Due facce della stessa medaglia
Baker Street, di nuovo silenzioso rifugio di una mente troppo
laboriosa, accolse il suo inquilino con la consueta freddezza: il
camino era spento, la polvere ancora sui mobili e un vecchio teschio lo
fissava da una mensola, in attesa di conoscere il resoconto della
giornata; quel teschio era l’unico che Sherlock usava definire
“amico” e l’unico a cui aveva rivolto i suoi
pensieri prima di John.
Sherlock si tolse stancamente il cappotto e presto si
ritrovò seduto in poltrona a scorrere le e-mail dei clienti
nella speranza che qualcosa di interessante lo portasse lontano con i
pensieri, ma qualunque cosa leggesse gli tornava alla mente John che
era corso da lui per salvarlo, John che lo aveva seguito nella folle
avventura, semplicemente John, che non era lì con lui.
Dopo tanti anni da solo, non credeva che pochi giorni a casa di
qualcuno potessero cambiarlo al punto da desiderare una vita diversa. O
forse, in fondo, aveva sempre negato di volere qualcuno nella sua vita
perché sapeva che non poteva esistere qualcuno che davvero
volesse stare con lui, che sopportasse il suo modo di vivere, le sue
eccentriche abitudini, la necessità di tenere impegnato il
cervello con qualcosa. John, invece, lo ammirava attraverso le pagine
del suo sito e dei giornali di cronaca, apprezzava William, la persona
che aveva incontrato, al punto che una sera si erano quasi baciati.
Forse andarsene non era stata la sua scelta migliore.
« Adesso, cosa faccio? » chiese, rivolto al teschio
ma consapevole che nessuno poteva dargli quella risposta che cercava.
Tamburellò nervoso le dita sul bracciolo della poltrona,
prima di sentire il rumore del portone d’ingresso sbattere
con furia e rapidi passi sopraggiungere dalle scale. Sherlock
fece giusto in tempo ad alzarsi che John Watson spalancò la
porta dell’appartamento per poi sbatterla come aveva fatto
con il portone principale.
« John… cosa? » esclamò
Sherlock, stupito dell’inaspettata visita.
L’uomo emise un lungo, paziente sospiro per ricomporsi e
continuare la conversazione « Sorprendere Sherlock Holmes,
deve essere la prima volta che succede, vero? »
Il detective, stranamente impacciato, rimase attonito davanti
all’improvviso scambio di ruoli. Sconfinare
nell’ambito delle emozioni e dei sentimenti aveva fatto
diventare John Watson sicuro e quasi strafottente e Sherlock imbranato
e incapace di articolare una risposta adeguata.
John esibì un mezzo sorriso, non più ironico ma
addolcito dal pensiero di quanto Sherlock fosse carino così
spiazzato davanti a lui, che altri non era che il proprietario del nome
che il detective usava come password del cellulare. « Ho un
caso da proporti. E’ così che lavora la tua mente,
no? »
« Un caso? » fece perplesso, seguendo con lo
sguardo il percorso di John che dopo aver pronunciato la parola
“caso” si era accomodato sulla poltrona rossa,
quella dei clienti, sollevando una nuvola di polvere che ancora non
accennava a posarsi.
« Sì un caso, quello della mia vita »
Sherlock ancora titubante si accomodò a sua volta sulle
propria poltrona nera di pelle, cercando un qualche conforto in quello
che era il punto di meditazione privilegiato.
« Vedi, io vivevo una tranquilla esistenza, che occupavo
crescendo mia figlia e scrivendo libri su avventure che credevo non
avrei mai vissuto »
« Tranquilla o noiosa? » le parole uscirono dalla
bocca di Sherlock senza che potesse bloccarle.
A John scappò un sorriso « Credevo che dopo Mary
avessi l’obbligo di tutelare mia figlia e tenerla lontana dai
pericoli, a costo di vivere una vita che non era esattamente quella che
avrei voluto »
Sherlock, più interessato si spostò
più in cima al sedile della poltrona, proteso verso le
parole di John « Com’è morta esattamente? Avevi parlato di vicenda più complessa
» chiese, prima di guadagnarsi un’occhiataccia che
lo fece immediatamente rimettere seduto contro lo schienale «
Forse non è una domanda da fare »
« Mia moglie, prima di cambiare identità e sposarmi, era stata una mercenaria al soldo di diversi governi, una sicaria. Come ti dicevo le hanno sparato in casa nostra; alla polizia ho detto che si trattava di
una rapina finita male e come diresti tu “siccome sono degli
idioti” ci hanno creduto » Sherlock rise,
incoraggiando John a continuare il racconto « Un uomo del suo
passato la stava cercando, ha fatto irruzione in casa nostra e hanno
finito per uccidersi a vicenda. Sai, è buffo: quando Mary mi
ha raccontato del suo passato, le ho gridato che era stata una bugiarda
e che di certo non cercavo una sicaria come moglie. Lei mi ha guardato
seria e mi ha detto che avevo sempre capito chi era ma non avevo mai
voluto ammetterlo. E questo mi riporta al caso che volevo sottoporti
»
« Giusto, il caso » commentò scettico,
infastidito da non riuscire a capire dove sarebbe andato a parare John.
« Come stavo dicendo, la mia vita scorreva tranquilla
finché un giorno uno strano soggetto ha suonato alla mia
porta. E’ brillante, troppo, forse capisco subito che la sua
attività lavorativa non può essere accudire i
bambini, ma non lo vedo finché non mi viene sbattuto in
faccia. Si presenta come un uomo di cultura, un po’ snob ma
appena ha tolto la corazza ho scoperto una persona molto sola, non
abituata ai sentimenti al punto da dubitare che qualcuno possa volergli
bene, non è vero? »
« E’ questa la domanda? » chiese,
spostando lo sguardo ovunque tranne che verso John.
« No, non è questa. La verità
imbarazzante è che mi sono preso una cotta per Sherlock
Holmes “il detective” e William “il
baby-sitter” e alla fine scopro che sono due facce della
stessa medaglia. Non dico che ti sia già fatto perdonare le
bugie dette ma sono sicuro che prima o dopo troverai il modo
» fece, spiazzando leggermente Sherlock che ora pendeva dalle
labbra di John « La questione è la seguente: cosa
dovrei fare con l’uomo che si dimostra così
interessante e interessato al punto da usare il mio nome come password,
ma così insicuro da affrontare la notte londinese da solo
piuttosto che scendere a patti con quello che prova? Forse dovrei
invitarlo a cena… »
« Cosa? » chiese il detective, quando finalmente
comprese dove voleva andare a parare il discorso di John.
Rimasero a fissarsi e Sherlock sentì di nuovo quella strana
elettricità che si era creata nel salotto di casa Watson.
« Oppure… » aggiunse John,
ammiccando leggermente prima di alzarsi e completare quello che non era
potuto succedere proprio sul divano di casa Watson, quando Rosie li
aveva interrotti. Esattamente come aveva previsto Sherlock quella sera
in cui credeva che l’intervento di Rosie fosse stato il
peggior caso di tempismo della storia, John lo stava baciando, solo che
il detective non aveva idea che gli sarebbe piaciuto così
tanto da ripetere l’esperienza almeno tre o quattro volte
prima di essere trascinato in camera da letto.
*****
* *****
Tre mesi dopo
Un urlo terrorizzato si propagò dalla cucina fino alla
camera da letto del piano di sopra, svegliando John di soprassalto
« Cosa diamine è stato? Sherlock? »
Il detective fece un buffo verso prima di girarsi sull’altro
fianco, bofonchiando che probabilmente la signora Hudson doveva aver
trovato il sacchetto con i pollici che aveva lasciato nel frigorifero.
John non disse niente ma prese il cellulare e scrisse alla sua
segretaria che aveva necessità di avere un nuovo frigorifero
da sistemare in casa per gli esperimenti del suo eccentrico ragazzo.
« Sai, alla signora Hudson stai simpatico ma non abusare del
fatto che è contenta di vedermi con qualcuno »
commentò, recuperando le ciabatte e preparandosi a porgere
le sue scuse alla governante. Diede una pacca dolce sulla schiena del
detective e si allontanò di malavoglia dal letto che sperava
sarebbe stato teatro di qualche coccola mattutina. Appena John
aprì la porta si trovò davanti Rosie che
evidentemente era stata svegliata dalla voce soave della signora Hudson
ed ora se ne stava ferma in corridoio con il suo pupazzo preferito tra
le braccia.
Padre e figlia si guardarono e scoppiarono a ridere, prima di correre
giù per scale e affrontare le recriminazioni della
governante che già si era lamentata della presenza di un
teschio umano nel loro soggiorno.
« Non sono pagata per questo, sono troppo vecchia »
ripeté più volte la donna, non trovando
però un sostegno in Rosie che trovava interessante qualunque
cosa Sherlock facesse e non faceva che ringraziare il padre per averlo
convinto a trasferirsi a casa loro, né in John che
continuava a scusarsi con poca convinzione.
L’autore della crisi di quel sabato mattina era ancora
profondamente addormentato dopo aver risolto un caso estremamente
complesso che presto sarebbe diventato il soggetto del nuovo ciclo di
romanzi di John, quando il suono di un sms in entrata lo costrinse ad
abbandonare definitivamente le braccia di Morfeo.
Sherlock ho bisogno di
te, un omicidio e una stanza chiusa dall’interno
Ti aspetto a Nevern
Square 29
Lestrade
Sherlock sentì la frenesia di un nuovo caso travolgerlo, un
nuovo rompicapo si presentava all’orizzonte, ma poi
pensò che aveva risolto un caso meno di otto ore prima,
pensò a John e Rosie che avevano in progetto un
pic-nic per festeggiare l’arrivo della primavera e la scelta,
per questo nuovo Sherlock, fu inevitabile.
Ci vediamo
lunedì a Scotland Yard, il cadavere non scappa e
potrà aspettare.
Sono sicuro che anche
John lo troverà interessante.
Puoi comunque iniziare a
mandare qualche foto.
SH
Rispose, prima di chiudere l’audio e scendere in cucina per
la colazione.
THE
END
Angolo autrice
Anche questa avventura è finita :((
Ringrazio tutti quelli che sono arrivati fino a qui per l'entusiasmo
dimostrato. Ringrazio in particolare: Blablia87, CreepyDoll, calock_morgenloki, Darlene_, Emerenziano, franci_stellina, Koa_, marea_lunare, SusyCherry, 1234ok per aver
trovato il tempo di lasciare le recensioni, sempre molto apprezzate.
Ci sono momenti in
cui mi dico "adesso pausa lunga" ed altri in cui non vorrei smettere
mai di scrivere, per cui forse ci si rivede a brevissimo, forse
più
avanti.
Un
abbraccio grande e buon ferie/vacanze/rientro/insomma, qualunque cosa
stiate facendo :-D
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