19.
Tartine,
champagne, ostriche e crudités, il tutto servito su piccoli piatti di
porcellana ornati da delicate decorazioni dorate abbinati ad altrettanti
preziosi bicchieri. Ad ogni angolo utile, in terra, c’erano bellissimi vasi
pieni di fiori bianchi e gialli, dal soffitto scendevano boule di vetro piena a
metà di acqua dentro la quale galleggiavano candele dai colori tenui. La festa
di fidanzamento di Valerie era praticamente perfetta, solo che non era Valerie.
Non la rispecchiava per niente, Allison non sapeva se rispecchiasse Calvin.
Con un
grosso respiro si avviò verso il tavolo dei regali e poggiò la grande scatola
quadrata tra gli altri pacchi. Poi guardò Elijah. Suo marito era totalmente a
suo agio in mezzo a quella estrema eleganza... persino quando afferrò due coppe
di champagne da un vassoio di passaggio lo fece con raffinatezza.
“Questo
posto è davvero lussuoso” le disse porgendogliene una.
Allison
la prese e bevve un piccolo sorso. “Anche troppo se lo chiedi a me. Voglio
dire, è bello ma non rispecchia per niente Valerie. Lei avrebbe messo ghirlande
di fiori al posto di quei grandissimi vasi e sui tavoli ci sarebbero stati
birra e mini hot-dogs invece di queste crudités. Suppongo che questa festa
rispecchi più il suo futuro marito che lei.”
Elijah
rise. “Probabile. Oppure la tua amica Valerie è più raffinata di quanto tu non
creda.”
“Forse”
la donna bevve un altro sorso dal bicchiere e si guardò intorno. Non conosceva
assolutamente nessuno, non sapeva neppure chi fosse Calvin e magari lo stava
guardando proprio in quel momento. Sentiva il vociare confuso riecheggiarle
nelle orecchie e maledisse quella specie di super udito che a volte non
riusciva a controllare. Chiuse gli occhi per un attimo e sentì la mano di
Elijah poggiarsi sulla sua schiena.
“Stai
bene?” le chiese cercando il suo sguardo.
Lei
sorrise. “Benissimo. Ti va di ballare?”
“Ballare
hai detto? Credevo che tu odiassi ballare.”
“Non
odio ballare” Allison lasciò la sua pochette su una sedia in un angolo e prese
Elijah sottobraccio conducendolo sulla pista. “È solo che ci sono altre cose
che mi piacciono di più.”
“Ad
esempio?” lui la fece volteggiare una volta e la riprese tra le braccia
iniziando a dondolare dolcemente.
“Mangiare,
bere un bicchiere di vino, fare jogging” lei sembrò pensarci un attimo. “Il
sesso, mangiare.”
“L’hai
già detto.”
“Sì,
la seconda volta era più una sottolineatura” rise Allison. “Ma c’è una cosa che
mi piace più di qualunque altra al mondo.”
Elijah
le diede un bacio leggero. “Quale?”
“Essere
tua moglie. Questa è la cosa migliore che mi sia mai capitata.”
L’Originale
rimase a guardarla per un istante, spiazzato come sempre da quella dolcezza,
dalla facilità con cui quell’amore usciva dalle sue labbra, dai suoi occhi, dal
suo tocco, da tutto. “Che tu abbia scelto me tra tutti” le disse chiudendo gli
occhi e poggiando la fronte sulla sua. “È la cosa migliore che sia capitata a
me, te lo assicuro. E sei decisamente migliorata nel ballo.”
Allison
ridacchiò. “Ho preso delle lezioni, ma non ne voglio parlare” scosse il capo ricordandosi
il viso del suo istruttore durante la prima lezione. Tu non ci metti amore
le aveva detto. Il ballo è passione! E le aveva fatto fare una
giravolta.
“Allison”
la chiamò Valerie e lei la vide poco distante, una mano stretta a quella di un
bell’uomo moro e alto, l’altra sollevata in alto per farle segno. Sul viso
della sua amica c’era un sorriso felice, prova del fatto che non importava
quanto diversa da lei fosse quella festa, quello che contava era l’amore.
****
Hope
poggiò il bicchiere di latte sul comodino e salì sul letto andandosi a
sistemare al suo posto. Allungò la mano e afferrò il telecomando, poi sorrise a
Matt seduto dall’altra parte. “Sei pronto?” gli chiese.
Lui
annuì mettendo al centro, tra di loro, una grande ciotola piena di popcorn.
“Sono pronto. E sono emozionato. Non ero mai stato invitato alla serata film
prima d’ora, di solito la fai sempre e solo con la zia Allison.”
“È una
tradizione” ragionò Hope. “Ma da quando siamo qui io e la zia Allison non
facciamo più tutte le cose che facevamo prima.”
“Che
vuoi dire?”
“Abbiamo
fatto solo una serata film da quando siamo venuti a vivere a New Orleans e io,
lei e la mamma non andiamo più a prendere il gelato la domenica sera. E non
andiamo più nei rifugi ad aiutare gli animali e io e la zia Allison lo facevamo
a volte.”
Matt
notò che la voce della piccola si era fatta triste, decise che avrebbe parlato
con sua sorella non appena fosse tornata dalla festa di fidanzamento di
Valerie. Sapeva che voleva bene a Hope come a nessun altro, sapeva che se
l’aveva trascurata non era stato per poco affetto ma solo perché aveva una
marea di cose a cui pensare; l’ombra di Inadu sempre in agguato, i seguaci di
Marcel e il loro sospetto silenzio... quella Sofya non gli piaceva per niente,
non capiva perché fosse ancora viva.
“La
zia Allison ti vuole molto bene, lo sai vero?”
Hope
annuì mangiando qualche popcorn.
“È solo
molto impegnata a tenere le persone cattive lontane da te, così nessuno potrà
farti del male.”
“Lo
so” commentò la bambina ma Matt capì che non poteva comprendere fino in fondo
tutto quello che stava succedendo. Era sveglia ma aveva comunque solo sette
anni.
“Hey”
le disse punzecchiandola con un dito sulla guancia fin quando non sorrise. “Io
sono il sostituto perfetto per la serata film. Te lo assicuro.”
Hope
fece partire il film. “Vedremo.”
****
Elijah
trovò Allison in piedi sul balconcino che si affacciava su una vista mozzafiato
della città. Si fermò poco distante e la osservò; la sua pelle chiara sembrava
brillare sotto la luna, quel leggero vento le scompigliava poco i capelli.
Amava ogni cosa di quella donna, ogni angolo di quel corpo, ogni centimetro di
quel sorriso. Amava il suo profumo, la morbidezza delle sue mani, la risata,
quelle belle fossette che le spuntavano sul viso. Si tolse la giacca e le si
avvicinò poggiandogliela sulle spalle con delicatezza.
“Ti nascondi
dal loquace Calvin?” le chiese.
Lei
sorrise. “Cielo, non avevo mai sentito qualcuno parlare così tanto” scosse poco
il capo. “Credi che respirasse tra una parola e l’altra? Io penso di no. Ma
suppongo che sia normale, è un avvocato e si sa che gli avvocati parlano
moltissimo.”
“Non
lo so a dire il vero, non ne ho mai avuto uno.”
“Spera
di non averne mai bisogno, sono costosi e sono...” La donna si fermò, si poggiò
una mano sul petto con un gemito mentre Elijah le prendeva il viso tra le mani.
“Hey” le
disse. “Stai bene? Che succede?” si accorse che i suoi occhi si erano fatti
blu, brillavano di una luce intensa, il suo corpo tremava piano. “Allison...”
Ma lei
teneva gli occhi fissi su un punto in direzione dell’interno. Elijah seguì
quello sguardo e scoprì che era ricambiato da altri due occhi azzurri e
brillanti. Si trattava di un uomo sulla sessantina, elegante e distinto. Ben
presto venne raggiunto da Calvin che gli strinse la mano calorosamente, e i
suoi occhi si spostarono su di lui.
“Allison,
amore, guardami” il vampiro la strinse per un attimo, sentì il cuore batterle
all’impazzata, il corpo tremare dentro quella stretta. Non aveva idea di cosa
stesse succedendo ma aveva la sensazione che quell’abbraccio fosse ciò di cui
lei aveva bisogno.
“Sto bene”
cercò di rassicurarlo lei chiudendo gli occhi per un istante. “Davvero.”
Lui si
allontanò poco e la guardò preoccupato; gli occhi erano tornati al loro colore
naturale, era pallida ma il tremore si era calmato. “Che sta succedendo? Chi è
quel tizio?”
Allison
fece un grosso respirò, gli poggiò le mani sulle braccia e con un fruscio di
ali si trovarono al piano di sotto, all’entrata. “Andiamo a casa, ti prego” gli
chiese togliendosi la giacca e ripiegandola sul braccio.
Elijah
la seguì mentre lei camminava verso l’auto. “Allison, ti ho fatto una domanda.
Ti prego, dimmi che sta succedendo. Perché hai avuto quella reazione? Perché il
tuo corpo ha iniziato a tremare e i tuoi occhi si sono fatti blu? Chi era quel
tizio, era un angelo?”
La
cacciatrice fermò la sua marcia verso l’auto ma non si voltò a guardarlo. Alzò
gli occhi al cielo e solo dopo si girò verso di lui. “Quello era James S.
Westfall. Mio padre. E ora possiamo andare a casa?”
L’Originale
la fissò a bocca aperta per un lungo minuto, infine le si avvicinò e le prese
una mano. “Perché ti sconvolge così tanto vederlo?”
“Perché
ho mentito. Quando ho detto che non avevo nessun tipo di contatto con lui, ho
mentito” confessò la donna. “Ci ho parlato una volta, pochi mesi dopo aver
scoperto... quello che sono, quello che posso fare. L’ho rintracciato con
l’aiuto di alcune streghe e di un incantesimo enochiano e sono andata da lui
perché volevo parlare. Volevo vedere in faccia mio padre, volevo conoscerlo,
avevo così tante domande.”
Gli
occhi di Allison si riempirono di lacrime. Poi continuò: “Quando sono arrivata
davanti casa sua stava salendo in auto per andare non so dove. Ho provato a
presentarmi ma mi ha detto che sapeva già chi fossi e che non voleva avere
niente a che fare con me. Ha detto che sono stata l’errore più grande della sua
vita” un singhiozzo le si levò in gola ed Elijah si sentì fremere di rabbia e
tristezza.
“Se
tuo padre non ti vuole allora è un folle” le disse accarezzando via le lacrime
dal suo bel viso. “Perché nessun uomo sano di mente a questo mondo, non sarebbe
fiero di chiamarti figlia.”
Allison
pianse ancora, si allungò e lo baciò. “Ti amo.”
“Ti
amo anche io” Elijah le baciò la fronte. “Se vuoi andare a casa, andremo a
casa, ma se vuoi tornare dentro e divertirti a festeggiare la tua amica, allora
sappi che puoi farlo a testa alta, e che mai, neppure per un istante, mollerò
la presa della tua mano. Non ero con te quando lo hai incontrato la prima
volta, non ero con te quando tutto questo... cambiamento, questo dolore, ti
hanno trovata e odio non esserci stato. Ma sono qui adesso e non sei più sola.
Quindi dimmi cosa vuoi fare e lo faremo, d’accordo?”
La
cacciatrice annuì e un altro singhiozzo la scosse. “Andiamo a casa, per favore.
Non sono abbastanza coraggiosa, non stasera.”
“Va bene”
le sussurrò lui baciandola sui capelli. “Andiamo a casa.”
****
Matt
si mise a sedere accanto ad Allison, sul divano nel grande atrio. Elijah gli
aveva raccontato tutto quello che era successo, giurando di non averla mai
vista così sconvolta da quando la conosceva. Aveva espresso con veemenza il
desiderio di fare a pezzi quel dannato tizio e Matt aveva capito che non era
solo rabbia, che in quella impetuosità c’era anche senso di colpa. Non era con
Allison quando tutte quelle verità l’avevano raggiunta e avrebbe voluto
esserci.
Lo
capiva, fino in fondo. Rimase in silenzio mentre sua sorella metabolizzava gli
avvenimenti delle ultime ore, se la guardava attentamente poteva quasi vedere i
pensieri vorticare dentro la sua testa a una velocità spaventosa. Sembrava sul
punto di esplodere e sperò che si aprisse con qualcuno prima che accadesse.
“Credi
che papà sapesse che non ero sua figlia?” gli domandò di improvviso e la
domanda lo colse di sorpresa. Non parlavano quasi mai dei loro genitori, l’argomento
era come una specie di elefante dentro una cristalleria, una parola sbagliata e
ogni cosa sarebbe andata in pezzi.
“Non
lo so Ally” rispose sincero. “Una cosa però la so per certo, nostro padre ti
amava tantissimo.”
“Perché
credeva che fossi sua figlia.”
“Perché
lo eri, lo sei. Non importa cosa dice il DNA, non importa di chi sia il sangue
che ti scorre nelle vene. Tu sei una Allison Marie Morgan, figlia di Alice e
Cristopher Morgan, mia sorella. E lo sarai per sempre.”
Allison
poggiò la testa sulla spalla di suo fratello e respirò a fondo. “Ti voglio bene
Matt. E ti perdono” chiuse gli occhi mentre suo fratello le avvolgeva le spalle
per stringerla forte, piangendo.