Se
non lo faccio ora, me ne pentirò per sempre.
L’alba
dell’ultimo giorno di vacanza era infine giunta: il trentun
agosto, compleanno di Aomine. Tutti, con telefoni sotto il cuscino e
vibrazione inserita, avevano messo la sveglia alle sei in punto del
mattino, consapevoli che tanto l’asso della Too difficilmente
avrebbe sentito qualcosa dei loro spostamenti o rischiato di perdere
ore di sonno prezioso per alzarsi, disturbato da rumori inconsueti.
Con
splendida destrezza e ancora più talentuoso silenzio, anche
per uno tendenzialmente ingombrante come Murasakibara, i ragazzi si
erano ritrovati presso uno dei tavolini dove si faceva colazione,
illuminati dalle prime luci del giorno che filtravano attraverso le
finestre con le tende leggere.
Akashi aveva
personalmente coordinato ed elaborato il piano per la giornata, fino a
esporre l’unica problematica presente:
“Aomine.”
“Dobbiamo
levarcelo dalle scatole.” Concordò immediatamente
Kagami, con lo sguardo meditabondo e le braccia incrociate.
“Kagamicchi,
detta così sembra che lo devi uccidere e sbarazzarti del
cadavere.” Fece presente Kise.
“Se
solo non ti servissimo tutti potremmo fare una partita a basket. Aomine
tende a perdere la concezione del tempo, un po’ come quando
fa dps assieme a Kagami uccidendo gli ally online.”
Osservò
Midorima, lanciando un’occhiata altera all’altro
preso in causa, il quale borbottò qualcosa sul fatto che se
c’era pvp nel gioco non vedeva perché non
approfittarne.
Ci fu
qualche ulteriore scambio di pareri, infine Akashi, con a fianco Momoi
che prendeva appunti e disponeva ordinatamente le idee,
guardò Kuroko che era rimasto in silenzio e gli disse:
“Portalo
da qualche parte, Tetsuya.”
Numero 2
scodinzolò, allegro, mentre Kuroko senza battere ciglio
fissò il capitano della Rakuzen, anche se in
realtà era parecchio confuso:
“E
dove dovremmo andare?”
“Ma
perché proprio Kuroko? – domandò Kagami
– se quello stupido di Aomine decide di andarsene, Tetsuya
come lo trattiene? A questo punto manda Murasakibara.”
“Lo
schiaccio – convenne – basta che non andiamo
lontano e si mangi.” Poi inghiottì un biscotto,
guardando Akashi con la certezza che tanto in realtà il
ragazzo avesse già fatto la sua scelta.
“Non
se ne andrà. Kuroko lo porterà in giro nel
pomeriggio, qualche ora è sufficiente. Stamattina presto
sbrigheremo commissioni impellenti, poi spiaggia. Daiki non deve
insospettirsi.”
“Per
la serie: è stupido ma non così tanto.”
Fece presente Kagami, Kise ridacchiò con espressione furba.
Stesero il
loro piano, coordinati da Akashi, il generale che pianificava la
battaglia del secolo. Quando ogni cosa fu chiara e organizzata i
ragazzi si alzarono, chi pronto per fare la spesa e ordinare la torta,
chi per andare a chiedere in prestito a qualche nonnetto le
decorazioni, altri ancora pensarono a come sistemare il tutto per la
sera. Il regalo, invece, era già pronto.
Quando
Aomine si svegliò, stropicciando gli occhi, vide la stanza
vuota e stranamente silenziosa. Si sollevò a sedere di
scatto, convinto di aver dormito magari fino all’ora di
pranzo, mentre quegli altri sicuramente erano andati in spiaggia a
divertirsi. Scrollò le spalle; d’altronde era una
vacanza, normalmente non si faceva tutti quei problemi a stare a letto
più del dovuto, perché la cosa rappresentava uno
spreco proprio quel giorno?
Si
alzò, grattandosi un braccio, con i capelli corti che
avevano dei ciuffi sparati a caso e le labbra asciutte.
Guardò il telefono; i suoi, da qualche parte in giro per
lavoro, gli avevano mandato una foto e scritto un messaggio di auguri.
Roteò gli occhi, evidentemente telefonare costava troppo.
Meglio così, non è che fosse mai stato tanto
bendisposto nei confronti del suo compleanno, semplicemente
perché era un giorno come tanti, per quanto altra gente si
ostinasse a volerlo per forza rendere speciale, come se in
quell’occasione i festeggiati contassero qualcosa di
più per il mondo.
Si
lavò la faccia per poi guardarsi allo specchio e
sussultò quando vide riflesso alle sue spalle Kuroko, con in
braccio Numero 2.
“Tetsu,
non sei capace di entrare come tutte le persone normali?”
fece presente, asciugandosi.
Kuroko si
voltò un istante per controllare la stanza, infine
replicò:
“Io
sono entrato come tutte le persone normali, Aomine-kun. Dalla porta.
Tanti auguri.”
Gli sorrise,
all’improvviso. Numero 2 scodinzolò e, lasciato
libero, fece le feste ad Aomine che, imbarazzato, si passò
una mano dietro la testa.
“Eh…
grazie, Tetsu. Quando mi sono svegliato pensavo fosse più
tardi.”
Gli
rivelò, senza sapere bene nemmeno perché. Voleva
forse fargli intendere che credeva di aver perso del tempo importante,
quel giorno, quando guardando il cellulare si era invece reso conto che
erano appena le nove.
“Beh,
mi sembra già abbastanza tardi, comunque –
notò Kuroko diretto come al solito, per poi aggiungere
– oggi pomeriggio andiamo da qualche parte?”
Domandò,
senza troppi giri di parole. Sperò che Aomine non si
insospettisse ma, sinceramente, non sapeva di preciso cosa proporre
senza rischiare di sembrare forzato, per quanto in realtà
gli piacesse l’idea di far qualcosa assieme a Daiki.
Quest’ultimo,
comunque, forse perché insofferente al compleanno, forse
perché di per sé Kuroko aveva sempre delle uscite
strane, si limitò a riflettere qualche istante, infine
annuì:
“Perché
no? Passeggiando ho visto una scogliera con una rientranza. Possiamo
esplorarla. Che ne dici?”
Kuroko
annuì, con un leggero sorriso: “Ci sto.”
“Hai
un costume con le tasche?” domandò Aomine, subito
dopo.
Tetsuya
annuì: “Sì,
perché?”
“Per
raccogliere le conchiglie, ovvio. Che razza di esplorazione sarebbe,
altrimenti, Testu?”
Passarono un
bel resto di mattinata, nuotando, ridendo come sempre oppure litigando,
nel caso di Kagami e Aomine, il primo dei quali gli aveva fatto gli
auguri sostenendo che era un anno di più che rompeva le
scatole su questo mondo. Avevano finito per fare a gara a chi arrivava
primo alla boa più lontana, con il risultato che ciascuno
riteneva di aver anticipato l’altro.
Mangiarono
in spiaggia, con la signora Wakabayana che aveva portato loro qualche
onigiri, finendo per essersi affezionata a quei ragazzi allegri che
avevano portato una ventata d’allegria e vitalità
al suo ryokan. Poi, Kuroko guardò Aomine e gli disse:
“Vado
a prendere una cosa e andiamo.”
Daiki
annuì, per aggiungere: “Anch’io. Devo
cambiarmi.”
Gli disse,
senza che ci fosse una reale logica. Gli altri non commentarono,
scambiandosi qualche rapida occhiata tra di loro. Se Aomine fosse stato
meno distratto a pensare alle sue personali cose da dire, avrebbe
sicuramente notato quegli scambi sospetti. Anche se Akashi li
monitorava, dando un colpo di tosse secco.
Quando alla
fine nel giro di breve entrambi gli avventurieri furono pronti, Kise li
salutò allegro:
“Divertitevi
nel vostro giro! Non fate tardi!”
Fece
l’occhiolino a Kuroko, che sospirò, mentre Kagami
gli portò un braccio sopra la spalla:
“Sempre
così premurosi questi amici, eh? – ridacchiarono
– a dopo.”
Aomine
assottigliò gli occhi: “Kagami? Stai bene? Sei
posseduto?”
“Che
intendi dire?”
“Cos’è
che mi stai nascondendo?” replicò, fissando quel
volto troppo amichevole.
“Io?
– domandò Taiga offeso – tra tutti vieni
a rompere le scatole…”
Stava per
dire altro, Akashi era sul punto di intervenire con una qualche forma
d’ipotesi, quando Kuroko replicò:
“Smettila
di essere invadente, Aomine-kun. Andiamo o no?”
“Invadente?
Questo…”
Ma non gli
dette modo di parlare, sospingendolo per farlo muovere. Gli altri li
salutarono con un gesto della mano, mentre Kagami si beccò
gli insulti di Kise che alla fine tacque, rendendosi conto di essere
stato a sua volta poco accorto.
“Andrà
tutto bene.” Constatò Momoi in un sospiro,
sorridendo quando vide i due allontanarsi, Aomine con quel suo passo
scattante, Kuroko tanto più fluido. Ogni tanto si voltavano
l’uno verso l’altro, quasi per assicurarsi che
fossero ancora lì.
***
La scogliera
emergeva dal mare cristallino, come un gigante che metta a mollo
l’enorme piede in un’altrettanto immensa bacinella
d’acqua. Le rocce erano a tratti scivolose, a tratti scolpite
dal mare che finiva per dormire placido nelle pozze create
dall’usura del tempo.
Aomine e
Kuroko avevano finito per andare proprio su quelle rocce, con in mano
un secchiello pieno d’acqua nel quale erano stati messi dei
granchietti catturati da Daiki, che si era vantato neanche troppo
modestamente di essere un mito in faccende come quelle.
Le onde ogni
tanto bagnavano i piedi, mentre il sole splendeva sui riflessi spumosi
per coronare quell’ultima giornata della loro estate.
Quando
furono soddisfatti dell’esplorazione degli scogli, i due
scesero e andarono a sedersi nell’insenatura naturale, dove
grazie alla conformazione rocciosa si era venuta a creare
un’ombra piacevole, che rendeva fresca persino la sabbia. Per
qualche istante i ragazzi osservarono i tre granchi camminare sulla
superficie in plastica del secchiello, poi li videro rimanere immobili
e infine ripartire alla carica.
“Sono
incredibili, questi granchi. Lottano così tanto per qualcosa
di irraggiungibile che, anche quando sembrano essersi arresi, alla fin
fine tornano a combattere.”
Osservò
all’improvviso Aomine. Aveva le gambe incrociate e un gomito
sulla coscia atletica, mentre la testa come sempre era pigramente
appoggiata alla mano.
Kuroko,
stretto nelle spalle e con le ginocchia portate al petto, lo
guardò ma non disse nulla. Non constatò nemmeno
che anche loro alla fine erano così; perché, ne
era convinto, Aomine pensava di non essere del tutto riuscito a
ripartire.
Poi,
all’improvviso, l’asso della Too sbottò,
disilluso:
“Bah,
in fondo sono stupidi. Continuano a girare attorno agli stessi problemi
e non si rendono conto di essere chiusi in un secchiello di plastica
dal quale non usciranno mai.”
Riprese a
guardare gli scogli e, oltre, il mare.
Senza dire
una parola, Kuroko si alzò in piedi e afferrò il
secchiello.
Sotto lo
sguardo stupito di Aomine, il ragazzo fece pochi passi più
avanti, fino a raggiungere la superficie rocciosa lambita dalle onde;
lì, con la solita calma che lo contraddistingueva,
inclinò il contenitore di plastica, dal quale cominciarono
ad uscire i granchi che, liberi, si lasciarono trasportare dalle onde,
per poi sparire tra le insenature, la schiuma e la loro sabbia.
Kuroko si
voltò verso Daiki, i suoi capelli umidi di salsedine erano
rilucenti al sole:
“Non
possiamo fare tutto da soli, Aomine-kun. A volte
c’è bisogno di qualcuno che rovesci il secchiello
per noi, se le cose sono troppo grandi e ci sopraffanno.”
“Testu…”
Si morse un
labbro.
Kuroko gli
fu davanti e si piegò sulle ginocchia, per poi guardarlo
negli occhi.
“Devo
dirti una cosa, Aomine-kun.”
Gli disse,
con quella sua tipica serietà nonostante il volto dallo
sguardo morbido.
Ora
o mai più.
“Aspetta
– lo bloccò l’altro, portandogli una
mano sul petto, mano che entrambi guardarono, per pochi assurdi istanti
– anch’io una cosa da dirti. Se non lo faccio ora,
me ne pentirò per sempre.”
Kuroko gli
aveva rovesciato il secchiello in cui anni fa era caduto. Ora toccava a
lui, finalmente, nuotare fuori e guadagnarsi la sua libertà.
Si mise una
mano in tasca e, prima che Testsuya potesse dire altro, gli
schiaffò sul petto, esattamente dove prima c’erano
le sue dita, il volantino dell’università. La
stessa che gli aveva suggerito Akashi, a lui, forse soltanto a lui, ma
non gli interessava. Voleva che ci fosse Kuroko, nel suo futuro, e quel
futuro non era certo scritto su un foglio di carta.
Spiegazzato,
chiazzato dall’umidità, così malconcio,
ma quello era il volantino dell’università che
forse avrebbe fatto Daiki Aomine. Kuroko guardò dunque quel
foglio, lo guardò bene, e lesse il nome del luogo che in
futuro avrebbe avuto l’onore di accogliere un genio del
basket.
“Mi
iscriverò qui. Solo se ti iscriverai anche tu.”
Dichiarò
Aomine. Poco lontano, la risacca del mare copriva la sabbia ma non la
sua voce.
Kuroko
sentì un labbro tremargli. Accidenti, era sempre stato
così controllato, pacato, incapace di arrabbiarsi come
faceva Kagami, di scherzare come Kise, di essere carismatico come
Akashi o attaccabrighe come Aomine, persino Murasakibara sapeva essere
più distruttivo di lui nel parlare e nel mostrare i
sentimenti.
Con un nodo
alla gola, tenendo gli occhi abbassati su quel pezzo di carta
apparentemente insignificante, Kuroko affondò a sua volta la
mano in tasca e voltando il palmo verso l’altro, stretto nel
pugno mostrò… un volantino altrettanto
spiegazzato.
Aomine
spalancò gli occhi, fissandolo, mentre Tetsuya aveva i
capelli davanti agli occhi.
“A
quanto pare mi stavi copiando, Aomine-kun.”
Usando anche
l’altra mano, Kuroko distese meglio la carta e gli
mostrò il pieghevole di un’università.
Non una qualsiasi: la Joochi.
Daiki, con
la bocca appena aperta e gli occhi che proprio non volevano saperne di
chiudersi, lesse più volte quel nome, poi spostò
lo sguardo incredulo sul proprio volantino, sullo stesso su cui si era
arrovellato quel mese, con addosso la voglia di chiedere a Kuroko dove
avrebbe studiato in futuro e, sì, cosa sarebbe stato di
loro, se potevano avere un’altra possibilità.
“E’…
le la mia stessa università, Tetsu.”
Lo
constatò. E non credette alle sue stesse parole.
Scoppiò
a ridere e, inaspettatamente, Kuroko dopo qualche istante lo
imitò. Risero talmente tanto che si ritrovarono a piangere,
seduti uno di fronte all’altro, con dei volantini
stropicciati in mano e gli occhi coperti di lacrime, in un
contradditorio insieme di sentimenti.
“Stai
piangendo.” Gli disse all’improvviso Aomine, pur
sentendo le proprie guance bagnate, ma guardando Kuroko non
riuscì a tacere.
“Anche
tu, Aomine-kun.”
Questi si
portò una mano sul volto. La lasciò un istante
lì, sulla pelle umida, poi abbassò appena il
capo, portandosi le dita sugli occhi chiusi.
“E’
che sono felice – gli rivelò – mi tenevo
questa cosa dentro e…”
“L’abbiamo
gettata fuori, come i granchi sulla scogliera.”
Si
guardarono, ripensando ad Akashi, a come li aveva spinti a credere che
prima di tutto meritassero di andare in quella scuola per loro stessi e
solo successivamente per i legami. Perché i legami erano
un’arma a doppio taglio e potevano fortificare come far
perdere. Tutti loro della Generazione dei Miracoli li avevano
fortificati, quei legami, non solo tramite il basket, anche se in
squadre diverse, ma grazie alla quotidianità della vita
parte di ognuno: lo studio, il gioco online, le uscite e gli incontri.
“Direi
proprio che andremo all’università assieme,
Aomine-kun.”
Constatò
Kuroko, sorridendo, come aveva sorriso alle medie, quando erano
assieme, o quando aveva visto Aomine tornare ad amare il bakset e aver
voglia di lottare, nel loro primo incontro delle superiori.
Si
asciugò il volto con il dorso della mano.
E fu allora,
quando la mano gli cadde a terra, che Daiki lo toccò con le
dita, passandole sul collo, fino a lasciarle lì, per portare
Kuroko più vicino, così vicino da baciarlo.
Entrambi con le guance ancora umide, i capelli odorosi di mare, le
labbra asciutte leggermente salate, forse proprio per quel mare, forse
per le lacrime.
Voleva
baciarlo, perché altrimenti non avrebbe saputo trovare le
parole per dirgli tutto quello che sentiva, ciò che provava,
l’euforia per sperimentare cosa volesse dire ripartire,
ripartire davvero, e non fermarsi più a girare attorno alle
pareti bianche di un secchiello. Per continuare a lottare in mare
aperto, tra la sabbia e gli scogli, senza più barriere di
plastica ma con un oceano intero di possibilità.
***
La sala di
solito pensata per ospitare le cene semplici del ryokan –
creata più per dar modo agli anziani avventori di non
doversi spostare troppo e mangiare salutari cibi tradizionali
– era buia, con qualche leggero spiraglio di luce proveniente
dalle imposte non del tutto chiuse, ma non esattamente silenziosa.
“Stanno
per arrivare? Mi fanno male le gambe a stare piegato
così.”
“Dai
Kagamicchi, sempre a lamentarti, io sono esaltatissimo!”
“Io
ho fame.”
“Non
avevamo dubbi, Murasakibara. Takao, sei ingombrante, spostati
più in là.”
“Ma
Midorima! Sono già all’angolo, dove vuoi che mi
sposti?”
“Non
lo so, questo è un problema tuo.”
Con uno
schiocco di dita Akashi chiamò il silenzio, che fu immediato.
“Basta
con le chiacchiere. State respirando anche in maniera rumorosa.
Calcolando l’orario dovrebbero essere sul punto di
arrivare.”
“Respiriamo
in maniera rumorosa? Mica possiamo stare in apn…”
Ma Kagami
tacque, perché Murasakibara gli mise una mano sulla testa,
stringendo convenientemente di più la presa dei
polpastrelli. Sbuffò, un solo istante, poi smise
definitivamente di essere rumoroso.
A pochi
metri dall’ingresso, infatti, oltre la porta chiusa
c’era Aomine, confuso e chiaramente imbarazzato, anche se
aveva le sopracciglia leggermente corrugate che lasciavano trasparire
più che altro un sentimento di disagio. Prima di entrare,
Kuroko lo guardò, sospirò e gli tese il pugno in
avanti:
“Mi
sono divertito oggi, Aomine-kun. E non cambierei proprio
nulla.”
“Sì,
beh…” roteò gli occhi, più
per cercare le parole che per un fastidio che non avvertiva, infine
annuì, sempre mantenendo un’espressione
splendidamente corrugata:
“Nemmeno
io.” Aggiunse, battendo il pugno.
Insomma,
aveva baciato Kuroko. Così, all’improvviso. Niente
di quelle robe più complicate con la lingua e tutto il resto
– si sentiva morire e stupido al solo pensarci –
però le sue labbra si erano proprio posate su quelle di
Kuroko, con decisione, non certo tanto per fare. Ma che gli era preso?
Era su di giri, felice, persino esaltato e aveva fatto la prima cosa
che gli era venuta in mente, quasi fosse un fatto naturale, e
nell’istante immediatamente dopo si era sentito
così bene, così libero, da pensare di poterlo
fare ancora.
Poi, quando
si erano guardati negli occhi, entrambi erano arrossiti, deviando gli
sguardi e interessandosi a fare cose inutili tipo scrollare la sabbia
dal costume o controllare l’integrità del
secchiello. Si erano incamminati lungo la spiaggia per tornare
indietro, silenziosi ma intimamente felici, nonostante
l’imbarazzo e il timore di aver offeso l’altra
persona.
Per questo
Aomine si sentì sollevato, nel sentire Kuroko parlare in
quel modo. Non
avrebbe cambiato nulla, nemmeno il bacio. E per lui sarebbe
stata la stessa identica cosa.
Dopo quei
minuti di riflessione si guardò un istante attorno e
domandò, appoggiando una mano sul fianco mentre si grattava
un orecchio, con la finezza che lo caratterizzava:
“Cos’è
tutto questo silenzio? Dove sono tutti?”
Kuroko
scrollò le spalle: “Non lo so, Aomine-kun. Magari
sono ancora in spiaggia.”
“Non
mi è sembrato di averli visti.” Fece presente
Daiki, in procinto di sbirciare oltre l’imposta della
finestra. Kuroko assottigliò impercettibilmente gli occhi.
Per
tutto ciò che non riguarda il basket ha l’intuito
di una pietra, proprio stasera doveva riscoprirsi tanto osservatore?
“Andiamo
a chiedere alla signora Wakabayashi.” Suggerì
all’ultimo, battendogli una breve ma decisa pacca sulla
spalla per costringerlo a bloccare ogni curiosità
inopportuna.
“Va
bene, va bene Tetsu.” Borbottò Aomine per poi
mettere la mano sulla porta ed entrare, anche se dopo aver lanciato una
breve occhiata a Kuroko.
Poi mise
piede nell’oscurità e borbottò qualcosa
sulla luce che faceva schifo, visto che si decideva a saltare proprio
quando lui aveva più bisogno di vedere. Accennando a un
sorriso per i suoi modi un po’ burberi e per il fatto che non
si fosse nemmeno avvicinato all’interruttore, Kuroko gli
suggerì:
“Magari
puoi provare ad accenderla, la luce.”
Prima che
Daiki potesse replicare, Tetsuya premette l’interruttore e i
due ragazzi vennero illuminati dalle lampade della sala del ryokan ma
non solo… c’erano appese per le travi in legno
anche tante luci colorate, dal blu all’arancione, che fecero
sembrare il luogo un ambiente in festa.
E
poi… Kagami, Kise e Momoi che saltarono su da dietro dei
tavolini, con le braccia spalancate e il sorriso allegro:
“Buon
compleanno, Aomine!”
Lo dissero
anche Midorima, che si era compostamente messo in piedi, imitato da un
più entusiasta Takao, Murasakibara, che pure era salito a
rallentatore, per finire anche Akashi, il quale non aveva urlato come
gli altri ma sorrideva appena, con le braccia incrociate e lo sguardo
fiero del capitano.
Fecero il
loro ingresso dal retro la signora Wakabayashi, seguita da alcuni degli
anziani avventori del ryokan, che nei giorni passati si erano tanto
divertiti con quei giovani allegri e pieni di vita.
Applaudirono
tutti e qualcuno fece volare delle stelle filanti.
Aomine era
rimasto immobile per tutto quel tempo, con gli occhi incapaci di
chiudersi, la salivazione ridotta a zero e lo sguardo che si spostava
sui ragazzi che anni fa erano stati i suoi migliori amici, la sua
squadra, poi i rivali e l’ispirazione per rimettersi in gioco
e cambiare. Guardò Momoi, che l’aveva sempre
supportato e sopportato, poi lentamente si voltò verso
Kuroko.
“Tetsu.”
Gli disse.
Ma richiuse la bocca.
“Auguri,
Aomine-kun.”
Gli rispose
applaudendo a sua volta, con quel sorriso accennato ma così
vero e diretto da spiazzare. E Daiki, ragazzo egocentrico, introverso
– nonostante in passato fosse stato tanto aperto e sorridente
da non sembrare più lo stesso, capace in seguito di
allontanare e disprezzare la gente – si ritrovò
per la prima volta da quando tutto era cambiato davvero completo e
felice. Così tanto da non desiderare di essere altrove o con
altre persone.
“Grazie.”
Disse
semplicemente. Si inchinò.
Gli astanti
lo guardarono, qualcuno perplesso per quel gesto di profonda
umiltà e sincero ringraziamento, proveniente proprio da uno
che si era sempre creduto troppo superiore per quelle cose. Infine
sorrisero e si avvicinarono, esultanti, Kagami battendo qualche sonora
pacca sulla spalla, Kise andandolo ad abbracciare senza smetterla di
inneggiare alla festa che avevano organizzato.
Si presero
in giro, scherzarono, poi si sedettero tutti presso i tavolini bassi,
uniti per l’occasione. C’era odore di cibo, di
festa e di salsedine, portata da Aomine e Kuroko che non si erano
cambiati, ma anche dal mare che risuonava oltre le mura e sulla
spiaggia, con la grancassa della risacca.
Ci fu poi la
torta e, siccome Aomine si rifiutava all’inizio di soffiare
le candeline, Kagami e Kise si avvicinarono con l’intento di
farlo al posto suo, convinti che l’inaffondabile
competitività di Daiki si sarebbe rivelata in tutta la sua
potenza. Infatti così fu e il ragazzo li
spintonò, per anticiparli e non permettere loro che lo
battessero sul tempo nel fare un gesto tanto semplice.
Ci furono
ancora cori di auguri, poi Akashi domandò, guardando Kagami:
“Taiga,
ci pensi tu?”
Questi
annuì. Qualcuno sorrise, altri ridacchiarono compiaciuti.
“Anche
se non mi piace ammetterlo – Momoi gli lanciò
un’occhiataccia, Akashi fu semplicemente glaciale nel
guardarlo, dunque il giocatore della Seirin dovette correggere il tiro,
dando un colpo di tosse – dicevo… dopo tutti
questi anni che ci conosciamo, di vittorie e di sconfitte, nonostante i
nostri caratteri non propriamente pacati, ho da riconoscerti un grande
merito.”
Aomine
sollevò un sopracciglio, perplesso di fronte a
quell’ammissione, ma non replicò.
Così
Kagami proseguì, guardandolo negli occhi: “Oltre a
essere un giocatore che, francamente, ancora non riesco a prevedere e,
dannato, prima o poi riuscirò a capire e ostacolare i tuoi
movimenti, specie da quando ti sei finalmente allenato come si
deve…”
“Kagami-kun,
stai divagando.” Intervenne Kuroko.
“Ok,
vero, comunque un tuo merito è stato cominciare a credere
negli altri. Hai creduto in me, quando mi hai dato le tue scarpe prima
della partita, ma anche in Kuroko e in tutti noi. E’ per
quello che sei migliorato tanto, che hai ripreso a giocare con
entusiasmo e amare veramente il basket. Perché hai creduto
che noi tutti potessimo essere degni avversari ma, soprattutto, amici.
Non
è forse molto ma ci tenevamo a darti questo, da parte di
tutti noi.”
Gli porse un
pacchetto regalo rettangolare.
Con
l’espressione a metà tra lo stupito e
l’emozionato, Aomine aprì l’incarto e
scoprì che conteneva una scatola con dentro…
delle scarpe da basket.
Nere, come
piacevano a lui, e di un modello così simile a quello che
anni fa aveva dato a Kagami e che con il tempo si era consumato.
Per
giocare ancora. Assieme.
***
Akashi era
seduto sul porticato, fuori dal ryokan. Avevano tutti finito di
risistemare la sala e ormai la luna era alta nel cielo, con le sue
stelle, capaci di rendere il mare una calma superficie oscura, lucente
come se fosse stata uno specchio.
Kuroko si
sedette al suo fianco e per qualche minuto rimasero entrambi,
silenziosi, a guardare il cielo e il mare di fronte a loro.
“Grazie,
Akashi-kun.”
Disse
all’improvviso il ragazzo.
Akashi
voltò lo sguardo verso di lui, per poi tornare a guardare le
stelle con un accenno di sorriso:
“Non
ho fatto niente.”
“Hai
sempre cercato di tenere uniti tutti noi.”
Il Capitano
della Rakuzan non replicò, rimanendo silenzioso. Sapeva che
dopo l’estate le cose sarebbero state più
difficili, con gli esami, il suo obbligo a dedicare meno tempo al
basket e la prospettiva in testa degli studi futuri, scelti per poter
continuare a giocare. Quante situazioni sarebbero cambiate nel
frattempo, quanti rapporti persi e amicizie dimenticate.
Man mano li
raggiunsero gli altri. Qualcuno si sedette di fianco a lui e Kuroko,
come Aomine e Momoi, altri sulla sabbia o sulle scale.
Ci fu
qualche ulteriore chiacchiera e risata. Infine Akashi disse, alzandosi
in piedi:
“Devo
farvi un annuncio. Da dopo l’estate dovrò ridurre
il mio impegno con la squadra di basket. E’ probabile che
partecipi ancora a qualche partita ma cederò il mio ruolo di
capitano. I ragazzi del secondo anno dovranno cominciare a sostituirsi
a noi del terzo, com’è giusto che sia. Di
conseguenza… potrò giocare poco o niente anche
con voi. Scusatemi sin da ora.”
Tutti lo
guardarono, esterrefatti. Ma intimamente era ragionevole che uno come
Akashi dovesse fare delle scelte importanti a beneficio dello studio,
visto le mire ambiziose che la sua famiglia aveva sempre coltivato per
lui.
Dopo un
istante, Aomine si alzò a sua volta:
“Beh,
dobbiamo guardare al futuro, allora. Tetsu e io abbiamo scelto
l’università.”
Akashi lo
fissò, senza però far trapelare nulla, eccetto un
lieve stupore.
“Oh,
finalmente, ti sei deciso Ahomine! Comunque sappi che ti
batterò anche se saremo nella stessa squadra.
L’asso sarò io.”
Disse
Kagami, puntandosi il pollice contro il petto.
“Scordatelo,
Bakagami – poi si voltò verso Kuroko –
lui lo sapeva?”
“Aomine-kun,
ti ricordo che siamo in squadra assieme, nella stessa scuola. Ovvio che
ci siamo confrontati.”
Ma
con te, Aomine-kun, è stato decisamente più
difficile. Perché credevo che saresti andato altrove e non
ti sarebbe più importato di nient’altro.
“Ehi,
ho scelto anch’io l’università.
Sarà la stessa?” investigò Kise.
“Spero
di no.” Sbottò Midorima.
Takao gli
dette una manata sulla spalla: “Ma dai, che ti sei fatto
subito convincere da Akashi. E so che ti sei informato da Momoi per
sapere che avessero deciso gli altri.”
“Sta’
zitto.” Gli ordinò il tiratore da tre punti,
lapidario e imbarazzato.
Murasakibara
guardò Akashi, infine dopo un attimo di silenzio gli disse:
“Joochi.
L’hai suggerita a tutti noi, no?”
Gli altri
guardarono Murasakibara, che però fissava Akashi. Fu allora
che si voltarono verso quest’ultimo e lo videro per quello
che egli era: non solo una divinità, un genio assoluto in
qualunque cosa facesse, un capitano venerato e amato dai propri
compagni che esigeva sempre il massimo, soprattutto da se stesso. Ma
anche un ragazzo, legato come tutti loro dagli obblighi della vita e
dai sacrifici, che aveva infine disteso il volto in un sorriso,
nonostante lo sguardo stupito, di chi non era abituato a essere confuso
e capito, fino in fondo.
Aveva
parlato a ciascuno di loro dell’università,
proprio perché voleva che in futuro non ci fossero
rimpianti, che ognuno costruisse la sua scelta poiché
credeva davvero che quel luogo fosse adatto per vederli crescere, nel
basket, nello studio, in qualsiasi cosa avrebbero voluto intraprendere
nella vita.
Si aspettava
riflessioni in merito da parte degli altri ma…
“Mi
state dicendo che tutti avete scelto la Joochi?”
Domandò,
guardandoli uno ad uno. E ognuno annuì.
Seijuro si
sedette.
Kuroko lo
guardò: “E’ tempo che anche noi, in
fondo, contribuiamo a tenerci uniti, Akashi-kun.”
L’imperatore
sorrise. Pensò che quell’estate era stata la
più splendida e perfetta della sua vita.
***
“Sai
cosa mi fa venire in mente l’estate, Tetsu?”
“Cosa,
Aomine-kun?”
“Le
cicale. Un tempo pensavo fosse il mare. Ma… il mare non
è ovunque. Invece d’estate, in qualsiasi luogo tu
sia, la sera affacciandoti alla finestra sentirai sempre le cicale
frinire.”
Si
guardarono, prima di andare a dormire e l’indomani ripartire.
Ovunque io
sarò, con gli anni a venire, mi ricorderò per
sempre di questi giorni. Come
se quel frinire, la risacca e il mare sugli scogli, li avessi dentro di
me, assieme a tutto ciò che ho provato.
Sproloqui
di una zucca
Ebbene sì,
eccoci all'ultimo capitolo. Quanto mi mancheranno questi ragazzi,
davvero. Dopo aver concluso in una lettura pazza e disperatissima il
manga e l'anime avevo un vuoto dentro, misto ad esaltazione (dopo un
breve assaggio di fangirlismo con lo speciale Extra Game del quale
attendo a settembre il film subbato), perché avevo bisogno
di capire che accidenti accadesse a questi ragazzi in futuro. Hanno
tutto il liceo davanti e poi la vita... sta situazione s'ha da
proseguire. Quindi meno male che ci sono le fanfiction e la scrittura,
per colmare tali necessità.
Questo è il
risultato del mio desiderio di immaginare la generazione dei miracoli
et aggregati assieme, ancora, nella loro quotidianità.
Tirando le somme è una storia semplice, proprio
perché è pensata in quest'ottica di
normalità e affetto - posso arrivare a standard molto crudi
e brutali, segno che ho un bel bipolarismo da curare XD
E' irreale che
davvero, alla fine, tutti i ragazzi decidano di andare alla stessa
università, per quanto in Giappone il sistema universitario
sia molto diverso dal nostro ed, effettivamente, una struttura
complessa possa racchiudere numerose facoltà ed esistano
club importanti per gli sbocchi nel mondo sportivo/agonistico.
Maaaaa.... tant'è, avevo voglia di sognare e di immaginare
ancora i nostri ragazzi assieme, in una vera squadra.
Kagami, Kise e Aomine
faranno a botte per il titolo di asso, Akashi calcioroterà
il capitano prendendo automaticamente il suo posto, Midorima e
Murasakibara saranno titolari appena messo piede in palestra e
Kuroko... verrà scartato XD Per poi venire riammesso dopo le
minacce/preghiere degli altri. Oh, ovviamente Tetsu e Deiki staranno
assieme <3 In un modo o nell'altro XD
Wow, c'è
materiale per una nuova storia! Olé!
Scherzi a parte,
grazie davvero ha quanti hanno letto. Se voleste esprimere la vostra
opinione generale in merito, risponderò con giuoia.
Nuovamente grazie e
alla prossima storia!
Più Aomine
e Kuroko per tutti :3
Se Aomine li avesse
scoperti organizzare il suo compleanno sarebbe morto XD
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