Ed
ecco la
seconda parte!
Quando
voleva, Estel sapeva essere eccezionalmente furtivo. Avvicinarsi ad un
elfo
senza essere notati era impossibile, ma con il passare del tempo Estel
stava
diventando sempre più abile ad aggirarsi per Imladris non
visto.
Quel
giorno, Estel era riuscito a salire sulla cima di un albero che si
trovava ai
limiti della vallata di Gran Burrone. Aguzzando la vista, riusciva a
vedere i
confini e le guardie che li pattugliavano. Trovarsi lì
avrebbe significato
scatenare l'ira di sua madre e di Elrond, ma ne sarebbe valsa la pena.
Da lassù
la vista era emozionante: poteva osservare i confini, l'unico grande
limite che
Estel non avrebbe mai osato oltrepassare. Provava un brivido di paura
anche
solo a guardarli.
Ad
un tratto, un elfo tornò indietro dal confine. Estel
restò immobile ed in
silenzio mentre l'elfo passava proprio sotto il suo albero e
tirò un sospiro di
sollievo quando constatò di non essere stato scoperto.
Incuriosito, Estel tentò
di capire chi o cosa avessero visto gli elfi, ma invano: si trovava
troppo in
alto e troppo lontano.
Farei
bene a
scendere, prima che qualcuno mi veda,
pensò.
Un
attimo dopo Estel vide quello stesso elfo che tornava verso il confine,
questa
volta accompagnato da Elladan ed Elrohir. Sembrava avessero fretta, ma
non
c'era preoccupazione sul loro volto. Che Glorfindel fosse tornato dal
suo
secondo viaggio ad Annùminas?
Elrohir
attraversò il ponte sul fiume con il cuore a mille,
speranzoso ad impaziente.
In testa al gruppo c'era Glorfindel, poi seguivano gli altri elfi della
compagnia, in una formazione pressoché identica a quella che
avevano adottato
quasi un anno prima, la prima volta che erano andati nelle terre dei
Dùnedain.
Ma
questa volta, al centro della formazione, c'erano dei visi familiari.
In sella
ad un cavallo grigio, c'era Maedir; accanto a lui, su un cavallo dello
stesso
colore, sua moglie Hanneth con un bambino dai capelli scuri, che aveva
all'incirca
la stessa età di Estel. Doveva essere Gelion. Mentre alle
loro spalle, in sella
ad un cavallo sauro legato a quello di Maedir, c'erano Edeniel, ormai
tredicenne, e Melwen.
Gli
anni trascorsi dal loro ultimo incontro erano stati, per Elrohir,
rapidi come
un soffio di vento. Tuttavia, nei volti di coloro che aveva lasciato,
vedeva la
verità. Nei suoi ricordi, Edeniel era una bambina curiosa e
allegra, mentre
adesso, guardandola, era facile intravedere la donna che sarebbe
diventata. Ma
fu soprattutto su Melwen che lo sguardo di Elrohir si
soffermò, per un tempo
che sembrò infinito. Indossava abiti da viaggio, i capelli
più lunghi di quanto
Elrohir ricordasse e, sul suo viso, c'erano piccole rughe, appena
visibili.
Maedir
fu il primo a vederli ed il primo a correre loro incontro. Quando
Maedir era
felice, era impossibile trovarsi in sua presenza e non essere travolti
dalla
sua gioia. Il suo era il sorriso di chi aveva il proprio passato alle
spalle,
invece che sopra di esse. Melwen, invece, era indecifrabile a chiunque
non la
conoscesse in profondità. Chiunque posasse gli occhi su di
lei finiva per
chiedersi cosa stesse pensando e, infine, per desiderare la sua
compagnia.
Dopo
aver salutato gioiosamente Edeniel, Hanneth ed il piccolo Gelion, che
non aveva
alcuna memoria degli elfi, Elrohir si avvicinò a Melwen. Era
appena scesa da
cavallo e teneva ancora in mano le redini, con un'espressione che
Elrohir
conosceva bene: era in attento ascolto, per familiarizzare con una
situazione
ed un luogo sconosciuti.
<<
Benvenuta >>, disse Elrohir.
Melwen
lo riconobbe all'istante. Basandosi soltanto sulle loro voci, riusciva
sempre a
distinguere i due gemelli. "Parlate
in maniera completamente diversa: se gli altri ascoltassero con
più attenzione,
non vi scambierebbero l'uno per l'altro", aveva detto in
passato.
<<
Êl síla erin lû
e-govaned 'wîn >>,
disse Melwen, pronunciando quasi alla perfezione il saluto elfico.
Elrohir
si sentì improvvisamente a corto di parole. Indeciso su cosa
fare e cosa dire,
e preoccupato di risultare fuori posto, fu quasi grato ad Elladan per
averli
interrotti, dicendo, << Amici, seguitemi, non voglio che
restiate qui al
gelo per un minuto di più >>.
<<
Agli ordini, capitano >>, rispose Maedir.
Quella
sera venne organizzato in banchetto in onore degli ospiti. Nella sala
principale fu allestito un lungo tavolo ed il miglior vino fu prelevato
dalle
cantine.
Elrond
fu felice di conoscere coloro di cui aveva spesso sentito parlare. In
un primo
momento aveva avuto l'impressione che Maedir fosse una persona
riservata e
silenziosa, ma dopo avergli rivolto la parola per primo,
scoprì di essersi
sbagliato. Maedir era affascinato dalla bellezza di Gran Burrone ed
impaziente
di parlarne, ma, soprattutto, era intensamente appassionato di arti
curative.
Non appena ne ebbe l'occasione, rivolse ad Elrond domande mirate e
complesse,
che rispecchiavano una profonda conoscenza dell'argomento. Ben sapendo
quanto
Maedir fosse stimato tra la sua gente e ben sapendo quanto spesso
avesse curato
Elrohir ed Elladan in sua assenza, Elrond fu lieto di condividere con
lui il
suo sapere.
L'elfo,
inoltre, era incuriosito da Melwen, colei di cui aveva sempre sentito
parlare
come una persona fuori dal comune. Era facile, anche solo dal primo
sguardo,
capire perché esercitasse un tale fascino su Elrohir. Melwen
era bella, di una
bellezza inconsueta, era elegante ed allo stesso tempo sagace.
Guardandola,
Elrond aveva l'impressione di essere guardato di rimando, pur sapendo
che fosse
impossibile. Lei ed Elrohir trascorsero buona parte della serata
parlando
sommessamente, soli nonostante la presenza di altri.
Tornato
in camera dopo l'abbondante cena, Elrohir scoprì di non
riuscire a prendere
sonno. Quella notte la sua mente era affollata dai ricordi della sua
permanenza
ad Annùminas e, prima ancora, di quella nell'accampamento
dei Dùnedain. In
breve tempo, si ritrovò a vagare per i giardini di Imladris,
che da sempre
erano la meta preferita degli insonni. Senza neanche accorgersene si
ritrovò a
passare in corrispondenza della camera di Melwen e, con grande
sorpresa, la
trovò seduta nella piccola terrazza che dava sul giardino.
Ai suoi piedi, un
cane dormiva, anch'egli ignaro della presenza di Elrohir. L'elfo
considerò per
un breve momento l'idea di andarsene in silenzio, ma la
abbandonò subito.
<<
Melwen? >>, sussurrò.
Lei,
che fino ad un attimo prima era immersa nei propri pensieri,
trasalì. Allo stesso
tempo, il cane sollevò la testa scrutò l'elfo con
diffidenza.
<<
Perdonami >>, mormorò Elrohir.
<<
Nulla da perdonare >>, rispose Melwen, <<
Stai facendo un giro di
ricognizione anticipato? >>, chiese, con una punta di
ironia.
<<
Una semplice passeggiata notturna. Vorresti unirti a me?
>>.
Melwen
esitò, e per un attimo Elrohir credé che stesse
per rifiutare, ma poi sembrò
cambiare idea. << Con piacere >>, rispose.
Poi
chiamò il suo cane, che nel frattempo aveva ricominciato a
dormire, e lo incitò
ad alzarsi.
<<
Almeno qualcuno qui ha voglia di riposare >>,
commentò Elrohir, <<
Lascialo qui, te ne sarà grato >>.
Melwen
acconsentì.
Per
un po' camminarono in silenzio, la mano di Melwen sulla spalla di
Elrohir, come
avevano fatto tante volte ad Annùminas.
<<
In passato mi parlasti di una cascata che cade sulla valle, te lo
ricordi?
>>, disse Melwen.
<<
Sì >>.
<<
Mi piacerebbe andarci >>.
<<
Per arrivare fino a lì c'è da salire una lunga
gradinata >>, disse
Elrohir.
<<
Non preoccuparti, una volta arrivata in cima ti aspetterò
>>, rispose
Melwen.
Elrohir
rise. << Come desideri >>.
Elrohir
aveva sempre amato quel luogo. Nascosta a chiunque non conoscesse
Imladris, una
lunga scala scolpita nella roccia conduceva ad una caverna naturale. Al
di
sopra di essa, un corso d'acqua terminava e, in alcuni periodi
dell'anno, una
cascata attraversava la bocca della caverna, cadendo sulla vallata
sottostante.
Dopo
la lunga salita, Melwen impiegò qualche attimo per
riprendere fiato. Elrohir,
nel frattempo, ammirò la bellezza dell'acqua che rifletteva
la fioca luce della
luna. Poi chiuse gli occhi: voleva sentire soltanto quello che lei
avrebbe
sentito. Il rumore dell'acqua che scorreva copriva qualsiasi altro
suono,
minuscole gocce d'acqua portate dal vento lo investivano, il gelo della
cascata
impregnava l'aria, mentre l'odore della terra bagnata era un dolce
profumo. Nel
buio, Elrohir cercò la presenza di Melwen e, spinto dal
bisogno di averla più
vicino, la abbracciò. Nessun gesto sarebbe stato
più adatto a suggellare la
perfezione di quel momento. Elrohir si sentì completo, come
poche volte nel
corso della sua lunga vita, e, allo stesso tempo, si sentì
completamente al
sicuro. Melwen si appoggiò lievemente a lui ed Elrohir
notò che i suoi capelli
avevano lo stesso profumo dei fiori che lui le aveva regalato. Non
poté fare a
meno di sorridere.
Restarono
in silenzio, al cospetto della luna, incuranti del freddo. Elrohir non
si rese
conto dello scorrere del tempo, fino a quando non fu Melwen per prima a
sciogliere l'abbraccio. << È ora di tornare
>>, disse.
Elrohir
tornò alla realtà e, a malincuore,
acconsentì.
Il
sole sorse e tramontò su Imladris per tre volte. Elrond
osservò che la presenza
degli ospiti aveva avuto un effetto positivo sull'umore degli abitanti
di Gran
Burrone. Con l'arrivo di Gelion, Estel ebbe per la prima volta
l'occasione di
fare amicizia con un bambino umano della sua età, pertanto
nessuno restò
sorpreso quando i due diventarono inseparabili. Edeniel, invece,
trascorreva
tutto il suo tempo con gli elfi, con qualsiasi elfo fosse disposto a
stare in
sua compagnia. In lei c'era la stessa vivace curiosità di
suo padre.
Intanto
Elrond iniziò la piacevole abitudine di incontrare Melwen
ogni mattina, sulla
via per la colazione. L'elfo era spesso il primo ad alzarsi, ancora
prima dei
suoi figli, e non era abituato a trovare compagnia a quell'ora del
mattino.
Melwen
non parlava spesso di sé, ma amava ascoltare da Elrond
piccoli aneddoti sui
gemelli ai tempi della loro infanzia. Elrond, dal canto suo, iniziava a
chiedersi quale fosse la reale natura del rapporto che legava Melwen ed
Elrohir. Non poteva negare di sentirsi inquieto al pensiero di cosa
sarebbe
potuto accadere, ma scacciò le proprie preoccupazioni
ricordandosi di come
entrambi fossero stati felici negli ultimi giorni.
Quella
mattina Melwen aveva chiesto il motivo per cui lo stagno nel giardino
frontale
era stato recintato. Elrond non amava raccontare quell'episodio, ma non
riuscì
a rifiutare la richiesta di Melwen.
<<
Ci fu un incidente, tanti anni fa, quando i gemelli avevano circa tre
anni. Mia
moglie ed io eravamo con Elrohir, quando Elladan si
allontanò senza che ce ne
accorgessimo. Fu Elrohir che, inavvertitamente, ci fece capire che suo
fratello
era in pericolo. Iniziò a piangere e disse che stava per
soffocare, ma lui
stesso non riusciva a capire cosa stesse accadendo. Poi capimmo che
doveva
trattarsi di Elladan >>.
<<
Era caduto nello stagno >>, completò Mewlen.
<<
Sì, arrivammo giusto in tempo. Da quel giorno decidemmo di
recintare lo stagno
>>.
Nel
frattempo erano arrivati nella sala principale. Il cane che guidava
Melwen
iniziò a fiutare il cibo nell'aria e si protese verso la
grande tavola al
centro della sala.
<<
Posso chiederti un favore? >>, disse Melwen. Fu come se
il racconto di
Elrond le avesse fatto venire in mente qualcosa di importante.
<<
Certamente >>, rispose Elrond.
<<
Ho bisogno di aiuto per fare qualcosa che non posso fare da sola. Ma
nessuno
oltre noi dovrà saperlo >>.
Elrond
era intrigato. Da quando Melwen era arrivata a Gran Burrone, Elrond non
l'aveva
mai sentita chiedere aiuto a nessuno, neanche a Maedir. Si chiese cosa
potesse
mai spingerla a rivolgersi proprio a lui.
<<
Puoi fidarti di me >>, rispose.
Trascorsero
ancora sette giorni ed Elrohir si ritrovò a desiderare che
gli ospiti non
avessero fissato una data di partenza. Il pensiero del loro ritorno ad
Annùminas era l'unica ombra in quelle giornate
altresì colme di luce.
Quel
giorno aveva piovuto copiosamente sin dalle prime luci dell'alba,
quando
Elrohir ed Elladan erano partiti a cavallo per un giro di ricognizione.
Il loro
compito era, come d'abitudine, quello di ispezionare le terre
più vicine ad
Imladris per assicurarsi che non ci fossero pericoli imminenti. La
pioggia
aveva reso il tutto più difficoltoso ed i due elfi si erano
incamminati sulla
via del ritorno quando il sole aveva ormai iniziato la sua discesa nel
cielo.
<<
I nostri amici resteranno qui ancora per pochi giorni >>,
disse Elladan,
mentre attraversavano i confini per rientrare ad Imladris.
<<
Lo so, Maedir me l'ha detto >>, rispose Elrohir.
<<
Non sembrava che lo sapessi >>.
<<
Cosa intendi dire? >>, chiese Elrohir.
<<
Che continui a comportarti come se avessi davanti tutto il tempo del
mondo
>>, disse Elladan.
<<
Noto un vago rimprovero >>, commentò Elrohir.
<<
È soltanto un consiglio, anche se non hai bisogno di me per
sapere di aver
fatto degli errori negli anni passati. Adesso hai una seconda
possibilità, non
aspettare di scoprire se ci sarà una terza >>.
Elrohir
tornò a casa, lasciò il suo cavallo nelle stalle
e s'incamminò verso i sentieri
attraverso i prati che conducevano alla sua abitazione. Lungo la
strada, al
riparo di un'ampia arcata, vide Edeniel e Melwen.
<<
Zia, è tornato Elrohir! >>, esclamò
Edeniel.
L'elfo
le raggiunse di corsa. Si tolse il mantello, constatando che dopo tutte
quelle
ore trascorse sotto la pioggia si sarebbe bagnato ugualmente anche se
non lo
avesse indossato.
<<
Hai visto degli orchi? >>, chiese Edeniel, con
l'entusiasmo di chi non poteva
essersi mai trovato in presenza di un orco.
<<
Neanche l'ombra >>, rispose Elrohir, <<
Siamo al sicuro >>.
Edeniel
si voltò verso Melwen e disse, << Visto? Non
c'era bisogno di
preoccuparsi per loro >>.
Melwen
non rispose, era evidentemente imbarazzata per la schiettezza con cui
Edeniel
aveva rivelato ad Elrohir le sue paure.
<<
È quasi il tramonto, dovresti andare a prepararti per la
cena >>, disse
Elrohir ad Edeniel e, prima che lei potesse protestare, aggiunse
<< Se
farai tardi di nuovo, i tuoi genitori si arrabbieranno >>.
Edeniel
sospirò, annoiata, ed iniziò a dirigersi verso i
suoi alloggi, correndo per
bagnarsi il meno possibile.
Una
volta rimasti soli, Melwen, quasi come a volersi giustificare, disse,
<<
Non credevo che un giro di ricognizione potesse durare così
a lungo, iniziavo a
temere che qualcosa vi avesse trattenuti >>.
<<
La pioggia rende più difficile individuare eventuali tracce.
Inoltre, ci siamo
spinti più lontano del solito per controllare il sentiero
che percorrerete per
tornare a casa >>, spiegò Elrohir.
Melwen
poggiò una mano sul suo braccio. << Hai freddo
>>, constatò.
Quel
semplice tocco era il modo che Melwen aveva per osservarlo, Elrohir ne
era
consapevole. Tuttavia, quel poco fu sufficiente a dargli il coraggio di
fare
ciò che aveva a lungo segretamente desiderato. Si
avvicinò a lei, il suo cuore
accelerò di colpo ed il suo respiro si fece più
rapido. Melwen avvertì la sua
vicinanza e capì cosa stava per accadere. Elrohir era certo
di sapere quale
sarebbe stata la sua reazione, era certo che in quel momento fossero
entrambi
in perfetta sintonia. Ma si sbagliò. La consapevolezza di
aver sbagliato lo
colpì come uno schiaffo, quando Melwen
indietreggiò appena prima che le loro
labbra si toccassero. << No >>, disse, la
voce leggermente
tremante, ma inequivocabile nel suo rifiuto.
<<
Credevo che lo volessi >>, disse Elrohir. Non aveva
previsto di essere
respinto e, anche in quel caso, non avrebbe mai immaginato di provare
un dolore
così intenso. << Hai lasciato che io lo
credessi >>, aggiunse
l'elfo.
<<
Proprio tu dici questo. Ti devo ricordare quante volte negli anni
passati hai
scritto di volermi rivedere, senza però far nulla di
concreto in proposito?
>>, disse Melwen. Adesso c'era una nota di rabbia nella
sua voce, c'era
un rancore a lungo celato che minacciava di rendersi manifesto.
<<
Ho dei doveri qui >>, rispose Elrohir.
<<
Sono passati più di sei inverni, non fingere di non aver
avuto il tempo. Hai
vissuto tra gli umani abbastanza da capire fino a che punto il nostro
modo di
percepire il tempo sia diverso, ma hai deciso di ignorarlo. La
verità è che sei
indeciso e spaventato >>.
Elrohir
fu colto alla sprovvista. << Non sono né
indeciso, né spaventato
>>, ribatté, ma persino a lui quelle parole
suonarono come una debole
menzogna. Non poteva negare di provare inquietudine al pensiero di cosa
significasse
davvero amare Melwen.
Per
qualche secondo entrambi restarono in silenzio, consapevoli
dell'importanza, da
quel momento in poi, di pesare attentamente le parole prima di
pronunciarle.
<<
C'è qualcun altro? >>, chiese Elrohir, temendo
la risposta.
<<
No, non c'è nessun altro >>, rispose Melwen.
Sembrò aver percepito lo
stato d'animo di Elrohir e, infatti, la sua espressione si
addolcì. <<
Non intendevo causarti dolore, è l'ultima cosa che voglio
>>.
<<
Ma hai preferito prendere al mio posto una decisione che ritieni essere
per il
mio bene >>, disse Elrohir.
Non
ottenne risposta. Melwen era tornata ad essere indecifrabile ed Elrohir
capì
che la loro conversazione era terminata.
S'incamminò
verso casa, infreddolito ed amareggiato.
Fino
ad ora non
avevo fatto altro che agire con ragionevolezza, ed ho sbagliato. Adesso
agisco
d'istinto, e sbaglio ugualmente. Ho rifiutato Melwen quando era il
momento
giusto, adesso lei rifiuta me, rispose
Elrohir. Iniziava a credere che
i Valar gli fossero avversi.
Traduzione
delle
frasi in Sindarin
Êl
síla erin lû e-govaned 'wîn: Una
stella
brilla sul nostro incontro
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