25 prequel
25.
If Tomorrow never comes...
…if my time
on earth were through
And she must
face this world without me
Is the love I
gave her in the past
Gonna be
enough to last
If tomorrow
never comes
[Ronan
Keating - If tomorrow never comes]
Il dolore ti
colpisce alle spalle a tradimento, senza preavviso. Si insinua dentro
come
un'infezione, contagia qualunque cosa incontra: i ricordi, i gesti, i
sorrisi.
Annienta ogni pensiero razionale, ti mozza il respiro.
Nell'esatto
istante
in cui avverte il suo Cosmo spegnersi, sente qualcosa spezzarsi dentro.
Aveva sempre
trovato sciocca quell'espressione, ogniqualvolta l'aveva trovata in un
romanzo
aveva richiuso il libro. Insomma, si
era detta, com'è possibile restare
in
vita anche dopo che qualcosa, probabilmente il cuore, si è
spezzato?
Eppure,
è
esattamente quello che aveva appena sentito.
Shunrei la
osservava dalla finestra della cucina. Piegata su sé stessa,
i capelli sparsi
tutt'intorno e le mani premute sulla testa, percepiva il suo dolore e
lo
comprendeva fin troppo bene. L'aveva provato non più di
un'ora prima, quando
Shiryu aveva affrontato il Saint di Capricorn e per qualche lunghissimo
momento, aveva creduto di averlo perso.
Quando
iniziarono
le urla, tormentate e disperate, serrò gli occhi, incapace a
muoversi.
**
Tredici ore prima...
Una volta,
durante una missione in estremo oriente, lui e Milo erano rimasti
coinvolti in
un terremoto. Ricordava bene quei momenti: si erano trovati in un parco
pubblico e d'un tratto gli animali si erano ammutoliti. Gli uccelli
sugli
alberi avevano smesso di cantare e i cani ai guinzagli dei loro padroni
si
erano accucciati terrorizzati, la coda tra le zampe.
C'erano
stati
interminabili secondi di un silenzio terrificante, segnato anche da un
cielo
dai toni innaturali, quindi gli uccelli erano volati via, mentre i cani
guaivano spaventati.
E allora
l'aveva sentito: un boato, forte e spaventoso. Un rombo che sulle prime
qualcuno aveva scambiato per un botto di capodanno, ma che poi si era
rivelato
per quel che era: il ruggito di un terremoto.
Dopo, la
terra aveva iniziato a tremare, istanti che l'avevano lasciato senza
fiato.
"Non hai mai sentito
un
terremoto?" gli
aveva domandato Milo, del tutto tranquillo.
No, era
stata
la prima volta e francamente, aveva sperato fosse anche l'ultima.
Il silenzio
che permeava l'intero Santuario quella mattina era inquietante allo
stesso modo.
Uscì
dall'undicesima casa, il corpo insolitamente imperlato di sudore e il
fiato che
si condensava in nuvolette nell'aria gelida di febbraio: a parte il suo
stesso
respiro, non si udiva nulla.
Istintivamente
guardò verso oriente.
"Spero
stiate
bene." pensò, sobbalzando quando, da Rodorio, gli giunsero
chiari e forti
i rintocchi delle campane.
Le sei del
mattino, il villaggio stava per svegliarsi come ogni giorno, nonostante
all'alba
mancasse ancora un po'; pescatori e fornai erano già al
lavoro e presto la
piazza centrale avrebbe accolto i banchi del mercato: un giorno
all'apparenza
come tutti gli altri.
Sento che
c'è qualcosa che non va,
laggiù. Stai attento.
Chiuse gli
occhi, continuando a pensare alla sua famiglia, a migliaia di
chilometri di
distanza.
Famiglia.
Quando aveva
scoperto dell'esistenza di sua figlia, si era illuso di poter gettare
il
passato alle spalle, lasciarlo lì dov'era e ricominciare da
capo, prendere
Lixue e sua madre e portarle con sé in Francia, vivere come
una famiglia.
Illuso.
"Abbi
cura di te e di nostra figlia." mormorò al vento, prima di
rientrare in
casa.
"Ti sento
inquieta. Ti va di parlarne?"
Mei
rimestò
la zuppa nella pentola, prima di rispondere a Dohko.
"Ho un
brutto presentimento, Maestro."
Una
sensazione opprimente al petto che l'aveva colta da quando si era
alzata e che
pareva acuirsi di ora in ora.
"È
per
tuo fratello?"
A dirla tutta Shiryu era l'ultimo dei suoi pensieri.
"Non
proprio."
"Oh, non
preoccuparti per Camus: lui sa il fatto suo. Qualunque cosa succeda, sa
badare
a sé stesso."
"Ne sono
certa."
"Shiryu
è andato in Grecia insieme ai suoi compagni, e il loro
atterraggio dovrebbe
avvenire a momenti: entro poche ore dovrebbero trovarsi a cospetto del
Grande
Sacerdote insieme a Lady Kido."
Sempre se ci arrivano.
"Non
sarà facile." proruppe Mei, dopo qualche minuto di silenzio.
"No, per
niente." convenne Dohko. "Quest'oggi sarà una giornata
molto, molto
lunga e soprattutto molto dura."
"Sì."
annuì Mei. "E io dovrei essere laggiù, non qui."
Dohko scosse la testa.
"No. Tu sei qui perché Camus
vuole che tu
sia al sicuro." la redarguì, in un tono che Mei non aveva
mai sentito
prima. "Quindi, prima che tu possa fare qualche passo falso, come
cercare
di raggiungere il Santuario e mettere entrambi in una situazione
spiacevole,
pensaci bene."
Non rispose
e
aiutò Shunrei ad apparecchiare tavola, salvo poi
allontanarsi con una scusa preferendo
chiudersi nella Stanza degli Avi insieme a Lixue.
Qualunque
cosa avrebbe fatto, niente l'avrebbe distratta da quanto stava per
accadere a
migliaia di chilometri lontano; avvertiva distintamente i Cosmi di suo
fratello
e dei suoi amici –a quell'ora ormai atterrati in terra
greca-, quello di Milo
all'ottava casa e quello insolitamente inquieto di Camus,
all'undicesima.
Riusciva persino a immaginarlo, chiuso nel suo studio ma soprattutto
chiuso in
sé stesso, a rimuginare.
Ciò
che la
agitò di più furono i movimenti poco chiari e
concitati che avvertiva, seppur a
malapena, al tredicesimo tempio.
Accese gli
incensi e s'inchinò di fronte al piccolo altare, iniziando a
pregare qualunque
divinità e qualunque antenato all'ascolto.
Stai attento, ti
prego.
Nelle sue
stanze, Camus trascorse le successive due ore a metter via tutta una
serie di
oggetti che avrebbe affidato a Mei: gli oggetti che le aveva donato e
che quel giorno lei aveva
volutamente
dimenticato, fotografie, documenti importanti e istruzioni che le
sarebbero servite,
qualora avesse perduto la vita e di conseguenza essere impossibilitato
a
proteggerla.
Giorni prima
avrebbe dovuto spiegarle tante cose e istruirla sul da farsi, ma la
rabbia e
l'amarezza gli avevano offuscato il pensiero al punto da dimenticarsene
e ora era
pentito di essersi lasciato sopraffare da quei sentimenti negativi.
Il segnale
d'allarme dal tredicesimo tempio giunse improvviso e fin troppo chiaro,
e Camus
avvertì il cuore accelerare: aveva ancora disperatamente
bisogno di tempo. Sistemata
la cassetta in un luogo sicuro, ripose la chiave nel suo studio e
indossò la
sua armatura.
"Sono già
arrivati?" domandò
mentalmente a Milo, prestando
attenzione a ogni singolo movimento all'interno del Santuario.
"Sì, Ares
ha inviato qualcuno ad
accoglierli."
Un Silver
Saint, a giudicare dall'emanazione del suo Cosmo. Cinque persone erano
giunte
ai cancelli del Santuario: una ragazza e quattro modesti Bronze Saints.
"Bene. Occhi aperti,
Milo."
"Camus... tra di
loro c'è-"
"Lo so, l'ho
sentito. Me ne occuperò
a tempo debito."
"E c'è
anche Shiryu."
Difficile
non
accorgersene, ma del resto, era una possibilità che aveva
già preso in
considerazione.
"So anche questo."
"...che Athena vegli
sul tuo
cammino." concluse
Milo dopo pochi istanti di silenzio.
"E sul tuo, amico
mio." lo
congedò Camus, interrompendo la
comunicazione. "Che Athena vegli su tutti noi."
Maledizione, Hyoga.
Che diamine ci fai
qui?
*
Prima ora,
Ariete.
I minuti
precedenti la prima casa erano stati frenetici, e non aveva compreso
nulla di
quanto accaduto a migliaia di chilometri di distanza. Shiryu stava
bene? Stava
procedendo tutto per il meglio? Avevano già incontrato
l'emissario mandato da
Ares?
Già,
Ares.
Quell'uomo
continuava a non convincerla, non era realmente chi cercava di
apparire, c'era
qualcosa di sottilmente pericoloso in lui, che non riusciva a
spiegarsi.
L'unica cosa
certa era che suo fratello e i suoi amici erano finiti dritti nella
tana del
leone, come agnelli mandati a morire.
"Dovrebbero
aver già iniziato, ma io non sento niente."
Scacciò
quei
pensieri e tornò in sé, prestando attenzione a
Shunrei.
"Neanche
io." tagliò corto, cercando di concentrarsi su quanto stava
succedendo;
sapeva che la casa di Aquarius era ancora lontana, ma...
"Tu li
conosci da vicino. Che poteri hanno? Rappresentano una minaccia?"
domandò
Shunrei.
Qualcuno
forse no, ma si trattava di due di loro, forse tre. Dalla prima casa
non
sentiva nulla, tutto taceva: con molta probabilità, Mu li
stava aiutando.
"Io ho
conosciuto i ragazzi dietro le armature, non i guerrieri. E non hanno
mai fatto
cenno ai loro poteri, né io ho avanzato questioni in merito.
In ogni caso, la
tua è una domanda generale o vuoi sapere di qualcuno in
particolar modo?"
volle sapere.
Shunrei si
torse le mani.
"Camus
rappresenta una minaccia?" sussurrò.
Lui no. Non
per Shiryu almeno.
"No,
ma..." esordì dopo qualche istante, scegliendo con cura le
parole.
"...non tutti sono come Mu, sai. Probabilmente riceveranno un aiuto
anche
da Aldebaran, ma dalla terza casa in poi, beh...sono Gold Saints,
possiedono un
potere tale che non possiamo immaginare quanto esso sia vasto e
potente. Si
spostano alla velocità della luce, pensa di quali altri
prodigi potrebbero
essere capaci."
E se erano
forti quanto i loro predecessori, c'era ben poco da scherzare.
"Sì,
ma
poi ci sarebbe Aiolia, lui..."
Aiolia era diverso già
da qualche
giorno, aveva sentito una sorta di profondo, radicale cambiamento in
lui: non
era più il ragazzo che l'aveva aiutata durante il parto
insieme ad Aphrodite,
ma decise di tacere e di lasciare che Shunrei si crogiolasse nella sua
infinita
speranza.
"Già,
è
vero...quasi mi ero dimenticata di lui." le fece un sorriso finto,
sperando di essere convincente.
Mu e
Aldebaran li avrebbero aiutati, sicuramente anche Dohko in qualche
modo. Ma i
restanti, soprattutto DeathMask e Shaka, alla sesta casa, avrebbero
costituito un
ostacolo più che pericoloso. Avrebbe potuto succedere di
tutto, in quelle case:
forse, non avrebbero nemmeno fatto in tempo a raggiungere la casa della
Bilancia.
Seconda ora,
Toro e terza, Gemelli.
Il Cosmo
attivo e all'erta, l'armatura indosso, Camus si sedette alla sua
scrivania,
afferrando un libro, un tagliacarte e dei fogli. Era un azzardo
scrivere delle
lettere, dopotutto non sapeva nemmeno se Mei avrebbe avuto
l'opportunità di
leggerle, ma si accorse che non poteva non lasciarle qualcosa, a parte
quella
cassetta opportunamente nascosta.
Doveva
sapere.
Aveva il
diritto di conoscere il perché di quella decisione e quanto
gli era costato
prenderla, doveva sapere che la sua sola intenzione era stata
–ed era- quella
di proteggerla nonostante l'avesse perduta per sempre.
Poggiò
il
pennino della stilografica sul foglio e prese un gran respiro,
lasciando fluire
sulla carta tutto ciò che avrebbe voluto dirle di persona.
Mia... amata? adorata? cara,
se stai leggendo queste parole significa che hai capito il senso delle
frasi
che ti ho lasciato sul cassettone. Le avrebbe lasciato degli
indizi per
condurla a quelle lettere, troppo personali da poter essere lasciate in
giro. Spero anzitutto di aver sufficiente
tempo
per scrivere tutto ciò che ho bisogno di dirti,
perché sento tuo fratello e i
suoi amici uscire dalla prima casa e a questo punto potrebbe succedere
qualunque cosa.
L'ultima volta ci
siamo lasciati in malo
modo, pieni di rancore e parole non dette, trasportati da sentimenti
più forti
della ragione. Ti prego di perdonarmi per ciò che ti ho
detto l'altro giorno. Avrei
preferito un altro finale per noi, ma spesso
nelle nostre vite, le cose non vanno come desideriamo.
Si
fermò un istante
non appena avvertì l'oscillazione nel Cosmo di Aldebaran e
quello di Seiya e
compagni, probabilmente scaraventati da qualche parte dall'onda d'urto
del suo
vigoroso parigrado.
Okay, prima le cose
più importanti. Sul
dorso del libro dove hai trovato queste carte dovresti aver trovato una
chiave:
apre una scatola che ho provveduto a nascondere –in maniera
sciocca e forse un
po' azzardata- nel piccolo gazebo in giardino, dietro una delle grate
della
struttura. Degél mi odierà per aver usato
qualcosa di suo per i miei scopi
personali, ma è un posto sicuro, o almeno spero. Ti ho
lasciato delle
istruzioni al suo interno, se Ares sopravvive a tutto questo, vorrei
che tu le
seguissi. Milo ti darà una mano, puoi fidarti ciecamente di
lui.
Si
alzò,
prendendo a camminare avanti e indietro per la stanza, pensieroso: in
condizioni normali, non sarebbe mai ricorso a mezzi quasi illegali, ma
c'era la
sua famiglia di mezzo. Ripensò alla cassetta nascosta in
giardino: era davvero
un posto sicuro? Insomma, in certi casi i nascondigli più
comuni non erano
l'armadio, o il bagno, o sotto il letto? A chi sarebbe venuto in mente
di
occultare qualcosa all'aperto, in pieno inverno?
Calmati,
così peggiori solo le cose.
Tornò a sedersi dopo lunghi istanti nei quali aveva cercato
di captare qualcosa
dei cinque ragazzi fermi diverse case più in giù.
Ancora lontani, ma allo
stesso tempo troppo, troppo vicini.
...non ho risposte,
io stesso fatico a
comprendere il disegno dietro tutto questo. Non ti ho allontanata per
mancanza
d'amore, ma perché al contrario ti amavo (e ti amo) troppo
per poterti
permettere di fare una scelta che ti avrebbe lacerata. Se ti avessi
confessato
ogni cosa e tu fossi rimasta, a quest'ora saremmo stati insieme, ma...
a quale
prezzo? Non potevo permetterti di scegliere tra me e tuo fratello. So
già quali
saranno le tue obiezioni quando leggerai, ti conosco, ma sistemarti al
villaggio insieme alle ancelle, sapendoti qui vicino e quindi in
pericolo,
avrebbe peggiorato tutto. L'amore è una distrazione e una
debolezza, per quelli
come me, e adesso capisco perché nessun Saint, né
ora né nelle epoche passate,
ha mai preso moglie: troppe distrazioni, troppe debolezze. Troppo da
perdere.
Ecco un'altra di
quelle scelte difficili
delle quali ti parlai tempo fa, ricordi?
Tu sei il mio punto
debole, Mei. Se ti
succedesse qualcosa, non me lo perdonerei mai.
Sciocco
sentimentale. Aveva sempre spinto i suoi allievi a lasciarsi tutto alle
spalle
in battaglia, di non lasciarsi distrarre, eppure era il primo a
infrangere le
sue stesse regole. Mei ormai era troppo radicata in lui per poterla
estirpare.
Era la sua debolezza e probabilmente sarebbe stata anche la sua fine.
Tu mi hai distrutto.
Anni spesi a
difendermi dietro cortine di freddo e tu, in poco tempo, hai distrutto
il lavoro
di tutta una vita con ogni parola, ogni sorriso, ogni minimo gesto.
Con quel pomeriggio.
Dietro la cascata mi hai spogliato di ogni difesa e di qualunque
maschera
costruita ad arte, mi hai lasciato nudo e inerme. Ero solo io, e per
quanto
insignificante, hai amato me, non il guerriero. Tra le tue braccia ho
scoperto
un porto sicuro, un posto felice, nel quale ho trovato riparo e calore
e che mi
è costato -ti supplico di credermi- abbandonare e sprangare
per tornare al gelo
che mi circonda da sempre.
Ti
sembrerò uno sciocco sentimentale,
ora, e probabilmente non mi crederai ma io ho ancora bisogno di te,
esattamente
come ho bisogno dell'aria che respiro.
"No,
questo forse non dovevo scriverlo." sospirò, conscio di
essersi esposto
come non mai. Riusciva persino a capire come doveva sentirsi un
paziente in
sala operatoria durante un'operazione a cuore aperto: nudo e totalmente
esposto
alla mercé dei medici.
Guardò
i
fogli che aveva riempito con la sua calligrafia sottile e fitta,
decidendo di
lasciare tutto così come l'aveva scritto, restando nudo e
totalmente esposto
alla mercé di Mei.
Guardò
rapidamente fuori, accorgendosi che la seconda ora era passata da un
bel pezzo.
Sentì Milo avvicinarsi e decise di uscire.
Ares non
è chi dice di essere, quell'uomo
nasconde qualcosa.
La corsa di
Shiryu e dei suoi compagni pareva essersi bloccata alla terza casa.
Sentiva un
Cosmo al suo interno, eppure il Saint di Gemini latitava da tempo.
"Sarà
un
miracolo se sopravvivono alla sesta casa." esordì Milo,
fermo dinanzi l'atrio
dell'undicesima casa. "Comunque, hai sentito anche tu quel Cosmo alla
terza?"
"Difficile
non sentirlo." rispose Camus. "Tu piuttosto, non dovresti essere tre
case più in giù, in questo momento?"
Milo
notò
solo allora che cosa stesse facendo l'amico.
"Perdiana,
anche io dovrei fare testamento, anche se non ho molto da offrire ai
posteri."
lo prese in giro. "Oppure che cosa sono, le tue memorie?"
"Né
l'uno né l'altro." tagliò corto Camus.
Non si
offese
di fronte alla reticenza dell'amico, tuttavia decise di concentrarsi un
po' sul
conflitto in atto da Gemini.
"Per
essere ragazzini, non sono niente male." esordì diversi
minuti dopo.
"Alla prima e seconda casa si sono ammorbiditi, ma contro gli altri
parigrado? Contro di noi? Cosa potranno mai fare?"
"Sottovalutare
un avversario è un grave errore." lo redarguì
Camus. "Saranno anche
dei ragazzini e dei modesti Bronze, ma non è il metallo
dell'armatura che
determina il valore di un uomo in battaglia."
"Allora
sarò ben felice di testare il loro valore, se riusciranno a
superare
Shaka." ridacchiò Milo.
"Fa'
ciò
che vuoi, ma fai attenzione a chi
metterai
alla prova."
"Stai
tranquillo, so che Hyoga l'hai addestrato per bene, non mi piace l'idea
di
avere a che fare con le sue trappole di ghiaccio."
"Ti
converrà farlo, se non vuoi incappare nella mia ira."
Gli
scoccò un
ghigno in risposta.
"Hai
sentito? Si sono divisi. Pare che due siano usciti mentre due siano
rimasti
intrappolati nelle illusioni di Gemini."
Shiryu era
uscito, Hyoga era rimasto.
"Dannazione." si ritrovò a
mugugnare.
"Oh, e
di che ti preoccupi? Ricorda chi c'è ad attendere lui e
Seiya: ne vedremo delle
belle."
"DeathMask
lo massacrerà." sospirò Camus. "E non mi sembra
un buon motivo per
sorridere."
Due boati
improvvisi, a distanza ravvicinata. Un Cosmo estraneo. Un terzo boato,
che,
letteralmente, parve scuotere il Santuario intero.
"Qualcuno
sta giocando con i varchi dimensionali. Credo che sia il caso di
tornare alle
proprie postazioni." commentò Milo, alzandosi prima di
correre di gran
lena all'ottava casa.
Già.
Ripose di
corsa carte e penna nello studio e tornò fuori,
concentrandosi su quella debole
scintilla di Cosmo che prima aveva solo percepito e che ora sentiva
molto più
vicina.
Seppur
azzardata, prese una certa decisione.
"Hai
lasciato la tua casa?!"
"A
quanto pare."
"Non dirmi che sei diretto alla settima."
"Non te lo dirò."
Milo non
tentò di fermarlo o di trattenerlo, tuttavia, avendo
riconosciuto il Cosmo
appena arrivato alla settima casa, temeva ciò che sarebbe
potuto succedere e le
ripercussioni che avrebbe avuto la psiche di Camus.
"Hyoga." disse soltanto.
"Hyoga."
"Tenterai
di dissuaderlo da un'impresa impossibile?"
"No,
anche perché lo conosco come le mie tasche, è
testardo come un mulo e nessuno
riuscirebbe a convincerlo a rinunciare. Nemmeno io."
"Dunque tenterai di fermarlo prima che possa arrivare da me?"
sogghignò Milo.
"Da te o
da Shura o Aphrodite." lo corresse Camus.
"Oh,
capisco. Per te sarà come bere un bicchier d'acqua, lo
sconfiggerai senz'ombra
di dubbio." commentò Milo. "Non fargli troppo male."
Camus
s'infilò l'elmo.
"Ho
addestrato io quel ragazzo, so di che cosa è capace e non lo
sottovaluto perché
ho insegnato egregiamente. Non
sarà
un gioco da ragazzi, perché si batterà fino alla
morte." rispose, prima di
uscire dall'ottava casa.
Varcò
la
soglia di Libra nel silenzio assoluto, interrotto dal suono ritmico dei
propri
passi e da un tonfo nella sala principale. Ancora immerso nel buio dei
corridoi
mal illuminati della settima casa, guardò Hyoga rialzarsi e
guardarsi interrogativo
intorno.
"Sono
riuscito a uscire dall'altra dimensione... ma dove mi trovo?
Sembrerebbe una
delle dodici case..."
Che intuito, pensò,
prima di muovere qualche passo
ed esporsi alla luce che il lucernario lasciava filtrare. Hyoga gli
dedicò immediatamente
attenzione, sgranando gli occhi dalla sorpresa.
"Maestro!"
"È
da
tanto tempo che non ci vediamo, Hyoga." esordì. "Ho sperato
fino
all'ultimo di non vederti, oggi."
Il ragazzo
corrugò la fronte, senza sapere che cosa rispondergli.
Replicò con una domanda.
"Siamo
all'undicesima casa?"
"No, la
mia è più avanti. Questa è la settima,
la casa della Bilancia."
"La casa
del vecchio maestro di Shiryu."
"Già.
Ma
come saprai, lui non si sposta dal Goro-Ho da lungo tempo, il che
significa che
questo luogo è incustodito."
"E
perché vi trovate qui?" gli domandò Hyoga,
diretto.
"Per fermarti."
Quarta ora,
Cancro.
Sapeva
quanto
doveva essergli costato quel gesto. Nonostante percepisse il Cosmo di
Camus
fulgido e vigoroso, come se nell'ultima mezz'ora non avesse affrontato
nessuno,
avvertiva anche l'alone di rammarico e tristezza dietro quella calma
apparente.
So che non volevi
farlo, non darti colpe.
Stava bene,
ed era la sola cosa che contava in quel momento. Smosse le ceneri
nell'incensiere e scese dabbasso, un poco più tranquilla di
quando si era
chiusa in quella stanza, trovando Shunrei e il Maestro: a quanto
pareva, le
abitudini di tutti, quel giorno, erano passate in secondo piano.
"Prima
hai detto che Camus non costituisce una minaccia, ma hai sentito il suo
Cosmo?"
Diamine
sì,
se l'aveva sentito.
"Fa parte
della schiera più forte dei Saints di Athena, è
naturale che il suo Cosmo sia
forte." minimizzò, trattenendosi dal ricordarle che Camus,
in quel
frangente, era l'ultimo dei suoi problemi. "Ti ho detto che Camus non
è
una minaccia per Shiryu, ed è vero. Il suo obiettivo
è il suo allievo, quindi
non attaccherà nessun altro a meno che, ovviamente, non sia
costretto."
"Se
dovesse farlo..."
"Ci
porremo il problema se e quando questo si presenterà: nel
frattempo non fasciarti
la testa prima di essertela rotta." replicò Mei, dedicandosi
poi ad
allattare Lixue.
Ammesso che riesca
ad arrivarci,
all'undicesima casa.
Come se
Dohko
le avesse appena letto nel pensiero, si schiarì la voce,
prorompendo poi in un
lamento.
"La mia
povera, vecchia schiena." sospirò. "Shunrei, cara, saresti
così
gentile da andare a prendermi il cuscino che ho lasciato in camera?"
Gentile come
sempre, Shunrei si alzò senza fare una piega, lasciando i
due soli.
"Credo
di aver messo Shiryu nei guai." mormorò Mei a bassissima
voce, sperando
che Shunrei non la sentisse.
"In che
modo?"
Tu non vali nemmeno
la metà di quel che
vale mio fratello! Non tollero simili paragoni da un uomo che ha
attaccato a
quel modo un guerriero di casta più bassa e che voleva
obbligare un uomo
anziano a seguirlo con la forza. Fai male a sottovalutare Shiryu: prima
o poi
sarà lui a finire il lavoro con te!!
Gli
raccontò
di quando, mesi prima, aveva risposto a tono a DeathMask nel difendere
Shiryu.
E adesso che suo fratello aveva spronato Seiya a proseguire verso il
Leone
restando solo a fronteggiarlo, si sentiva responsabile di qualcosa.
"Credo
che dovresti seguire il consiglio che hai dato a Shunrei poco fa e
concedere a
tuo fratello un po' di fiducia senza fermarti alle apparenze. Shiryu e
i suoi
amici hanno Athena in persona dalla loro parte, perciò
smetti di
preoccuparti."
Più
facile a
dirsi che a farsi.
Come aveva
intuito già nel momento in cui, senza troppa fatica, aveva
spedito Shiryu nella
cascata, DeathMask era un avversario da non sottovalutare.
Capì che da quello
scontro solo uno ne sarebbe uscito vivo.
Shiryu, non deludermi.
La furia
omicida di DeathMask e la straordinaria bravura con la quale egli la
utilizzava
si scatenò non appena decise di fare sul serio. Le sembrava
di trovarselo
ancora di fronte agli occhi, con la sua risata demoniaca e il suo
ghigno, mentre
fronteggiava Shiryu come mesi prima, lì al Goro-Ho, ma
questa volta nessuno
sarebbe intervenuto in difesa di suo fratello.
Shunrei
corse
fuori dalla pagoda non appena fu chiaro che Shiryu era in pericolo,
ignorando
le proteste di Dohko e Mei.
Farò
anche io così? si
domandò, anche io dovrò
pregare per la sua salvezza?
Eppure non
ce
n'era alcun bisogno, aveva già sentito di cosa era capace.
Hyoga aveva superato
i compagni per caso e ora sarebbe rimasto nella casa di Libra in quel
sarcofago
di ghiaccio, i suoi compagni con molta probabilità non
avrebbero superato la
sesta casa... che motivo c'era di preoccuparsi?
Andava tutto bene.
Quinta ora,
Leone e Sesta, Vergine.
"Si
stanno avvicinando, dovresti tornare ai tuoi alloggiamenti."
"Sono da
Aiolia, ne avranno per un po'. E poi, comunque, ricordati che devono
passare
per la sesta casa prima di arrivare da me, e beh, non credo che per
loro sarà
facile." minimizzò Milo. "Hai sentito di Shiryu?"
A quanto
pareva, il giovane dragone aveva sconfitto DeathMask: tutti avevano
sentito il
loro parigrado scomparire nell'aldilà senza fare ritorno tra
i vivi, tirato giù
a forza dalle stesse anime che lui aveva ucciso.
"Eccome,
e la cosa non mi stupisce." replicò. "Ma DeathMask avrebbe
dovuto
aspettarselo, dato che ha avuto la bella idea di mettere in mezzo la
ragazzina."
"Sì.
Un
Cosmo davvero potente, quel ragazzo è pieno di sorprese, e
io che pensavo che
la sua fosse solo boria."
"Vorrei
vedere te al suo posto, se sentissi che la persona che detesti di
più al mondo
sta per uccidere la tua donna." sbottò Camus.
"Quando
ho percepito i suoi poteri farsi strada fino in Cina, ho temuto potesse
colpire
anche Mei e vostra figlia."
"Non
l'ha fatto perché mi conosce abbastanza bene da sapere come
avrei reagito. Il
dolore che hai patito quel giorno a Kobotec quando stavi per morire
assiderato,
te lo garantisco, sarebbe stato nulla in confronto a quello che avrei
inflitto
a lui. E non sarei stato misericordioso come Shiryu."
Milo rimase
stupito per la veemenza e per la rabbia con la quale aveva risposto, e
per la
strana luce nei suoi occhi blu.
"Come
stai?"
Camus si
appoggiò alla colonna dietro di sé.
"Come
vuoi che stia? Ho perso Isaak, ho perso mia figlia e ora ho perso anche
Hyoga." mormorò, stanco. Il primo, perso anni prima in
Siberia, sua
figlia, creatura amata che aveva conosciuto tardi e che probabilmente
non
avrebbe mai più rivisto e Hyoga, che
aveva preferito mettere
fuori gioco per non permettere ad alcun parigrado di affrontarlo e
ucciderlo.
Il Cosmo di
Aiolia ebbe un picco incredibile e si voltarono entrambi verso la
quinta casa,
stupiti: se non si ricordavano male, Aiolia aveva in simpatia Seiya,
più di una
volta era intervenuto in suo favore e comunque, essendo allievo di
Marin,
difficilmente avrebbe alzato un dito contro di lui.
"Comincio
seriamente a non capirci più nulla." borbottò
Milo.
"Benvenuto
nel club." rispose Camus,
distrattamente.
"Insomma...
ho sempre creduto che Aiolia avesse in simpatia il giovane Seiya, anche
perché
allievo di Marin... l'ha aiutato più volte e ora lo sta
affrontando senza
pietà. Senti il suo Cosmo?"
"Difficilmente
un uomo cambia così radicalmente nel giro di poco tempo,
dev'essere successo
qualcosa. Qualcuno con forti poteri psichici deve avergli fatto il
lavaggio del
cervello, non c'è altra spiegazione."
"Non sono in
molti qui a possedere poteri di questo
genere... hai dei sospetti?"
Qualunque siano i
tuoi dubbi, non farne
mai parola con nessuno. Mai.
Seguendo il proprio consiglio, decise di tacere a riguardo.
"Ma no, direi piuttosto delle sensazioni. Molte cose non sono come
sembrano."
Tante,
troppe
cose non andavano per il verso giusto, ma era meglio tacere e non
esternare a
nessuno, nemmeno a Milo, quelli che erano dubbi o sospetti. Se certe
cose
fossero trapelate e arrivate alle orecchie sbagliate, avrebbe passato
dei guai
seri, e probabilmente Mei con lui. Per quanto avesse fatto il possibile
per
allontanarla e tenerla fuori da certe faccende, era comunque coinvolta.
Dovesse finire nei guai per me non me lo
perdonerei mai.
Nel silenzio
che seguì, Milo si accese una sigaretta, decidendo di
seguire lo scontro in
atto alla quinta casa.
"Improvvisamente
sei silenzioso." notò Camus, una decina di minuti dopo. Si
accese la
sigaretta che Milo gli aveva offerto poco prima e
giocherellò con l'accendino.
"È per il giovane spasimante di Shaina?"
"Il cosa?"
"Cassios,
l'allievo di Shaina."
"So chi è." rispose Milo, brusco.
"Non
prendertela con me, al Santuario tutti sanno che ha una cotta per lei.
O forse
dovevo dire quasi tutti."
"Beh, tanto
lei non ricambia."
La sua
sicurezza lo divertì.
"Che ne
sai?"
"...perché il mio istinto dice che ha apprezzato, e anche
molto, ciò che
ha visto tempo fa."
Camus fece
mente locale, corrugando la fronte e aspirando dalla sigaretta. Quando
ricordò,
scoppiò a ridere.
"Parli della
serenata che le hai fatto nel cuore della
notte, nudo come un verme?"
Milo
roteò gli occhi.
"Oddio...
intanto stava albeggiando e non era in piena notte, poi non ero nudo.
Quando
sono uscito di casa, ero vestito."
"E nel
tragitto dall'ottava casa al gineceo hai inavvertitamente perso i
vestiti,
mutande comprese?"
"Ero brillo e avevo intenzione di dichiararmi."
"D'accordo,
ma potevi almeno aspettare ancora un po' prima di mostrarle la
mercanzia."
ridacchiò. "Certe trattative si portano a termine con calma
e
pazienza."
"E tu
quanto hai pazientato?"
Camus fece
mente locale.
"Una
settimana, ma in mia difesa posso dirti che nel mio caso gli eventi
hanno preso una piega diversa da quella prevista."
"Ma non
ti sei tirato indietro."
"No. E
sono felice di non averlo fatto."
Ammutolirono
quando si accorsero della morte di Cassios, incapaci di credere che
Aiolia
avesse sul serio ucciso a sangue freddo quel ragazzo dalle
capacità palesemente
inferiori alle sue. Il giovane non era mai stato un esempio di
simpatia, ma a
detta di Shaina, gentile e premuroso, a modo suo.
"A
questo punto non mi resta che darti ragione." mormorò Milo.
"Non
volevo aver ragione, amico mio. Preferivo sbagliarmi, credimi."
Milo rimase ancora un po' in sua compagnia, attento alle mosse del loro
parigrado e valutando i tre sventurati che, per fortuna o per
chissà che altro,
erano giunti, contro ogni aspettativa, fino alla sesta casa. Decise che
Shiryu,
per quanto irritante, era un discreto stratega e che Seiya aveva fegato
da
vendere, soprattutto per il modo in cui aveva spinto Shaka a rivolgere
loro
attenzione. Shun era il più calmo dei tre ma sapeva che
erano proprio le
persone più calme a riservare le sorprese più
inattese.
"Ah,
però." proruppe parecchio dopo, distraendo Camus dai propri
pensieri.
"Avevo udito delle voci riguardo il giovane Andromeda, sapevo che non
era
così calmo e pacato come appare, ma la realtà
supera qualunque immaginazione.
Ha appena tirato fuori l'asso vincente."
"Parli
di suo fratello? Ho sentito molto sul suo conto: ha vissuto l'inferno
durante
l'addestramento e ne è uscito vivo. A differenza di suo
fratello ha un
carattere duro, difficile e molti stentano a credere che siano
fratelli. È lui
la vera sorpresa dello scontro, non Shun."
Mei
seguì gli
scontri alla sesta casa con apprensione: se nemmeno Shaka era in grado
di
bloccare l'ascesa dei tre Bronze, gli eventi sarebbero precipitati
sicuramente.
I tre, Shiryu compreso, avrebbero raggiunto più velocemente
l'undicesima casa
e, di conseguenza, la loro meta, due templi dopo. Gli unici ostacoli
che
sarebbero rimasti tra loro e Camus sarebbero stati Milo e Shura, ma a
quel
punto, chissà che cosa sarebbe potuto succedere.
Degél la vegliò a lungo, preda dei sensi di colpa
che provava nei suoi
confronti: nulla l'avrebbe preparata a quanto sarebbe successo entro
poche ore
e lui poteva fare ben poco per alleviare il suo dolore.
Rimase in silenzio senza palesarsi, ascoltando le sue preghiere
–dirette a
Shaka, affinché facesse il suo dovere senza fallire- e,
più tardi, le sue
maledizioni –dirette a Shiryu, reo di aver liberato Hyoga dal
feretro di
ghiaccio del suo successore-.
Semplicemente,
gli eventi stavano facendo il loro corso così come lui li
conosceva. Dirle la
verità, tuttavia, avrebbe scatenato una serie di reazioni
tali da sconvolgerli
in modi che non poteva e voleva immaginare.
Serrò
la
lingua dietro i denti, implorando silenzioso il perdono della ragazza
che,
inginocchiata, pregava per la sorte già decisa del suo amato.
Ottava ora.
Scorpione.
Non aveva pensato a quell'opportunità. Il pensiero che
avrebbero potuto utilizzare
le armi della Bilancia per liberare Hyoga non l'aveva nemmeno sfiorato,
eppure
capì che non era solo grazie alla spada che Shiryu aveva
aiutato l'amico, era
soprattutto grazie al suo Cosmo, che dallo scontro alla quarta casa si
era come
rafforzato, anche per merito di DeathMask e delle sue geniali
idee.
"Stolto."
borbottò. A Shiryu, o a
sé stesso?
Scandagliò
attentamente la situazione, sentendo Shun fermo alla settima casa e
Seiya e
Shiryu nell'ottava, dove Milo ancora non si era palesato, forse in
procinto di
preparare una teatrale entrata in scena.
Si
appoggiò al
parapetto, scorgendo l'ottava casa tre templi più
giù e aspettando la mossa
dello scorpione: da quella distanza riusciva chiaramente a percepire
gli stati
d'animo dei due giovani preoccupati per Shun che, a quanto pareva, era
intenzionato a usare il proprio Cosmo per salvare Hyoga
dall'assideramento.
"...come Andromeda
nel mito, Shun
finirà col sacrificarsi."
"Allora torniamo
indietro, prima che sia troppo tardi."
Ed eccola,
la mossa di Milo.
Riattivò
il Cosmo, bloccando i due prima di palesarsi.
"Eh no. Volete farmi
questo sgarbo? Uscire dall'ottava casa senza salutarne il custode?"
Milo
avanzò
lentamente dall'oscurità dell'ottava casa, concedendosi
tutto il tempo del
mondo per osservare i suoi avversari parlottare tra loro: il giovane
allievo di
Marin, dal temperamento testardo e focoso, quindi Shiryu,
più mite e assennato.
"Shaka aveva ragione, non avete nemmeno un briciolo di buona
educazione.
Ma non posso non notare la vostra intelligenza: Shiryu ha detto bene,
non vi
lascerò tornare indietro, ma allo stesso tempo, non vi
lascerò andare avanti. Ora
che siete nella mia casa, dove diavolo credete di andare?"
Senza dar
loro il tempo di replicare, li immobilizzò qualche minuto
con il restrinction, il suo colpo
meno potente.
Non era Camus, pur volendo bene a Mei non si sarebbe lasciato
sconfiggere da
Shiryu. Decise che avrebbe dato loro l'opportunità di
arrendersi e andar via,
piuttosto che passare direttamente alle maniere forti.
"Non
riesco a muovermi! Lo scorpione immobilizza la preda prima di iniettare
il
veleno mortale!" sussurrò Seiya.
"Di
questo passo verremo sconfitti."
"Ma tua
sorella non ti ha detto niente?"
"No."
Su quello,
ricordò Shiryu, era stata molto, molto stringata. Per quanto
ne sapeva, Mei
poteva conoscere tutti i loro segreti, i loro colpi, i loro poteri. Ma
con lui
non ne aveva fatto parola.
"Certo
che no." interloquì Milo. "Se conosco tua sorella, e la
conosco, sono
certo che non sia una spia. Perciò mi spiace per voi,
nessuna informazione
riguardo ciò che so fare, lo scoprirete nel corso del
combattimento. E non
credere nemmeno per un secondo di poterti giocare quella carta:
l'essere
fratello di Mei non ti darà alcun beneficio. Noto che hai la
vista a posto, Dragone.
Bene, perché non mi piace attaccare persone in
difficoltà."
"La mia
vista non ha nulla a che vedere con le mie capacità."
"Non ne dubito." replicò Milo, con un sogghigno che smentiva
le sue
parole.
"Ho
sconfitto Cancer, poche ore fa, senza l'ausilio della mia vista e..."
"Fortuna." lo interruppe l'altro. "È stata fortuna, la tua.
O
sfortuna di DeathMask, dipende dal punto di vista."
Shiryu
serrò
i pugni. Assottigliando lo sguardo ed espandendo il Cosmo, rispose al
colpo di
Milo con un Rozan Shōryūha che,
tuttavia, portò a un nulla di fatto.
"E
questo l'avresti appreso dal Maestro Dohko? Il
sommo drago che sorge dai monti Ro. E pensare che ne ho
sentito parlare, ma
credo sia noto per il nome, non
certo
per altro."
Suo
malgrado,
Camus ridacchiò appena, nel sentire Milo rispondere con quel
tono sarcastico
nei confronti di Shiryu. Decise di concedersi ancora qualche minuto
fuori,
appoggiato al parapetto, per seguire lo scontro in atto all'ottava casa.
"Non ti
sto sottovalutando, ho persino badato a evitarti, nonostante tu sia
poco più di
un nulla. Non l'hai notato? Eri distratto?"
"Shiryu,
fai attenzione." interloquì Seiya.
"No,
perché? Non ho intenzione di attaccarlo." Non
ancora. "Lo lascerò fare. Coraggio, prova ancora
se ne hai
la forza, non ti eviterò stavolta, te l'assicuro."
Camus
percepì
chiaramente Shiryu cedere sotto il proprio colpo, che Milo gli aveva
rispedito
indietro. Negli attimi che seguirono sentì Seiya scagliarsi
contro Milo,
invano, e il suo amico indirizzare ai due ragazzi la prima scarlet needle. Insufficiente ad
ucciderli, ma forte abbastanza da
creare loro il primo di una lunga lista di problemi.
"Seiya,
devo ammettere che la tua intelligenza mi sorprende: in effetti, non
è
sufficiente una sola puntura per morire. Come hai detto poco fa, lo
scorpione
uccide con lentezza. Potrebbero volerci quindici punture per farvi
esalare l'ultimo
respiro: vi spegnerete molto lentamente!" riprese Milo, pronto a
proseguire con la sua opera. Fu interrotto, però.
Quasi le
prese un colpo quando si accorse che era stato Hyoga a interrompere
Milo:
convinta che nonostante l'intervento di Shiryu alla settima casa, il
giovane
fosse troppo debilitato per riprendersi e combattere, aveva intravisto
una
speranza in quel giorno tremendo.
Pessimo
errore.
Ti conviene
sopravvivere, Shiryu, perché
giuro sull'anima dei nostri genitori, te la farò pagare
cara, non ne hai idea.
Le sorprese
all'ottava casa non erano ancora finite, però. Nel
successivo lasso di tempo,
nonostante Dohko e le sue richieste, si accorse che Shiryu non era il
solo
responsabile di quel ritorno così sgradito.
La nona ora
trascorse relativamente in fretta, tra un'incombenza domestica e
l'altra,
ignara di quanto stesse accadendo: a parte qualche sporadico sprazzo di
Cosmo,
gli avvenimenti della nona casa giunsero parecchio disturbati.
Decima ora.
Capricorno.
Sporgendosi
dal proprio tempio, Camus intravide i giovani bronze uscire dalla
decima casa,
tronfi nella convinzione dell'aver superato con così tanta
facilità la decima
casa, incuranti del pericolo che avevano alle spalle. Se conosceva
Shura, e lo
conosceva, sapeva che mai, per nessuna ragione avrebbe versato sangue
all'interno del suo tempio, soprattutto non alla presenza della statua
rappresentante la loro Dea.
Ancora una
volta si scoprì stupito dall'amico, soprattutto quando
sorprese i quattro
ragazzi aprendo una voragine tra la decima e l'undicesima casa. Non
badò alle
parole di Shiryu, la sua attenzione si focalizzò su Hyoga,
al di qua della
spaccatura aperta da Shura insieme a Shun e Seiya.
"Hai
suggerito ai tuoi amici di saltare, ma tu non l'hai fatto. Come mai?
Non sei
pronto di gambe così come lo sei con le parole?!"
Spera solo che non
inizi a parlare, si trovò
a pensare, iniziando a seguire
lo scontro; a quanto sembrava lo scontro alla quarta casa aveva davvero
rafforzato
Shiryu, donandogli la chiave di una forza superiore. DeathMask,
nella sua boria, aveva pensato di
poterlo fermare, di poterlo piegare alla propria superbia e invece,
aveva
contribuito a plasmare un guerriero più forte.
Nonostante
la
perdita dello scudo e di qualunque efficace difesa, Shiryu resisteva
stoicamente a Shura e alle ferite inflitte da
quest'ultimo.Inspirò
profondamente prima di contattare Mei, che sapeva attenta a quanto
stava
accadendo.
"Mei?"
Nel sentire la sua
voce
dritta nella sua testa, Mei sobbalzò sorpresa, interrompendo
la propria
preghiera.
"Camus?
Stai bene?"
"Sì.
Ascolta, devi fare qualcosa per
me."
"Cosa?"
"Smetti di seguire
lo scontro."
"Come?"
"Hai sentito. Smetti
di seguire lo
scontro, prendi la bambina e andate via da lì."
"Cosa?
Perché? C'è mio fratello adesso e..."
"Shiryu non uscirà dalla decima
casa." le
disse a bruciapelo. "Mi hai capito? Shiryu
non oltrepasserà
la casa del capricorno."
Col cuore in
gola, Mei corrugò la fronte.
"Non
è
detto. Non hai sentito il suo Cosmo?" replicò lei, con una
punta
d'orgoglio.
Certo, aveva
appena fermato l'Excalibur di Shura
con la sola forza delle mani, ma non era sufficiente a sconfiggerlo:
dall'inizio dello scontro, nonostante il rinnovato vigore, Camus aveva
subito
capito che per Shiryu c'era ben poco da fare contro l'amico.
"Conosco Shura." la interruppe. "Dipendesse da me lo lascerei passare, ma non
contare su Shura per
questo. Smetti di seguire quanto sta succedendo, non devi sentirlo
morire."
Sbirciò
fuori
dall'undicesima casa, guardando i due avversari davanti al decimo
tempio: dopo
averlo privato dell'armatura e di qualunque difesa, Shura
attaccò brutalmente e
violentemente il suo avversario, colpendolo in pieno petto.
Persino
dalle colonne di Aquarius riusciva a vedere il sangue vivo sgorgare
dalla ferita.
Rientrò
rapido in casa, prima di parlarle di cose più personali.
"Non devi assistere
a tutto questo.
Non voglio, tu non..."
D'un tratto,
un'esplosione, seguita dal Cosmo più potente che avesse mai
percepito e da una
luce quasi accecante che pareva sul punto di fagocitare l'intero
Santuario.
"Il
Rozan Kōryūha."
bisbigliò Mei, inorridita.
"Cosa?"
"La
tecnica proibita." Mei corse alla finestra, guardando con
crescente orrore la scia luminosa che aveva appena preso forma a
occidente.
"Non può, se la usa, lui..."
Morirà.
Incapace di
muoversi, rimase ancora lì alla finestra, a guardare
impietrita la scia
luminosa che aveva preso la sua forma definitiva e stava lentamente
attraversando il cielo, consumando la vita di suo fratello.
Avvertì una fitta,
mentre Shunrei, da basso, singhiozzava disperata.
"Volevo
evitarti
tutto questo."
"Non
potevi, è mio fratello, l'avrei sentito comunque."
Restò
in silenzio qualche secondo, pensando a ciò che stava per
dirle.
"Sei
ancora lì?"
"È
arrivato il mio
turno." le
rispose, percependo i Cosmi di Seiya, Shun e Hyoga fermi sulle scale
che portavano alla sua casa. Erano distratti da Shiryu, e aveva ancora
qualche
secondo a disposizione.
"Oddèi,
no."
Gli si strinse il cuore
nell'udire il tono di Mei.
"Ricordi
le parole
che ti dissi al nostro ultimo incontro?"
Ci sarà
un momento nel quale capirai tutto
quanto, nel quale capirai che ti ho amata, e ti amo, in una maniera
inspiegabile a parole, nel quale capirai che la nostra storia per me
è
importante. E forse sarà troppo tardi, per entrambi.
"...sì."
"Ti
prego di non
dimenticarle."
Serrò
gli
occhi, sentendo le gambe sul punto di cedere.
"Mi stai
dicendo addio?"
"Ricorda le mie
parole, Mei." si
raccomandò, prima di
interrompere la comunicazione mentale.
Nei secondi
che seguirono lo spegnimento del decimo fuoco
della meridiana, Camus si chiuse la porta della camera alle spalle
senza
voltarsi indietro, senza ripensare a mesi prima, quando l'aveva divisa
con lei.
Evitò di ripensare a quei giorni felici e alle foto che
aveva sistemato sul
cassettone, evitò di ripensare ai suoi occhi e al faccino di
sua figlia.
L'elmo ben calato sulla testa, si scrollò di dosso ogni caro
ricordo,
spedendoli uno per uno nella parte più recondita del suo
essere.
Non poteva permettersi debolezze, ora che stava andando a morire.
Qualcosa, in
lei, gridava con lo stesso dolore della ragazza al piano di sotto.
Shiryu era
suo fratello, con lui aveva condiviso lo stesso sangue, era ovviamente
addolorata per la sua perdita ma quando Hyoga era stato liberato dalla
teca di
ghiaccio creata da Camus, e Milo l'aveva graziato aiutandolo nella sua
impresa,
le sue speranze si erano affievolite, improvvisamente consapevole del
fatto che
al loro prossimo scontro, uno dei due non sarebbe sopravvissuto.
Controllò
rapidamente sua figlia nella sua stanza, ignara di quel che era appena
successo
e di quel che sarebbe accaduto di lì a poco, quindi senza
farsi sentire, tornò
nella Stanza degli Avi, conscia che i successivi sessanta minuti
sarebbero
stati i più lunghi della sua vita.
***
Lady
Aquaria's corner.
Oddio, da
quanto tempo non aggiornavo il prequel. Questo era un capitolo molto
ostico, durante
la stesura del quale ero indecisa su cosa e quanto riportare e cosa
eliminare.
Sulle prime
era lungo circa diecimila parole, che ho ridotto a circa
seimilanovecento-e
qualcosa-, dato che beh, tutti sappiamo che cosa è successo
no?
La struttura
è un tantino particolare, molto schematizzato, ma
è stato partorito così nel
corso delle ultime settimane e tale rimane. È stato un parto
lungo e
travagliato, irto di ostacoli e ripensamenti e... del tutto senza
anestesia.
Ma la cosa
peggiore è stato il dover ripercorrere l'episodio 67: per me
è stato peggio di
una pugnalata a tradimento nella schiena.
Dato che
però
la scalata è descritta dai punti di vista di Camus, Mei e
Milo (ma soprattutto
Mei), ho cercato di non riportare per intero ogni singolo scontro (o
sarei
ancora alla terza casa...), di mescolare un po' i dialoghi, utilizzando
sia
quelli classici che siamo abituati ad ascoltare dalla notte dei tempi,
sia
quelli originali giapponesi, trovati nei sottotitoli in italiano dei
dvd e di
favorire situazioni in favore di altre.
A
bientôt.
Lady Aquaria
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