La
fissava visibilmente perplesso.
“Un
regalo?”, solo a pronunciarla quella parola gli sembrava
strana, figurarsi riceverlo un regalo, era a dir poco assurdo.
Nessuno
gli aveva mai fatto un dono prima di allora, se non per secondi fini.
In
fondo era il Dio della Morte, uno spietato assassino, chi mai avrebbe
voluto fargli un regalo?
Non
riusciva proprio a capacitarsi del fatto che quel pezzo di stoffa in
mano ad Aguri, era stato comprato appositamente per lui.
“E’
passato un anno esatto dal nostro primo incontro.”
spiegò lei, notando il tentennamento dell’uomo,
“Se non ti ricordi il giorno in cui sei nato,
perché non facciamo che oggi è il tuo compleanno?
Mi hai dato tanto aiuto e consigli, quindi vorrei donarti questo
compleanno”.
Sospettoso
la osservò bene; non c’era traccia di malizia
nella sua voce, niente che gli facesse credere che si trattava
dell’ennesima menzogna a suo danno.
Aguri
lo guardava con gioia, e la sincerità nel suo sguardo gli
fece ancora una volta capire che era diversa da chiunque altro
lì dentro.
Lei
non lo considerava una cavia, un assassino, o uno scherzo della natura,
ma un semplice uomo.
“Lo
accetto con gioia”, anziché sortire
l’effetto desiderato, ovvero di renderla felice, la ragazza
si rabbuiò di colpo.
“Però
non ho modo di potertelo dare, non finché
c’è questa parete..” toccò il
vetro con la punta delle dita e, come se si fosse aperto un rubinetto,
iniziò a raccontargli tutto.
Gli
rivelò la decisione di Yanagisawa di farla lavorare
lì a tempo pieno, ma far questo avrebbe significato
abbandonare l’insegnamento a cui era tanto legata, e anche se
aveva fallito con i suoi allievi, non riuscendo ad accendere in loro
alcuna luce, non aveva nessuna intenzione di arrendersi.
Il
Dio della Morte l’ascoltava, ma quelle parole gli erano
totalmente estranee.
Aveva
avuto anche lui un allievo che lo aveva brutalmente tradito, ma anche
durante i periodi di addestramento, quando era ancora il suo fedele
apprendista, non aveva mai provato sentimenti così profondi
per lui, non gli aveva mai espresso ammirazione, e di sicuro non si
sarebbe mai dato così tanto da fare per renderlo felice.
Aguri
era completamente diversa, era innocente, pura, dava anima e corpo per
quella sua classe di disgraziati.
Erano
due mondi diametralmente opposti ed estranei che non sarebbero mai
entrati in collisione, eppure lei aveva cambiato le carte in tavola, e
andando contro il buon senso comune, aveva iniziato a credere in lui e
chiedergli aiuto come ad un vecchio amico.
Anzi,
era ormai chiaro che i sentimenti che provava per il killer andavano
ben oltre la semplice amicizia e complicità, sua sorella
già aveva iniziato a sospettare qualcosa e lei non era
riuscita a dissuaderla da quell’idea.
“Signor
Dio della Morte, vorrei poterti toccare… mi hai sempre
sostenuta e vorrei che tu mi donassi la forza”.
Quelle
parole lo colpirono come un pugno al petto e fecero ripartire qualcosa
dentro di lui, qualcosa che si era bloccato da ormai troppo tempo e,
forse, non aveva mai sperimentato.
Non
si accorse che il suo falso sorriso si trasformò in uno
autentico e, appoggiando la mano sul vetro all’altezza di
quella della donna, quasi a volerle unire, fece scivolare i tentacoli
attraverso i buchi per la comunicazione e delicatamente, come non aveva
mai fatto prima, le accarezzò il viso con dolcezza.
“Va
tutto bene, tu puoi farcela.” la rassicurò
appoggiando la fronte sulla lastra fredda, come se volesse appoggiarsi
a lei, e lei fece lo stesso.
“Si.”
I
due universi entrarono in collisione, trovando base comune nel dolore e
la barriera tra di loro scomparve di colpo.
Era
pericoloso e sarebbe costato caro, lo sapevano entrambi. E promise a se
stesso che l’avrebbe protetta.
La
prima volta che si toccarono fu tre ore prima della loro fine.