Epilogo:
Boom
Era
pieno inverno. La pioggia battente imperversava implacabile, mentre
lampi e tuoni si susseguivano nella loro naturale sequenza, facendomi
sobbalzare di tanto in tanto.
Mi
ero barricata in casa, il fuoco all'interno della stufa a legna
ardeva scoppiettando, riscaldando l'atmosfera e le mie mani. Un buon
libro mi teneva compagnia, riempiendo la mia mente di storie non mie
e di ricordi appartenenti a personaggi inesistenti che, come di
consueto, sentivo più vicini dei miei stessi amici.
Leggevo
per la seconda volta L'ombra del vento
di Zafón
e non mi stancavo mai di quel suo stile inconfondibile, dei suoi
personaggi singolari e degli intrecci articolati e intriganti che
sapeva creare.
Durante
la lettura, un passo colpì la mia attenzione, così mi
affrettai a segnarlo su un vecchio quaderno in cui raccoglievo tutte
le mie citazioni preferite.
La
vita ci assegna senza possibilità di scelta i genitori, i
fratelli e gli altri parenti, l'unica e vera alternativa che ci offre
è quella di poter scegliere i nostri amici. Se qualcuno non ti
ama ti amerà qualcun'altro. Goditi l'amore delle persone che
ti vogliono bene, condividilo con loro e dedicagli il tuo.
Era come se l'autore avesse
colto il succo di ciò che era sempre stata la mia vita.
E qualcuno mi aveva detto:
«Lui non ti merita, non ti ha mai meritato. Se non ti ama lui,
troverai mille persone disposte a farlo».
Chissà se era vero,
io in ogni caso non credevo nell'amore, forse non ci avevo più
creduto da quando avevo subito la cocente delusione da parte di
Marco, più di due anni prima.
E non ci avevo creduto
neanche quando avevo cominciato a uscire con Danilo, ecco perché
sentivo sempre che qualcosa non andava tra noi.
Quel qualcosa ero io, era la
mia consapevolezza, era ciò che comunemente viene chiamato
sesto senso o intuito femminile.
«Dimmi,
che c'è che non va?»
«Lau,
ascolta... per me è molto difficile...»
Reggevo
il telefono con mano tremante, già pronta a udire il peggio,
già conscia di ciò che sarebbe successo di lì a
poco.
Ero
rientrata dal campo da tre giorni e le cose con Danilo non avevano
fatto che peggiorare, raffreddandosi sempre di più.
Lo
sentii tirare su col naso e rimasi basita.
«Non
possiamo più vederci, non me la sento di continuare...»
balbettò in preda ai singhiozzi.
«Come
sarebbe a dire? E perché?» sbottai contrariata.
«Ho
ricominciato la scuola, ho ripreso con la scuola guida e ho tante
cose da fare...»
«Avevamo
detto che avremmo trovato un compromesso!» avevo protestato.
Sul momento la mia reazione fu catastrofica: scoppiai a piangere e lo
implorai, risultando piuttosto patetica.
«Il
punto è che... tu sei troppo impegnativa, non riesco a
gestirti, a gestire le tue difficoltà e...»
«Cosa?!»
La rabbia mi invase, non avrebbe dovuto dirlo. Questo era troppo.
Come
avevo potuto credere che lui fosse una brava persona?
Probabilmente lo avevo
sempre saputo, me l'ero sentito fin nelle viscere, ma avevo preferito
farmi trascinare da quella sorta di avventura estiva senza pensare o
riflettere su niente di serio.
Tutto, per me, si era basato
prevalentemente sull'attrazione, non gli avevo permesso di arrivare
fino al mio cuore e questo aveva fatto sì che non soffrissi
quasi per niente. Piansi quel giorno, poi cominciai a rendermi conto
che lui era sempre stato strano e bizzarro.
Così, io e Tamara
prendemmo ad analizzare tutto ciò che era successo e io
cominciai a ricordare un sacco di stranezze riguardanti Danilo, cose
che risultarono davvero raccapriccianti e che mi convinsero che
dovessi soltanto ringraziarlo per avermi lasciato.
Arrivai alla conclusione che
era un ragazzo soggiogato dai genitori, a ventitré anni non
sapeva ragionare con la sua testa; aveva difficoltà di
adattamento, manie di persecuzioni che gli impedivano di appoggiare
il suo borsello su una panchina senza che qualcuno glielo rubasse.
Provava fastidio nel trovarsi in strada quando c'erano delle macchine
in transito, aveva dubbi su alcuni aspetti del sesso e aveva cercato
di impartire lezioni alla sottoscritta in una maniera piuttosto
bizzarra e inquietante.
Una volta mi aveva detto,
infatti, con tanto di balbettio d'accompagnamento: «Non so se
sei consapevole che quando si fanno certe cose... esce qualcosa... da
lì...».
Ero rimasta basita e non
avevo saputo come replicare, ma ci ero passata sopra e non ci avevo
più badato finché la mia mente non mi ci aveva
riportato con maggiore lucidità.
Ero uscita per un mese con
una specie di ritardato schizofrenico, e temevo che i suoi problemi
non fossero neanche diagnosticati e quindi non potessero essere
tenuti sotto controllo.
Col senno di poi, ero
contenta e me la ridevo nel ricordare tutte le citazioni memorabili
legate alle sue stronzate.
Non smisi di vederlo, poiché
continuai a seguire la sua band. Non mi importava niente che lui ci
fosse o meno, tanto era un incapace, spesso si dimenticava di suonare
ed era come se non esistesse all'interno del gruppo.
La cosa più
divertente fu che continuò a fissarmi, ogniqualvolta che ci
trovavamo nello stesso posto; fortunatamente, nella maggior parte
delle occasioni non potevo vederlo e quindi mi limitavo a ignorarlo e
a divertirmi per i fatti miei.
La mia vita era decisamente
migliorata, ma restava comunque il fatto che un essere simile aveva
detto di non poter gestire i miei problemi; certo, non era in grado
di gestire neanche i suoi, figurarsi i miei.
E allora cominciai a
maturare sempre più la convinzione che per una disabile come
me non ci sarebbe stato futuro in quel senso; era inutile girarci
intorno, la mia categoria era penalizzata sotto molti punti di vista
e sicuramente, se anche un disagiato come Danilo si era tirato
indietro – per volere, probabilmente, di quella strega di sua
madre –, nessun normodotato vero e proprio avrebbe accettato di
badare a una persona non autonoma come me.
Era logico, e a me non
importava più. Volevo stare tranquilla, volevo stare sola ed
evitare i problemi che queste situazioni portavano con sé.
Avevo davvero troppe cose a
cui pensare, tante difficoltà da affrontare e tante passioni
da coltivare, non avevo più tempo né voglia di sprecare
tempo prezioso in cose futili come l'illusione dell'amore o altre
stronzate affini.
La mia mente corse a Marco.
Non pensavo più a lui tanto spesso, se non nei momenti in cui
ricordavo alcune scene raccapriccianti dell'ultimo campo.
Ormai era gennaio, erano
trascorsi quattro mesi da quando il campo era finito e io mi sentivo
tranquilla.
Sorrisi al ricordo
dell'ultima volta che lo avevo visto. Era stato un caso e non me
l'aspettavo, ma ero certa che non sarebbe più successo.
Era
fine novembre e mia sorella aveva compiuto gli anni proprio quel
giorno. Per farle una sorpresa, l'avevano trascinata senza che lo
sapesse al concerto di uno dei nostri gruppi locali preferiti.
La
serata stava andando a gonfie vele, lei era emozionata e ancora non
poteva credere di essere davvero lì.
Ci
eravamo godute il concerto, il cantante aveva – sotto nostra
richiesta – fatto gli auguri a Tamara direttamente dal palco,
parlando al microfono e dedicandole poi uno dei brani più
belli.
Lei
era scoppiata a piangere e si era goduta il resto del concerto con
una nuova luce negli occhi e nel cuore.
I
componenti della band, infine, avevano insistito per regalarle una
maglia con il loro logo stampato sopra e lei aveva raggiunto così
il culmine della gioia.
Tutto,
insomma, procedeva a gonfie vele e noi, contentissime, ci stavamo
dirigendo verso l'uscita in compagnia di alcuni miei amici che
avevano partecipato con noi all'evento.
Qualcuno
ci fermò e noi lo riconoscemmo subito per due ragioni: la sua
voce lamentosa era inconfondibile, così come la puzza di alcol
che emanava.
«Lau,
Tami! Siete voi! Ciao!» esordì infatti Marco,
accostandosi a noi per baciarci sulle guance.
Mi
venne quasi da vomitare per l'odore che emanava, ma cercai di stare
calma e di non mandarlo al diavolo seduta stante.
«Anche
voi qui?» se ne uscì poi.
«A
quanto pare...» borbottai.
«Tami,
oggi è il tuo compleanno, vero? Auguri!»
«Grazie»
fece mia sorella in tono laconico.
«Io
sono stanchissimo... sono venuto qui perché loro mi piacciono
molto, ma tra l'università e tutto il resto sono sempre
fuso...» blaterò.
Non
avevo minimamente voglia di averci a che fare, aveva in qualche modo
rovinato l'idillio che aveva caratterizzato la serata fino a poco
prima.
«Ah,
be', immagino» fece Tamara con poca convinzione.
Lui
continuò a parlare di se stesso e non si preoccupò
minimamente di chiedere qualcosa su di noi; finalmente, cinque minuti
dopo, riuscimmo a liberarcene portando fuori la scusa che dovevamo
proprio andare perché ormai si era fatto tardi.
«Ma
perché dovevamo incontrare proprio lui? Che palle...»
brontolò Tamara mentre ci avviavamo verso il luogo in cui
stazionava la macchina di uno dei miei amici.
«Non
lo so... ma hai sentito quanto puzzava di alcol?!»
Era stato raccapricciante,
col senno di poi mi veniva soltanto da ridere. Marco era davvero un
essere penoso, non c'era nient'altro che io potessi dire sul suo
conto.
La cosa più grave era
che, pochi giorni dopo il campo, aveva scambiato dei messaggi con mia
sorella e le aveva fatto intendere di essersi innamorato di
lei, anche se non aveva esplicitamente fatto il suo nome.
Stavano parlando di me, lui
aveva detto che era contento di aver risolto le cose con me, ma che
il suo cuore ora apparteneva a un'altra ragazza. Tamara indagò
con qualche domanda e utilizzò il suo solito fare ingenuo e da
finta tonta, e venne fuori che lui non voleva rivelare a questa
ragazza di essere interessato a lei per non rovinare un rapporto
molto importante che aveva da poco ricostruito.
Ci impiegammo ben poco a
fare due più due e ci esibimmo in grosse risate che
perdurarono anche nei giorni successivi, ogni volta che ripensavamo
all'accaduto.
Poi, anche Tamara e Marco
avevano smesso di sentirsi.
Tutto era finito, puff,
svanito, scoppiato come un palloncino bucato.
Riportai l'attenzione sul
libro che avevo di fronte e rilessi le parole che avevo segnato sul
quaderno.
Sorrisi, pensando che avrei
potuto aggiungere una frase tutta mia a quel concetto, per renderlo
più completo e adatto a me.
Afferrai una penna rossa e
annotai:
Lasciare
che qualcuno ci ami significa permettergli di distruggerci.
L'amicizia è l'unico valore davvero irrinunciabile.
La mia mente cercò
l'immagine di mia sorella, lei che era la prima vera amica che
avessi; poi corse ad Anna, lei che era come una sorella acquisita per
me.
La mia vita poteva essere
completa anche così, anche con la loro sola presenza e il loro
sostegno. Senza di loro sarei irrimediabilmente caduta.
Tutto era esploso, ma io ero
ancora in piedi, pronta ad affrontare il mio futuro. Ormai avevo
eliminato tutti i parassiti che intralciavano il mio cammino e, in
caso se ne fossero presentati altri, ormai sapevo qual era il metodo
più efficace per estirparli e proseguire libera e serena.
Boom!
Here
comes the Boom!
How
you like me now?
Ciao
a tutti, eccomi qui con l'epilogo di questa storia, e quindi anche
dell'intera “trilogia”!
Vi
aspettavate che tra Laura e Danilo sarebbe finita così presto?
Qui
ci sono pensieri molto forti, idee molto ferree da parte della nostra
protagonista; ha raggiunto molte consapevolezze che prima non aveva
ancora maturato.
Volevo
dare un finale realistico, non un lieto fine scontato che non
rispecchiasse ciò che succede nella vita di tutti i giorni;
diciamocelo, è più logico che capitino certe cose,
piuttosto che tutto vada rose e fiori, non pensate anche voi? :D
Forse
mi sono fatta contagiare dal generale pessimismo della protagonista,
ma questo dimostra ancora una volta quanto siano i personaggi a
comandare noi autori, non il contrario!
Per
quanto riguarda la citazione di Zafón che ho inserito
all'inizio, si tratta della stessa che fa parte della mia
introduzione qui su EFP. Mi piaceva l'idea di inserirla e di farla
leggere alla nostra Laura, spero vi sia piaciuto quest'accostamento!
^^
Prima
di lasciarvi, spendo due parole su questa trilogia: mi sono
emozionata con i personaggi, l'ho portata a termine grazie
all'incoraggiamento di Marss che, ormai, non bazzica più tanto
sul sito. Tutto è partito da lì, e io sono felicissima
del risultato.
Sicuramente
non sarà un capolavoro della letteratura moderna, ma
sicuramente mi ha aiutato moltissimo e ha fatto sì che mi
cimentassi in qualcosa di diverso, di particolare; ha fatto sì
che entrassi nel mondo di Laura e dei suoi amici, dei suoi problemi e
delle sue difficoltà.
La
disabilità non è un tema facile da trattare, ma io ho
cercato di fare del mio meglio e mi auguro di esserci almeno un po'
riuscita.
Passo,
infine, ai ringraziamenti veri e propri: in questo caso devo
ringraziare le mie due lettrici più fedeli, le mitiche e
adorate Soul_Shine
e Hanna
McHonnor
che si sono prodigate a recensire tutti i capitoli ^^
GRAZIE
RAGAZZE, senza di voi non saprei come fare... siete la mia forza, mi
spingete sempre a continuare, qualunque cretinata io decida di fare o
scrivere, quindi a voi va tutta la mia gratitudine ♥
Grazie
anche a chi ha seguito in silenzio la storia, a chi l'ha apprezzata e
a chi si è emozionato pur senza dirmelo.
L'importante
è che le vicende di Laura e gli altri ragazzi siano arrivate,
almeno un po', al vostro cuore :3
Alla
prossima ♥
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