pianto
inconsolabile di Ben.
Finalmente,
il latte fu pronto. Han se ne versò una goccia
sul polso per assicurarsi che non fosse troppo caldo, quindi
avvicinò il biberon alla bocca di Ben.
Quando
il neonato continuò a piangere, Han gli
stuzzicò le labbra con un dito. Ben aprì meglio
la bocca, e trovò subito la tettarella.
Le
sue urla si placarono all’istante, e lui prese a succhiare
con furia.
Han
si spostò cautamente, andando a sistemarsi su una sedia.
«Ecco qui. Sfamati per bene».
Suo
figlio dischiuse appena gli occhi, continuando a trangugiare il
latte, ed avvicinò i pugnetti al biberon.
Han
si ritrovò a sorridere un poco. «Con calma.
Nessuno te lo porta via».
I
suoi occhi stanchi vagarono, soffermandosi sui ciuffi folti e
lanuginosi che ricoprivano la testolina di Ben.
Quando
il bambino fu sazio e smise di bere, Han posò il
biberon sul tavolo, quindi sistemò Ben in modo che avesse il
mento sulla sua spalla.
Gli
accarezzò appena la schiena – la copriva quasi
tutta con la propria mano – e trasse un respiro profondo.
Stentava
a ricordare l’ultima notte in cui aveva dormito come
si deve. Eppure, nonostante la stanchezza, si sentì invaso
da una strana sensazione di pace.
Con
suo figlio, aveva l’impressione che tutti i rischi che
aveva corso, i dolori che aveva provato, tutte le stupidaggini che
aveva fatto in vita propria… tutto, anche le cose peggiori,
ne fossero valse la pena. Perché avevano portato a Ben.
Il
bambino si mosse appena, e Han girò la testa per
sfiorargli la tempia con le labbra.
Certo,
il suo corpo sarebbe stato più che felice di tornare
a sdraiarsi, ma intanto non gli dispiaceva starsene così,
nel silenzio della notte, ancora per qualche istante.
Note:
What makes you haha suona in sottofondo
MAY THE FOURTH BE WITH YOU ALL, bella gente!
Mi rendo conto che questa flashfic (500 parole precise) non
è niente di ché, ma spero non sia risultata
noiosa.
Alla prossima!
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