20Nella_tua_mente
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Progresso - Campagna No Profit
Il
mio nome è Board, Key Board.
Vivo in casa di uno scrittore totalmente privo di talento, ma ostinato
come un mulo.
Sfruttando un suo momento di distrazione, rivolgo un appello ai
lettori, a nome mio e di tutti i componenti del suo computer.
Le vostre recensioni sono importanti.
Sono l'unica cosa che potrebbe salvarci dalla sua tortura.
Fate qualcosa.
Recensite.
Nella tua mente
Nella tua mente
ho guardato una volta soltanto.
C'era dolore,
ma non era da solo,
c'erano urla,
urla di persone,
c'erano incubi,
che mi tormentano ogni notte.
Nella tua mente
non mi importa cosa ci sia,
perché nella tua mente
non voglio mai guardare.
Voglio soltanto
che accetti il mio aiuto,
che accetti il mio amore.
Nella mia mente
non so più cosa succeda.
Ci sono persone
che non vorrei lì,
ci sono ricordi
che tralascerei volentieri,
ci sono incubi,
o almeno me li aspetterei.
Dopo aver
messo Wanda a riposare, Loki era corso subito da lui, pronto a dare a
James il sostegno di cui aveva bisogno, ma l’altro non lo aveva voluto
e aveva preferito chiudersi in un sofferente mutismo. Loki era rimasto
immobile a fissarlo per minuti che erano parsi secondi o forse ore,
indeciso sul da farsi.
L’asgardiano
non era molto esperto di sogni. Quando era adolescente, a volte aveva
accarezzato con la mente il pensiero di scoprire cosa abitasse la testa
di suo fratello mentre dormiva, ma sua madre si era raccomandata di non
farlo mai e perciò si era sempre trattenuto. Si era accorto, però, che
James si stava impedendo di dormire per paura di ciò che avrebbe
sognato e aveva deciso che valeva la pena fare almeno un tentativo di
aiutarlo. Alla fine aveva finto di addormentarsi e aveva atteso che
anche James cedesse al sonno.
Non
appena sentì il respiro dell’altro cambiare ritmo, si mise all’opera.
Sfilare i sogni gli dava una sensazione strana, forse dovuta anche al
fatto che Loki era stato all'interno della mente di James All’inizio fu
dura, soprattutto perché si era imposto di non spiare i sogni, ma di
eliminarli soltanto, uno alla volta, ma infine riuscì nel proprio
intento. Il respiro rilassato e regolare di James suonava come un
ringraziamento alle sue orecchie. Rimase sveglio tutta la notte a
vegliare sul suo sonno.
Fu
soltanto il mattino dopo, quando si rese conto che James si stava
svegliando, che si concesse di crollare addormentato e approfittare
delle poche ore di sonno che sarebbe riuscito a strappare alla propria
mente e agli incubi.
James
si era sentito in colpa per essersi rifiutato di parlare con Loki di
come si sentiva, ma non aveva potuto fare altrimenti: non appena
l’aveva visto avvicinarsi si era istintivamente chiuso in se stesso,
come se fosse stato Loki il pericolo. L’altro non aveva pronunciato una
sola parola, lasciandogli la libertà di scegliere se parlare e cosa
dire, ma James aveva preferito tacere e far passare il tempo
specchiandosi nel verde preoccupato degli occhi dell’asgardiano.
Dopo
che Loki era crollato addormentato sulla sedia di fronte alla sua, era
rimasto a fissare i suoi capelli scuri che gli ricadevano davanti al
viso. Si era proibito di dormire, o avrebbe rischiato di vivere ancora
una volta la tortura di quando la strega aveva attraversato la sua
mente.
Svegliandosi,
scoprì che infine si era addormentato. Si rallegrò un poco del fatto di
non aver sognato nulla, per una volta, e si chiese se fosse stata opera
di uno degli altri due: erano entrambi incantatori e probabilmente
capaci di qualcosa di simile.
Concluse
velocemente la lotta mentale con i propri muscoli che si lamentavano
per la scomoda posizione in cui aveva dormito tutta la notte e si alzò
in piedi. Si stirò con cautela le braccia e la schiena e poi andò a
cercare la stanza in cui Loki aveva messo la strega a dormire.
L’autunno
era ormai inoltrato, quindi la notte era stata alquanto fredda, ma
Wanda aveva dormito così profondamente da non accorgersene, nonostante
il pomeriggio prima si fosse coricata sul sacco a pelo invece che
dentro. Probabilmente era così stanca che non aveva notato la
differenza.
Aveva
dormito parecchie ore, più di quanto si sarebbe aspettata. Non era
stato un sonno tranquillo, però: tutto ciò che era successo nella sua
mente prima e in quella del Soldato d’Inverno poi le aveva impedito di
riposare. A un certo punto della notte, non avrebbe saputo dire quanto
tempo dopo essersi addormentata, aveva sentito la voce di Pietro nei
propri sogni e aveva capito di essersi messa in contatto con lui.
Suo
fratello l’aveva riconosciuta, cosa che non poteva che riempirla di
gioia, ma la connessione stabilita aveva trasmesso anche a lui il
dolore e la confusione che animavano i sogni di Wanda e alla fine era
stato meglio interromperla e lasciare che Pietro si svegliasse o
ritrovasse un sonno tranquillo.
Una
volta sveglia, aveva scoperto che, nonostante gli incubi e tutto il
resto, quel sonno l’aveva aiutata a recuperare le energie. Non se la
sentiva di alzarsi in piedi, però, per paura di scoprire che le gambe
non erano ancora in grado di sorreggere il suo peso.
Infine
aveva deciso di mettersi a sedere con le gambe incrociate e di
guardarsi intorno. La stanza era molto ampia e aveva il soffitto alto:
probabilmente, si disse Wanda, l’edificio era un vecchio capannone
industriale, in disuso da chissà quanto tempo. I muri erano
originariamente grigio chiaro, ma erano pieni di macchie scure e pezzi
di intonaco che erano saltati, rendendo ancora più desolato l’insieme.
A
completare il tutto c’era una piccola apertura di forma quadrata nel
muro, più o meno all’altezza di un metro e mezzo, che mostrava ancora i
segni dell’intelaiatura di una finestra che doveva essere stata divelta
anni prima.
Una
volta che era stato abbandonato, il capannone era stato probabilmente
vittima di varie incursioni dei giovani dei dintorni, che avevano
lasciato diversi graffiti a testimonianza del proprio passaggio. Wanda
si chiese dove si trovassero e quanto tempo fosse passato dall’ultima
volta che qualcuno aveva messo piede nell’edificio per restarci più di
qualche ora. Sembrava il set di uno di quei film horror che Pietro
voleva sempre vedere anche se gli facevano paura e poi aveva gli incubi
per settimane.
James
trovò la strega seduta sul sacco a pelo, mentre guardava fuori da
quella che era stata una finestra. Volgeva la schiena alla porta,
quindi non si accorse subito di lui. James prese fiato per dire “Ti sei
svegliata”, ma poi si accorse che erano le stesse parole con cui
l’aveva salutata l’ultima volta, all’interno della propria mente, e
rimase in silenzio.
Wanda
si voltò di scatto sentendo il suo respiro interrotto a metà. I loro
occhi si incontrarono esitanti, come se nessuno dei due avesse davvero
voluto guardare l’altro.
La
strega distolse immediatamente lo sguardo. Forse lei invece aveva fatto
degli incubi, si disse James, o forse le era bastato ciò che aveva
visto il giorno prima. Non ci teneva a saperlo.
«Mi
dispiace» mormorò Wanda, alzandosi in piedi.
James
avrebbe voluto chiederle se fosse stata lei a permettergli di dormire
sonni tranquilli, ma poi si disse che saperlo non era così importante e
decise di tacere perché non aveva nulla da rispondere a quelle scuse.
«Devo
andare» aggiunse la giovane.
«Ce
la fai?» chiese James. Si stava di nuovo preoccupando per lei, notò,
era strano. Dopo tutto quello che la strega gli aveva fatto soffrire,
avrebbe voluto che non gliene importasse nulla. Anzi, non avrebbe
dovuto importargliene nulla.
Invece
si scopriva nel petto un ansito di preoccupazione per le sue
condizioni. Forse era perché Loki ci teneva tanto che lei stesse bene o
forse perché sapeva che il dolore del giorno prima non era stata
veramente colpa di quella ragazzina che sembrava quasi più ferita di
lui. In effetti, sapendo quali ricordi si era trovata davanti agli
occhi, non aveva dubbi che dovesse essere scossa.
«Non
sto benissimo, ma mi riprenderò» rispose Wanda, stringendosi nelle
spalle «Non posso restare»
James
annuì e pensò che aveva perfettamente ragione e che, nonostante una
parte della sua mente si stesse interessando di come stava la strega,
non la voleva lì, anche se non voleva indagare troppo sul perché.
Ripensò allo scambio di sguardi e gesti che c’era stato tra lei e Loki
quando si trovavano all’interno della sua mente. No, si disse, non
poteva essere quello. Era stupido pensare che si trattasse di gelosia.
Era
meglio non sapere perché la volesse lontana, concluse. In fondo, lei
per prima aveva detto di non poter restare là. James si raccontò la
storia che si trattasse soltanto di una questione di sicurezza: se
fosse rimasta troppo a lungo, li avrebbero certamente scoperti.
Wanda
si chiese se ci fosse altro da dire, ma non le venne in mente nulla.
Guardò il Soldato d’Inverno ancora una volta e gli fece un cenno con la
testa che voleva essere in parte un saluto e in parte una richiesta di
scuse, e forse qualcos’altro di cui non era sicura. Forse un
ringraziamento.
Sorprendendola,
Barnes le rispose con una specie di cenno d’assenso che Wanda non seppe
interpretare, ma le bastò. Lo seguì fino all’uscita di quel capannone
industriale abbandonato da un po’ troppo tempo e poi se ne andò senza
più voltarsi indietro.
Nello
spiccare il volo con la forza dei propri poteri, per sollevarsi
abbastanza da capire dove si trovasse, le tornarono in mente le parole
ambigue con cui Loki aveva alluso alle condizioni dei prigionieri alla
Avengers Facility.
Doveva
tornare dai Vendicatori, si ripeté. Le serviva soltanto quello:
rivedere quelli che ormai erano i suoi amici, parlare con Visione dei
propri dubbi e sentire le sue frasi misurate che la riportavano alla
tranquillità, ricominciare gli allenamenti con Sam, tornare alla
normalità. Non era una normalità molto diffusa, ma era la sua normalità.
Eppure,
sentiva qualcosa di sbagliato, una specie di grumo alla fine dello
sterno, che le diceva che il motivo per tornare era anche e soprattutto
un altro. Perché le parole di Visione non sarebbero bastate a tacitare
quei dubbi assillanti: aveva bisogno di vedere che andava tutto bene.
Aveva bisogno di provare a se stessa che Loki aveva torto, perché
doveva avere torto.
Gli
incubi del Signore degli Inganni erano spesso monotoni. Non che questo
lo aiutasse a riposare un po’ meglio, sia chiaro, ma aggiungeva quella
sfumatura di anticipazione che rendeva forse ancora peggiori quei
momenti. Loki sapeva già che in quel momento sua madre gli avrebbe
rivolto uno sguardo disgustato, o che in quell’altro il trono di Asgard
su cui sedeva aveva cominciato a divenire freddo e così tutto ciò che
lo circondava, fino a che l’intero regno non fosse diventato una
distesa di ghiaccio.
Vivere
ogni secondo di quegli incubi con la certezza di cosa sarebbe venuto
dopo e con la consapevolezza che nonostante fosse soltanto un sogno non
aveva alcun modo di svegliarsi, quella era una delle torture peggiori
di tutto il sonno di Loki. O almeno, così aveva sempre creduto.
Quella
mattina, invece, vide delinearsi la figura di James all’interno del
sogno. Non anche lui, si disse, non voleva che la sua immagine fosse
corrotta dal fumo dell’incubo. Invece la scena proseguì, mentre l’unico
uomo che avesse mai amato lo rifiutava, gli voltava le spalle, se ne
andava cento volte abbandonandolo come avevano sempre fatto tutti.
Erano
al pub dove si erano incontrati per la prima volta, il Passato alle
Spalle –che nome assurdo–, poi a casa di James, poi all’albergo Montage
Beverly Hills, ad Asgard, in quel capannone dove si trovava anche il
corpo di Loki in quel preciso momento. Mille posti diversi, ma lo
stesso dolore al vedere quegli occhi azzurri fissarlo insofferenti e
infine voltarsi dall’altra parte.
Fu
quell’angoscia che lo fece svegliare. Per prima cosa si guardò intorno,
ma non vide James. Aveva imparato da tempo a separare le immagini
nebulose che vedeva in sogno da ciò che avveniva nella realtà, quindi
sentì soltanto un ansito di preoccupazione in più di quella che avrebbe
avuto normalmente.
Decise
di andare a cercarlo: riprese completamente controllo della propria
mente e delle proprie azioni e fece per alzarsi, ma proprio in quel
momento l’altro si materializzò nella cornice della porta.
«Sei
sveglio» osservò James «La signorina Maximoff è andata via qualche ora
fa. Non si era ancora ripresa del tutto, ma se la caverà»
«E
tu come stai?» chiese Loki, stiracchiandosi il collo come un felino.
James
fece una smorfia: «Secondo te?»
«Cosa
hai fatto per tutto questo tempo?»
«Come
sai che non dormivo?»
Loki
si strinse nelle spalle sospirando, evitando di raccontargli ciò che
aveva fatto quella notte e di conseguenza il momento in cui aveva
sentito che James si stava risvegliando: «Non hai l’aria di uno che si
è appena svegliato»
L’altro
lo guardò per qualche attimo, dubbioso, ma infine rispose: «Sono stato
fuori. A camminare. Dovevo pensare»
«Vuoi
parlare?»
James
scosse la testa, dicendosi che non sarebbe stato comunque capace di
trovare le parole per fargli capire cosa sentiva.
«Hai
voglia di bere?» propose allora l’altro.
Barnes
lanciò un’occhiata all’orologio: mancava un’ora a mezzogiorno.
«Alle
undici della mattina?» chiese, sollevando un sopracciglio.
«Dici
che è tardi?» rispose Loki, fingendo preoccupazione «Non lo dirò in
giro, promesso»
James
cercò di reprimere un sorriso, ma non riuscì molto bene.
«Visto?
Ti ho fatto ridere» disse l’asgardiano, con un’espressione rilassata in
viso. James doveva concederglielo, stava davvero facendo del proprio
meglio.
«Forse
è meglio parlare, a questo punto» disse, scuotendo la testa con un
sorriso esasperato.
«Come
preferisci» rispose Loki e James capì che gli stava davvero lasciando
la scelta. Gliene fu grato. Tornò alla sedia su cui aveva dormito,
dall’altro lato del tavolo rispetto a Loki, e lo guardò.
«Mi
spieghi una cosa?» chiese.
Loki
annuì e non disse nulla per non interrompere il filo dei pensieri
dell’altro.
«Perché?»
James si bloccò per cercare le parole «Voglio dire… Mi hai raccontato
di ciò che provi per me. Mi ha raccontato di come è cominciato tutto.
Mi hai detto che cosa ti ha colpito in me che non avevi mai trovato in
nessun altro. Ma non ho ancora capito perché tu abbia deciso di farti
carico di stare accanto a questo rottame di uomo che sono»
Loki
parve sorpreso: «James, tu non sei questo. Non sei soltanto questo. Io
l’ho visto. Non mi sono fatto carico di nulla, ti sto vicino perché lo
voglio. Dopo che ti ho raccontato tutto ciò che provo, credo che tu
possa capire che ne ho bisogno»
«Ma
tu… Tu non te lo meriti» non voleva che la sua voce si spezzasse,
quindi si fermò un attimo per respirare più a fondo «Tu dovresti avere
qualcuno che ti possa sostenere, non che ti trascini sempre più giù. È
come se stessi avanzando con un ferito grave caricato sulle spalle
senza poter fare nulla per aiutarlo. Per quanto tu possa tenere a lui,
ti rallenterà sempre e le probabilità che guarisca sono minime»
Il
Signore degli Inganni posò delicatamente la punta delle dita sul
braccio metallico di James: «Prima di tutto, io non merito nulla. Io e
il destino abbiamo già avuto molto da ridire e quindi credo di non
poter pretendere niente dal suo aiuto. Il tuo aver accettato di avermi
vicino è già stato un regalo più grande di quanto avrei mai potuto
pensare. Tu non mi rallenti, James, non sei un ferito grave in punto di
morte. Sei l’unica persona che mi impedisca di bloccarmi completamente
o affondare»
James
sorrise e abbassò gli occhi, quasi imbarazzato. Spostò la sedia un po’
più vicina a quella di Loki, muovendosi senza scatti in modo che
l’altro non togliesse la mano dal suo braccio.
«Quando
è uscita dalla mia mente» raccontò infine «la strega è passata
attraverso dei ricordi. Molti erano dolorosi. Persone che ho visto
morire. Spesso per mano mia. La caduta dal treno. Le operazioni. Ha
visto praticamente tutto. Ha visto dei ricordi che sono dolorosi adesso
perché sono distanti. Dei ricordi di Steve»
Loki
non disse nulla, mosse soltanto lievemente le dita della mano che aveva
posato sul braccio metallico, in una sorta di carezza. James non sapeva
quanto consciamente l’avesse fatto.
«In
quel momento stavo gridando perché il dolore era quasi insopportabile e
poi rivedere tutto quanto mi faceva male» continuò «Ma vederli così mi
ha fatto anche capire quanto sono distanti. Erano parte di un’altra
vita. Quando ci ripenso, non mi sembra neanche che fossi io ad agire e
tutto questo mi confonde. Non so cosa penso al riguardo, come mi sento.
So soltanto che forse potrei andare avanti»
La
sedia di Loki scricchiolò quando lui la spostò per avvicinarsi ancora
di più a James, mentre quella sul suo braccio diventava quasi una
stretta: «Stai dicendo che…?»
James
coprì la sua mano con la propria. Loki quasi rabbrividì a contatto con
la sua pelle.
«Sto
dicendo che forse non è più tempo di aspettare»
Improvvisamente
tutti e due si resero conto che il tavolo era di troppo in quella
stanza. Loki si alzò in piedi e James seguì il suo esempio, mentre le
loro mani abbandonavano riluttanti la presa l’una sull’altra. Per un
istante rimasero immobili a fissarsi. James si chiese se gli occhi di
Loki fossero sempre stati di quel verde o avessero qualcosa di diverso.
Fece
appena in tempo a domandarsi perché Loki non si muovesse, prima di
venire colpito da un pensiero: nonostante ciò che aveva appena sentito,
l’altro aveva ancora paura. Paura di esagerare. Paura di affrettare le
cose. Paura di non aver capito.
Ma
James quella volta era sicuro di aver capito e così fu lui ad
avvicinarsi. Un passo. Un altro passo. Loki lo guardava con gli occhi
di chi avrebbe voluto corrergli incontro perché un istante era già
troppo lungo e un millimetro a separarli voleva dire essere già troppo
distanti, ma continuava a stare fermo.
Per
un attimo, James ebbe paura. Ebbe paura di rovinare tutto. Ebbe paura
di non riuscire a essere chi voleva essere con Loki. Ebbe paura che
avrebbe avuto paura. Infine si disse che la paura era irrazionale, ma
lo erano anche le altre emozioni che provava in quel momento, quindi
non importava poi tanto.
Si
fermò a un respiro di distanza dal viso di Loki. I suoi occhi lo
fissavano quasi imploranti, gridavano che l’asgardiano bruciava dal
desiderio di quel bacio, ma non si sarebbe mosso, non per primo.
Colui
che per qualche minuto poteva smettere di essere l’ex-Soldato d’Inverno
alzò una mano fino a toccare la guancia di colui che in quel momento
aveva del tutto dimenticato di essere stato, una volta, il Signore
degli Inganni.
James
accarezzò la pelle del viso di Loki, tracciò la linea del mento e
proseguì fino a sfiorargli la gola con la punta delle dita, così
leggere che l’altro avrebbe potuto non accorgersene, se non fossero
stata l’unica cosa che gli importasse al momento.
Loki
dischiuse le labbra per prendere fiato. A quel minimo movimento,
qualcosa scattò finalmente nella mente di James. Non ebbe più
esitazioni, non aveva più paura. Lo baciò.
Non
era il primo bacio di Loki, non assomigliava neanche lontanamente a
quella serie di esperienze adolescenziali che cercava di tenere lontane
dalla propria memoria. Eppure aveva qualcosa di nuovo. Era come se la
sua mente stesse scoprendo tutto da capo. Era davvero così baciare? Non
aveva mai pensato potesse essere così travolgente.
Non
era il primo bacio di James. Si prese il proprio tempo, condivise
lentamente il respiro di Loki e nel riprendere fiato gli sfiorò i denti
e le labbra con la lingua. A ogni secondo che passava, gli sembrava di
dissipare una nebbia che lo aveva circondato per chissà quanto tempo.
Il fiato di Loki era una medicina, pensò confusamente. Si staccarono
per una frazione di attimo, prima che l’asgardiano riprendesse a
baciarlo, ogni paura dissolta.
Mentre
era distratto, perso in quel contatto che gli faceva così bene,
all’improvviso James pensò a Steve. Durò soltanto un istante,
un’esitazione che nascose facilmente con un ansimare leggero prima di
riprendere il bacio come se non fosse successo nulla, ma la sua
immagine era lì. La scacciò con la mente una prima volta, ma quando
Loki lo baciò di nuovo era ancora là pronta a riempire la sua testa.
Spalancò gli occhi e nel verde dello sguardo di Loki riuscì a liberarsi
di nuovo di Steve, ma non per molto.
Quando
infine si allontanarono abbastanza da guardarsi in viso, James non fu
abbastanza veloce a mascherare l’inquietudine.
«Qualcosa
non va?» chiese Loki, con la voce leggermente arrochita ma preoccupata.
«No,
va tutto…» cominciò James, ma si interruppe «È Steve» cedette.
«Steve»
ripeté Loki «Certo»
James
disse che gli dispiaceva, ma Loki scosse la testa, accarezzandogli la
tempia: «Non ce n’è bisogno. Dimmi soltanto cosa vuoi che faccia»
«Non
fermarti» chiese James «Ti prego»
Loki
annuì, serio come se avesse giurato, poi riprese a baciarlo. Non si
fermò, né James ebbe altre esitazioni. A un certo punto, in quella
mattina, James smise di pensare a Steve.
Lizzy's
Magic Corner:
Guess
who's back!
Ciao a tutt*!
Quanto tempo è passato? Quasi tre mesi? Chissà se mi ricordo ancora
come funziona questo sito...
All'epoca dissi "Riguardo
al nuovo capitolo (che spero di portare a termine molto più in fretta
di questo, ma purtroppo ultimamente l'ispirazione e la voglia di
scrivere litigano...) posso dirvi che sarà quasi certamente l'immediato
seguito di questo. Pensavo di spiegarvi qualcosa sulla CloaK
(nonostante dare spiegazioni non sia per nulla nel mio stile, ehm
ehm...) e magari presentarvi l'adorabile Nancy, ma per ora è tutto
molto nebuloso." E
infatti... non ho fatto nulla di tutto ciò.
Riguardo
alla lentezza ad aggiornare (anche se ormai dovreste averci fatto
l'abitudine...), non ho proprio scuse, se non che sto scrivendo altre
cose e ho iniziato questo capitolo tre volte prima di riuscire a
finirlo. Per il resto, vi avevo avvertit* che non avevo le idee molto
chiare. Per due volte ho cercato di scrivere il capitolo che vi avevo
annunciato (quello con le spiegazioni sulla CloaK, per intendersi), ma
poi mi sono resa conto che avevo bisogno di spiegare altri avvenimenti
prima e quindi vi toccherà aspettare ancora.
E
ora, le notizie importanti.
Verso
fine agosto parto. Non nel senso che vado in vacanza, ma nel senso che
faccio un anno di studi in Inghilterra. Non ho idea di cosa ciò
comporterà per la mia "carriera" su Efp. Intendo dire che, benché io
sappia per certo che avrò una connessione Internet a disposizione, i
miei ritmi saranno ovviamente diversi e quindi potrebbe essere che gli
aggiornamenti (che già non sono molto frequenti) diventino un evento da
segnare sul calendario. Oppure potrei non aggiornare per tutto il tempo
che sono via. Oppure, al contrario, potrei aggiornare ogni due
settimane. Non lo so e lo scoprirò soltanto una volta arrivata là.
Nel
frattempo, spero di riuscire a postare ancora un capitolo (magari due,
ma non vorrei pormi obiettivi esagerati) prima di volarmene via e
quindi dovrei avere occasione di salutarvi tutt* come si deve.
Chiudo
con un mega-grazie a Kyem13_7_3 per la sua recensione nello scorso
capitolo, a Pouring_Rain11 e GreekComedy che mi supportano sempre, al
mio consulente Marvel e mia sorella che sopportano i miei scleri, alle
17 persone che hanno messo tra i preferiti/seguiti questa storia e in
generale a chiunque abbia letto il capitolo.
Vi
lascio in pace, non preoccupatevi.
Che
gli dèi siano con voi!
-Liz
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